domenica 28 aprile 2024

Palermo è Bella!



Mi torna spesso in mente la considerazione di come spesso la scrittura ha un "potere liberatorio" insostituibile. Oltre a far manifestare le proprie idee, induce a riflettere e a riorganizzare i pensieri. Lo scrivere, quindi, non è solo esprimere pareri, considerazioni, impressioni, ma è anche un condensato di tutto quello che induce a formulare con testi il proprio modo di essere, senza fronzoli o barriere.
Seguendo l'istinto l'amica Raffaella mi ha inviato un suo scritto che è una bella sintesi del suo approccio con la mia Palermo. Al di là delle considerazioni positive, il suo articolo esterna le impressioni che hanno manifestato a parole anche altri amici che sono venuti per la prima volta e che hanno scoperto pregi e difetti dei luoghi.
Per questo motivo, ricevuto il consenso di Raffaella, mi piace condividerlo con una foto da lei scattata al mercato più popolare di Ballarò.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

"Palermo è Bella! Sono partita per Palermo con il desiderio di sospendere la routine, godermi alcuni giorni di relax con gli amici e, soprattutto, di vivere senza filtri, a mente aperta, una città che stavo riconsiderando.
A differenza delle passate uscite in altre città, questa volta non mi sono documentata su quello che doveva essere visitato, cosa non potevo assolutamente perdermi e nemmeno mi sono informata su cosa mi sarei dovuta aspettare. La mia preparazione si è limitata, quindi, alla predisposizione del kit fotografico perché a detta di tutti “Palermo offre molti spunti” ed a preparare mente e cuore in quanto: curiosità, desiderio di carpire e vivere senza pregiudizi le persone, i luoghi e gli eventi sarebbero stati, in assoluto, gli strumenti che mi avrebbero dovuto accompagnare in questa escursione.
Così, sono partita alla volta di Palermo con mente e cuore aperto, disposta ad ascoltare e vivere le emozioni che la “città” mi avrebbe regalato, fossero state positive o negative.
Palermo per me, finché non l’ho vissuta, era solo una località intangibile che la mia mente visualizzava, seppur di rado, attraverso il susseguirsi randomico d’immagini di cronaca; assorbite dai telegiornali, nonché d’immagini fantasiose stereotipate.
Non so dire perché Palermo, descritta dagli amici come “bella”, non avesse mai suscitato prima in me la curiosità di scoprirla o perché avessi lasciato che la mia mente si limitasse ad identificarla come un’icona della malavita, come se altro non potesse essere, e relegarla in qualche angolo nascosto per dimenticarla.
Questa curiosità mi è nata recentemente, stimolata dal confronto avuto nell’ultimo biennio con alcuni giovani ex-colleghi palermitani che, nostalgicamente, ne esaltavano il centro storico, la vita notturna, il mare e la cucina. Contemporaneamente gli scatti fotografici di nuovi amici fornivano alla mia mente “immagini” diverse da quelle che avevo catalogato nella memoria: immagini di cultura, vita comunitaria, tradizioni religiose, street art, acuendo un interesse per la città, rendendomi conto di quanto non la conoscessi.
Ora ringrazio chi ha contribuito a smantellare, poco a poco, l’icona sfalsata che mi ero costruita della città ed a rimuovere gli stereotipi assimilati, che ha ingenerato, per l’appunto, la curiosità ed il desiderio di conoscerla e viverla personalmente.
Atterrati in Sicilia, durante lo spostamento dall’aeroporto alla città passando nel punto in cui il 23 maggio 1992 si consumò, per mano di cosa nostra, la strage di Capaci, dove persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della sua scorta, l’eccitazione che mi accompagnava dalla partenza si è per un poco assopita per lasciare spazio al silenzio.
Tutti i ricordi che conservavo di questo drammatico evento, immagini e servizi di cronaca, con il passare del tempo avevano perso quella loro carica emotiva che lì è riesplosa, probabilmente a causa dell’annullamento della distanza. Passare dai luoghi mi ha provocato una reazione inaspettata, infatti, l’impatto è stato forte e tutto è tornato in superficie suscitando un rincorrersi di pensieri, il cui focus erano ipotesi di paura e d’impotenza, provate da chi subiva sulla propria pelle la mafia.
Devo ammettere che da quel momento il mio stato d’animo è cambiato, la mia mente si è spogliata di tutto ciò che lì non mi sarebbe servito, pregiudizi compresi; si è creato il vuoto tra me la mia quotidianità. Fantastico, senza rendermene conto, mi sono trovata in un atteggiamento di totale apertura al nuovo, predisposta e concentrata alla ricezione e all’ascolto.
L’arrivo a Palermo città mi ha lasciata, quindi, pressoché indifferente. Infatti, la periferia non aveva nulla di particolarmente diverso dalle periferie di qualsivoglia città, ma poi, mano a mano che ci si avvicinava al centro, attraverso un labirinto di strade sempre più strette, piazzette e vicoli il mio stupore è stato un crescendo, perché mai avevo visto una realtà cosi.
A questo punto, nel primo impatto, l’aggettivo “bella” che avevo sentito ripetutamente attribuire alla città io proprio non riuscivo a capirlo. Quello che sino a quel momento mi si era presentato era particolarmente trasandato, sporco e in un totale decadimento, ben lontano dai canoni di ordine e cura a cui sono sempre stata abituata. Per non parlare della mancanza di distanze, a garanzia della propria privacy, tra edifici che, disegnando vicoli così stretti, presentavano balconi che consentivano l’ascolto di ogni conversazione tra dirimpettai, senza dover minimamente aumentare l’attenzione per sapere, ad esempio, cosà il vicino avrebbe mangiato a pranzo, il tutto senza necessità di chiedere.
Questo è quanto avevo recepito dall’aeroporto alla sistemazione nell’appartamento in cui avremmo soggiornato e, conseguentemente, nulla mi faceva associare a Palermo l’aggettivo “bella”. È vero, ancora non avevo visto le sue opere d’arte, piazza della Vergogna con la sua fontana (spettacolare, se ci fosse l’acqua, forse, ancora di più), la ricca e turistica via Maqueda o altro ma ho sempre pensato che per definire una città “bella” non bastano le sole opere d’arte.
Solo successivamente, camminando in silenzio in mezzo a quei vicoli così rumorosi (vuoi perché pieni di vita o vuoi perché i loro muri riportato messaggi, gridati o sussurrati, alla città che probabilmente solo il tempo azzittirà), lasciandomi trasportare dalle emozioni, ho cominciato ad interrogarmi sul concetto di “bella”. Perché, a mio avviso, questo aggettivo, molto gettonato, dice tutto e dice nulla ed ho cominciato ad attribuirgli un valore che andava oltre la sola estetica.
Sarei rimasta ore nei mercati di Ballarò, del Capo e della Vucciria, rapita dall’atmosfera vivace che mi circondava, colpita dall’energia di chi ci lavorava e dalle loro urla lanciate per attrarre gli avventori; dalla musica e dall’allegria, dalla presenza multietnica, di qua e di là dei banchi, dalla cortesia e tolleranza da parte di tutti, in particolar modo di chi, con naturalezza, si spostava per dare spazio ai motorini che, contro ogni senso logico (ovviamente il mio senso logico), transitavano “educatamente” in mezzo ai frequentatori dei mercati, dove già a piedi si faticava a passare ed ancora dai banchi di pesce dall’odore di mare, dai fumi delle griglie, dai colori e gli odori delle merci esposte, dalle conversazioni siano esse soltanto ascoltate o avute.
Inoltre, girando per alcuni vicoli e visitando il mercato dell’usato ho respirato tristezza, generata dalla visione della povertà che lì era particolarmente palpabile; allo stesso tempo però, ho visto solo visi che lasciavano trasparire dignità.
Anche per me Palermo è quindi “Bella!” e lo è non perché città curata, pulita, ricca di monumenti, palazzi storici tenuti come bomboniere, urbanizzata a modo con case e palazzi ordinati secondo i canoni con cui normalmente si valuta una città ma perché, se così facessi, direi che Palermo sarebbe veramente brutta e invivibile.
Senza accorgermene, ho cambiato i miei parametri di valutazione ed ora posso asserire che Palermo per me è veramente “Bella!” E lo è perché mi ha rapita, perché mi ha portata a pensare fuori dagli schemi che conoscevo, permettendomi di apprendere cose che, se non le avessi viste, se non le avessi respirate, non le avrei capite.
Palermo per me è “Bella!” E lo è perché mi ha fatta sentire particolarmente viva.
Raffaella Tava (Aprile 2024)"

giovedì 25 aprile 2024

"4 X 9" - Riflessioni e Considerazioni conclusive



Lunedì 22 aprile ha avuto termine il periodo espositivo della collettiva di fotografie in bianco e nero “4 x 9”.
Visite di una scolaresca intrigata e positivi commenti di qualificati addetti ai lavori hanno fortunatamente decretato la riuscita dell’iniziativa che, per molti aspetti, si proponeva anche di far discutere nel presentare un nuovo percorso d’allestimento per una mostra.
L’aspetto che ha maggiormente caratterizzante del “4 x 9” è comunque stata la genesi.
Luigi Pirandello nello scrivere “Sei personaggi in cerca d’autore” racconta di un autore che sostanzialmente rifiuta la rappresentazione dei sei personaggi da lui stesso concepiti. Nel nostro caso Giusy, Salvo, Gregorio e il sottoscritto, non abbiamo mai avuto dubbi e men che meno ripensamenti sull’idea della mostra fotografica che è stata allestita; fin dall’origine immaginata e poi realizzata come un’operazione atipica, per il suo iter sostanzialmente capovolto.
In un ambiente artistico, come a tutti noto, generalmente incentrato nell’autoincensamento e nel culto dell’ego, l’operazione dei quattro fotoamatori creatori del “4 x 9” nasceva da un rapporto paritario che puntasse alla qualità e dalla voglia di voler sperimentare una nuova sintesi nella preparazione di una collettiva. Ricercando anche omogeneità nelle nove quartine pensate e nella stessa strutturazione dell’evento espositivo.
L’unica certezza in fase progettuale era stata, infatti e per tutti, quella di proporre un prodotto artistico pienamente condiviso; che contemplasse una miscellanea di proposte non immediatamente individuabili riguardo agli autori.
Per dire meglio, l’intento era anche quello di venire a presentare delle immagini che riuscissero anche a confondere i profili noti e peculiari dei singoli quattro autori.
Lo spazio espositivo era stato da tempo fissato dai due associati all”ARVIS, senza che gli altri avessero conoscenza del loro coinvolgimento. Una volta accolta la proposta e definito il timing, fin da subito la domanda comune era stata: “ma cosa dovremmo esporre, che tipo di foto, quale tema?”
L’articolo pubblicato sul sito Economia & Finanza Verde descrive gli aspetti della mostra e lascia, ovviamente, anche intendere l’intesa di gruppo indispensabile e necessaria per poter procedere e realizzare un progetto dal risultato preventivamente incerto: sia come valenza, che nella fattibilità pratica.
In conclusione è da dire che per Giusy Tarantino si trattava della sua prima mostra. Al riguardo mi preme sottolineare come la naturale tensione e il suo entusiasmo hanno certamente costituito gli elementi aggiuntivi e gli apporti non secondari che hanno determinato l’attenzione nella cura di ogni dettaglio per avere come obiettivo la qualità, sempre indispensabile per conseguire un buon risultato.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

martedì 23 aprile 2024

La Politica italiana cinque anni dopo e ..... l'Aventino

Uno scritto del settembre 2019 sviluppava un'analisi sulla situazione politica italiana, nel mentre che era in carica il tanto discusso governo gialloverde (https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2019/08/analisi_9.html).
A distanza di quasi cinque anni, parte di coloro che erano all'opposizione sono tornati a ricompattarsi con la Lega e insieme governano, ma non sembrano molto cambiate le questioni d'allora, nonostante i rimescolamenti di casacche e dei colori in campo.
La politica italiota, anche a causa del crescente astensionismo, con la sua classe dirigente continua a rispecchiare sempre piu' i profili e gli aspetti patologici che l'attanaglia; purtroppo sempre piu' lontana dal vivere quotidiano comune e dalle necessita' della gente.
Storicamente la "secessione dell'Aventino" fu un atto di protesta attuato a partire dal 27 giugno 1924 dalla Camera dei deputati del Regno d'Italia nei confronti del governo Mussolini, in seguito all'uccisione di Giacomo Matteotti avvenuta il 10 giugno dello stesso anno.
Oggi l'Aventino e' praticato in maniera soft a monte, in ogni appuntamento elettorale; direttamente da fasce degli stessi cittadini che protestano senza delegare e che, con la progressiva rinuncia al diritto di voto e, conseguenzialmente, astenendosi dal partecipare alle scelte sociali/politiche - in ogni caso - si pongono passivi e subiscono ..... aspettando Godot.

Buona luce a tutti!


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sabato 20 aprile 2024

"Enigma Palermo"



Forse a suo tempo non sarà stato originalissimo, ma l’allestimento che fu scelto in occasione della mostra "anthologia" di Letizia Battaglia, organizzata nel 2016 allo ZAC dei Cantieri culturali alla Zisa di Palermo per festeggiare il suo compleanno, risultatò certamente efficace.
Le fotografie erano presentate come una serie di fotogrammi dove, ogni immagine sospesa tendeva a rappresentare, isolandola visivamente, una singola storia che, nell’insieme, si andava a raccordare in un racconto unico.
La strutturazione del libro “Enigma Palermo - La politica, la paura, il futuro. Storia di una città e del suo sindaco”, recentemente pubblicato dalla Rizzoli, in cui la giornalista tedesca Costance Reuscher intervista Leoluca Orlando, sembrerebbe voler perseguire, metaforicamente, un allestimento similare, ovviamente in chiave letteraria.
I tanti capitoli del libro, infatti, nell’illustrare scritti apparentemente indipendenti, costituendo nell’insieme un unico racconto, si raccordano in una narrazione interattiva che, per taluni aspetti, riporta a una esposizione assai analoga a quella seguita nella mostra di Letizia.
Ogni blocco testuale costituisce anche qui un tassello diversamente colorato di un complesso disegno, che delinea capitoli dello sfaccettato vissuto “antologico” di Leoluca Orlando, almeno per quanto già definito. Comunque ancora non completo, in quanto oggi proiettato verso un’ennesima avventura che lo vede impegnato, come candidato AVS, alle prossime elezioni europee di giugno.
Nella serie di domande e risposte viene ripercorso l’intero iter di Leoluca Orlando, come uomo e nel ruolo ripetutamente esercitato di sindaco di Palermo.
Chi ne avrà voglia, potrà anche leggere i vari punti che uniti fanno da filo conduttore nella sua avventura e apprendere i retroscena di tante scelte (talvolta apparentemente imprevedibili) di un percorso che egli stesso indica come ricerche di soluzioni per quello che per lui permane la sua Palermo: un “enigma".
Negli ampi periodi che hanno caratterizzato le varie sindacature - e che hanno contemplato anche ruoli parlamentari (in Italia e in Europa) – sono molte le fotografie che congelano gli atti espletati dal politico Leoluca Orlando durante i suoi mandati.
Senza sconti o accondiscendenze, nel libro le domande di Costance Reuscher toccano le tante questioni con acutezza. Le risposte rese da Leoluca Orlando, che raramente sfuggono ai quesiti diretti, ricostruiscono il suo impegno della sua storia politica, collegata alle scelte antimafia – spesso inaspettate e controcorrente - nella amministrazione della sua Città di Palermo.
Il libro, indipendentemente da come la si pensi, aiuta a riannodare fatti e circostanze che inducono a riflettere sulla storia recente e magari a rivedere i giudizi su tanti eventi e alcuni personaggi.
Scelte classificate come coraggiose o apparentemente avventate, nelle risposte di Orlando evidenziano coerenze o fedeltà a principi e ideali.
In ogni caso l’ampia narrazione talvolta ravviva avvenimenti dimenticati che, riesumati nelle ampie narrazioni e visti al tempo d’oggi, possono tornare utili per rielaborare precedenti considerazioni.
I fatti salienti che riguardano tutti i settantasette anni di Leoluca Orlando sono radiografati e visionati attraverso ingrandimenti che mettono a fuoco dettagli e anche aneddoti familiari intimi poco noti.
Si va dall’Orlando bambino, al giovane studente che ha frequentato il Gonzaga. Per poi passare alle esperienze universitarie, alle specialistiche svolte all’estero, all’impegno didattico, all’esperienza Mattarella (Piersanti), all’impegno politico, alle diverse vicissitudini collegate all’ingresso e all'uscita dalla DC, alla nascita del movimento della Rete, al costante impegno antimafia col pallino fisso di voler risolvere il suo "Enigma" Palermo.
Lungo il suo racconto si allineano tantissimi personaggi di diversi ambienti, che hanno rappresentato figure positive o negative, risultate pure fondamentali in alcune delle sue più importanti scelte.
Molti oggi sono coloro che criticano e sentenziano giudizi su di lui, disattendendo anche minimi doveri di gratitudine per i tanti atti coraggiosi che hanno generato vantaggi e benefici pubblici.
Certamente Orlando politico, nelle tante stagioni, ha rappresentato tanti ruoli; come pure inevitabilmente avrà commesso degli errori ma, come dice il detto palermitano "cu mancia fa muddica" (per dire che anche nell'attività primaria dell'alimentarsi, spezzando il pane, non si puo' fare a meno di disperdere molliche).
Del resto è risaputo che ogni scelta, specie in politica, determina talvolta risultati che sono frutto di compromessi e, quindi, non tutti possono sempre trovarsi contenti per le decisini finali che vengono prese.
“Enigma Palermo” edito da Rizzoli nel 2023 (pagg. 288 e dal costo di 19 euro) potrà risultare molto utile per conoscere il complesso personaggio Leoluca Orlando e quasi indispensabile per apprendere gli elementi necessari a poter valutare le ragioni di un percorso che ha spesso contemplato tante atipiche prese di posizione e singolari scelte di campo.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

domenica 14 aprile 2024

D'Eroi di mafia e altri ancora



La storia è beffarda perchè viene scritta e tramandata dagli uomini.
Se anche necessita della sedimentazione del tempo nell'essere narrata, infatti, è filtrata da storici non onniscienti che si rivelano molto spesso prevenuti o di parte.
Al di là di quanto riportato dalle cronache, sono tanti i misteri e le nebbie che avvolgono anche molti altri personaggi, anch'essi meritevoli d’essere ricordati; ma o perchè operanti nell’ombra, o per il fatto di non essere mai assurti alle cronache, che rimangono trascurati o, ancor peggio, tristemente derubricati e dimenticati.
La storia deriva da culture politiche indipendenti da ogni etica. Eventi e personaggi ne diventano i protagonisti, spesso in funzione non tanto da nobili propositi ma per i risultati conseguiti e dall’aver inciso sulle vicende del loro tempo.
Negli anni che stiamo vivendo c’è molta confusione e chi non si ritrova con delle basi solide è portato, non solamente a fluttuare ma ad adeguarsi nel seguire il vento e a cavalcare l’onda che possa più avvantaggiare.
Del resto, in assenza di riferimenti ideologici o di chiare stelle polari, l’organizzazione sociale non facilita l’orientamento.
Un sistema ereditario oligarchico colloca i cittadini fin dalla nascita, con privilegi e condanne spesso legate al caso; costituito da discendenze, ubicazioni, opportunità e che si tramandano senza alcun particolare merito.
Il DNA d'origine ha certamente anch’esso la sua influenza ma, se è vero che i bastardi spiccano per intelligenza, diseredati e emarginati del mondo non hanno alcuna colpa nel ritrovarsi collocati fra i dannati della terra fin dalla nascita.
Meritocrazie e ascensori sociali nascono quasi sempre da necessità contingenti e, anche se i periodi post bellici stimolano di più, sono i cambiamenti per alternanze politiche i presupposti che spesso determinano nuove opportunità per chi prima rimaneva escluso.
In ogni realtà e tempo c’è sempre chi tende a consolidare privilegi e a frammentare caste attraverso leggi modificate, quasi sempre seguendo logiche di appartenenza; facendo anche in modo che, quello che prima legalmente era definibile fuorilegge, possa perfino diventare non più perseguibile come un reato.
Negli anni, di fatto, vengono a mutare le regole di convivenza, consolidando vantaggi non sempre consoni a obiettivi e criteri di giustizia. Lobby, categorie, generazioni e territori rimodulano in continuazione – e frequentemente sottotraccia - le realtà per poter aumentare e proteggere discrezionalità e differenze.
Una volta, nelle monarchie, erano solo i reali i predestinati legittimati al potere, oggi, in una democrazia declamata a parole, il ripristino della lunga catena feudale dispensa livelli di privilegio a una pletorica filiera di principi, vassalli e valvassori, di vari colori e sfumature; partecipanti tutti ai convivi, con frammentate porzioni di potere personalizzata e ad ognuno spettante quanto basta. Secondo schemi che comunque contemplino subordinazioni progressive, fedeltà e obbedienze.
Ognuno si colloca pertanto in un gradino differente, per legittimare e mantenere il sussistere di gerarchie e classi. Con l'illusorietà offerta al nugolo dei sudditi, costituenti il “popolo” e posti in fondo alla catena, d’essere destinatari di potenziali e nobili poteri costituzionali nell'essere periodicamente richiamati a esprimere delle scelte, in occasione degli appuntamenti elettivi; che, in assenza di opportune vigilanze e la compiacenza di tanti, sono intanto artatamente resi quasi vuoti.
Gli schemi ideologici che prima erano chiari così si appannano. Comunisti, fascisti, monarchici, socialisti, liberali e quant’altri, che prima erano identificabili si trasformano e s’annacquano, ammorbidendosi e rendendo altresì permeabili/contaminabili i rispettivi confini.
Per tornare al concetto del titolo, tutto ciò che si pone a ostacolo, in un sempre più dilagante consociativismo borghese, quindi, necessita d’essere rimosso, affinché “tutto cambi, perchè nulla cambi”. Per consentire al volano, che alimenta il perpetuarsi dei cicli e ricicli storici, di continuare a girare succede anche che un naturale filtro determini nascite d'anticorpi d’oracoli e di eroi. Così come collateralmente pure si succedono delle riscritture periodiche della storia, ogni volta revisionata e avallata dalla cultura dominante corrispondente al tempo.
In questo, seppur tutti quanti proiettati a raggiungere il potere, mentre il pragmatismo degli schieramenti di destra si compattano sempre in visioni unitarie miranti al governo; gli altri, affetti da virus inestinguibili, si perdono in distinguo, politicamente dannosi oltre che inconcludenti.
Con l’aggravante che accomuna tutte le parti nel voler costantemente ricercare responsabilità in capo agli altri, colpevoli di non pensarla mai come loro.
La politica, quindi, appare sempre più impegnata a ciarlare, magari per dissertare su questioni lontane dai reali problematiche percepite dalla gente, ovvero dalle rispettive basi elettorali di riferimento (indipendentemente dal posizionamento).
“Una volta Atticus mi aveva detto: non riuscirai mai a capire una persona se non cerchi di metterti nei suoi panni, se non cerchi di vedere le cose dal suo punto di vista; ebbene, io quella notte capii quello che voleva dire. Adesso che il buio non ci faceva più paura avremmo potuto oltrepassare la siepe che ci divideva dalla casa dei Radley e guardare la città e le cose dalla loro veranda. Accadde tutto in una notte, la più lunga, più terribile e insieme la più bella di tutta la mia vita.”
È un brano tratto dal film “Il buio oltre la siepe” che ho ricevuto da un’amica e che in qualche modo può trovare attinenza nel complicato rebus che, nell'arte specificatamente, ogni volta si crea tra autore e chi osserva e poi valuta.
Nel voler dire, nel tentativo di far capire dell'uno, combinato alla lettura/critica di chi è invitato/chiamato a interpretare quanto ogni volta viene proposto.
Ovviamente gli stessi ruoli sono attribuibili a quanto attiene al campo e alle varie funzioni differenti, di governo e opposizione, di gestione e controllo, presenti nel complesso insieme della politica attiva.

Buona luce a tutti!


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venerdì 12 aprile 2024

“Dazzling Shadows” (ombre abbaglianti) di Keja Ho Kramer & Joe Schievano



All’ARVIS oggi è stato proiettato in anteprima il cortometraggio “Dazzling Shadows” (ombre abbaglianti) realizzato da Keja Ho Kramer & Joe Schievano, che parteciperà alla prossima rassegna di film indipendenti “Cadavre Exquis”.
Il video, prendendo spunto dalla "Teoria dei colori" di Wolfgang Goethe, si propone di affrontare un argomento non facile riguardante la percezione umana del colore, con una ricerca che intende tradurre con un risultato visivo il trattato letterario del poliedrico autore tedesco.
Per Keja Ho Kramer l’operazione costituisce la prosecuzione di un tema che era stato oggetto di una sua indagine durante il periodo del Covid, peraltro condotta a Palermo, e con già alcune sue foto pure esposte in una mostra collettiva (Fondazione Barbaro - Palazzo Trinacria).
L’approfondimento della ricerca sperimentale, oltre ad arricchirsi di nuove immagini, ha voluto accompagnare la proposta visiva con una riuscitissima originale componente sonora apportata e appositamente studiata da Joe Schievano.
L’incontro fra le due componenti artistiche ha generato un prodotto unico dove fotografia, musica e, in qualche punto, effetti speciali si sono fusi, rafforzandosi vicendevolmente nel risultato finale. Così si è venuto a generare, piuttosto che forse, un prodotto che certamente è andato ben oltre il proposito iniziale ispirato alla Teoria di Goethe.
Ne è derivato, infatti, un messaggio intimo e completo che coinvolge emotivamente, per le dosate varie componenti che ne accompagnano la visione.
In questi casi è difficile descrivere a parole la sintesi di un insieme assai complesso.
Ogni creativo, specie se impegnato in continue ricerche ed esperimenti, ha sempre dei suoi messaggi che intende veicolare. Rimane quindi agli altri osservare, leggere e infine maturare le proprie impressioni.
L’articolo del Giornale di Sicilia pubblicato sul web fornisce più dettagli sul cortometraggio e sui due autori.

Buona luce a tutti!


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domenica 7 aprile 2024

"Centro internazionale di fotografia", un polo d'eccellenza che appare avviato al declino



Ci sono circostanze in cui mancano le parole per esprimere le proprie sensazioni.
Oggi, durante uno dei soliti giri per la città, ritrovandosi al Centro Internazionale di Fotografia, con la curiosità di vedere se nel sito era allestita qualche bella mostra, la realtà è apparsa desolante.
A prescindere da ogni schieramento o appartenenza, la stupidità locale si manifesta quasi sempre e soprattutto nel voler sopprimere le idee altrui piuttosto che svilupparne di nuove.
Non è preso mai in giusta considerazione l’intento di mantenere un dibattito critico, anche attraverso proposte che potrebbero collocarsi su posizioni ideologiche differenti, financo diametralmente opposte.
Nella Città di Palermo, politicamente, l’unico punto che accomuna tutti gli schieramenti è forse la declamazione del Sindaco di turno fatta al Festino: “Viva Palermo e Santa Rosalia”. Un’affermazione da tifoseria abbastanza vacua e spesso inconcludente rispetto alle necessità reali.
Nel Centro Internazionale, nato nel 2017 e fortemente voluto da Letizia Battaglia, sono passate in questi anni tante mostre e importanti autori che hanno regalato alla comunità opportunità culturali, facendo assurgere il capoluogo siciliano a un centro d’eccellenza, con iniziative e proposte che in ogni caso hanno salvato Palermo dal suo ciclico e atavico provincialismo.
Per come sembrano avviarsi le cose, evidentemente le passate esperienze continuano a non essere d’insegnamento, neanche all’attuale amministrazione, che sembra anch'essa indirizzata a concentrarsi per andare a oscurare idee che, a loro vedere, risultino non omogenee e al proprio modus vivendi.
In questo, alcune delle location risanate dei Cantieri Culturali alla Zisa continuano a essere considerate come dei “covi anarchico-sinistrorsi”, quasi delle insopportabili pagliuzze fastidiose, e con nessuna possibilità di poter essere vissute come dei valori aggiunti, ovvero come strutture utili ad offrire, nel caso, opportunità per argomentazioni differenti, con visioni orientabili su confini diversi.
Circolando per i padiglioni, desolante oggi appare la percezione del senso di abbandono che si respira in modo palese, in un centro che dovrebbe essere di cultura ma che sembra inesorabilmente avviato – e ancora una volta nell’indifferenza dei molti - all’assoluta inutilità di scopo, quindi culturalmente da abbandonare o non rendere frequentabile come luogo d’eccellenze.
Il provincialismo cittadino ancora una volta prevale, rispettando le logiche di appartenenza, delle amicizie, dei clan e delle raccomandazioni. Nulla di nuovo sotto il sole, è lo specchio della nostra società, pertanto: “Viva Palermo e Santa Rosalia”.
In conclusione si torna su quella stupidità atavica che non ha mai una specificità particolare nei colori politici in cui si nasconde e che, da sempre, attraversa tutte le fazioni. Con un piattume che preclude aperture e che trova fastidiosi e quasi intollerabili ogni forma che alimenti dibattiti o contrapposizioni.
Sintomatico appare il neon spento, perchè la luce non illumina più l'angolo libreria, la postazione in cui Letizia era d'uso intrattenersi con chi l'andava a trovare.

Buona luce a tutti!


© ESSEC