sabato 23 gennaio 2016

La Bomba non è uguale per tutti: Iran bastonato, Israele aiutato



Sabato è stato firmato a Vienna l’accordo che pone fine all’embargo e alle sanzioni a l’Iran in cambio della definitiva desistenza di Teheran a farsi la Bomba. Era ora.
Ufficialmente le sanzioni e l’embargo all’Iran erano state sancite dall’Onu nel 2007, ma in realtà erano in vigore, almeno da parte degli Usa e dei loro principali alleati, dall’epoca della Rivoluzione komeinista del ’79 che aveva cacciato lo Scià di Persia Reza Palhavi. Chi era lo Scià? Nonostante ci fosse ammannito quasi quotidianamente dai rotocalchi occidentali insieme a Soraya (‘la principessa triste’) e in seguito a Farah Diba, era un dittatore spietato, la prigione di Evin era zeppa di mullah, comunisti e curdi (i curdi ci sono ancora) e la sua polizia segreta, la Savak, era la più famigerata del Medio Oriente, il che è tutto dire. Rappresentava una sottile striscia di borghesia ricchissima che in quegli anni si poteva vedere a Londra, a Parigi, a New York. Il resto era povertà. Naturalmente era un protetto degli americani che gli avevano anche fornito la tecnologia per costruirsi l’Atomica. E’ dall’avvento di Khomeini che l’Iran entrò per l’Occidente, con la Corea del Nord e l’Iraq di Saddam, nell’‘Asse del Male’. In quanto ai comunisti furono protagonisti di un equivoco grottesco. Poiché in attesa dell’arrivo di Khomeini in esilio a Parigi da dieci anni il governo provvisorio era stato assunto da un moderato, Bakhtiar, i comunisti fermi alle logiche della Rivoluzione d’Ottobre fecero l’equazione: Bakhtiar = Kerenskij, Khomeini = Lenin. Khomeini provvide subito a smentirli definendo Urss e Usa “i due Grandi Satana” (“il piccolo Satana” era Saddam che l’Ayatollah chiamava, giustamente, “l’impresario del crimine”). Qual era il programma di Khomeini? Un modello di sviluppo islamico che non fosse né capitalista né marxista e conservasse le tradizioni di quel Paese. Concetto che ribadirà poco prima di morire in una straordinaria lettera a Gorbaciov dove gli dice sostanzialmente: ora che state abbandonando il marxismo non fate l’errore di farvi attrarre dai verdi prati del capitalismo (questa lettera, insieme a un’altra, altrettanto straordinaria, indirizzata a Papa Wojtyla, in Italia è rimasta praticamente clandestina e potete trovarla solo nelle Edizioni del Veltro).
Nel settembre del 1980 Saddam ritenendo che l’Iran fosse indebolito lo aggredì. Per 5 anni gli Stati occidentali, l’Urss e tutti i venditori di morte si limitarono a fornire di armi entrambi i contendenti perché potessero ammazzarsi meglio. Ma nel 1985 le truppe iraniane, sorprendentemente perché quelle di Saddam erano molto meglio equipaggiate, si trovavano davanti a Bassora e stavano per prenderla. La presa di Bassora avrebbe comportato l’immediata caduta di Saddam, la creazione di uno Stato curdo nel nord dell’Iraq e l’annessione dell’Iraq sciita all’Iran (fatto naturale perché si tratta, dal punto di vista antropologico, culturale e religioso della stessa gente). Ma tutto ciò non poteva piacere alle grandi potenze che cominciarono a rimpinzare di armi Saddam, comprese quelle di ‘distruzione di massa’ in funzione anti-iraniana e anti-curda. Naturalmente l’intervento contro l’Iran a favore di Saddam fu mascherato con ‘ragioni umanitarie’ (“non si può permettere che le orde iraniane entrino a Bassora, sarebbe un massacro” –le truppe degli altri sono sempre ‘orde’ solo le nostre sono eserciti). Così, grazie all’’intervento umanitario’, la guerra Iraq-Iran che sarebbe finita nel 1985 con un bilancio di mezzo milione di morti terminò solo 4 anni dopo con un bilancio di un milione e mezzo di vittime. Se non ci fosse stato quel sciagurato intervento anti-iraniano forse la situazione nell’area si sarebbe stabilizzata in modo naturale. Invece che cosa fa una rana con sopra la groppa un grattacielo di armi? Le rovescia dove gli capita. E fu l’aggressione dell’Iraq al Kuwait. Da qui la prima guerra del Golfo del 1990. La filiera che ne è seguita la conosciamo.
Negli anni ‘90 l’Iran, che nel frattempo aveva firmato il Trattato di non proliferazione, aveva ripreso un programma nucleare a scopo, a suo dire, di uso civile e medico. Per la verità le ispezioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, non avevano mai accertato nelle centraline dell’Iran un arricchimento dell’uranio superiore al 20% che è esattamente quanto serve e quanto basta per l’uso civile del nucleare (per costruire l’Atomica l’arricchimento deve essere del 90%). Ma agli Usa non bastava, sospettavano che gli iraniani avessero delle centrali segrete. E nel 2007, quando in Iran al governo c’era l’ex sindaco di Teheran ed ex pasdaran Ahmadinejad, convinsero l’Onu a decretare embargo e sanzioni internazionali.
Come mai gli americani hanno cambiato improvvisamente il loro atteggiamento nei confronti dell’Iran? Le rassicurazioni di Teheran sono in verità poca cosa sul piano concreto. La situazione non è diversa da quella del 2007. Per questo cambiamento dobbiamo ringraziare l’Isis. I diffamati pasdaran sono oggi, insieme ai peshmerga curdi, gli unici a poter contrastare sul terreno (e non con droni e cacciabombardieri) i guerriglieri del Califfato.
Anche se ci sono voluti quarant’anni tutto è bene ciò che finisce bene. Oggi c’è una maggior sicurezza internazionale e, con la fine dell’embargo, la possibilità di notevoli affari, in entrata e in uscita, con l’Iran dove ora esiste un ceto medio voglioso di consumi (il che vuol dire anche che la Rivoluzione komeinista ha diffuso un relativo benessere). Quest’accordo soddisfa tutti tranne (Arabia Saudita a parte) Israele. Il premier Netanyahu ha dichiarato: “Si apre una nuova e pericolosa epoca: l’Iran non ha rinunciato alle sue ambizioni nucleari”. Eppure Israele non ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare e la Bomba, com’è noto, ce l’ha da tempo. Dice: se non ha firmato il Trattato non ha nemmeno alcun obbligo di rispettarlo. Ma nemmeno la Corea del Nord ha firmato il Trattato eppure è soggetta a un embargo e a sanzioni durissime. Ma nessuno si è mai sognato d’imporre le stesse misure a Israele. Massimo Fini



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