venerdì 22 novembre 2019

Evviva, è arrivato il popolo delle sardine.


Senza voler essere disfattisti, l’ultima moda politica dell’italiano medio, di quello insofferente e propenso alla critica costante, che vuole tutto, ora e subito, sembra essere quella del “popolo delle sardine”, che oggi cerca di coalizzarsi in una pseudo resistenza preventiva “antisalviniana”.
Lungi da me dal dire che il pericolo di una svolta destroide anomala, ignorante e populista non sia un problema reale, ma dall’altro lato del campo non è che le cose, per come si delineano, vadano poi tanto meglio.
Dopo aver passivamente subito e sopportato un’evidente deriva a destra avviata da improvvisati leaders arrivisti, impegnati a occupare spazi lasciati vuoti da una dirigenza di sinistra “progressista” non all’altezza - distratta sostanzialmente a scimmiottare, per conquistarsi la benevolenza di quei poteri “economicofinanziari” dediti esclusivamente al profitto - come si suol dire, scioltasi ora la neve il “popolo bue” di orientamento socialista vede affiorare le tante buche profondamente scavate.
Indipendentemente da quello che gli succede intorno, per il militante di sinistra in genere la colpa è sempre degli altri, per principio e a prescindere.
Di regola nel suo argomentare il termine usato nei suoi discorsi non è quello: “mi sono spiegato” ma quasi costantemente: “hai capito” ….. e già questo costituisce un grande problema nell’approccio dialettico minimale con chiunque venga ad essere l’interlocutore.
Al riguardo mi sovviene un aneddoto personale. Particolarmente efficace fu quella volta l’intervento che venne a fare un delegato sindacale in azienda quando, in un’animata disputa in cui emergevano forti dissensi e visuali strategiche alquanto differenti, ebbe a dire che noi non capivamo nulla e che solo lui era in grado di capire la reale portata dei problemi. Al di là del fatto che magari potesse anche avere ragione in quella circostanza, il delegato in questione tenne a evidenziare la “presunzione di superiorità” di chi esercita una delega. Perdeva, evidentemente di vista il fatto che le cariche di qualunque genere ricoperte, se rappresentative, non attribuiscono in ogni caso superiorità oggettive e chi temporalmente le esercita ha il dovere e l’obbligo di esplicitare sì il suo punto di vista, ma anche di rimettersi in ogni caso all’orientamento della maggioranza che lo ha legittimato. Una forma di dissenso concesso sarebbe, nel caso, quello di avanzare le proprie dimissioni. Rinunce e dimissioni però oggigiorno, salvo sparute eccezioni, non sono di moda, specie per coloro che si sono molto impegnati non tanto per portare avanti proprie visuali politiche ma per raggiungere principalmente posizioni di potere.
Tornando a noi, un popolo disilluso dalla crisi di valori e toccato dalla recessione economica ha prima alimentato la massa degli astenuti e avulsi dall’impegno civile minimale di partecipazione al voto, poi in parte ha reso reale un’operazione politica chiamata “Cinque Stelle”.
Un’operazione che ha subito alimentato le speranze dei tanti, che ha realizzato la possibilità di rendere fattibile un’idea sostanzialmente utopistica e che in poco tempo ha raggiunte livelli di successo imprevedibili e insperati.
Anche qui la sinistra ha effettuato un ennesimo errore, individuando il risultato crescente del movimento non come un’opportunità di cambiamento per se ma classificando i nuovi arrivati come degli “abusivi” di un esercizio politico riservato per "volontà divina" solo a loro.
Era ed è evidente che l’irrazionale crescita di un movimento improvvisato avrebbe portato alla ribalta anche personaggi inadatti e non all’altezza dei compiti, ma anche qui quelli di sinistra, anziché domandarsi del perché non ricevevano più - e da tempo - un consenso popolare si intestardivano a denigrare i presunti “infiltrati abusivi”. 
In questa operazione, forse inconsciamente, hanno dato una inaspettata forza alla fazione destrorsa che ha sempre visto come fumo negli occhi i nuovi arrivati, assurti agli scranni parlamentari in forza della validità delle loro proteste. Ma una cosa è fare opposizione e cosa diversa è amministrare la cosa pubblica nella veste istituzionale.
Ma qui non sono stati responsabili esclusivamente i dirigenti dei partiti di “avanti popolo” ma anche i molti supporters delusi. 
Appagati nell’esaltare l’uso improprio del gerundio di taluni o del possibile lapsus di soggetti assurti a parlamentari dalla società civile ordinaria, l’esperto e acculturato popolo di sinistra ha perfino legittimato l’OPA politica di un gruppo locale toscano che in maniera cinicamente scientifica, cavalcando consenso attraverso social e bombardamenti mediatici, nel ricercare appoggi delle classi che contano, ha smantellato decenni di conquiste sindacali del mondo del lavoro frutto di lotte e chi più ne ha più ne metta.
Ancora una volta l'occasione offerta di una pletora di ragazzi, anche ruspanti, armati dall'entusiastico desiderio di voler scardinare un sistema incancrenito e succube delle molteplici lobbies che controllano l'ordinamento sociale, non è stata raccolta come una opportunità di cambiamento, per cercare di portare le innovazione teoricamente coltivate e che da sempre sono state custodite nei cassetti, anche nei loro cassetti.
Oggi sorge un popolo delle sardine che vorrebbe affrancarsi dal possibile destino del pesce in conserva. Occhio ai sacchi di sale che circolano in giro!
Ma finchè c’è vita c’è speranza, nei tempi di berlusconiana memoria vennero i girotondi, poi altro ancora ma con la costante e l’errore di non attenzionare mai chi ogni volta stava alla guida di ogni movimento di protesta.
Sono convinto che soggetti meritevoli di fiducia ce ne siano ancora e tanti nel nostro paese. Il problema sta nel fatto che prevalgono e si mettono ancora in luce le ambizioni di taluni che, ancorchè supponenti, sono capaci di conquistare facilmente le masse assetate di riscatto, che ancora ci sono ma che la rabbia ha però irrimediabilmente reso miopi, nella loro spasmodica ricerca di ritrovare finalmente un "buon pastore" che li guidi verso un futuro migliore.

 © Essec


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