sabato 17 luglio 2021

Renato Scorza, l’amico calabro-romano dell’Ispettorato Vigilanza.



Scorrendo distrattamente le notizie di Facebook, ieri sera ho appreso così della dipartita di un collega amico, con il quale ho trascorso un importante tratto della mia esperienza lavorativa. La notizia diceva: “Per i tantissimi che lo hanno conosciuto comunico che oggi ho purtroppo appreso della scomparsa lo scorso giugno del carissimo Renato Scorza, una istituzione dell' Ispettorato Vigilanza. R.i.p.”
La vita è strana per certe coincidenze. L’ultima volta che ci siamo sentiti in viva voce, gli esternavo delle considerazioni su come certi personaggi, che hanno rappresentato molto nell’istituzione bankitaliese, vengano a scomparire avvolti dall’oblio e nella quasi indifferenza dei molti che, invece, avrebbero avuto da dire e raccontare, per dare giusto merito a chi ha ricoperto ruoli importanti e non secondari nell’attività di vigilanza bancaria, non necessariamente riconducibili al mero grado gerarchico.
Della circostanza ne venivo a parlare con Renato e, riferendomi alla morte di Vincenzo Desario, avvenuta nel novembre 2020 e di cui ne diede notizia il Messaggero di Roma, lo invitavo a scrivere qualcosa, stante la sua profonda comunanza di esperienze avute con una figura che conosceva assai bene, anche per i costanti contatti lavorativi nella specifica area di competenza.
Come è solito, dalla Banca, nessuna voce istituzionale aveva però speso una sola parola per ricordare il triste avvenimento e lo spessore di un personaggio di caratura come Desario, che aveva rivestito un ruolo molto importante nella complessa storia della finanza nazionale.
Con Renato, nelle nostre conversazioni emergevano oggi, come spesso capita fra amici, intese e divergenze d’opinioni, in questo caso però era d’accordo con il mio pensiero e, pur lasciando trasparire la tanta voglia di voler scrivere sulle esperienze lavorative trascorse, non raccolse l’invito, rivelando una stanchezza che non gli era propria. Evidentemente la malattia, di cui avevo avuto vago sentore, lo scoraggiava ad avventurarsi in narrazioni fisicamente impegnative.
Nonostante tutto, ogni tanto, anche attraverso qualche email, rispondendo a delle mie dissertazioni, continuava a regalarmi pillole tipiche di una scrittura competente, che riusciva sempre a focalizzare il cuore in ogni questione posta in discussione.
Di recente avevamo anche parlato di fotografia e di come di quella passione fossero pure intrisi i suoi ricordi del padre calabrese. Nella circostanza ebbe ad inviarmi delle sue foto ricordo.
Della morte di Renato Scorza, ora venivo ad apprendere solo attraverso un post che l’ex collega, Enrico Scoti, veniva fortunatamente a scrivere fra le varie notizie pubblicate in uno dei gruppi social di Facebook, spesso creati da nostalgici in quiescenza.
Una scarna notizia che mi ha colto di sorpresa, avendo negli ultimi tempi rinverdito i rapporti con lui attraverso messaggi scambiati su whats app; le nuove forme di comunicazione che consentono – specie a noi anziani – di mantenere collegamenti non invasivi con persone con le quali ci piace avere ancora dei contatti.
Personalmente sono tanti gli aneddoti che affiorano fra i miei ricordi della parentesi lavorativa romana all’Ispettorato e non solo; tante le esperienze e gli impegni che mi hanno consentito di apprendere e addentrarmi sempre più nel mestiere. Lui sapeva ben riconoscere i cani da tartufo e gli piaceva anche addestrarli e affinarli nella non facile ricerca di quelli più nascosti.
Nella circostanza però mi piace di più ricordare il suo modo di fare apparentemente scanzonato e risentire nelle orecchie quella sua voce ironica e allegra che non era mai portata a drammatizzare e che ogni tanto mi appuntava pure, dicendomi con il suo affettuoso motto romanesco: “Salvatò …. ma che stai a dì?”.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

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