Una caratteristica costante nei fotografi è che quando
incontrano critici che non garbano non perdono tanto tempo per definirli
incapaci e incompetenti.
Essenzialmente la questione si innesta nell’abitudine
sempre più diffusa di non saper o volere ascoltare.
Non dico che tutti i lettori di portfolio o i critici
d’arte siano sufficientemente preparati, nè che necessariamente occorre
assentire ai loro giudizi accettandoli ma da qui ad etichettare tout court incompetenti
ce ne vuole.
Sono comunque tante le componenti di base necessarie per
saper osservare un’opera ed i più bravi sanno sapientemente dosare cognizioni
nozionistiche con altre discipline a loro comuni e sempre presenti nelle loro
corde.
Pertanto, c’è chi si avventura spaziando su concetti
filosofici, chi focalizza specifiche sociali, chi invece predilige composizione
e colori o anche chi parte dall’osservazione di un’opera per perdersi e
spaziare in altri mondi attigui.
Anche se un po’ affabulatori, personalmente adoro
questi ultimi, per i quali una semplice foto o un loro insieme sono solo un
punto di partenza; e questa mia preferenza è dettata da un semplice motivo che
è quello che, per me, la fotografia o qualunque altra opera d’arte non può
essere letta esclusivamente secondo criteri asettici intrisi di nozionismo,
bensì vista e interpretata per le tante reazioni che suscita: tenerezza,
denuncia sociale, romanticismo, musica, passione, attenzione.
Ecco, attenzione! Secondo me, ciascuno di noi vive il
mondo in modo completamente differente, secondo gli occhi modulati dai propri
sentimenti, secondo la moda del tempo, il bagaglio culturale che ci
caratterizza e di cui - a prescindere spesso dal nostro volere - si dispone.
Anche un qualunque animale risponde però in modo differente
davanti ad uno stimolo, quindi c’è anche la quota animale che è in noi che reagisce
d’istinto, secondo il DNA che ciascuno integra in se, la realtà che vive, le
esperienze vissute, i traumi assorbiti e tanto altro ancora.
Confesso che mi piacciono ad esempio le letture di
portfolio che mi incantano, come, ad esempio, le lunghe letture di Pippo
Pappalardo.
Assistere alle “sue visioni” è come andare a teatro,
ma non per assistere a uno spettacolo leggero, di varietà, ma per ascoltare
citazioni e aneddoti che lui propone, con naturale scioltezza, estraendoli dal
sacco dei suoi notevoli studi e conoscenze, intrisi anche dei moltissimi
concetti fotografici assorbiti, fatti propri ed elaborati.
Ascoltare e sentirsi trasportare in mondi e discipline
diverse, che solo apparentemente sembrerebbero non avere nulla a che fare con
le foto proposte in lettura, rappresenta, anche per chi semplicemente osserva,
un arricchimento sicuro.
Ma occorre che in tutti noi sia sempre presente la
precisazione iniziale, ovvero che a prescindere se si è d’accordo o meno,
occorre “saper ascoltare” per capire, avere la pazienza di non interrompere mai
e seguite il nocchiero che ti conduce.
Ascoltare con pazienza anche pareri che non corrispondono
alle nostre aspettative non costituisce mai un danno. In ultimo serve a
conoscere e sapere che ci possono essere angoli visuali e prospettive diverse, e
capire come talvolta occorra - per saper meglio vedere - mettere gli occhiali.
L’eleganza nelle modalità di giudizio, che il critico
in qualche modo esprime o solo lascia intuire all’autore, dipende poi dalla
sagacia e dall’intelligenza delle parti chiamate in causa. Ma questa è un’altra
storia perché spesso è collegata alla presunzione e all’approccio.
Buona luce a tutti!
© Essec
Sono d'accordo, nel modo più assoluto, quasi nessuno ormai è disposto a sentire un parere negativo anche se argomentato; tutti nell'empireo! Personalmente non appartenendo alla specie degli artisti o presunti tali, guardo tutto questo bailamme con discreto distacco e, a modo mio, lo trovo pure divertente. Trovare un critico onesto è preparato comunque non è una impresa facile.
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