martedì 20 aprile 2021
Giancarlo Torresani ci racconta Federico Vender
Molti cultori di fotografia certamente sono a conoscenza del fatto che soli pochi circoli fotografici, nati nel Nord dell’Italia nel primo dopoguerra, hanno fortemente influenzato l’intero mondo della fotografia nazionale; con l’intento di promuoverla come forma d’arte dal punto di vista professionale e rivalutarla rispetto al ruolo prettamente documentaristico cui comunemente veniva fino ad allora associata. Introducendo, ciò, veniva anche portata avanti l’idea e l’intenzione di sviluppare e innovarne i principi ispiratori, nonchè i potenziali specifici canoni espressivi e creativi del settore.
Si sta parlando de “La Bussola” (1947), nata a Milano, della “Gondola” (1948), della ”Associazione fotografica Misa” (1954) e del “Gruppo friulano per una nuova fotografia” (1955).
Com’è naturale che sia, vuoi per indirizzare e diversificare intenti personali nell’ambito associativo, vuoi per un sovraffollamento intervenuto in circoli preesistenti, alcuni dei fotografi fondatori delle prime realtà andranno poi a costituire o a confluire via via in aggregazioni nate successivamente, per sviluppare nuove idee e rinnovare scuole di pensiero.
Attraverso il web si può facilmente apprendere che i principali membri fondatori del primo gruppo storico furono Giuseppe Cavalli, Mario Finazzi, Ferruccio Leiss, Federico Vender e Luigi Veronesi, che firmarono il Manifesto del gruppo fotografico La Bussola, pubblicato, nel maggio del 1947, sulla rivista "Ferrania”.
Ci si sta soffermando a parlare de “la Bussola” perché Federico Vender è stato il fotografo su cui Giancarlo Torresani ha incentrato recentemente una sua serata streaming, organizzata dal gruppo “Venetofotografia” e rivolta a intrattenere un attento e trasversale (in età e non solo) pubblico di appassionati di fotografia.
Un fotografo, Vender, che mostra tante ombre. Anche per una scarna produzione di opere oggi rimaste che, a detta di chi lo ha raccontato, ad un certo punto sembra distaccarsi da tutto quello che è stato il suo modo di essere. Fin quasi ad arrivare anche al punto di quasi autocensurarsi, nel salvare solo una parte della sua maggiore produzione fotografica e senza che, apparentemente, nessuno sia stato forse in grado di interferire sulle sue decisioni.
Un evidente interprete e prosecutore d’idee e visioni d’avanguardia che nel postfascismo si dedica quasi interamente ad una forma espressiva nuova per quel momento (fotoromanzo) e che in brevissimo tempo andrà a riscuotere un grande successo popolare.
E' il fotoromanzo, infatti, che lo vede fra i suoi maggiori realizzatori. Come direttore della fotografia avrà modo di gestire le principali produzioni delle riviste del tempo, un'attività che lo assorbe e gli consente di dedicarsi a un genere che per un verso diventa strumento di cultura popolare e dall’altro alimenta incontri sempre nuovi con personaggi che si andranno in breve ad annoverare nei tanti attori in erba degli anni della rinascita economica italiana.
Figurano fra i protagonisti dei suoi fotoromanzi i vari Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Giorgio Albertazzi, Ilaria Occhini, Alida Valli, e tantissimi altri, fra questi sono molte le bellissime donne.
Come è già accaduto a tanti intellettuali e artisti, sembra pure che a un certo momento della sua vita venga a scattare una coscienza che lo rende incerto del suo mondo, forse dubbioso del suo modo d’essere, fino a far cadere ogni convinzione su tutto quello che lo ha gratificato nel passato.
Testimonia ciò anche l’aneddoto, databile intorno agli anni novanta e che riguarda un casuale incontro di Vender con Paolo (amico di Torresani, che segue anche gli eventi di Giancarlo in “Venetofotografia”). Nel racconto di Paolo si evidenzia la circostanza che lo porta a scoprire quasi casualmente Vender, durante un'occasionale visita ad una mostra fotografica, dove un Vender anziano quasi si rivela con un certo imbarazzo, pur firmandosi in un biglietto lasciato alla fine.
Quella firma e quello strano approccio inducono a indagare e avviare una ricerca nel passato di questo strano uomo apparso riservato che però, quasi inconsciamente, genera i presupposti per rivelare la sua vera identità e a far scoprire il ruolo culturale che ha rappresentato in un periodo che ha cavalcato l’intero periodo fascista e il primo ventennio italiano successivo.
L’autocratica o autonoma epurazione, come meglio si vuol credere, di tutta quella che verosimilmente oggi rappresenta solo una piccolissima parte della sua produzione non è poi detto che corrisponda ai canoni estetici esclusivamente connessi alla fotografia.
Lo studio dei personaggi che hanno navigato nella storia dell’arte spesso è comprensibile anche attraverso quelle che vengono classificate, nel tempo, come delle opere minori e che, invece, magari costituiscono il frutto di sperimentazioni infelici ma che sono inconfutabilmente momenti di transito e di apprendimento per dei passaggi che introducono solo dopo a risultati definiti, ritenuti solo dall’autore validi o migliori.
Chissà cosa ci sarà stato nei lavori censurati e distrutti; che forse nell’impeto della selezione hanno semplicemente voluto cancellare tracce o testimonianze di un proprio e personalissimo vissuto. Delusioni da nascondere, anche ai propri occhi affinché la mente elimini ricordi: chissà. Un fatto sembra però certo sul cambiamento, in qualche modo concomitante con i postumi di un incidente stradale che lo porta a un quasi isolamento, quasi a un rifugio, a Malcesine prima per poi andare alla Casa di riposo della vicina Arco.
Un ampio mistero avvolge in ogni caso il personaggio Vender, quasi sconosciuto a molti, e che - anche attraverso le poche opere rimaste, per un suo volere e scelta - lascia intravedere una creatività e originalità che si pone, non tanto più avanti, ma assai diversa rispetto ai canoni dei suoi tempi; che avrà di certo anche condizionato, forse pure fortemente, i suoi stessi compagni di avventura, con i quali si era ritrovato a fondare “La Bussola”.
Certo la discrezione che lo contraddistingueva, così come viene raccontato negli aneddoti di chi lo ha conosciuto negli anni ottanta e novanta, consolidano dubbi e alimentano non pochi misteri.
Non ultimo l'impressione di voler quasi rinnegare la valenza di un passato che l’ha visto molto impegnato in una certa fotografia nascente e nella quale ha sperimentato - e con molta maestria – immagini che richiamano, nelle sue raffinate realizzazioni, il mondo statuale e un certo pensiero pittorico che quasi va a lambire il movimento futurista. Anche qui, chi lo sa quali fossero le sue frequentazioni artistiche, nella dinamica creativa dei primi anni del novecento.
A margine della serata, da un breve dibattito ampiamente condiviso, è anche emersa l’indubbia importanza della storia dell’arte nella formazione didattica di una nazione. Per l'spetto culturale che impone di procedere verso una rivisitazione storica permanente dei fenomeni socio-artistici intervenuti nel tempo. Rivisitando, al riguardo, anche aspetti architettonici o quant’altro di espressivo. In funzione degli apporti che risultano certamente corrisposti nella formazione della cultura moderna, che ne rimane contaminata, ancor chè occultata nella didattica del nostro tempo. Tutto quanto astenendosi dall’anteporre o frapporre alcun condizionamento socio-politico che possa diventare tout court pregiudizievole.
Di tutti questi eventi in streaming, i circoli e le associazioni organizzatrici, che stanno provvedendo a registrarle, di fatto contribuendo a costituire un valido archivio che, oltre a documentare le lectio dei vari relatori, consentirà di poter raccogliere tanti ricchi e validi dibattiti che, ogni volta, completano gli argomenti trattati, facendo nascere anche spunti meritevoli di ancora altri ulteriori incontri e nuovi approfondimenti.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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