mercoledì 10 giugno 2020

"Ma allora la vera arte qual è?"



Tommasino, alla domanda che il padre gli rivolge in punto di morte, «Te piace 'o presepio?» ("Ti piace il presepe?"), alla quale egli in precedenza aveva sempre risposto di no con stizzita protervia, finalmente si "scioglie" e tra le lacrime gli sussurra un laconico .
Rappresenta la scena finale in “Natale in casa Cupiello”, un'opera teatrale tragicomica scritta da Eduardo De Filippo quasi un secolo fa.
Ma durante tutta la commedia erano stati tanti i momenti in cui il padre Luca aveva posto al figlio Tommasino quella rituale domanda, ricevendone però sempre la stessa risposta coerente “un me piace 'o presepio”. 
E non c’è nulla di male se ognuno di noi ha dei propri gusti e preferenze. La cosa prescinde dall’acculturamento intrinseco di ciascuno. Di sicuro l’ignoranza talvolta magari potrà porre dei limiti nel capire il significato profondo di certi simbolismi o messaggi, ma questo è anche il prezzo sociale che ogni assetto socio-culturale paga per la politica vigente o da tempo praticata.
L’argomento meriterebbe un maggiore approfondimento, ma la trattazione ci porterebbe troppo lontani da una questione più spicciola che si vuol invece attenzionare.
Nell’arte è già stato ampiamente dimostrato che le evoluzioni culturali ne hanno sempre condizionato l’espressione. L’andamento temporale della sua storia ne è una prova.
Una certa problematica nasce – e forse in ogni tempo - più da critici e docenti che dai praticanti e dagli osservatori più o meno educati che ne fruiscono la visione.
In più articoli si legge, con maggiore frequenza in tempi più recenti, della progressiva confusione che abbindola oggi l’arte con il mercato a essa strettamente connesso. 
Le gallerie e i critici sono spesso anche artefici di fenomeni spacciati come “culturali” ma che in verità celano solo speculazioni economiche e lotterie. Venditori abili riescono a piazzare prodotti che attirano investitori intenti ad accaparrarsi “oggetti” in qualche modo proiettati a crescite di valore. Veri e propri investimenti come quelli fatti in borsa, dove vale più la firma rispetto all’opera generata dall’autore. 
Al riguardo potrà tornare utile l'interessante libro di Sarah Thornton “33 artisti in 3 atti”, edito in Italia nel 2014 dalla Feltrinelli, che riesce a dare un quadro molto chiaro del fenomeno in argomento. In quarta di copertina è peraltro riportata la citazione fatta dall’artista messicano Gabriel Orozco - del quale pure si tratta nel saggio in questione - che, dopo aver letto il libro in forma di manoscritto, ha detto: “Siamo tutti ritratti in biancheria intima. Se non altro qualcuno di noi è riuscito a tenere le calze”. Il volume consta di circa quattrocento pagine, ma direi che per molti aspetti vale la pena leggerlo.
Non si vuole appesantire oltremodo l’argomento di per sé complesso. Però, concentrandoci esclusivamente sul versante generalmente contrapposto all’artista, costituito per lo più da critici, galleristi e osservatori acculturati, potrà esserci d'aiuto la trama di un’opera di quello che noi moderni potremmo appellare "amico Luigi", che ha sempre saputo splendidamente raccontare e descrivere le complessità e le molteplicità intime dell’essere umano. 
Circa il voler affermare a tutti i costi verità che rappresentano essenzialmente dei punti di vista, infatti, risulterebbe appropriato all’argomento lo “spirito concettuale” di Pirandello che, nella sua commedia del “Giuoco delle parti”, evidenzia la razionalità erudita, sottile e filosofeggiante del protagonista della vicenda (Leone Gala). Questi, pur riuscendo a ingarbugliare abilmente le carte (fino al punto da raggiungere il suo scopo ultimo e unico perseguibile), al termine dell'articolata e confusa vicenda, rimane però pienamente consapevole del fatto che da una vittoria illusoria si esce sempre sconfitti.
Un po’ come dire, che in certi casi si può anche tentare di trovare un modo per cadere in piedi, ma occorre sempre considerare la consistenza della superficie su cui alla fine si atterra. Nel caso ci si potrebbe accostare, per similitudine, a quella che tutti chiamerebbero una “vittoria di Pirro”? Chissà?
Per finire, in ogni caso, la domanda che ci si porrà - e per la quale le risposte non saranno mai univoche - rimarrà sempre quella: "Ma allora la vera arte qual è?".

Buona luce a tutti!

© Essec


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