Se leggi
il libro di John Berger “Capire una fotografia” alla fine avrai l’ennesima
“epifania”.
Per
James Joyce “un’epifania è un momento
speciale in cui un qualsiasi oggetto della vita comune, una persona, un
episodio diventa 'rivelatore' del vero significato della vita a chi
percepisce il loro valore simbolico.” Ma, nel nostro caso, non basta.
Al
di là, infatti, di tutte le considerazioni sottostanti e intrinseche che - pur
prendendo spunto dalle immagini di autori più o meno famosi – nel suo scritto, senza però mai perdersi, Berger
spazia in vastissimi altri campi ideologici e
culturali.
Alla
fine ti rendi pure conto che le produzioni fotografiche nel mondo e le tante
idee loro retrostanti, corrispondono al flusso della massa di umanità e intuizioni che affollano il nostro universo umano.
Anche
se relativamente giovane, la fotografia di fatto si è ormai imposta come una
forma di scrittura efficiente, sintetica, profonda e assolutamente completa.
Costituisce
oggi un metodo comunicativo che descrive benissimo l’evidente e altresì, sempre
più spesso, racconta anche le assenze, cui allude, accenna, lascia intravedere.
Rimane,
come per la parola, legata alla genuinità e al rispetto di chi riprende e di
chi ripropone perché – come ci ha insegnato la storia – tagli volutamente
artefatti, rettifiche artificiali o aggiunte posticce possono creare delle
“fake” ad uso e consumo di regimi e pensieri contingenti.
La
fotografia è comunque uno straordinario strumento che rimane legato sì, almeno nella
fase creativa, all’istintività intrinseca e alla cultura dell’autore fotografo ma che è anche rivolto
a osservatori che leggono nell’oggi - o che leggeranno domani - quelle stesse immagini,
con l’uso del proprio bagaglio individuale e il regime politico vigente; ovvero
nel tempo della loro osservazione e nei rispettivi contesti di dimora.
Ma con
ciò in verità non diciamo nulla di nuovo. Da quando, infatti, è stata
introdotta la scrittura (dai disegni rappresentati nelle grotte preistoriche ai
molteplici linguaggi comunicativi di adesso) ci siamo mai chiesti quante parole
sono state scritte, quanti volumi realizzati …..
Le
epifanie umane sono e resteranno sempre infinite, poiché sono intrinseche
all’uomo impegnato nella continua ricerca e intento sempre a nuove scoperte.
Giambattista
Vico sosteneva la teoria dei corsi e
ricorsi storici …… fosse realmente vera ci sarebbe da sperare e consolarsi
nell’aver eventualmente vissuto nell’arco temporale di un ciclo positivo ……
diversamente, se così non fosse e la pensassimo in modo autonomo, potremmo
essere oggetto di aspra critica e facilmente venire anche bollati con il
marchio della “eresia”.
Buona
luce a tutti !
© Essec
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