Quello
che desta stupore nella vicenda delle intemerate sparate salviniane non è il
contenuto delle stesse, abbastanza
prevedibili e, se vogliamo scontate, in quanto riconducibile alle
tradizionali “retoriche del disumano” di
stampo leghista, bensì il largo consenso popolare che le stesse suscitano;
stando ai sondaggi la Lega è virtualmente diventato il primo partito in Italia.
Le
categorie economicamente e socialmente più deboli (migranti, rom), usate come
bersagli politici, riescono a solleticare con potente forza emotiva i
sentimenti di intolleranza e addirittura di invidia sociale.
L’intolleranza
verso gli altri, gli “ultimi” che, in quanto tali, sarebbero espressione di una
umanità di grado zero in preda a istinti poco nobili se non addirittura
delinquenziali, trova perfetta sintesi
nel noto motto “prima gli italiani!”, che fa pensare alle suddette categorie
come beneficiari di diritti non dovuti e
immeritati. E pure fino a non molti anni fa gruppi sociali non meno numerosi,
che versavano in analoghe condizioni di completo decadimento sociale ed
economico, erano costituiti da italiani. Chi non ricorda il bel film di Scola
degli anni settanta, il cui titolo “Brutti, sporchi e cattivi” è diventato
addirittura proverbiale?
Perché
l’invidia sociale non è indirizzata, come dovrebbe essere più naturale, verso
chi occupa i livelli più alti di benessere sociale ed economico?
Qualcuno
sostiene che ci troviamo in una società bloccata verso l’alto e le classi
intermedie, impoverite dalla lunga crisi, mirano a riacquisire un livello
adeguato di status e di autostima che, non potendo essere conquistato con la riduzione
delle distanze dalle classi più agiate,
è perseguito cercando di aumentare le distanze dagli ultimi spingendoli sempre
giù fino ad una totale esclusione.
Questo
atteggiamento di ostilità distruttiva porta ad escludere, in modo quasi
irrazionale, la possibilità di realizzare politiche di integrazione sociale (cosa
che in effetti non è mai stata fatta in
maniera adeguata) che pure
consentirebbero di alleviare le situazione di disagio e degrado sociale.
L’irrazionalità
è forse derivante dal sentimento di invidia (collettiva) prima richiamato che
come mirabilmente Dante definisce nel Purgatorio comporta un maggior godimento
dai mali altrui che dai vantaggi propri (“Fui de l’altrui danni più lieta assai
che di ventura mia”).
Il
sommo Poeta rappresenta gli invidiosi come ciechi con gli occhi cuciti, che
sembrano oggi raffigurare un Paese accecato dai risentimenti e guidato con
arroganza da chi sembra vedere solo con un occhio dallo sguardo rancoroso e intollerante
(e anche qui viene in mente la potenza simbolica dell’occhio guercio del protagonista
del film di Scola, magistralmente interpretato da Nino Manfredi).
A questo punto non resta che richiamare, in
tema di solidarietà sociale, gli autorevoli e reiterati inviti del Papa “ad
aprire gli occhi” (oltre che il cuore, naturalmente).
P.T.
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