lunedì 24 giugno 2024
Arte moderna - “Senzapelle” all’ex Chimica Arenella
SENZAPELLE ( la discarica ) ti offre mentre ti sottrae, ma quello che ti offre è ciò di cui sei pieno. SENZAPELLE è senza difese, senza protezione: è pericoloso quando togli qualcosa, ma lo sarebbe comunque e proprio per questo è audace, impavido. Non è un collettivo, non è un'occupazione, bensì una disoccupazione da noi stessi: ognuno di noi agisce diversamente così come il luogo agisce diversamente su ognuno di noi. Vorresti vedere un corpo senza pelle che cammina? Resteresti turbato così come probabilmente non ti piacerà questo luogo...ma se ti piacesse... Questo luogo ( questa città ) vive ancora di forti contraddizioni: è la sua fortuna, il suo dialogo più vero, ma con troppa fretta va verso una inevitabile omologazione e allora questo "attrito" per chi ha occhi poco offuscati e orecchie attente, sparirà. (Sinossi dell'evento, scritta da Fabio Ventimiglia che, unitamente a Fulvio Governale, ne è stato anche l'ideatore)
Obiettivo degli organizzatori era quello di creare performance artistiche attraverso elementi utilizzabili allo scopo e dispersi nel sito abbandonato della ex Chimica Arenella di Palermo.
Oltre che inibito al pubblico il luogo annovera una serie di strutture industriali in totale abbandono, divenute fatiscenti, che erano state realizzate agli inizi del novecento per attività fiorenti. Ad esso si associa una vera a propria discarica a cielo aperto, ricettacolo continuo di manufatti domestici e industriali.
Più volte messo in sicurezza il sito continua ad essere un’attrazione per molti artisti avvezzi a denunciare attraverso un’arte non convenzionale; un ambito culturale che ricerca spunti per mettere in luce le contraddizioni che continuano ad interessare l'ordine sociale dell’essere umano.
L’idea di sviluppare idee attraverso l’utilizzo di elementi assunti dalla discarica - e da collocare all’interno dei capannoni scheletriti - assume anche un aspetto assai presuntuoso; quello di conferire/inserire in qualche modo delle anime nei vuoti rimasti abbandonati e che continuano ad accumularsi.
Gli stessi oggetti diventano quindi pretesti e ispirazioni essi stessi per argomentare delle tesi. La ricerca di un assemblaggio razionale costituisce pertanto la traccia materiale volta allo sviluppo di una narrazione (in precedenza parte degli stessi artisti avevano realizzato un’operazione similare intitolata “Filoconduttore”) che si manifesta attraverso una performance recitativa ovvero nella realizzazione d’installazioni volte a creare opere aperte, quindi liberamente interpretabili da ciascun osservatore.
L’esibizione di Zolletta rappresenta un processo di mutazione che nasce dal corpo di Florinda Cerrito (Palermo), che ospita la coabitazione delle due identità. L’uscita e i rientri di Zolla costituiscono esempio di una simbiosi gemellare in un unico soggetto bifronte.
Gli ideali, i sogni e l’esistenza ordinaria producono e generano continue metafore, satire e la maschera del Pierrot interpreta come un clown triste le ispirazioni evasive, le denunce, tutte quelle considerazioni personali che hanno necessità d’esprimersi.
Perseguendo il solco della recitazione creativa, Martina Ricciardi (Napoli), facendo anche ampio ricorso alla danza moderna, un’altra performance presentata nel contesto fatiscente traeva ispirazione dai resti di un gommone presente nel luogo; quasi a presagire l’avventura di una traversata, con le tante valige disseminate, raccattate nello spiazzo a simboleggiare i viaggianti. Uno scenario adatto a raccontare il travaglio e la trasformazione di una crisalide in farfalla, ovvero un processo di nascita o rinascita in un nuovo luogo.
“Fai bei sogni” era poi al centro di una intrigante installazione artistica che si prestava a differenti letture, anche contrapposte.
L’autrice (Sonia Priula, di Palermo, con l'installazione cuscino con poltrone rosse intorno in cerchio) voleva così far intendere a un “convitato di pietra” e, con uso figurativo, andava a predisporre e a materializzare la perenne presenza incombente all’apparenza invisibile, che muta, quindi inquietante e imprevedibile, che tutti conoscono ma che nessuno quasi mai nomina.
L’insieme intende alludere ai poteri occulti che sono il convitato di pietra della nostra democrazia. Presenze condizionanti che da sempre incidono nell’esistenza d’ogni essere.
Un cartello ritrovato il loco rivela un segreto inconfessabile che recita: "Il Colosso é cieco".
In una lettura dell’osservatore, con una chiave più positiva, ancorché realistica, l’installazione potrebbe pure rappresentare la sublimazione della morte.
L’evento conclusivo che riassume e riporta l’individuo al suo inizio, al suo stato primordiale. Mentre il suono ossessivo di un carillon, anche in costanza del fine vita, continua la sua nenia per sottolineare la drammaticità e il ciclico ripetersi di un rituale arcaico.
E se nell’intento dell’autore le poltrone numerate stabiliscono i ruoli e la disposizione non lascia scampo a un vivere condizionato, la merda consolidata stratificata sul velluto rosso brunito qualifica il giudizio sugli elementi appartenenti al ristretto cerchio magico.
Nello spazio aperto ricettario della discarica tecnologica, frigoriferi innalzati compongono a loro volta lo scenario di agglomerati urbani bombardati, svuotati, consunti, abbandonati come degli scheletri vuoti.
Violati dall’ego dei tanti che se ne sono serviti e vi si sono abbeverati, che svuotandoli li hanno pienamente vissuti.
Ovvero, se si vuole, anche frigoriferi come emblemi di ruderi, testimonianze di devastazioni causate dai tanti eventi bellici attuali che ci vedono impotenti e che inesorabilmente ci affliggono (Installazione "frigoriferi" di Fabio Ventimiglia).
In questo scenario desolato della ex Chimica Arenella appare d’un tratto la visione mistica di una croce, nascosta dietro un sudario celeste, che lascia intravedere la sagoma di una figura accennata e indefinita (Agustina Milone, argentina di Buenos Aires: installazione telo azzurro cianotipia).
In un altro ambiente isolato, non distante, adiacente e parallelo, si rappresenta un parziale d'universo che racchiude una serie di cerchi assemblati. Fatto di sistemi confinanti; adiacenti e posti in un equilibrio instabile che comunque risponde a leggi universali, relazionati fra loro (Gloria Agnello di Palermo: installazione cerchi).
Non poteva infine mancare la fotografia, proposta in chiave pittorica e allusiva da Giacono Barone (Palermo) attraverso un trittico che interagisce con oggetti materiali associati e che si allineano all’idea di fondo che orienta l’intera operazione artistica.
Come se le immagini volessero interagire, proponendo oggetti associati a foto che configurano concetti aperti, lasciati alla libera interpretazione di chi vede e si viene a porre come osservatore.
Un’installazione di neon costituisce lo spazio infernale; lasciando intravedere carcasse d’auto e tracce di detriti d’un ambiente umano arido, buio e definitivamente devastato che non da adito a speranze (Installazione luminosa di Fulvio Governale).
"Yo no tengo casa. El mundo es mi casa. Casa es mi cuerpo". Questo è quanto è riportato nel cartello della installazione realizzata da Claudia Cordaro (Palermo). Altre isolate installazioni posizionate anche sulla riva ( Martina Billeci di Palermo con performance sul mare) simboleggiavano evidenti derive e assurgono a monumenti kitsch di una civiltà confusa, proiettata e condannata a restare inesorabilmente …… definitivamente: "Senzapelle".
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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