venerdì 22 marzo 2024

“Un altro ferragosto”, il nuovo film di Paolo Virzì



Nel visionare l’ultimo film di Paolo Virzì non si può non pensare a “Il Caimano” di Nanni Moretti.
Un superbo Silvio Orlando anche in quest’opera cinematografica incarna il personaggio chiave che, dietro un’apparente demenza, continua a rifiutare tutto quello che nella vita non vuole accettare, mantenendo la lucidità che ha la nobile funzione di leggere la storia.
Nella sua regia Virzì non si limita prendere in giro i social e ad attaccare violentemente la politica, perchè affronta anche le profonde e variegate crisi sociali che attraversano il mondo occidentale in generale e quello italiano in particolare.
Personaggi inverosimili rappresentano molteplici caricature di tante realtà che ci stanno vicine, ci circondano, martellano e spesso condizionano.
Intorno al racconto dell’evento riferito ad un’improbabile influencer - ignorante e di successo - ruotano lucide fattispecie d’individui riconducibili ad un’area politica di centrodestra, mentre confusi idealisti radical scic si associano a Sandro Molino (giornalista e scrittore di sinistra interpretato da Silvio Orlando).
Ma, nel messaggio di Virzì, gli opportunisti, i fanculisti, i qualunquisti, i confusi, sono presenti in entrambe le sponde. E pure, sono tanti i miserabili.
Nel racconto forse lucidi e puri appaiono solo i bambini che, pur cogliendo ogni cosa, sembrano volersi tenere esclusi dalle vicende miserevoli dei grandi.
Nel film il regista intreccia scene del precedente “Ferie d’agosto” per poter mettere a fuoco retroscena e casualità che hanno condizionato la vita degli stessi personaggi, ieri giovanili e oggi giunti ad età matura.
L’autodeterminazione sul fine vita è anch’esso efficacemente rappresentato, con la figura dell’anziana madre/nonna un po’ svampita che, in una delle scene finali, dopo aver sparso nel mare le ceneri del marito morto, decide di farla finita, inabissandosi anche lei nelle stesse acque di Ventotene.
Presenti anche personaggi e scene che mettono in campo questioni transgender, le problematiche connesse all’omofobia e ai tanti altri problemi esistenziali che interessano la vita umana.
Non teneramente vengono descritte le varie burocrazie e classi sociali che molto di frequente, nella vita reale, caratterizzano figure ambigue, faziose, discutibilmente ambiziose, sciatte.
In certi momenti il film può risultare confuso, per sovrapposizioni temporali dei personaggi, per l’affollamento dei messaggi che vogliono mettere a fuoco tante cose, per l’irriverenza palese rivolta alla politica e per tanto altro, ma quanto vuole comunicarci Paolo Virzì è molto chiaro e certamente .... non lo manda a dire.
Una pellicola, infine, che merita di essere vista (quasi obbligatoriamente da dirigenti e militanti nella classe politica) e della quale già si discute sui media per ostracismi e tentativi di oscuramento e, in ogni modo, di cui si parlerà molto.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

giovedì 21 marzo 2024

Secondo quello che suggerisce la moda del tempo



L'avvicinamento alla fotografia è sempre variegato. Tanti sono gli spunti che inducono ad imbattersi nella materia e, nel caso, appassionarsi. Come autori o cultori non fa poi molta differenza.
Tutti restano comunque accomunati nell'utilizzare la formula creativa ritenuta più idonea e che riesca a raccontare leggendo la luce, per alimentare proposte e confronti culturali, personalizzando scritture o osservazioni.
Altri sono i discorsi che possono sviluppare, in relazione all'approccio, gli autori. I vari generi fotografici del resto necessitano di processi metodologici talvolta assai differenti.
Fra i tanti forse la difformità d'origine è quella che mette a confronto l'aspetto pittorico con l'utilizzo della macchina per catturare l'attimo fuggente. Il primo alla ricerca di perfezioni estetiche di elementi statici che rimangono spesso fini a sé stessi, il secondo volto a catturare immagini di fatui realismi dinamici - anche provocati - che meritano d'essere congelati in uno scatto.
C’è sempre una fotografia che segue comunque la moda del tempo, che scopre nuove tecniche e modi apparentemente originali o moderni, ma destinati anche a stancare, per evidenti inconsistenze aggiuntive.
Progetti spesso pensati a tavolino dall'ideatore si propongono di tramutare idee in immagini; processi che, negli ultimi tempi in particolare, sconfinano oltre la fotografia, sfociando in componimenti grafici artigianali, frutto di manipolazioni, magari facendo ricorso a usi di software sofisticati.
Un punto che comunque distingue l'approccio fotografico è il talento che presuppone un pensiero o anche occasionalità congenite imprevedibili. Altra considerazione da tenere in conto è che il tutto resta sempre il frutto di elaborazioni umane, con tutto ciò che ne consegue.
Giuseppe Cicozzetti, che torno a citare e che consiglio di seguire, con la sua pagina Scriptphotography costituisce quasi un “tutorial” per il mondo della fotografia. Propone ogni giorno autori diversi, per genere, temporalità e luoghi, mettendo a fuoco esempi di approcci culturali e concettuali sempre differenti.
In nessun caso si pone a concludere con scale di valori ma, anzi, con le sue argomentazioni, s’impegna a illustrare le logiche che consentono di raccontare le foto e avvicinarsi agli autori.
Con il suo spirito divulgativo - e fortunatamente non è il solo - informa con esempi differenti, per stimolare e allargare così le conoscenze di chi lo segue e anche le sue.
Nell'attirare molta curiosità, raccogliendo anche utili segnalazioni da fotoamatori che si propongono (per ricevere consigli o pareri su ciò che realizzano), individua talenti che anche per lui rappresentano un gratificante valore aggiunto.
È sicuramente anche questo il motivo per cui i suoi scritti rimangono comunque interessanti, a prescindere dall'accettare quelle che sono le sue chiavi di lettura e la valenza delle foto d'esempio e gli autori che continuamente propone.
Fortunatamente noi tutti siamo adulti e vaccinati, sicuramente in grado e capaci di discernere su ciò che più ci aggrada o si avvicina alla nostra indole e predisposizione. Senza che possa procurare fastidio, l’eventualità di non condividere quelle che a noi possono apparire solo discutibili impressioni.
Le diversità, nel caso, sono sempre opportunità e fonte di ricchezza. I dialoghi costruttivi che derivano anche da eventuali contradditori inconciliabili, pure.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

martedì 19 marzo 2024

Photoghaphies - Viaggi .....



Stampato in double face per consentire letture autonome, in modo che copertine e quarta di copertina (e relativi contenuti) possano indifferentemente invertirsi, propone fotografie esposte durante un’unica mostra.

In “Viaggio intimo” di Gregorio Bertolini: si tratta di una sperimentazione, portata avanti da più di un decennio, che privilegia l’indagine intima alla perfezione tecnica senza alcun limite; scaturisce dal bisogno di fissare le mie emozioni quando mi fermo ad ascoltarle, traducendole in immagini freneticamente alla ricerca della mia ragion d’essere. Frammenti di una realtà personale fatta di visioni oniriche opposti a pezzi di reale.

“China 1991-1995” di Toti Clemente: un reportage sulla Cina frutto di due viaggi effettuati nel 1991 e nel 1995, entrambi con partenza da Pechino. Il primo riguarda la Cina classica, il secondo il percorso carovaniero della Via della Seta (Asia centrale fino al Pamir/Karakorum). Le foto, oltre a rappresentare i luoghi, si soffermano sulle molteplici etnie che popolano il territorio cinese. L’aspetto espositivo vorrebbe creare un mix di “cartoline” proposte secondo composizioni grafiche.

Entrambi i lavori raccolti nel libretto pubblicato in questi giorni, che erano stati esposti presso la Galleria FIAF dell’ARVIS (Associazione per le arti visive in Sicilia) di Palermo, si avvalgono di due presentazioni redatte dai critici fotografici Daniela Sidari e Giancarlo Torresani, pure riportate nel volume.

Buona luce a tutti!


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sabato 16 marzo 2024

Whistleblower - Pesi e contrappesi



Whistleblower è il termine inglese, derivante dalla frase “to blow the whistle” (traduzione letterale: per fischiare), che mira a identificare un soggetto che scopre e denuncia, in genere nel corso dell’operatività attiva, fatti che hanno causato o possono in potenza causare danno allo stesso ambiente in cui lavora o ai soggetti che con questo si relazionano.
Grazie alla denuncia di detta tipologia di figure molte volte è possibile prevenire pericoli o, più semplicemente, assicurare trasparenza negli ambienti e fornire qualità nei relativi servizi produttivi.
Se opportunamente tutelati e messi in grado di favorire comunicazione all'interno dell’organizzazione in cui lavorano, possono migliorare efficienza e, anche, assicurare un'implementazione del sistema dei controlli interni.
Per quanto detto, benefici analoghi possono derivare anche da soggetti non più attivi nel mondo del lavoro che, grazie a questo loro status (ormai liberi da vincoli di appartenenza e da ogni eventuale "condizionamento") possono più facilmente evidenziare - con proprietà e precisione di linguaggio - quelle incongruenze e vizi/abusi procedurali nel caso vissuti, non sempre quindi legati a negligenze o a innocenti trascuratezze.

L’autore del libro "Pesi e Contrappesi" qui recensito, per la varietà e la ricchezza dei contenuti potrebbe, quindi, ben rientrare nella seconda fattispecie di whistleblower, in quanto sviluppa una serie di vicende (definite come frutto di fantasia), inframezzandole ironicamente con una serie di aneddoti e storie piene di strani protagonisti, dove – con molta probabilità – molti lettori potrebbero poi magari riconoscersi, per il loro vissuto (presente o passato).
La quarta di copertina del volume riporta infatti:

“Come sempre capita, quando si leggono storie ispirate a fatti realmente accaduti, ci sarà chi andrà a riconoscere con immediatezza contesti a lui noti e magari rivedere anche circostante vissute assai simili; ma ci sarà anche chi cercherà comunque di immaginare le istituzioni e i luoghi a cui si allude, nel tentativo di individuare talune delle figure descritte e che fanno parte della narrazione.
Questo è uno degli aspetti più belli della letteratura "verista" che, quando riesce a miscelare con efficacia fantasia e memorie, attualizza le vicende, a prescindere da ogni condizione.
Qualcuno potrà anche ritrovarsi in alcune delle storie e pure riconoscersi in vicende raccontate spesso con ironia.
Qualche altro apprezzerà, forse, la fervida fantasia nell'impegno dell'autore a tentare di enfatizzare paradossi impossibili.
Come capita in tutte le forme espressive che ambiscono ad essere accostate all'arte, ciascuno potrà leggere e vedere ogni cosa a proprio modo: secondo il proprio spaccato professionale, l'ampiezza intellettuale di cui è dotato, la cultura di cui dispone e che ha accumulata e assorbita nel tempo.
In ogni caso le sfumature, le gradazioni di grigio e l'ampia scala di colori usati nel composito racconto sono tante e probabilmente, alla fine, molti saranno indotti a qualche riflessione.”

Editato da Youcanprint ad agosto 2023, il libro si compone di 272 pagine e l’edizione cartacea è acquistabile - anche on line - al costo di 19,50 euro (Ebook euro 4,99).

Buona luce a tutti!


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martedì 12 marzo 2024

"Marx & Keynes – Un romanzo economico"



L’autore del libro in questione è un docente universitario di economia che, attraverso questo romanzo, effettua di certo un’operazione divulgativa e didattica, improntata su una serie di incontri diretti e fantasiosi fra i famosissimi economisti Marx e Keynes.
Grazie gli immaginari confronti fra i due autorevoli uomini storicizzati, vengono messi in luce i principi fondamentali sui quali si basano le rispettive teorie economiche e sociali.
Pertanto, premesso che è sempre arduo tentare di mettere in contrapposizione dialettica idee – specie estrapolandole dai contesti e dal tempo di riferimento - il romanzo di Pierangelo Dacrema torma utile e aiuta ad analizzare aspetti particolari di questioni economiche che restano attuali.
Dai dialoghi fra i due personaggi escono confronti che mai evidenziano contrapposizioni ma, anzi, con un sempre pacato dialogo consentono di discernere certi aspetti rimasti in ombra nelle loro rispettive teorie.
Succede pure che entrambi gli economisti, dialogando sempre con reciproca buona fede sui singoli punti, vengano anche a modificare – seppur parzialmente - le loro idee; acquisendo e discernendo sui rispettivi chiarimenti e tenendo conto dei mutamenti intervenuti nel lasso temporale intercorso fra le due esistenze (Karl Heinrich Marx muore infatti nel 1883, che corrisponde all’anno di nascita di John Maynard Keynes).
Per seguire lo sviluppo delle teorie economiche oggetto del romanzo occorrerà comunque andare a leggere il libro (Editoriale Jaca Book – 2014 - Milano, costo 12 euro) che, attraverso una scrittura non sempre piana e semplice, passa sotto la lente d’ingrandimento le peculiarità principali espresse da Marx (nel “Capitale”) e Keynes (nella “Teoria generale dell'occupazione dell'interesse e della moneta”).
Al centro della loro ricerca continua ad essere il fine comune, volto al raggiungimento di un benessere sociale equo e le loro teorie rielaborate li portano a concludere sulla necessità dell’abolizione delle monete poste oggi al centro del sistema economico.
Ovviamente, sono tanti i passaggi che consentono di cogliere il maturare degli aspetti problematici connessi alla distribuzione delle risorse economiche, alla debolezza e ai punti forti collegati al capitalismo, allo sviluppo delle tecnologie, all’importanza fondamentale dell’apporto umano in ogni processo produttivo, alle regole di giustizia e di politica sociale che regolano i rapporti e a quant’altro.
Nel romanzo, l’inverosimile pacato sviluppo del pensiero economico da parte dei due protagonisti, appartenenti ad epoche storicamente lontane e diverse, costituisce forse l’aspirazione recondita dello stesso Dacrema che, magari, intenderebbe immaginare un ideale avvicinamento politico di due scuole di pensiero comunque accomunate da un unico ideale: quello socialista.
A prescindere dalla valenza e percorribilità delle teorie conclusive, prospettata nell’operazione romanzate dall’autore, l’architettura del racconto, già mettendo a confronto - e in maniera asettica - le sole teorie di Marx e Keynes, intriga molto.
Ne deriva una vera e propria fattibilità di poter collazionare i due principali rispettivi scritti che, visionati in parallelo, consentono di cogliere con immediatezza i concetti sottostanti ad ogni argomento trattato.
In conclusione, a mio parere, il romanzo si sviluppa e si muove verso obiettivi che lasciano comunque irrisolta l’eterna differenza che è insita fra teoria e pratica. Poiché restano demandate agli uomini e alle classi dirigenti di ogni tempo, il tentare di trovare le soluzioni più idonee e a quel momento politicamente percorribili.

La valutazione in una recensione su una pagina web editoriale indica tre stelle su cinque e recita:

“Non è necessario essere esperti di economia per poter leggere e comprendere il testo, perché attraverso il confronto tra due personaggi importanti e famosi nella storia delle "idee economiche" l'Autore snocciola in maniera piana e comprensiva i fondamenti delle loro teorie, così contrapposte. Davvero originale e felice la trovata di spostare le loro vite nel mondo contemporaneo: i due personaggi vissuti in epoche diverse si incontrano e dialogano tra di loro. Il romanzo sembra oscillare tra il ricorso allo stratagemma delle "vite parallele" e la contrapposizione di due visioni economiche tanto diverse e tratteggiate in maniera sintetica e non certo approfondita, per approdare al vaneggiamento di una visione economica post-monetaria che più che utopistica sembra solo una brillante finzione romanzesca!”

Il volume è anche acquistabile a prezzo ridotto fra gli outlet. A mia parere merita una lettura, a prescindere da ogni convinzione politica che ci riguarda.

Buona luce a tutti!


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giovedì 7 marzo 2024

"Jean" un racconto di Sura Bizzarri



"Jean di Sura Bizzarri. La Sura, autrice ormai affermata di romanzi, novelle e altro, si è presa una piccola pausa nella definizione dell'opera letteraria di prossima edizione per regalare un racconto in cui mescola allegoria e metafora nel fare una nitida fotografia esistenziale agli esseri viventi. Tecnicamente avrebbe scattato una macro …… ma, con la massima chiusura d'obiettivo prescelta, con le sue mai banali parole e la sintassi, riesce a mettere a fuoco diversi piani che consentono di osservare le immagini a più livelli, senza alcun bisogno di d'inforcare occhiali. Quanto descritto nella sua sempre geniale e spiazzante narrazione risente certamente della visione di “Povere creature”, il recente film candidato agli Oscar, che fa una radiografia impietosa sui tanti aspetti caratterizzanti l’esistenza umana. Come sempre, ciascun lettore potrà comunque farsi una propria idea ed esprimere il suo personale giudizio (di giubilo o di sconcerto, poco importa). E questo è il bello dell’arte, dove ciascun osservatore riesce a vedere, enfatizzare, bocciare liberamente ciò che riesce o crede di vedere, a prescindere dalle intenzioni dell’artista. Buona lettura!" https://salvatoreclemente.blogspot.com/2024/03/jean-di-sura-bizzarri.html

Buona luce a tutti!


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mercoledì 6 marzo 2024

“Scriptphotography”



Sono in pochi coloro che sanno raccontare, che con la loro capacità narrativa riescono a coinvolgere chi li legge o li ascolta.
In questo non occorre essere necessariamente degli artisti, perchè il loro vero compito è quello di riuscire a trasportare il lettore o l’osservatore in un’altra dimensione, indefinita e che prescinde dal tempo.
I critici d’arte non si possono pertanto pensare come degli artisti mancati ma sono altra cosa, poiché il loro compito ha anche aspetti creativi; per il saper tirare fuori, corroborati da ampie conoscenze culturali, letture e messaggi che spesso non necessariamente coincidono con quanto in origine era stato pensato dagli autori delle stesse opere.
In questa chiave gli scritti di Giuseppe Cicozzetti postati su Facebook costituiscono capitoli (eruditi e al contempo intellegibili) di un ampio romanzo (o una raccolta di novelle, secondo i gusti). Essi prendono spunto da fotografie, da personaggi, da vissuti, da considerazioni, per tramutarsi in ciò che poi lo stesso ci viene a dire.
In questo, leggere i suoi testi e poi passare alle fotografie - che sapientemente abbina - costituisce un unicum quasi inscindibile, in quanto parole appropriate determinano sempre un’alchimia che viene a fondersi con le immagini a corollario che completano.
Spesso si viene a parlare molto male dei vari social e delle dipendenze che essi spesso creano in tanti, ma le pagine di “Scriptphotography” dimostrano proprio il contrario, ovvero che la qualità di quanto viene postato dipende dalle caratteristiche di chi scrive, da cosa scrive e, in generale, dai messaggi e i contenuti che s’intendono diffondere.
Cicozzetti, con un suo modo quasi pragmatico di fare cultura, riesce a suscitare interesse e crea proseliti; proponendo, senza tanti fronzoli, recensioni e storie che intrigano e lasciano il segno.
La sua operazione amplia conoscenze e, snocciolando tante forme artistiche della fotografia, appassiona coloro che amano l'argomento.
Evidenzia, peraltro, come oltre ad essere circondati da milioni d’immagini, sono tantissimi i talenti autorevoli che nell’universo fotografico lasciano il segno, tuttora vivi o già andati, e che, con le loro produzioni, continuano ad alzare montagne di opere che ci circondano.
Una volta entrati nel giro di Cicozzetti, si resta catturati fra i “followers” interessati a leggere con avidità i suoi articoli; rimanendo quasi ansiosi e in costante attesa, aspettando di conoscere quanto verrà a proporre con la prossima mossa.

Buona luce a tutti!


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“La Palermo segreta raccontata in bianco e nero – La Città come un non luogo”



A intera pagina 11, del giornale La Repubblica del 24 febbraio 2023, veniva pubblicato un articolo di Paola Pottino. Il titolo era: “La Palermo segreta raccontata in bianco e nero – La Città come un non luogo”.
A dimostrazione che, come riporto in un passo di Fotogazzeggiando, “Come è risaputo, la fotografia è un qualcosa di indefinito che coesiste con il nostro essere e che comprende tutto quanto incontriamo e ogni cosa o persona che ci circonda”, nell'articolo della Pottino si racconta la pagina social curata dal fotografo Giuseppe Gerbasi che si diverte a provocare i tanti aspiranti fotografi, pubblicando nella sua pagina social le tante fotografie che vede passeggiando per le strade della sua Palermo.
I suoi scatti, sono frutto di inquadrature di una mente allenata a vedere, selezionare ed elaborare con velocità “l’attimo fuggente” o il particolare significativo che racconta o, ancora, che riesce ad avviare l’immaginazione e la fantasia di chi si trova ad osservare quanto da lui quasi quotidianamente proposto.
La sua operazione costituisce di fatto uno stimolo intelligente a chi aspira a raccontare con l’apparecchio fotografico (macchina o cellulare, poco importa) e viene ad essere un’operazione didattica soft e gratuita, che sottolinea attraverso l’etichettatura © G.Gerbasi "Non sono andato lontano fotografando" Palermo, e data.
Un fotografo che, riscrivendola a suo modo, usa la famosa frase ripetuta da Totò a Peppino: “e ho detto tutto”. Ma in questo caso non enigmatica perché la fotografia che propone è sempre di per sé eloquente.
Personalmente la cosa mi diverte e continuo ad essere attratto dalle fotografie che posta, immagini che necessitano e meritano di essere viste con attenzione, anche per cercare di indovinare i luoghi di ripresa, i particolari, i dettagli, l'eventuale messaggio nascosto.
La sua è quindi un’operazione educata e alquanto ironica per la continua precisazione: “non sono andato lontano fotografando”.
Nell’articolo riporto la pagina del quotidiano da lui stesso postata su FB che, per quanto ovvio, aggiunge tante altre cose rispetto a quanto ho sinteticamente esposto (fotografato, sarebbe più appropriato).

Buona luce a tutti!


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lunedì 4 marzo 2024

"Perfect Days"



Una mia recensione sul film "Perfect Days" (regia di Wim Menders) apparsa sul bimensile "Dialoghi Mediterranei" (Periodico bimestrale dell'Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo) di marzo, curato da Antonino Cusumano. Pubblicazione inserita fra altre recensioni "commissionate" a altri sei soggetti (Federico Costanza, Anna Fici, Aldo Gerbino, Chiara Lanini, Flavia Schiavo e Giuseppe Sorce) che hanno così letto e rappresentato la trama e i messaggi contenuti nella regia di Wenders; ognuno seguendo percorsi personali secondo differenti chiavi di lettura.

Un plauso va a Antonino Cusumano, per l'operazione messa a punto, che è risultata utilissima nell'evidenziare il concetto de "il mondo è bello perchè è vario".

L'incarico conferito a sette soggetti diversi di sviluppare le impressioni suscitate dalla visione del film di Wim Wenders (senza che alcuno di loro conoscesse la contemporaneità delle scritture collaterali distintamente "appaltate"), viene a fornire tanti spunti (se coincidenti o diversi, poco importa) che portano a considerare il valore dei chiari e scuri che ciascuna mente riesce a cogliere e mettere a fuoco, attraverso bagaglio culturale, spirito d'osservazione, sensibilità, e quant'altro di cui dispone.

"Il volto di Kôji Yakusho, protagonista lungamente inquadrato durante la sequenza finale, appare pensieroso, sorridente, intristito, quasi piangente. Le moltitudini espressive contrastanti costituiscono la sintesi di tutto quello che nel film Wim Wenders ha saputo abilmente condensare, sommando con maestria le tante sfaccettature emozionali di una società complessa contemporanea che trova sempre maggiori difficoltà nel riuscire a gestire e, ancor più, esternare sensazioni e sentimenti.

Tante simbologie arricchiscono il film di valori, mettendo a fuoco quelle che forse rappresentano le questioni ritenute maggiormente importanti. Nella narrazione, il protagonista, pur proveniente da un’agiata famiglia, per sostenersi svolge un lavoro molto umile che però non intacca per nulla i suoi molteplici interessi. Nelle sue giornate apparentemente sempre eguali la cultura e i rapporti umani rimangono fondamentali e al centro della sua esistenza. Il protagonista del film non sente alcun bisogno di porsi a protagonista della sua stessa vita.

Nella prima parte del film si vede un uomo taciturno, silenzioso per il semplice fatto che non ha nulla da dire alla gente che incrocia; non necessita di dialogare con soggetti a lui profondamente lontani. Ma, pur nell’evidente silenzio sonoro, riesce a comunicare con talune sensibilità che incontra e così, attraverso un suo sesto senso, riesce a dialogare (con la ragazza che gli restituisce la musicassetta furtivamente sottratta e poi lo bacia, collegandosi a lui attraverso la musica), o con altri anche nascosti nell’ombra (gioco dello zero con una figura sconosciuta, che rimane tale e asseconda e dalla quale riceve un grazie scritto nel foglio del gioco completato).

La sua umanità viene percepita da anime a lui simili, indipendentemente dall’età e dalla condizione sociale. Il bambino smarrito nella toilette, riavutosi dallo spavento e libero da preconcetti, nell’andare via con la madre lo saluta, nonostante lui fosse un semplice pulitore di cessi. Non cessa di manifestare l’amore per la vita con la cura dei germogli d’alberi che casualmente trova e che aiuta a crescere e protegge affinché possano diventare un giorno robusti e imponenti.

La nipote adolescente scappata di casa che lo viene a cercare è, per lui, una di queste piccole piante che necessitano attenzione, empatia, comprensione. Così l’accoglie e l’asseconda, per poi restituirla con tatto alla cura della sorella che non vedeva da tempo. Alla giovane nipote che cercava risposte certe, il protagonista risponde e ribadisce che «un’altra volta è un’altra volta, mentre adesso è adesso». Come a dire che la successione delle giornate, delle ore, dei minuti sedimentano le tante combinazioni di situazioni possibili, mutevoli e comunque legate al tempo, mentre il momento vissuto dell’adesso costituisce l’unità dell’istante da cui muove il divenire.

In questo si collega anche la metafora del gioco di cercar di calpestare le ombre e anche il bisogno confessato da quel marito malato di cancro di comunicare la sua ormai prossima fine all’ex moglie e il conseguente desiderio di affidarne la protezione a qualcuno che individua nel suo immaginario come possibile erede (chiedendosi se due ombre sovrapposte possano diventare più nere).

La solitudine vissuta dal protagonista è una deliberata scelta che gli consente di sentirsi totalmente libero. Ma – a guardar bene – la sua è una concezione di vita niente affatto superficiale, attenta a scrutinare e a cogliere i dettagli di tutto quanto succede intorno a lui. I suoi occhi osservano e restano attratti dai mille particolari offerti dalle esperienze casuali: dal semplice raggio di luce che attraversa le fronde degli alberi e che cerca di catturare con scatti di fotografie analogiche, al barbone che vive in un suo mondo e segue un suo originale modo d’esistere; dalla ragazza sola che consuma il suo pasto durante la sua pausa di lavoro, alle molteplici altre solitudini invisibili che lo circondano.

Così, durante la melanconica canzone della ristoratrice intonata, che narra delle tappe della vita, riesce a dare forma a quel desiderio recondito di voler fermare per sempre l’attimo fuggente del suo treno in corsa. I filmati in bianco e nero dei sogni notturni registrano ombre criptate che, in qualche modo, corrispondono alle foto che ogni giorno ritualmente scatta con la sua Olimpus a uovo – la reflex del suo tempo – e dai cui rullini settimanalmente sviluppati trae una selezione, così da raccogliere immagini che possano somigliare ai fotogrammi notturni elaborati dalla sua mente.

Le fotografie sono custodite in scatole e ordinate con cura per annate. Un po’ come a voler collezionare sintesi di giornate radiografate, per essere catalogate fra quelle passabili come perfette o, quantomeno, più prossime ai suoi racconti onirici che, nelle sequenze proposte, registrano continue sovrapposizioni di ombre, sempre nuove. Quelle fotografie/giornate catalogabili come riuscite corrispondono al titolo del film “Perfect days”. Uno splendido breviario di immagini e di sentimenti. Un sillabo di umanità.

Alcuni registi hanno la capacità di saper trasmettere messaggi indirizzati più che a un pubblico osservatore alle loro anime. Dopo aver visto, nel lontano 1991, il film “Rapsodia d’agosto” di Akira Kurosawa, interpretato da un magistrale Richard Gere, mi pare di ritrovare nel cinema di Wenders e nella storia di Kôji Yakusho gli stessi valori universali, le intense sensazioni, le poesie fatte d’immagini, le musiche senza stagioni. Sono i bagliori puri che inebriano la mente, genialità di artista che parla con la gente. Sono gli eterni codici privi di ogni barriera che, con battute semplici, illuminano la scena. E dentro di te destano sentimenti cheti: mille violenze inutili, molte miserie umane, gli inverni malinconici, le primavere strane. E in qualunque campo spuntano sempre dei fiori: la forza della vita c’è sempre in tutti i cuori. Le pagini sublimi di questo bel racconto trapassano steccati, colorano lo sfondo di un universo umano tanto diverso e vero che vede come in una epifania molti ideali brillare nel suo cielo.

In conclusione, l’ambientazione in Giappone appare come una deliberata volontà di Wim Wenders di sviluppare un racconto quasi in bianco e nero e in un ambiente asettico, costituito da una metropoli affollata da abitanti quasi invisibili o nascosti. Evita anche possibili distrazioni di colori, che sarebbero potuti risultare inutili rispetto alle tante concettualizzazioni espresse.

Concetti e simbologie che, nel film, dopo un lento inizio, prendono l’abbrivio e si susseguono quasi accavallandosi nella parte finale. Sviluppandosi con una velocità sempre più crescente che trascina lo spettatore in un vortice che lascia senza fiato."

Buona luce a tutti!


© ESSEC