Nella crisi più pazza del mondo, capita anche questo: che il cazzaro primigenio,
Renzi, auspichi la cosa più sensata mai detta da un pidino da mesi. E
cioè che, contro la destraccia salvinista, l’unico governo possibile è
fra 5Stelle e Pd. Purtroppo la proposta ha tre difetti.
1) Arriva con 14 mesi di ritardo e non sarebbe più -come a maggio 2018 –
l’unione fra il primo e il secondo partito delle Politiche, ma tra i
due sconfitti alle Europee contro chi le ha vinte. 2) Viene da Renzi,
che ormai ha la credibilità di Pamela Prati e tifa per
il taglio dei parlamentari perché, al prossimo giro, non ne avrà più
neanche uno. 3) Sarebbe un regalo a Salvini, che già inizia a pagare
caro il suo tradimento di sfasciatutto irresponsabile (è subissato di
insulti sui suoi social, specie dopo la ferma risposta
di Conte, suo unico vero competitor) e non vede l’ora di farlo
dimenticare addossandolo ai 5Stelle e strillando al ribaltone. Certo, la metà e più dell’Italia che guarda con orrore e terrore alla prospettiva di avere presto un monocolore Salvini
che si crede il Duce e parla come lui (senza neppure esserlo) a colpi
di “Voglio pieni poteri”, “Ordine e disciplina”, “La giustizia la
riformo io” accetterebbe di tutto, pur di allontanare l’amaro calice.
Anche un ribaltone. Che sarebbe costituzionalmente ineccepibile (avrebbe
la fiducia del Parlamento) e moralmente giustificabile (a brigante,
brigante e mezzo). Ma politicamente a dir poco discutibile, mettendo
insieme il secondo e il terzo partito per far fuori il primo. Con tutti i
rischi che comportano, le elezioni restano la via maestra. Se a ottobre o a primavera, lo deciderà il Parlamento, dove Conte ha saggiamente portato la crisi in piena trasparenza.
Lì il premier esporrà le riforme in cantiere che
Salvini ha bloccato col suo colpo di mano e chiederà la fiducia. La Lega
gliela negherà. Il M5S gliela confermerà e nessuno può impedire ad
altri di fare altrettanto. Se il Pd gli votasse la fiducia, il governo
Conte resterebbe in piedi, senza i ministri leghisti (sostituibili con
gli attuali vice o con personalità esterne). Per fare poche cose prima
delle elezioni a primavera: la legge di Bilancio,
scongiurando le conseguenze inevitabili di un voto a fine ottobre
(esercizio provvisorio, spread ecc.); l’ok al taglio dei parlamentari; e
la conseguente revisione della legge elettorale. Chissà che i pochi
mesi trascorsi a collaborare, senza nuovi governi né ribaltoni, non
inneschino la scintilla che noi auspichiamo da anni fra un
centrosinistra totalmente rinnovato e ripulito e un M5S più maturo e meno improvvisato sotto la guida di Conte. Per salvarci da Salvini non prima né contro le elezioni. Ma dopo.
Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2019)
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