giovedì 22 giugno 2023

La fotocamera … molto più di un apparecchio di registrazione. (di Giancarlo Torresani)



Occorre molta fortuna nel riuscire a coinvolgere, nel commentare una mostra fotografica, due autorevoli firme che, con autonomi interventi scritti, sono riusciti a impreziosire l'intento solo sperato dai due autori. Daniela Sidari con la sua presentazione a “Photographies” (sottotitolo “Viaggi ....”) ha fornito una descrizione che ha potuto poi verificare di persona (avendo visitato in questi giorni la mostra), Giancarlo Torresani viene oggi ad arricchire il quadro, con il testo appena pervenuto e che si riporta di seguito.

Per chi volesse visionare lo slide show della mostra combinata dei due viaggi il link è https://youtu.be/TvRDHDGqNEE Per chi volesse visitarla di persona, potrà scoprire l'allestimento un pò atipico immaginato dagli autori e che ha creato una certa interazione fra i due differenti generi fotografici in mostra.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

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La fotocamera … molto più di un apparecchio di registrazione.

Uno dei tanti visitatori di “PHOTOGRAPHIES - Viaggi … di Gregorio Bertolini e Salvatore Clemente” si sarà chiesto: perché due fotografi (dalla diversa cifra) hanno deciso di allestire una mostra fotografica assieme? Una mostra, cosiddetta, dovrebbe rispecchiare le idee dell'autore … come possono allora due autori convivere (nella stessa galleria) con due idee diverse?
Premesso che arrivare a comporre una mostra fotografica (fare editing) non è un impegno facile, riuscire nell’impresa è una tappa importante che mette fine ad un “discorso” intrapreso (dagli autori) molto tempo prima, è un dono ai visitatori, oltre che un chiudere una porta fiduciosi di riuscire in futuro ad aprirne altre.
Quando pensiamo ad una mostra fotografica come l’esposizione di un “progetto” articolato e motivato (non un insieme di “belle” foto, ma un insieme che risponde a due domande: cosa hai fatto e perché lo hai fatto) non dimentichiamo che la fotografia è un linguaggio in grado di esprimere visivamente un punto di vista, il pensiero dell’autore; e che due linguaggi diversi possono confluire in un unico “progetto” dove la possibile evoluzione del tempo che scorre è fatto di accelerazioni, rallentamenti, pause, urla e silenzi, una melodia, un ritmo, un respiro che pulsa come il sangue che scorre nelle vene.
Se diverse potrebbero essere le risposte alle domande iniziali, ad esempio: per amicizia, per empatia, per un progetto condiviso, per una questione meramente economica … possiamo trovare la chiave di volta nella parola “viaggi” (vedi titolo della mostra).
Viaggi è un termine che può evocare (nella mente del curioso visitatore) una grande opera che ben riassume i vari significati concreti e simbolici: mi riferisco all’Odissea.
L’Odissea è un poema che, oltre all’avventuroso ritorno in patria del suo eroe Ulisse, rappresenta allo stesso tempo la volontà di portare a compimento una missione accompagnata dalla paura e dall’ansia di conoscere e tentare nuove imprese e nuovi episodi. Ulisse (come i due autori di questa mostra) rappresenta l’intelligenza e la curiosità, un personaggio assolutamente moderno e complesso.
Nel vedere (nell’osservare) PHOTOGRAPHIES, mostra già ben descritta nella presentazione di Daniela Sidari, quel “visitatore” non potrà non cogliere la presenza di un progetto ricco di significati metaforici e simbolici che si avvale di un linguaggio per immagini che arrivano direttamente, evocando sensazioni ed emozioni diverse nel lettore.
Il “viaggio intimo” di Gregorio Bertolini rappresenta il risultato di una ricerca decennale (work in progress) un lavoro composto tramite immagini dai vigorosi bianchi e neri (fermi, mossi e a volte solo suggeriti) che tracciano i contorni di una realtà ricca di emozioni legate ad un certo modo di sentire, al vissuto dell’autore, che si interroga sulla propria esistenza.
Noi pensiamo di scattare foto per catturare spicchi di realtà, ma non è così; la verità è che quando fotografiamo mettiamo a fuoco la nostra interiorità usando ciò che vediamo al nostro esterno.
Ciò che conta è il frammento di un’esperienza, parziale e permanente, che la fotografia può trovare, quell’unica verità che esiste solo nel punto in cui il senso del tempo del fotografo e la natura frammentaria del mondo si incontrano. Le foto concettuali di Bertolini esteriorizzano ed amplificano certe nostre emozioni; guardarle è come guardarsi dentro nel bene e nel male.
Farlo può strappare sensazioni, paure, fragilità nascoste e mai liberate.

Secondo John Berger il nostro modo di vedere è condizionato socialmente dal nostro habitus e dalle nostre esperienze. Il linguaggio fotografico è senza dubbio uno dei tanti aspetti della comunicazione contemporanea, non solo quando si viaggia, per passione o per lavoro, ma anche quando si fotografa ciò che non appartiene alla nostra cultura, per documentare, comparare, ricordare.
Ed è qui che troviamo lo sguardo di Salvatore (Toti) Clemente che, dai due viaggi in Cina (effettuati nel 1991 e nel 1995) recupera le sue vecchie dia-color (poi digitalizzate) per raccontarci la Cina di quegli anni. Un abile utilizzo (potremmo dire) del materiale fotografico per analizzare e studiare: altre culture, usi e costumi, tratti somatici di altri popoli, una vera e propria ricerca socio-antropologica.
Osservando questo caleidoscopico “album” di ricordi non possiamo non riconoscere che viaggiare, e fotografare, permette di incontrare e capire luoghi e mondi diversi, scoprire religioni diverse, cibi nuovi, modi di vestire e di parlare … altre culture nelle quali, nonostante le mille difficoltà, ci sono ancora persone pronte a regalarci un sorriso spontaneo.
Questa è la potenza del ritratto, che emerge predominante dall’indagine fotografica di Clemente; volti nei quali leggiamo le emozioni che il fotografo desiderava trasmetterci; non solo volti, non solo il colore della pelle e dei capelli, i lineamenti diversi … ma volti che rappresentano i “segni” del trascorrere del tempo. Ogni sguardo, ogni ruga, ogni espressione di quei visi racchiudono in sé i ricordi legati all’esperienza dei tanti incontri che il viaggio ha donato.
Una fotografia non può essere sempre perfetta, dal punto di vista tecnico, ma può trasmettere la sensibilità del suo autore. Sono le foto stesse che trasmettono il loro essere e lasciano immaginare quei luoghi e quelle persone. Le potenzialità espressive della fotografia sono davvero sorprendenti; se il fotografo riesce ad immortale in pochi centesimi di secondo ciò che vede e sente … sarà poi la percezione di chi guarda a dare un senso a quelle foto.
Scriveva Orson Welles : “la fotocamera è molto più di un apparecchio di registrazione, è un mezzo attraverso il quale i messaggi ci raggiungono da un altro mondo.”
Sperando d’aver risposto (e fugato gli ulteriori dubbi) a quel “curioso” visitatore, non mi resta che salutarlo e augurargli una “buona visione” di questa mostra.

(1) John Peter Berger (1926-2017) è stato un critico d’arte, scrittore e pittore britannico. (2) George Orson Welles (1915-1985) è stato un attore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e produttore cinematografico statunitense.

venerdì 16 giugno 2023

Interviste ripescate: "Enzo Sellerio"



Capita spesso, parlando del più e del meno, di scoprire come qualcuno conservi come reliquie dei documenti che tornano utili per conoscere meglio certi personaggi. Con Giuseppe, esperto fotografo professionista, è successo proprio questo. Nel confrontarci su famosi fotografi siciliani, ha tirato fuori un vecchio articolo su Enzo Sellerio, pubblicato nella famosa rivista Fotografare (n.4) nell'aprile 1970 che - seppur rapportato ai tempi - risulta molto interessante, per taluni aspetti anche attuale, e che piace riproporre all'attenzione dei molti appassionati di fotografia.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

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"ENZO SELLERIO è FOTOGRAFO DA 12 ANNI, VIVE A PALERMO. HA PUBBLICATO MOLTI LIBRI D'ARTE E COLLABORA CON IMPORTANTI RIVISTE DI PRESTIGIO ITALIANE E STRANIERE.

D: Come riesci a conciliare la tua fotografia con la tua permanenza a Palermo che è pursempre una grossa città di provincia?
R: E' relativamente possibile.
D: Ma come fai?
R: Bisogna sapere prendere un aereo, sfiorare Milano e poi puntare su Parigi, Londra, New York.
D: Perchè solo sfiorare Milano?
R: Milano non qualifica.
D: E all'estero?
R: All'estero bisogna dirirgersi subito nei posti giusti. Vogue, Fortune, Daily Telegraph, giornali grossi, importanti.
D: Dunque secondo te è importante sfuggire le mezze misure.
R: Certo, le mezze misure condizionano. Bisogna avere il coraggio di fare il salto.
D: E questo salto è possibile da Palermo che poi in questo settore è come dire Brescia, Padova o, al limite, Firenze?
R: Sì, è possibile purchè si voglia.
D. Quali sono le tecniche per riuscirci?
R: Bisogna essere dei bravi fotografi, questo è essenziale. Poi, in seconda linea, vengono le conoscenze personali. Si tratta sempre di affinità culturali che diventano rapporti di lavoro.
D: Secondo te è importante la cultura in questo mestiere?
R: Come in ogni altro. Qualsiasi lavoro può essere fatto a diversi livelli. La cultura è uno dei fattori che influiscono sul livello della fotografia.
D: Che cosa, secondo te, potrebbe facilitare molto questo mestiere?
R: Una rendita personale che mettesse al di fuori dal rischio di dovere necessariamente rispondere alle esigenze di mercato. Questo diventa indispensabile quando non c'è coincidenza fra il fotografo e le richieste di mercato.
D: Ma se non esiste questa coincidenza vuol dire che il fotografo sta vivendo fuori dal suo tempo e dalla sua società.
R: Può succedere, è successo.
D: Credi di avere avuto la possibilità di esprimerti con la macchina fotografica?
R: Per dare una cifra, anche se approssimativa, posso dire che ho fatto solo il dieci per cento di quanto avrei potuto.
D: Perche? R: Ho subito vari condizionamenti. Quando sono uscito da Palermo ho avuto delle grosse soddisfazioni ma la provincia, senza che lo sospettassi all'inizio, mi ha condizionato. D: Ma allora perchè non ne sei venuto via del tutto?
R: Per una serie di ragioni personali. E poi, per un fotografo non è importante solo la fotografia. Io, per esempio, ho avuto sempre paura che la mia personalità rimanesse annientata dal contatto con la grande città. In provincia ho trovato e trovo degli attimi di freschezza umana e professionale che avrei potuto perdere del tutto in una stretta civiltà consumistica.
D: Ma fare il fotografo in provincia dà una certa possibilità di espandersi professionalmente?
R: In misura molto limitata. In provincia si possono produrre degli "indizi di talento". Tutto qui.
D: Qui a Palermo è apprezzata la foto intelligente, viva, attuale?
R: Se consideriamo la foto intelligente come foto-invenzione, debbo rispondere di no. Questo tipo di foto intelligente qui non ha mercato, non ha richiesta, nessuno ne sente la necessità.
D: Allora quali sono le foto che funzionano?
R: Le foto di buona tecnica. Un buon tecnico qui va bene per le richieste di mercato. La fotografia tecnicamente buona è pagata agli stessi livelli milanesi.
D: Si dice che preferisci non lavorare per i settimanali. E' vero?
R: E' vero, soprattutto per certi settimanali.
D: Perchè?
R: Mi sono accorto di non avere interesse per la cronaca e per questo rifiuto di farla.
D: Che cosa consiglieresti a un fotografo di provincia che fosse interessato alla cronaca?
R: Cosa potrei consigliare? Di farla. Ma in questo caso inevitabilmente dovrà fare anche la partita di calcio e l'incidente stradale. E' assai difficile, se si lavora in provincia, riuscire a vivere facendo solo cronaca importante. Anche se questa provincia è la Sicilia che è sempre stata teatro di cronache interessanti per la stampa di tutto il mondo.
D: Come sei arrivato alla fotografia?
R: Prima è stato un hobby. Frequentavo pittori, giornalisti e fotografi. Così ho cominciato.

ENZO SELLERIO CONOSCE A FONDO LA SICILIA ED HA SAPUTO DOCUMENTARE CON MOLTA EFFICACIA ALCUNI ASPETTI DELL'ISOLA."


domenica 11 giugno 2023

PHOTOGRAPHIES – Viaggi ... di Gregorio Bertolini e Salvatore Clemente



In genere parlare di un’operazione culturale in cui si è direttamente coinvolti non è elegante, anche perchè quanto si è portati a dire rischia di non apparire neutro e di non risultare oggettivo.
Una mostra costituisce sempre un’occasione per proporre idee, con l’intento di sollecitare reazioni.
Seguendo tale logica, impressioni positive o negative hanno pertanto un’importanza relativa, anche nel caso possano risultare funzionali e strettamente legate a un proprio punto di vista: in tali circostanze l’obiettivo principale dei proponenti è sempre quello d’innescare discussioni utili al dialogo e al confronto.
Del resto ogni disputa artistica non ha l’obiettivo di affermare verità, che peraltro restano inaccessibili all’umano, ma quello di illustrare le tante possibili variabili e aiutare l’osservatore a intravvedere, palesandole o solo accennandole, le infinite scale di grigi o i miliardi di colori che, sfumando, delineano formule estetiche di personalissime rappresentazioni visive.
Ogni commento del visitatore, dal semplice mi piace al non mi piace affatto, associato alle tante altre osservazioni liberamente espresse nel dibattito proposto, costituiscono la raccolta di tanti modi di pensare, di tante culture, di sensazioni immaginate o provate, di esperienze sperimentate, di visioni e letture mutabili purchè prive di preconcetti.
Allo scopo di rendere in qualche modo comprensibile ciò che si vorrebbe far intendere, torna utile riportare la presentazione di Daniela Sidari scritta per le due mostre combinate, “Photographies”, sottotitolo “Viaggi ....”, annotando, in successione, le impressioni incrociate formulate dai due fotografi (ciascuno soffermandosi sulla mostra dell’altro).
Seguiranno delle altre sintetiche considerazioni che a vario modo verranno raccolte.
Altri ulteriori commenti potrebbero alimentare un seguito in coda a questo post, per eventualmente ampliare discorsi utili a chiarire, completare o esplicitare i tanti aspetti delle due difformi tipologie di viaggio narrate per immagini dai due autori (con un racconto storico-documentaristico per l’uno, introspettivo e intimistico per l’altro).

Buona luce a tutti!


© ESSEC

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PHOTOGRAPHIES – Viaggi ...
di Gregorio Bertolini e Salvatore Clemente

We shall not cease from exploration And the end of all our exploring
Will be to arrive where we started And know the place for the first time.

Noi non cesseremo l’esplorazione
E la fine di tutte le nostre ricerche
Sarà di giungere là dove siamo partiti E conoscere il luogo per la prima volta.

(Thomas Stearns Eliot, Quattro quartetti, 1943)

Photographies prevede l'esposizione delle immagini in due sale dedicate ai due differenti percorsi degli autori ma è anche qui che si incrociano i due linguaggi contaminandosi a vicenda in un'esplorazione fisico/intellettuale lasciando emergere complessità di visioni, simboli e filosofie.
I due fotografi ci introducono a due percorsi apparentemente distanti fra loro, due viaggi paralleli di conoscenza profonda di “territori sconosciuti” e dagli aspetti ugualmente caleidoscopici.
Per Salvatore Clemente, il viaggio è in luoghi reali e materiali; il racconto riunisce foto di due viaggi effettuati in Cina, nel 1991 partendo da Pechino alla scoperta della Cina più tradizionale e nel 1995 da Pechino, in Asia centrale fino al Pamir/Karakorum seguendo il percorso carovaniero della Via della Seta. L'essere stato lì dell'autore, testimone di eventi e contesti sociali, lo ha portato a gestire il reportage sulla Cina attraverso un indissolubile legame visivo fra luoghi e persone; ad essere indagato è l'uomo. L'autore raggruppa le immagini per simiglianza di eventi o azioni, non la foto singola ma raggruppamenti di racconti: la vendita, la preghiera, i diversi lavori, gli spostamenti per terra e per acqua ma anche il semplice ritratto alle persone. Le immagini attraverso il colore descrivono ma sono come “cartoline” disposte l'una accanto all'altra che compongono varietà grafiche di ambiti e situazioni, percorsi di creatività personale che permettono all'osservatore una totale immersione nel tema ma lasciano ben visibile l'impronta dell'autore, traccia di una probabile e personale geografia di luoghi, vite e persone.
Per Gregorio Bertolini invece il viaggio è in luoghi interiori ed immateriali; un percorso intimo, oltre che estetico/visivo, che lo ha portato a cercare nel reale modi e segni che potessero in metafora ben rappresentare i moti interiori del suo animo. A differenza dell'altro, questo è un lavoro in bianco e nero costruito secondo mescolanza di opportuni linguaggi e scelte poetiche: il mosso, lo sfocato, la piega, il frammento, l'ombra, le barriere di buona parte delle immagini lasciano trasparire travaglio ed irrequietezza interiore. Non è mai indolore esplorare il proprio inconscio e l'autore scava con coraggio nei chiaro-scuri dell'io interrogandosi sui grandi temi esistenziali alla principale ricerca di sé stesso.
Per entrambi gli autori, un grande pannello riassuntivo del proprio viaggio irrompe garbatamente nella mostra dell'altro, il colore nel bianco e nero ed il bianco e nero nel colore; sullo sfondo di una moltitudine di immagini, campeggiano più grandi, in un pannello, il volto di Mao Tse-tung a simboleggiare lo spirito della Cina magnifica e positiva di quel periodo e, nell'altro, un tunnel buio con in fondo una luce anch'esso simbolo positivo di una personale speranza. La fotografia è stata il giusto mezzo per raccontare le proprie emozioni e con buona probabilità in ogni luogo ed in ogni momento i due autori/viaggiatori hanno sempre, nello scatto, cercato se stessi. Il viaggio è divenuto metafora e ha permesso di raccontare la propria storia e nel profonderla, di liberarsi raggiungendo quel luogo-realtà che per ognuno è propria consapevolezza.
Partire è stato alla fine scoprire di essere giunti là da dove si era partiti e qui riconoscere se stessi come fosse la prima volta, ancora ed ancora.

Daniela Sidari (Docente FIAF)

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Questa mostra fotografica non è un'esposizione di immagini dove l'aspetto estetico ha un valore predominante, quasi fine a sé stessa; qua l'autore vuole esprimere il senso stesso del suo viaggio; la curiosità che lo ha portato tra quelle genti per cercarne lo spirito. E in realtà con la sua sete di conoscenza di una realtà completamente diversa dalla sua, riesce a darci un'idea di quello spirito, proponendoci un caleidoscopio di immagini sapientemente disposte secondo uno schema armonico, oserei dire, vicino ad una partitura musicale, dove il ritmo, lento, è guidato da immagini principali grandi, significative, frapposte, sostenute ed incalzate ad un ritmo più rapido da immagini chiarificatrici. Il tutto si conclude in un grande pannello con una sintesi esemplare di un popolo attivo guidato dal suo leader.

(Scritto da Gregorio Bertolini su “China – 1991-1995”)

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Mi sono sempre chiesto quali possano essere le esperienze che un feto possa acquisire nel lungo percorso della gestazione. Osservando le immagini proposte da Gregorio si alimentano possibili forme di risposta. La sua fotografia introspettiva costituisce una serie sedimentata di esperienze, sogni, interpretazioni che lasciano l’osservatore anche libero di costruirsi un proprio racconto. Il tutto suffragato da bagagli culturali, vissuti, illusioni, visioni. I suoi sono accenni, risvegli. Interpretazioni della sua mente, filtrate dall’occhio fotografico. Composizioni, gradazioni e sfocature sono vocali e consonanti dei dettagli grammaticali della sua sintassi personale, ma sempre adattabile da ciascun osservatore secondo delle proprie letture.

(Scritto da Toti Clemente su “Viaggio intimo")

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Di seguito il trailer di una parte della mostra "Photographies - Viaggi ... "("China - 1991-1995"), inaugurata il 9 giugno u.s.e programmata fino al 23 giugno 2023: https://youtu.be/TvSZGpLtEPE

martedì 6 giugno 2023

Ritorni di fiamma: vecchie reminiscenze d’attività ispettive



In passato ho avuto modo di scrivere più volte sull’argomento che, indipendentemente dal trascorrere degli anni, rimane sempre attuale, perché molto spesso fortemente legato alla presunzione d’infallibilità vissuta da taluni soggetti chiamati a svolgere funzioni di accertamento e controllo.
L’attività ispettiva senza essere prevenuti e l’oggettività pura nell’esercizio della giustizia, ad esempio, comprendendo in ciò tutti i vari compositi ambiti, costituiscono i presupposti essenziali per un’equa applicazione delle regole.
Peraltro le stesse regole debbono essere sempre adeguatamente interpretate e non essere vissute con presupposti coercitivi o repressivi, bensì come soluzioni per un compromesso sociale volto a una convivenza civile basata sulla trasparenza.
Purtroppo, come abbiamo modo di osservare nel quotidiano o apprendiamo dalle notizie di cronaca, le complessità ingenerate dall’evoluzione umana, tendono sempre più a confondere (ad ammuinare, si direbbe a Napoli), facilitando - con l’anonimato e un legiferare spasmodico - ogni possibilità di truffa e mistificazione.
La giurisprudenza oggi, più che facilitare la qualità della convivenza civile, costituisce un’aggrovigliata matassa dove specializzati azzeccagarbugli riescono spesso a fare il bello e il cattivo tempo; con occhi strabici rivolti, con particolare attenzione, alle variabili oligarchie del tempo.
Di certo non si può sempre fare di tutta l’erba un fascio, ci sono di certo anche persone per bene, chi può anche ritrovarsi a sbagliare in buona fede, ma restano differenziati e contrapposti gli onesti rispetto ai ladri malfattori, che approfittano delle opportunità offerte.
I primi si ritrovano, quasi paradossalmente, a vivere sempre più dentro una bolla illusoria, che rimane oltremodo permeabile e che non assicura adeguate difese.
Nihil sub sole novum (anche Nihil sub sole novi), è la frase biblica contenuta nel libro dell’Ecclesiaste (o Qoelet): “Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole”.
La frase è citata, generalmente in italiano (niente di nuovo sotto il sole), quando si vuole affermare l’eterno ripetersi egli eventi nella storia del modo o come forma elegante dell’espressione “nessuna novità” (fonte internet).
Nulla di nuovo sotto il sole si dirà quindi, ma ce sempre rimane latente nella storia dell’umanità il rischio che continuando a tirare la corda ….. alla fine questa è destinata a spezzarsi.
Nel leggere l’articolo “I cambiamenti della pubblicità bancaria”, pubblicato oggi da Pasquale Tribuzio, inerente anche all’attività delle banche in genere, mi sono tornate in mente tantissime esperienze direttamente vissute e che ancora rimangono vivide nei ricordi (anche con nitidi ritratti dei singoli personaggi interessati alle varie vicende).
Per non tediare oltre, elenco di seguito una serie di casistiche emblematiche, che per un verso evidenziano le fantasie creative di chi è portato per natura alla manipolazione e dall’altro una certa stupidità, un’inadeguatezza professionale e talvolta l’impreparazione assoluta di potenziali “sceriffi”, definibili tali solo dalla stella che qualcuno aveva loro inopinatamente apposto sul petto.
Ogni singola linea potrebbe svilupparsi con interessantissimi e ricchi racconti e aneddoti, ma nell’occasione appare sufficiente solo un accenno (come fossero titoli di tanti potenziali capitoli).
Elenco:
- Vecchi crediti occultati nei classici conti di debitori diversi, sconosciuti ai responsabili dei fidi.
- Gestione finanziaria dei depositi con riconoscimenti di tassi d’interesse arbitrari, in relazione alla vicinanza/affinità a vertici aziendali.
- Speculazioni finanziarie e improprie su obbligazioni di terzi assunte a garanzie di affidamenti.
- Algoritmi primordiali occulti nel calcolo e l’applicazione di commissioni di massimo scoperto, funzionali al raggiungimento degli obiettivi di budget aziendali prefissati.
- Manipolazione ad arte nella gestione delle linee di credito eccedenti i limiti di fido, funzionali alle segnalazioni da rendere all’OdV.
- Creazioni di liquidità su depositi artificiose.
- Blocco dei calcoli di interesse su talune posizioni (manomissioni attraverso responsabili del centro elettronico aziendale), ovvero rese infruttifere con tanto di delibera consiliare, accendendo nuove linee di credito ad affidati insolventi.
- Utilizzo abusivo di promotori finanziari non autorizzati.
- Attività finanziaria parallela e occulta interfacciata con conti DD e CC Diversi aziendali.
- Accanimenti terapeutici basati su preconcetti che andavano a pregiudicare le analisi ispettive.
- Commissioni per richiami da Notai di effetti e assegni mai inviati agli stessi. Ovvero mancati addebiti d’assegni insoluti mantenuti sospesi da tempo o, ancora, impropri usi di blocchi di carnet di assegni (così dette “farfalle”).
Probabilmente, ripensandoci meglio, potrebbero affiorare tantissime altre casistiche e fattispecie anomale, in buona parte riportate nei relativi rapporti ispettivi, probabilmente oggi non più in uso e, in ogni caso, afferenti a rilievi e prassi che, per il lasso ti tempo intanto trascorso, sono tutte ampiamente prescritte ovvere rese legali da innovazioni normative che prendono atto di nuove realtà intanto sopraggiunte.
Magari delle raccolte ben pensate e afferenti a tutti i rilievi, rivenienti da accertamenti (di ogni genere), magari differenziati per materia, organismi e quant’altro, potrebbero costituire degli ottimi manuali per rappresentare le vere storie che hanno interessato i mondi interessati. Sarebbe come venire a togliere i veli a quelli che volgarmente vengono definiti “segreti di stato”, consentendo a chi continua a praticare i controlli di capire meglio certi meccanismi e poter possibilmente svolgere meglio il lavoro spesso delicato a cui sono chiamati.
Verrebbero così anche scoperti tanti “Sepolcri imbiancati” che potrebbero svelare retroscena di molti accadimenti, mettendo in luce persone false, ipocrite, che spesso nascondono comportamenti disonesti o comunque riprovevoli ammantandoli di una parvenza di rettitudine irreprensibile.
Dell’attività svolta, che mi ha molto appassionato, mi rimangono le certezze che umiltà, il saper osservare e l'ascoltare per cercare di capire, sono cardini essenziali; con una pratica, quindi, basata non su apparenze ma su certezze ovvero su punti fondamentali che – accompagnati dalla pura onestà intellettuale – consentono di delineare i profili dell’oggetto posto a base di ogni analisi.
Mettendo sempre in conto anche, per quanto ovvio, che l’eventuale fallimento nel non aver centrato l’obiettivo prefissato rientra nelle possibilità, perché non occorre avere come obiettivo principale l’acquisizione di uno scalpo o di una nuova tacca da apporre sulla pistola fumante, quando si ritorna dall'sver svolto un accertamento.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

sabato 3 giugno 2023

"MCN" ovvero: Coerenze, contraddizioni e originalità



Coerenze e contraddizioni sono sempre aspetti da verificare, specie se tendono a coesistere contemporaneamente nell’indole di uno stesso individuo. Resta pertanto sempre valido il proverbio che recita: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, oppure l’altro che suggerisce: “fai quello che ti dico io e non quello che faccio io”.
Capita molto spesso che, anche nell’ambito di una articolata disquisizione, uno stesso soggetto possa fare delle chiare affermazioni e esprimersi poco dopo con considerazioni totalmente contrarie, mostrando come la coerenza spesso possa confondersi per interessi o preconcetti che, prevalendo, adombrano quel minimo di onestà intellettuale che dovrebbe sovraintendere in qualsiasi tesi in discussione.
Nell'indole umana è costante, pure se talvolta in forma inconscia, la voglia di condizionare chi ci ruota intorno. Vuoi per cercare di convincere a condividere un proprio modo di pensare o un semplice punto di vista, ovvero per l'ego narcisistico eccessivo che caratterizza tanti.
Pur essendo la tolleranza una dote praticata, spesso dedita a cercare compromessi che aiutino ad andare avanti, non sempre può risultare sufficiente per evitare contrasti. La natura umana, purtroppo anche in soggetti intelligenti tende sempre a strafare e l'invadenza può, quindi, far insorgere o alimentare l’intolleranza che costringe a reagire.
Spesso accadeva, a noi soggetti giovani più portati alla pazienza, di essere scambiati per dei fessacchiotti, di cui poter magari approfittare. Era così che accadevano le classiche volte in cui, col tirare della corda oltre misura, si provocavano rotture impreviste o reazioni esagerate da entrambe le parti.
MCN a Palermo era una sigla molto usata negli anni della mia adolescenza; particolarmente diffusa negli ambienti scolastici delle medie e superiori. In prossimità degli edifici scolastici le scritte MCN, infatti, abbondavano sui muri interni ed esterni; ma figuravano anche nei diari di noi alunni, annotati nelle varie giornate, apposti autonomamente o annotati di straforo da compagni di classe burloni.
L'efficace vignetta ricevuta che fa da copertina a questo articolo è stata la vanga che ha fatto riesumate dai lontani ricordi una delle formule goliardiche che stavano a segnalare l’assoluta intolleranze a ogni ingerenza, abuso o a qualunque forma di potenziale machismo/bullismo fra giovani studenti, ma non solo.
Anche l'uso diffuso nelle periferie e nei quartieri popolari dell'MCN era un modo sintetico per lanciare un chiaro segnale sociale a chi avesse avuto voglia di travalicare e invadere il campo.
Nello specifico, volendolo decriptare, letteralmente MCN era l'acronimo di "Minchia Cacata Niente", rude corrispondente al messaggio a non rompere le scatole. Un avvertimento leggero se espresso unito a un sorriso, con l'intento di frenare a monte una qualsiasi intenzione invasiva solamente accennata; poteva però anche costituire un pronunciamento sintomatico per concettualizzare una arrabbiatura latente o manifesta, come monito rivolto al contendente per avvertire che il limite di tolleranza era stato ormai valicato.
L’acronimo potrebbe essere coetaneo al può famoso “800A” di cui si è scritto tanto e che costituisce ormai quasi un argomento anche di dotta letteratura. Peraltro, tenuto conto che per “MCN” grossomodo ci si rifà agli anni sessanta, può ben affermarsi che i giovani palermitani forse potrebbero di diritto annoverarsi fra i fondatori della prima street art, quella fatta di sole scritte sui muri quantomeno, per quell’ampia diffusione attuata negli ambienti cittadini in tempi molto antecedenti al manifestarsi dei popolari writers americani.
Tutto quanto detto porta ad affermare, ancora una volta, che sull’origine delle cose è sempre bene documentarsi, approfondire; anche perchè e come spesso accade, c’è sempre qualcuno che ha inventato o pensato quello che noi crediamo possa costituire un’idea unica e originale.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

venerdì 2 giugno 2023

Trailer Photographies "China 1991-1995"



Link per visionare il Trailer "Photographies: China 1991-1995" https://youtu.be/TvSZGpLtEPE

Buona luce a tutti!


© ESSEC