mercoledì 20 maggio 2020

Se fosse ancora fra noi il mio mitico avrebbe aggiunto ......


In un mio precedente post, parlando del mio vecchio professore di ragioneria, concludevo con una sua citazione che mi riguardava: in una classe di orbi, il ragazzo ci vede con un occhio solo
Come capita in taluni casi, nel mio prosieguo ebbi modo di approdare a una struttura lavorativa che corrispondeva ai miei desiderata, vinsi un concorso in banca senza raccomandazioni.
L'assoluta occasionalità del successo nell'affollato concorso derivò esclusivamente dalla mia propensione per la matematica. Le tante carenze palesate nelle prove pratiche, nell'uso delle macchine, associate a una scarsa preparazione su quelle che sarebbero state le materie d'esame, fecero sì che fossi assegnato al comparto cassa dell'istituto che mi assunse.
Certo rispetto alle aspettative originarie l'allocazione lavorativa costituiva un traguardo occupazionale di buon reddito.
La qualità del lavoro, seppur utile, risultò fin da subito devastante. Un'attività ripetitiva che non richiedeva di particolari applicazioni creative e che scoraggiava improvvisazioni e fantasie risultò frustrante e l'annotazione dei primi ispettori interni: "elemento su cui non può farsi affidamento" costituì un timbro indelebile che rappresentava però lo specchio di una organizzazione che puntava al fidelismo gerarchico, più che ricercare meritocrazia e nuove idee.
Tralascio il lungo escursus ricco e complesso che, in forza a una determinazione e voglia costruttiva, realizzata attraverso studio, sempre rinnovate esperienze d’impieghi settoriali in quell'ambito denominata "Banca delle banche", spesso realizzati con passaggi interni pure sperimentali, fece sì che - alzando sempre più l'asticella, con cambi di ubicazioni, ma senza sconti o regali - approdassi, infine, agli uffici di punta dell'istituto: integrato nel corpo ispettivo della vigilanza centrale.
In quest'ultimo utilizzo apicale, ho avuto modo di vedere e toccare con mano quanto sia alle volte distante la corrispondenza fra teoria disegnata attraverso regole, la verifica cartolare, la realtà applicata e l'azione diretta di vigilanza.
Per il mio vissuto posso altresì affermare, senza alcuna possibile smentita, che le incongruenze e irregolarità hanno riguardato tutti gli ambienti, vigilati e vigilanti in ogni ambito e per quasi ogni questione.
Di regola ce n’è però una e cioè quella che la meritocrazia non costituisce sempre un valore e men che meno un assoluto riferimento. Spesso ignoranze, infatti, presunzioni e servilismi sono utili e a molti.
A coloro che ambiscono a ruoli di vertice senza dover interagire con inciampi, a coloro che non gradiscono ombre, a chi predilige dirigenti che non facciano domande, e se poi uno è per fortuna un po' meno dotato di suo o preposto a essere per la vita servile sempre in un tal contesto ne troverà un vantaggio. Ci sono premi per tutti, purchè se ne restino buoni e disciplinati al loro posto.
Per paradosso, dopo avere operato in tutti gli ambiti nell'Istituto di emissione, oggi mi ritrovo in contenzioso da ben dieci anni con lo stesso, per aver scoperto disapplicazioni della normativa che regola i termini del quantum della mia quota pensionistica.
Ieri ero chiamato a verificare il rispetto delle regole da parte dei componenti del sistema bancario, oggi scopro che lo stesso istituto di controllo per cui ho operato è anche quello che non le rispetta al suo interno con una fare autoreferenziale che risulta pure arrogante.
Il danno procurato, al di la delle cifre, è di per se e per principio inquietante (nel caso potrebbe pure prefigurare una appropriazione indebita e un indebito arricchimento).
In questi giorni, io una ultima ruota di quel carro, mi ritrovo a fare pure delle considerazioni abbastanza elementari su un articolo riguardante il bilancio della banca interna di cui sono socio da oltre quarant'anni e che in qualche modo gravita nel sistema economico di cui si è detto.
Un altro mio scritto di qualche tempo fa era intitolato: "chi controlla il controllore?". Per quanto mi riguarda è proprio questo - e tristemente rilevante - il vero problema di sempre.
Se fosse ancora fra noi il mio mitico Prof. Billeci, alla sua citazione esposta in premessa, avrebbe aggiunto  "il ragazzo è rimasto purtroppo fermo a dei vecchi principi etici e morali, che non sono mai stati nella vita reale - ancor meno oggi - dei veri valori aggiunti o dei fari. Perché siamo umani e nessuno è mai stato e sarà mai perfetto".

 © Essec

P.S. Questo pezzo è stato scritto di getto dopo aver riletto il primo articolo sul mitico Billeci. Ovviamente risente dell'intricato contenzioso che tuttora mi impegna contro la mia vecchia istituzione e l'Inps. Dei due scritti ne è derivata una versione che li accorpa entrambi, ridimensionandoli e revisionandoli, e che può costituire - per tanti che andranno a leggere - anche un'occasione per rivivere proprie esperienze e magari rievocare medesime emozioni. 


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