Incredibili
dictu. Il governo degli incompetenti, degli incapaci, degli
sprovveduti, degli steward, dei populisti, degli sfascisti, dei fascisti
ma anche un poco comunisti, che doveva squagliarsi, come un ghiacciolo,
già al sole di luglio per incompatibilità di vedute e di carattere dei
suoi due leader, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, non solo tiene,
nonostante si sia trovato ad affrontare quasi fin da subito
un’imprevista e grave emergenza come il crollo del ponte sul Polcevera,
ma sembra funzionare. E anche piuttosto bene.
Il
vice premier e ministro del Lavoro Di Maio ha risolto al meglio, data
la quasi inestricabile condizione di partenza (conciliare l’occupazione
col problema dell’ambiente) la difficilissima questione Ilva. L’accordo
con Arcelor Mitall non sarà il massimo, ma era il possibile e non si è
sempre detto dai soloni che ci hanno governato fino a qualche mese fa e
dai loro lacchè intellettuali che la politica è “l’arte del possibile”?
Altro che “dilettanti allo sbaraglio”. L’opposizione, ammesso che possa
dirsi tale quell’accozzaglia di disperati chiamata Dem, ha dovuto, con
Calenda e Martina, arrampicarsi sugli specchi, aggrapparsi a un cavillo
giuridico, per cercare di sminuire l’incontestabile successo di Di Maio.
Matteo
Salvini è riuscito a porre all’attenzione dell’Europa la questione dei
‘migranti’ che riguarda il nostro Paese più di altri. Lo ha fatto con
modalità discutibili, sia nel caso dell’Acquarius (la Ong poteva essere
preavvertita prima che la sua nave si presentasse davanti alle coste
italiane) sia, e ancor più, con la Diciotti per cui è indagato per
sequestro di persona. Ma qui acquista più rilevanza un altro elemento.
Dopo le iniziali sbruffonerie Salvini, probabilmente su pressione di Di
Maio, ha lasciato perdere le consuete geremiadi sulla “giustizia a
orologeria”, sulle “sentenze politiche”, sulla “magistratura
politicizzata”, di berlusconiana memoria e ha riconosciuto che anche gli
uomini politici sono sottoposti a quelle leggi che tutti noi siamo
chiamati a rispettare (“Non sono sopra la legge”). Cosa ovvia, ma che
fino a ieri ovvia non era soprattutto in quel mondo di destra o
centrodestra che sta alle spalle di Salvini. Il peloso
‘pseudogarantismo’ berlusconiano è stato, forse, messo alle spalle per
sempre. E fosse anche solo per questo il governo gialloverde meriterebbe
un’imperitura riconoscenza da parte di chi per 25 anni ha dovuto subire
la violazione sistematica del principio cardine della democrazia e
della nostra Costituzione: la legge è uguale per tutti. Io credo che fra
Di Maio e Salvini, pur con le loro diverse personalità e culture, si
sia creata, conoscendosi, una certa amicizia e un rapporto di
collaborazione autentico e sincero.
Giovanni
Tria nell’incontro tenuto a Vienna fra i ministri finanziari
dell’Eurogruppo e Giuseppe Conte al workshop Ambrosetti di Cernobbio
hanno rassicurato gli stramaledetti mercati e soprattutto l’Unione
Europea che l’Italia non ha alcuna intenzione di uscire dall’euro e
tantomeno dall’Europa. Mettendo così la parola fine sull’infantile
‘sovranismo’ di Salvini.
Alla
Versiliana Di Maio, da me sollecitato, si è pubblicamente impegnato a
ritirare i nostri militari dall’Afghanistan, confermando ciò che l’anno
scorso, sempre alla Versiliana, aveva detto Alessandro Di Battista. Con
la differenza che Di Battista era allora solo un parlamentare
all’opposizione, mentre Di Maio è il vice premier e il suo impegno
quindi ha ben altra autorevolezza. Se questo impegno dovesse
concretizzarsi sarà per me una soddisfazione particolare perché vorrebbe
dire che anche da una piccola stanza, qual è quella da cui scrivo, si
può smuovere qualcosa di importante anche a livello internazionale. Sono
infatti 17 anni che mi batto contro l’occupazione dell’Afghanistan. Per
noi italiani non sarebbe solo e tanto una questione di quattrini (470
milioni di euro l’anno buttati via) ma etica. Vorrebbe dire sottrarsi a
una sopraffazione infame e sanguinaria voluta e praticata dagli
americani. Ciò potrebbe preludere a un’uscita dalla NATO. Non della sola
Italia, ovviamente, che sarebbe pura utopia, ma di tutti i Paesi
europei che ne fanno parte e che sono stufi, arcistufi dell’avventurismo
bellico americano che si è regolarmente ritorto contro l’Europa. In
questo senso si muove, sia pur con una cautela obbligata, Angela Merkel
per trovare un’equidistanza fra Stati Uniti e Russia. In questo potrebbe
tornar buono Matteo Salvini col suo ‘putinismo’, purché il leader
leghista si renda conto che non si può essere nello stesso tempo
filorussi, filoamericani e antitedeschi e antieuropei.
Di
Maio mi ha deluso solo quando, sempre alla Versiliana, gli ho chiesto
perché mai fosse andato a incontrare in pompa magna il tagliagole Al
Sisi e lui ha dribblato la domanda in perfetto stile politichese ‘ancien
régime’ focalizzando la questione solo su Giulio Regeni. L’infamia che
si sta consumando da cinque anni in Egitto non è grave perché vi è stato
coinvolto anche un italiano, è grave per i motivi che ho cercato di
riassumere sul Fatto del primo settembre (“Di maio non doveva incontrare il tagliagole Al Sisi”, Il Fatto, 1/1/2018). Se ne è accorto perfino il manifesto di domenica con un titolo di taglio centrale (“Il boia non molla”, Manifesto,
9/9/2018). Se proprio, per motivi economici, dobbiamo avere a che fare
con questi golpisti manigoldi e assassini la prossima volta Di Maio ci
mandi Enzo Moavero Milanesi che come tutti i ministri degli Esteri è il
più simile ai diplomatici per attitudini e compito: mandar giù della
merda senza vomitare.
Massimo Fini
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