sabato 1 agosto 2020

Usi, abusi e liturgie. A chi tocca oggi il patibolo?



La foto del grande murales su Indro Montanelli apparso in questi giorni a Palermo – accompagnato da un suo testo – induce a fare qualche considerazione.
Intanto, per contemporaneità di datazione, la raffigurazione del Montanelli statuario mostra le tracce di vernice rossa che è stata riversata sulla figura bronzea ubicata a Milano, nello stesso luogo dove il giornalista venne gambizzato dalle Brigate Rosse, evidentemente per la sua attività di cronista.
Il testo di Indro Montanelli riportato nel murale recita: “La ragazza si chiamava Destà, aveva 12 anni: Particolare che mi tirò addosso i furori di alcuni imbecilli ignari che nei paesi tropicali a 12 anni una donna è donna e passati i 20 è una vecchia. Faticai molto a superare il suo odore dovuto al sego di capra di cui erano intrisi i suoi capelli, e ancor di più a stabilire con lei un rapporto sessuale perché era fin dalla nascita infibulata: il che oltre a opporre ai miei desideri una barriera insormontabile (ci volle per demolirla, un brutale intervento della madre) la rendeva del tutto insensibile.” Sulle informazioni di Destà (Segheneiti, Eritrea, 1923 - ?) viene specificato “vittima del colonialismo e del patriarcato. Comprata da Indro Montanelli al prezzo di 350 lire, durante l’aggressione fascista dell’Etiopia nel 1935”.
Sulla vicenda molti osservatori si sono autorevolmente pronunciati evidenziando la necessità di contestualizzare le epoche storiche per evitare che il "politicamente corretto" sfoci in attività puramente vandaliche e distruttive; nel caso di Montanelli qualcuno ha fatto notare che l'illustre giornalista nel rendere nota la sua storia non ha mostrato a distanza di tanti anni nessun segno di pentimento, ma ciò non giustifica in nessun modo un'azione di natura vandalica nei confronti della statua. 
La critica è doverosa e giustificata, la violenza anche nei confronti delle cose assolutamente no!
Tornando al titolo dell’articolo, nulla cambia nel tempo.
Assicurando continuità alle ritualità pagane, ogni giorno qualcuno indicherà la vittima sacrificale che più aggrada, magari seguendo la moda del momento, e tutti gli astanti si affolleranno per bere un po’ del sangue purificatore che assolverà da ogni peccato. E pure qualche credente terminerà il suo rito declamando la tipica clausola liturgica definitiva: “et in saecula e saeculorum. Amen!”

Buona luce a tutti!

 © Essec

P.S. Su input dell'amico P. e allo scopo di rendere più efficace il senso dello scritto, ho accolto il suggerimento di sintetizzare i concetti per non perdersi in dissertazioni articolate (e ci sarebbe molto da dire) che potrebbero esser presi a pretesto per polemiche infinite.

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