sabato 29 settembre 2018

Diamoci del Noi di Attilio Lauria: "Pippo Pappalardo"



Intervista pubblicata nel numero 9 di settembre 2018 della rivista Fotoit - La Fotografia in Italia - edita dalla FIAF

I tuoi contributi, all’interno della nostra rivista, riflettono assai spesso sul rapporto tra l’immagine e la parola. L’una richiama l’altra e, insieme, risolvono in una nuova rappresentazione. Com’è maturata questa peculiarità?


P) Dovrei ritornare, addirittura, alla mia adolescenza, allorquando rivedendo le fotografie dell’album di famiglia ne trovai una piccolina, realizzata probabilmente da un fotografo di strada, che ritraeva mia madre seduta accanto ad una fontana, con un neonato avvolto in una coperta. Vi era ritratto anche mio fratello e, evidentemente, il neonato ero io. Capovolgendo la foto ritrovai la cara calligrafia di mia madre che testualmente scriveva, a mo’ di didascalia: “Pippo (cioè io) quindici giorni prima di morire”.

Qualcosa non quadrava in quell’immagine: mia madre non mentiva, ma io, adulto, stavo vedendo la foto, ed ero vivo e vegeto; quindi ero sopravissuto; ma per i primi giorni di vita di quella fotografia io ero stato un bimbo di cui si aspettava la morte e quell’immagine doveva diventare il suo ricordo; e, per mia madre, l’immagine di suo figlio era qualcosa che io stento ancora a capire.  Compresi, allora, che l’immagine è qualcosa che bisogna penetrare e attraversare con partecipazione e attesa. Dentro e attraverso.

Per fare ciò ho avuto bisogno, anzi mi sono affidato, alla parola e alla sua contornualità visiva.


Ti affidiamo assai spesso l’analisi delle fotografie che pubblichiamo: potresti accennarci alle tue metodologie di lettura?

P) Con l’amico Sergio Magni ho condiviso l’insegnamento di Nazareno Taddei. Poi sono andato per la mia strada senza mai abbandonare quell’impianto teorico. Mi piace ricordare l’ultima telefonata ricevuta da Sergio: “Quando ti leggo vedo ciò di cui scrivi e leggo ciò che sto vedendo”. Può sembrare un gioco di parole ma è un complimento e, adesso che lo riporto, mi commuove la memoria del caro compagno di avventura..

Poi sono venuti gli amici Carli, Torresani, Bicocchi, Pieroni eppure, alla fine, anche per colpa dei miei studi umanistici, ricorro sempre al Quadrato dell’ermeneutica scolastica. Vi risparmio il latino di Nicola de Lira e, riassumendo vi confido che “muovo sempre dal dato letterale e immediato per penetrare la possibile allegoria, quindi capire la morale della proposta e, guardando all’autore, intuirne l’anagogia” (è la stessa “tiritera” che Dante consigliava al suo lettore, Cangrande della Scala che voleva iniziare la lettura del suo poema).

Molti dei nostri lettori, dopo la lettura dei loro portfolii, continuano con te un intenso rapporto epistolare abbastanza insolito nell’esperienza delle Pedane di lettura: come ti spieghi questa persistenza, questo desiderio di incontrarti nuovamente?

P) A tal proposito vorrei aggiungere un’ulteriore definizione di Porfolio alle tante che ne sono state formulate: “Il portfolio fotografico è una relazione che attende una relazione affinchè si crei una relazione”. Mi rendo conto che se ho davanti una donna, assai spesso  sorge il sospetto che ci stia provando, ma alla fine dell’incontro, ve lo assicuro,  c’è  sempre, dico sempre, un arrivederci ed un sorriso.


Hai messo da parte, e da tempo, lo strumento fotografico. E’ vero, allora, che fotografi solo  con le parole?

No. Fotografo anch’io, e posseggo un’attrezzatura di tutto rispetto. Ma sono figlio del mio tempo laddove ho incontrato la straordinaria esperienza di Larry Sultan e Mike Mandel e quindi di “Evidence”, un libro, una mostra, (1977) composta assemblando immagini trovate. Anch’io mi sono lasciato prendere da quest’avventura e invece di cercare immagini nuove ho guardato a quella straordinaria risorsa che è l’archivio e, da lì, son partito per un viaggio dal quale forse non sono più tornato. Non sono, quindi,  un autore ma un amministratore amico degli autori (spesso ignoti) e più ancora  delle loro immagini.

Si favoleggia sul numero dei libri di cui è formata la tua biblioteca: cosa ci dici in proposito?

P) Tanti anni addietro ho avuto la  fortuna di conoscere Vittorio Scanferla e Giovanna Chiti, raffinati cultori di fotografia, i quali m’introdussero al collezionismo del libro fotografico non come esperienza di possesso in sé, ma come costruzione di un sapere fondato, meditato lungo il tempo e nell’incontro con l’autore; quindi come possibilità di riprendere le riflessioni interrotte e, magari, privatamente, goderne le misteriose ridondanze racchiuse dentro le pagine. La disponibilità di quei testi è stato il miglior biglietto da visita nell’incontro con gli autori della fotografia contemporanea.

E poi, vuoi mettere la soddisfazione delle visite dei laureandi  che mi telefonano alla ricerca del testo introvabile in Accademia?

A questo punto siamo curiosi di conoscere il tuo fotografo preferito?


P) E’ ancora viva dentro di me la memoria e la devozione per Mario Giacomelli di cui ho amato ed amerò sempre la libertà di pensiero e l’assoluta poesia dei suoi giorni.


Hai, ancora,  una definizione per descrivere cos’è, per te, la fotografia?

P: Certamente, ma vale solo per oggi: fotografia come deposito di senso, come pretesto per chiacchierare. Domani ……

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Giuseppe Pappalardo - Note Biografiche
 
Avvocato, ha studiato “Lettura strutturale dell’immagine nei media” col prof. Nazareno Taddei (Università di Cagliari) continuando a sviluppare gli studi di “Educazione all’immagine e con l’immagine” e, più specificatamente, di “Sociologia della comunicazione visiva”col prof. Enzo Carli (Università di Urbino).
Redattore della rivista “Gente di Fotografia”, é curatore delle pubblicazioni dell’editrice Polyorama; collabora con importanti riviste di carattere nazionale proponendosi con saggi di storia della fotografia, di analisi e di critica delle immagini, di verifica intorno alle pratiche della fotografia.
In tal senso, ha curato numerosi libri (oltre a quelli compresi nel catalogo di Polyorama; tutte le pubblicazioni della Galleria Ghirri – quindi, i cataloghi delle mostre di Leone, Giacomelli, Ghirri, Meyrowitz, Chiaramonte, etc., e tutte le pubblicazioni dell’A.N.A.F. (Ass. Naz. Amatori di Fotografia) per la quale, dal 1996 al 2005, ha curato, come responsabile culturale insieme al prof. Enzo Carli, la pubblicazione del trimestrale N. Notiziario Fotografico; ha pubblicato, inoltre, “Note giuridiche e commenti a sentenze sulla tutela della proprietà dell’immagine e sul rapporto fra diritto di cronaca e tutela della persona in fotografia”.
Ha partecipato a molte mostre collettive su temi siciliani, e contribuito alla stesura di molti audiovisivi, per conto della Regione Siciliana, ma non ha maturato il coraggio di una mostra personale delle proprie immagini che pur supportano la sua didattica.
Ha sperimentato le metodologie elaborate dal fotografo Nino Migliori proponendole presso le scuole primarie come forma immediata di apprendimento della costruzione di un’immagine.
Cura l’organizzazione di manifestazioni fotografiche nella sua regione assumendone la direzione artistica. A Caltagirone è stato co-realizzatore del Museo della Fotografia della Provincia di Catania, ed è condirettore della Galleria L. Ghirri (mostre di P, Monti, Salgado, Siracusa, Pitrone, Strano e altri). A Catania collabora in progetti didattici presso l’Ateneo locale, l’Accademia di BB.AA. la privata Accademia ABADIR e il Centro Arti Visive Sikanie.
Socio onorario di molti circoli fotografici, è stato docente  D.A.C., grazie al quale ha messo ordine in tanta attività. Tutto il lavoro è stato svolto per pura passione e senza alcun interesse economico.


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