domenica 29 novembre 2020

Daniele Vita: Reporter


In un palcoscenico che ogni giorno vede postare nei vari social migliaia e migliaia d’immagini, aver avuto l’opportunità di visionare le foto realizzate da Daniele Vita ha rappresentato la speranza provata che la fotografia è ancora viva per come la intendono gli appassionati. 

Avevo avuto modo di apprezzare soltanto le foto che Daniele ebbe premiate al Circuito di letture di portfolio Fiaf on line di quest’anno a Bibbiena, costituite da una limitata serie d’immagini in bianco e nero, sicuramente meritevoli dell’ambito riconoscimento, in un contesto ricco di buoni lavori proposti da tanti fotoamatori. 

Riferendomi a quell’evento nell’occasione ebbi a scrivere un articolo, nel quale enfatizzavo come spesso, in presenza di tanti buoni portfolio, il pieno riconoscimento è legato alle formule con le quali si procede nelle selezioni, alle segnalazioni dei giurati, che possono talvolta portare a sacrificare dei lavori per l’elevato livello della concorrenza o per altro. 

Tornando alla serata offerta venerdì scorso dal Club Fotografico AVIS Bibbiena EFI, le tante fotografie proposte, supportate dai ricchi commenti di accompagno, hanno evidenziato – oserei dire - l’essenza profetica del cognome di Daniele: Vita. 

Il suo modo di scattare evidenzia la non comune capacità di saper rappresentare, con ogni foto un intero racconto, momenti di vita appunto. La visione di un suo portfolio completo consente di leggere tanti paragrafi di storie alquanto complesse. 

La narrazione che illustra, con i ritratti inseriti nelle scene di reportage, dipingono una tela composita e ricca di moltissime gradazioni di grigio concettuale. Le risultanze estetiche appaiono, quindi, sempre esaustive rispetto all’intento progettuale immaginato. 

Ma non è solo questo, traspare anche la capacità di adattarsi e di saper cogliere al volo le occasioni che si presentano, anche attraverso una dinamica di ripresa che cattura scenari da diverse angolazioni, che tendono a completate l’unico messaggio. 

Financo in un lavoro, da lui stesso definito come interrotto, quindi per lui incompleto, nel visionarlo a me è apparso esaustivo e completo rispetto al proposito originario raccontato a parole. 

La naturale predisposizione collima con l’indagine sul sociale che, per quello che ho visto, sembra costituire il filone preferito nella sua produzione. 

In moltissimi scatti Daniele, a mio parere, riesce a cogliere e catturare nel profondo le anime dei soggetti immortalati. La facilità nel saper cogliere espressioni che lasciano intravedere i segnali di tanti messaggi non è cosa comune. 

I tagli, apparentemente occasionali, costituiscono la sua forma di ricerca di forme e inquadrature, inventate al momento, che alla fine conferiscono autorevolezza a ogni immagine, consentendo di indirizzarsi immediatamente sui soggetti e le storie, siano esse costituite da figure umane o simbologie, per far cogliere ogni allusione su quel che si vuole dire. 

L’esempio mostrato dei soggetti nisseni (in copertina) ritratti in occasione del Mercoledì Santo costituisce un ulteriore esempio che comprova prontezza e duttilità operativa. 

Ogni figura fotografata, con l’efficace intuizione nell’uso di un fondale bianco per fotografare i singoli figuranti della Real Maestranza, corrisponde al racconto che ciascuno personaggio viene a rappresentare e che comunque, con un pò di fantasia, ciascun osservatore può leggere o immaginare a modo proprio. Un lavoro superbo frutto da un’estemporaneità lucida e pronta presente nel DNA dell’autore. 

Il lavoro su Lampedusa, poi, pur privo di presenze umane, racconta perfettamente l’essenza del messaggio voluto. Attraverso la rappresentazioni di luoghi, spazi e simboli e, soprattutto, con l’evidenza delle assenze. 

Le immagini delle varie feste pasquali della Sicilia, infine, sono emblematici manifesti della sacralità pagana che caratterizza questa terra. 

Personalmente, nei lavori presentati, certamente parziali rispetto a una più vasta produzione a me ancora sconosciuta, ho visto i Ferdinando Scianna, Enzo Sellerio, Nicola Scafidi, Melo Minnella e tanti altri che, ringiovaniti, sembrano essere tornati a fotografare la loro Sicilia. 

Riguardo alle tecniche di ripresa, specie in alcuni lavori, le immagini proposte mi hanno portato a immaginare i reporter di guerre. In questo caso delle guerre non note e sotto traccia che sono presenti in ogni contesto civile, apparentemente pacifico, di questo mondo.

Buona luce a tutti!

 

 © Essec

 

 

 

sabato 28 novembre 2020

Il sogno di Antonio


Il sogno di Antonio, Manuale sentimentale di management, di Eliane Cordà (pseudonimo)


E’ un romanzo tratto da una storia vera, con una ricca galleria di caratteri, che racconta del controverso rapporto della impresa con l’innovazione e degli insegnamenti da trarre da una storia di fallimento. E’ anche una lettura al femminile del mondo del business, affinché possa nascere una nuova cultura d’impresa.
 
 
 


venerdì 27 novembre 2020

"Dietro le persiane" - Autori Vari - Resilienza a Mapsulon

 

Fantasia e ironia sono punti di forza indiscutibili dell’intelligenza dell’essere umano. Nel caso, unica necessità è però quella di mantenere assoluta padronanza di tutto quanto si va a inventare; per renderlo utile, consono alla voglia di voler evadere e di trovare piacere nelle invenzioni e nelle scappatoie surreali e ludiche che si vanno a generare.

Roberto è ormai riconosciuto pubblicamente, dagli amici che plaudono e assecondano il suo gioco, come Sindaco senza limiti di mandato nel felice Comune di Gallitello. Lui esercita pienamente il suo ruolo istituzionale con assoluta trasparenza, informando costantemente i cittadini su ogni ordinanza che emana nel suo "territorio”. Tutti i residenti prestano attenzione e, a ogni provvedimento, rispondono con entusiasmo per la sorprendente prontezza e lungimiranza amministrativa del loro primocittadino.

Di recente, pure l’amica Sura, residente in un altro territorio similare, in Toscana, mi ha fatto pervenire un libriccino piccolo di dimensioni ma grande per il valore simbolico e la ricchezza dei contributi scritti.

Il volumetto raccoglie una serie di racconti di autori diversi che si sono consorziati in una bellissima iniziativa: quella di evadere anch’essi, con la libera fantasia, dall’isolamento forzoso dovuto al Covid.

Tutti quanti accomunati dal risiedere nello stesso territorio di “Mapsulon”, idealmente situato nelle montagne del pistoiese, hanno partorito delle storie.

Ognuno ha scritto dei pezzi seguendo un proprio stile, attingendo alla memoria, inventandosi storia e personaggi o fotografando con proprie parole la realtà vigente e il vissuto.

Hanno tutti composto dei capitoli dai contenuti originali che, assommati nel prodotto editoriale, costituiscono pienamente la sintesi dei tanti pensieri che scorrono nelle diverse menti.

Per non perdersi in altre parole, che potrebbero anche non esprimere felicemente ciò che si vorrebbe far intendere, si preferisce riportare un passo estrapolato da uno dei capitoli e che potrebbe indicare la genesi e l’essenza che ha ispirato l’intero progetto.

Le razze non esistono, ma esiste il pensiero che ci rende diversi. Solo quello. E di questo, e solo di questo, ringrazio il periodo emergenziale che stiamo vivendo, che se in una mano ci pone uno specchio per guardarci, dall’altra ci regala una lente per vedere quel mondo che da troppo tempo ormai chiede di rivedere i nostri stili di vita, la nostra corsa a quel continuo “consumare” di cui anche Terzani tanto ha scritto e parlato. Se riusciremo a farci un’autocritica costruttiva, partendo dalle piccole cose quotidiane smarcandoci dalle appartenenze ideologiche che ingessano il nostro pensiero, se prenderemo le distanze dal pensiero dominante di un’economia che pervade tutte le nostre scelte, se mettendoci in discussione cercheremo la bussola di fronte all’isolamento dell’egocentrismo, avremo la possibilità di gettare le basi per un nuovo tipo di società, dove il rapporto umano potrà essere il nuovo centro della vita fra simili.

Tutti sappiamo che si tratta in fondo di utopie, ma sognare è una fiamma perenne nel cuore di ogni idealista e poi, del resto, sognare non costa nulla.

Il volume di cento pagine autoprodotto, è stato realizzato per scopi benefici e potrà essere richiesto, con la corresponsione di un piccolo contributo, agli autoridell’iniziativa.

 

Buona luce a tutti!

© Essec

 


martedì 24 novembre 2020

Battaglia-Lamborghini, sembrerebbe quasi il titolo di una competizione sportiva.


Personalmente non mi sono mai ritrovato fra quelli che sostengono che dall’esperienza Covid ne usciremo tutti migliori. Quanto accaduto nell’operazione Lamborghini-Battaglia costituisce una prova a favore della mia tesi e per tanti aspetti.

Da tempo, sono in molti coloro che si appostano per muoversi a branchi nell'attaccare sui social - forse taluni pure inconsciamente - le vittime che ritengono in quel momento deboli; l’operazione mediatica nei confronti di Letizia Battaglia ne ha costituito purtroppo un emblematico esempio.

In genere nella vita si possono non condividere scelte, che comunque rimangono di esclusiva pertinenza di chi le attua. Ciò è ancor più legittimo in campo artistico quando il proprio pensiero risponde a punti di vista personali, che potrebbero pure apparire non condivisibili, ma che non comportano approvazioni di alcuno.

La questione in argomento presenta diverse sfaccettature e, assodato che non lede interessi privati di alcuno e tantomeno sia irrispettosa di leggi, in nessun caso legittima aggressioni mediatiche denigratorie, che costituiscono solo delle poco eleganti espressioni di parte.

L’accordo con la Lamborghini era un rapporto privato fra due contraenti. Qualunque scelta artistica se concordata competeva al fotografo che la andava a realizzare. L’utilizzo degli ambienti cittadini non è di certo un abuso. Il coinvolgimento di minorenni in una campagna pubblicitaria non rappresentava certo una novità. L’indignazione del Sindaco (tirato forse per la giacca in modo improprio da qualcuno) appare però esagerato ed alquanto avventato.

Allora dove sarebbe il vero problema? Una serie di pseudo fotografi criticanti? Opinionisti che si muovono in funzione di inclinazioni o antipatie? Soggetti lungimiranti, interessati a subentrare magari in una realtà culturale di primo piano che vorrebbero gestire per interessi propri?

Ma non voglio entrare nel merito del problema o quello supposto come tale che credo esuli rispetto a quanto è successo.

La questione più importante è stata, infatti, l’aggressione sconsiderata e la mancanza di rispetto verso un’artista matura, riconosciuta a livello internazionale, che dovrebbe rappresentate un fiore all’occhiello per l’intera Sicilia almeno.

Michele Smargiassi, su Repubblica, in un suo articolo ha evidenziato molto bene i rischi conseguenti a una reazione manifestata a caldo dalla Letizia. Quella cioè di volere abbandonare il Centro Internazionale di Fotografia e, ancor di più, la scarsa riconoscenza palesata (per non usare altri termini più consoni alla situazione) nei confronti di un personaggio da sempre impegnato nel sociale; pur considerando tutti gli aspetti caratteriali specifici che la raccontano e che, differenziati, sono presenti in ogni persona.

Mi auguro e auspico intanto un chiarimento diretto fra Letizia Battaglia e Leoluca Orlando; estromettendo nel caso gli eventuali esperti consiglieri che hanno fin qui mal consigliato.

Sono convinto della buona fede del Sindaco e certo che un eventuale abbandono del gioiellino creato ai Cantieri Culturali alla Zisa, specie in questi termini, potrebbe costituite solo un colpo mortale per un centro espositivo che si pone, se non come il più importante, uno dei punti culturali più ambito nell'intero meridione.

Sulle mostre di Kudelka, Zecchin, Bongiorno, l’esposizione stabile di fotografie del L’Ora e per tanti altri eventi ancora, si deve tutto a Letizia Battaglia.

Non riesco a immaginare chi potrebbe oggi prenderne il posto, assicurando l’autorevole indipendenza culturale che necessita tale ruolo e che la Battaglia ha di certo e che ha sempre dimostrato.

Mi auguro, quindi, alla fine del lockdown, di ritrovare la solita Letizia seduta al suo solito posto ... a fumare la sua immancabile sigaretta e di vedere anche esposte sulle pareti del Centro le foto dell’ennesimo artista affermato, sceso a Palermo grazie anche al suo richiamo.

 

Buona luce a tutti!

 

© Essec

 

 

mercoledì 18 novembre 2020

Streaming di Alberto Ghizzi Panizza all'Associazione Le Gru di Valverde (CT)

 

L’ospitata di Panizza all’associazione Le Gru di Valverde dell’altro giorno si è conclusa con un quasi rammarico manifestato da qualcuno per l’abbandono della Sony delle sue App - che stava implementando sulle mirrorless – create per consentire di fotografare secondo scopi definiti; la macchina veniva programmata secondo combinazioni delle impostazioni necessarie per un’automazione che, di conseguenza, assicurasse certezza di un unico risultato predefinito.

Io, nei ricordi, sono tornato alle operazioni di partita doppia che, nell’ambito bancario, erano state in ultimo codificate per la realizzazione di scritture contabili bilanciate e contrapposte, che interessavano tanti conti e sottoconti per una quadratura certa; lasciando al passato il fascino e la filosofia ragioneristica pratica d’un tempo. All’operatore bastava inserire il codice per generare in un attimo una movimentazione multipla delle diverse singole scritture. Fortunatamente per la fotografia la Sony abbandonò i suoi programmi.

La serata offerta da Alberto Ghizzi Panizza non ha deluso gli astanti. Un’ampia carrellata d’immagini fantastiche, testimonianza della sua produzione nel tempo, ha dimostrato che oggi quasi tutto in fotografia è realizzabile.

Softweare e hardweare utilizzati nel mondo della fotografia consentono ormai a tutti di creare risultati di qualità eccellente, anche quello che ancora ieri appariva impossibile.

Unico elemento mancante sul mercato risulta oggi - e fortunatamente - la creatività e la fantasia del fotografo, anche se una buona dose di fortuna e casualità ancora permangono   come elementi fondamentali nella buona riuscita di un reportage.

L’interesse e la curiosità inesauribile di Panizza hanno consentito agli intervenuti allo streaming di vedere, come detto in siciliano, le sue "carrettate" di foto. Immagini belle che abbracciano tante tematiche, seguendo la sua logica che contempla - come ha più volte sottolineato anche il maestro Ferdinando Scianna -  che tutto quello che è fotografabile rientra nei suoi interessi.

Il suo campo d’azione ha, quindi, un ampio raggio e riguarda molti generi fotografici. Inoltre, la sua attività non si limita esclusivamente solo al versante fotografico vero e proprio.

Studio e approfondimenti sui vari temi trattati - che prevedono sempre la sperimentazione - e i relativi collaudi dei prototipi a lui affidati dalle varie case, fanno sì che Alberto costituisce oggi - a giusto merito - un punto di riferimento per molti Brand di produttori.

Testimonial di eventi internazionali in ogni parte del mondo, grazie anche alla competenza informatica accumulata nella sua prima vita, assicurano performances che garantiscono sempre il coinvolgimento di chi partecipa al raduno.

La proposizione delle innumerevoli fotografie che ogni volta esibisce comprovano, del resto e fattivamente, tutto quello che illustra a parole in ogni conferenza.

Al termine delle sue lectio risulta, quindi, difficile porre delle domande, perché nella efficace spiegazione, sempre collegata a tanti aneddoti e storie, Panizza ha già detto tutto: si è infatti da solo posto le possibili domande e anche dato esaustive risposte.

Docente da tempo nella scuola di didattica Nikon, avevo già avuto modo di vederlo all’opera, posso però assicurare che ascoltare le sue conferenze costituisce fonte per allargare sempre più le proprie conoscenze; per il semplice fatto che la sua scaletta è un canovaccio che abbraccia sempre un ampio spettro d’azione, lasciando financo l'occasione per dibattere su argomenti estemporanei che - seppur trattati da tanti e in precedenza anche da lui stesso - appaiono ogni volta freschi, perché innovati sempre da sfaccettature e angoli prospettici diversi.

Affermatosi e conosciuto come uno dei più dotati fotografi di macro, Panizza si ritrova ora impegnato a fotografare tutto quello che lo intriga e gli suscita interesse. Il suo sogno sarebbe forse, al riguardo, quello comune che affascina anche tanti di noi, ovvero che si arrivi a installare stabilmente una protesi ottica collegata al nostro cervello, per poter immortalare - attraverso il nostro occhio attento - tutto ciò che vediamo e filtriamo con la nostra fantasia creativa.

Fortunatamente l’Associazione Le Gru registra gli streaming di quel che organizza, quindi, per chi vuol verificare di persona quanto fin qui detto non rimane che andare alla pagina web e dedicare il tempo che vuole alla visione. Link per accedere: https://www.twitch.tv/videos/801775252

 

Buona luce a tutti!

 

© Essec

 


domenica 15 novembre 2020

Pinocchio – Portfolio fotografico di Antonio Lorenzini


Le favole vere le scrivono i bambini, con i loro temini a scuola, con i loro complessi disegni, con le letterine ai genitori. Conoscono il giusto linguaggio utile allo scopo. Quello che loro raccontano è sempre lineare, semplice, coerente. Fotografano con estrema precisione e in ogni dettaglio circostanze, fatti, persone, sensazioni. La loro è attenzione a ogni particolare. Quanto propongono coglie con estrema semplicità e naturalezza le distonie eventualmente presenti nella realtà che li circonda. Paragonano e accostano semplicemente, mettendo a confronto fatti e personaggi del loro piccolo ambiente che per essi rappresenta il loro universo.

Molti hanno già disquisito sulla questione e evidenziato che le fiabe dei grandi scritte per i piccoli manifestano in realtà esigenze di adulti. In molte storie si confondono i ricordi adolescenziali mitizzati, che spesso continuiamo a coltivare in un mondo ormai perduto e di cui si sente ancora il bisogno. Senza accorgersi che i ricordi brutti sono le scorie già assorbite col tempo, già diventate tessuto del nostro essere d’oggi, nel nostro corpo adulto indurito.

Antonio mi ha proposto l’ennesima versione della storia di Pinocchio, che è presente molto di frequente nei portfolio dei fotoamatori.

Onestamente non saprei cosa dire su un filone che ha ispirato i tanti e che più o meno fedelmente hanno raccontato del burattino.

Una cosa mi sembra costituisca una costante in ogni versione che ho visto, è la riproposizione di una morale impossibile all’uomo o il pretesto di voler giustificare le variegate esperienze negative vissute da ciascuno.

Pinocchio in fotografia è, di frequente, la trasposizione in terza persona di se stessi e ciascun autore sottolinea gli aspetti che più lo interessano; mettendo in risalto quello che crede di avere capito, ma ancor di più, forse, enfatizzando con amara poesia quelli che potrebbero essere tuttora i suoi bisogni.

La fata turchina è la figura che ci fa sempre sognare e che dà conforto, quella che taluni, crescendo, ritrovano in personaggi caritatevoli e rassicuranti nella propria religione.

Il Grillo parlante è la verità indiscussa e indiscutibile che si presenta sempre nei momenti in cui dobbiamo prendere decisioni importanti; ma ancora oggi chi osa farci la morale è destinato a ricevere una martellata micidiale, perché è dura accettare anche l’evidenza.

Quanti Lucignoli abbiamo conosciuto nella nostra vita e quante volte ne abbiamo noi impersonato la parte con altri a noi vicini? La spensieratezza del teatrino e la figura del Mangiafuoco di turno, spesso sono presentati come dei momenti negativi, ma non è vero. Quasi sempre, nel fare la sintesi del nostro vissuto, ci accorgiamo che hanno magari rappresentato pochi momenti belli, ricchi di leggera spensieratezza e talvolta di felicità assoluta.

Militari, prigioni e balena nel mare immenso degli oceani attraversati, sono le metafore che costellano ogni esistenza.

Antonio chiude il suo complesso lavoro con un Pinocchio che abbraccia l’albero: il legno che ambisce di tornare all’origine è, com’è ampiamente risaputo - e come lui stesso ben sa - solo una pia illusione.

Buona luce a tutti!

 

 © Essec

 

 

Per i più curiosi, il testo che accompagna il portfolio di Antonio è questo:

Un uomo di nome Pinocchio è diventato un uomo, ha raggiunto le soglie della vecchiaia. Mi prende per mano come fosse tornato bambino ed insieme attraversiamo la sottile linea di confine tra sogno e realtà per raggiungere tutti i suoi vecchi amici di un tempo. Rigurgitato dal ventre di un pesce cane Pinocchio si ritrova sulla spiaggia, si sveglia nudo. Rinascere per lui significa diventare uomo ed invecchiare come tutti gli uomini accanto alla propria memoria. Il viaggio ha inizio, ed accompagnato dalla Fata Turchina che mai lo ha abbandonato, ecco che entra nella sua casa di vetro, svuotata da ogni voce di un tempo. Dopo averla attraversata, abitata solo dai riflessi della luce del sole raggiunge il mare dove può finalmente specchiarsi ritrovando quel che resta di Geppetto, il suo babbo, morto e sepolto in un piccolo cimitero di campagna. Il grillo parlante non ha mai smesso di essere snervante e noioso, non cambia mai, gli soffia all'orecchio quel che deve essere e non essere, anche ora che è un uomo. Prosegue il suo viaggio nella memoria e nei luoghi da lui vissuti e dall’interno di un Paese dei balocchi fatiscente e dimenticato arriva all’amico di sempre Lucignolo “condannato” a vivere un po’ da ciuchino un po’ da uomo. I burattini lo aspettano da sempre, così pure Mangiafuoco e quel che resta di lui, un'ombra cupa, inquietante, stanca e piegata dal peso della luce. Nel campo dei miracoli prende corpo e forma il ricordo del Gatto e la Volpe, ora due teneri vecchietti stanchi di una vita di menzogne. All’orizzonte scorgono due figure. Un padre e una madre? O un amore che non è mai stato vissuto? Cammina verso di loro per riuscire a riconoscere quello che più gli manca, di cosa ha veramente nostalgia e così facendo, si ricongiunge con la materia di cui sono fatti i burattini diventati uomini: il legno, l'anima di un albero da cui tutto ha avuto origine, lo cinge a sé in un abbraccio infinito così come è e sempre sarà eterno Pinocchio.”
 
 

sabato 14 novembre 2020

Dentro l’eco dei nostri passi.

 


Dentro l’eco dei nostri passi, Edizioni Nèon 2020.

Con gran fatica questo libro fotografico autoprodotto, che raccoglie immagini di Eletta Massimino e Salvo Cuscunà, ricamate con raffinate e dosate parole di Pippo Pappalardo, è riuscito ad approdare al mio domicilio.

Le Poste Italiane, direbbe qualcuno, non sono più quelle di una volta. Nel caso, il pacchetto, ha ripetuto per ben due volte il tragitto Catania-Palermo a causa di un cavillo facilmente risolvibile.

Ora viene il bello.

L’azzardo è quello di voler scrivere una propria impressione su un libro confezionato anche da un critico fotografico di chiara fama, che ha recensito di tutto e su tutti con brillantezza e sagacia.

Ma nella vita la presunzione è spesso temeraria ed è pertanto grande il rischio che si corre, quello di andare fuori strada, rispetto alle intenzioni degli autori.

Nonostante conscio dei pericoli continuo, per dire quanto mi accingo a scrivere, dal mio piccolo punto di osservazione.

Vado, quindi.

L’operazione letteraria, perché le foto che compongono il volume sono ampie pagine di scrittura, appare ottimamente riuscita.

Sfogliando le pagine, Eletta cammina, spazia, si solleva, ricade, ricerca orizzonti, lasciando tracce evidenti del suo percorso.

Salvo, invece, si muove con rirerbo, si sofferma, incuriosito dalle forme che legge; coglie figure e particolari di materie modellate nel tempo, sviluppate dalle crescite e dalle decomposizioni.

Pippo esamina e con maestria, ricuce e incrocia i due mondi che si parlano e si completano specularmente. Anche le sue sono senza alcun dubbio fotografie, di parole però. I suoi chiaroscuri introducono ad altri argomenti, alludono ad aspetti che con tanti esempi evidenziano la continuità dei tanti pensieri accennati, allusi. Basta seguire le tracce e ogni scenario racconta di un qualcosa forse già detto da qualcun altro, prima. Ogni osservatore, instradato dal testo, leggerà poi un qualcosa che sarà ancora diverso rispetto al racconto combinato dei tre autori.

L’onirico, come per i cartoni animati, consente di mescolare le scene e di proporre anche l’inverosimile. La miscellanea delle parti è buona per amalgamare i tanti messaggi e permette pure che si realizzino cose irreali con l’aiuto della mente: in alcuni casi riusciamo a volare, in altri ci si avventura negli abissi, con apnee assurde, in altri ancora ci blocchiamo come ipnotizzati nel cogliere forme e figure catturate dall’occhio del nostro inconscio.

Nello stato soporifero tutto è possibile, non vigono certezze, delle regole gravitazionali, delle logiche fisiche, non esiste vincolo alcuno.

Vediamo, immaginiamo, crediamo di vedere e le fantasie si scatenano in un continuo crescendo.

Al termine del racconto, l’uomo rappresentato nelle due foto finali, si confonde nel suo camminare in un mosso sfocato e, in ultimo, lo si vede seduto a meditare.

Forse per rielaborare il sogno narratogli nelle pagine precedenti o sta già immaginando di iniziare una nuova ricerca in un percorso alternativo. Forse è solo seduto a pensare sul suo stato più intimo, sul suo tempo, sugli anni, sul luogo; lasciando che, chi lo vede da lontano, si faccia una propria opinione.

Nello scorrere delle pagine vedi rappresentate immagini reali che descrivono la natura, osservata in tante maniere e ripresa da tanti angoli visuali, e ti accorgi che i tre autori si ritrovano e si completano a vicenda, narrando un unico romanzo.

Panoramiche e dettagli sono illuminati con attenzione. Ciascun osservatore, soffermandosi a leggerli, filtrerà poi il tutto con gli spazi indefiniti della fantasia; per scoprire come in fondo sono tante le tracce dell'arte che ci circondano, senza che spesso ne abbiamo coscienza.

Dentro l’eco dei nostri passi è un'operazione culturale raffinata, completa e intensa che si propone felicemente nel panorama editoriale e che merita successo.

Buona luce a tutti!

 

© Essec

 

 

giovedì 12 novembre 2020

Gruppo Fotografico "Le Gru - Valverde" di Ferdinando Portuese, i Fratelli D'Agata & Co.

 

Assistere a eventi che mostrano fotografie curate in ogni dettaglio e video ricchi di fantasia creativa che riescano a coinvolgere emotivamente lo spettatore, è uno dei compiti più impegnativi in ogni campo artistico. 

I fratelli Antonio e Lorenzo D’Agata, soci portanti dell'Associazione Le Gru di Valverde, da tempo impegnati in un personale modo di raccontare e trasmettere le loro intuizioni, riescono pienamente nell'intento. 

I riconoscimenti che incassano in prima persona e unitamente al gruppo, sono una prova meritata ed è certo che, per loro, rappresentano anche motivo di stimolo nel cercare di migliorarsi sempre, per poter modellare meglio le produzioni.

Nel tempo l’asticella la pongono sempre più in alto e la generosità e l’impegno costituiscono quel connubio positivo che fa diventare ogni loro evento occasione di crescita e verifica. 

Gli archivi fotografici marchio "D'Agata"e quelli degli altri soci intanto si rimpinguano e alimentano la disponibilità di nuovo materiale che aiuta a completare il loro puzzle che non mostra confini.

Le Gru, con l’Acaf, costituiscono due associazioni fotografiche molto attive nel catanese. Due belle realtà che propongono attività culturali di livello nazionale e non solamente. La loro composizione sociale e l'entusiasmo che li contraddistinguono testimoniano anche il buon successo del travaso generazionale molto curato e da sempre perseguito nei rispettivi contesti, facendosi anche da sponda.

I fratelli D’Agata, in seno al loro gruppo di Valverde, costituiscono poi un vero e proprio motore che - senza far tanto rumore e scoppi - sforna produzioni di elevato livello, di certo riguardo a interesse e novità, senza mai rinunciare alla sperimentazione.

In passate occasioni, si è già avuto modo di apprezzare l’inappuntabile regia del duo, che attraverso una padronanza tecnologica avanzata riesce a rendere viva l’attività sociale e l’entusiasmo del folto gruppo di giovani che li accompagnano. L’occhio esperto dell’attuale presidente Ferdinando Portuese che li asseconda e li tiene caldi, riesce così a coinvolgere anche tanti appassionati di fotografia di altri territori. 

Il risultato fin qui conseguito e consolidato ripaga anche l’amorevole cura del loro mentore Pippo Fichera che, riconosciuto da subito il talento, ha curato e spronanto la crescita costante dei due fratelli e di altri meritevoli.

Compartecipazioni condivise fra diversi Circoli nazionali, specie ora in tempo di Covid, stanno costituendo appuntamenti culturali che registano un buon seguito. 

In un recente incontro con l’AFA di Palermo l’Associazione Le Gru ha dato l’opportunità di poter visionare una serie di prodotti video e fotografici aventi ad  oggetto l’Etna, confezionati da Antonio e Lorenzo attingendo, per quanto ovvio, anche a produzioni degli altri associati coinvolti nei progetti.

La fotografia proposta a corredo di in questo articolo, non facilmente attribuibile separatamente a specifici autori se non al gruppo, costituisce una prova inconfutabile della passione che tutti i soci hanno per l’Etna. 

Nell’occasione sono stati proposti una serie di video, più o meno recenti, che raccontano il respiro e le spettacolari colate del vulcano cui loro dedicano molta attenzione.  Il vulcano documentato da ogni angolo visuale, variando gli scatti nei tempi e nelle stagioni.

Per il resto penso ci sia ben poco da aggiungere. 

Nel sito web e nella pagina Facebook (anche in quelle personali di ciascun socio) sono disponibili prodotti che testimoniano l’attività del gruppo.

Buona luce a tutti!

 

© Essec

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In genere i commenti che ricevo hanno un loro spazio, ma quanto mi è appena pervenuto da Pippo costituisce una integrazione qualificata, anche perchè, come si dice in gergo, informato su fatti e persone. Riporto pertanto fedelmente il testo.

 

"Vecchie radici, giovani virgulti."

 

"La tua rubrica, caro Toti, è come un bosco dove crescono idee, immagini, confronti, dibattiti ed altro ancora. Ho detto un bosco e non un vivaio e, meno che mai, un campo, una monocoltura, un campo tracciato una volta e per tutte nei suoi confini e nelle sue ambizioni di crescita. Si, proprio un bosco, custodito dalla mano dell’uomo ma per sua natura portato a divenire altro come potrebbe essere un posto sacro, un posto per le fiabe, un posto per le fragole o per le cose che vogliamo leggere, per essere capite meglio, per essere apprezzate perché raffinate come i funghi di questa stagione.

La tua rubrica, il tuo bosco, ha ospitato due fotografi, due fratelli, due esperti cultori dei boschi etnei e di quelli limitrofi, due esperti di funghi: i fratelli d’Agata, da me confidenzialmente definiti i Dioscuri della fotografia etnea.

Nella nota della tua rubrica hai giustamente sottolineato la loro preparazione fotografica sotto il profilo tecnico e culturale, la conoscenza assoluta della materia da loro fotograficamente indagata, la passione per una pratica visiva che li spinge a trasformare ogni loro reportage in una impresa esemplare.

Non per nulla il loro circolo fotografico, le Gru, porta il nome di un uccello migratore forte e coraggioso, capace di attraversare circostanze ed esperienze diverse e importanti. I miei Dioscuri, a somiglianza delle Gru, trapassano con facilità dall’impegno accademico a quello musicale, dalla pratica fotografica alla pratica della socialità vissuta e condivisa oltre i limiti generazionali, logistici, culturali.

Io sono un loro amico ed estimatore ed ogni volta che mi trovo a collaborare con le loro iniziative devo abbandonare tutto quel che ho imparato ed arrendermi davanti alla genuina, sincera, spontanea simpatia della loro visione ed immaginazione peraltro esibita con spontaneità e naturalezza.

Tutto questo fa onore ad  un circolo dove Alessio Drago prima e Ferdinando Portuese adesso hanno sviluppato e difeso quella pianta che Pippo Fichera e C, avevano piantato tanti anni fa. E’ un piacere, ed una soddisfazione, vedere riconosciuto da altre realtà fotografiche, magari distanti da quella etnea, la bontà e la qualità fotografica espressa dall’impegno dei D’Agata.

Proprio quando i fotografi naturalisti di tutto l’Occidente si stanno spendendo nell’allarme per il nostro pianeta continuamente maltrattato, ci conforta che i nostri giovani rimangano attenti alle sorti della nostra natura e ci ricordano che abbiamo poco tempo a disposizione per tutelare gli “originali” dei nostri tramonti e delle nostre albe.

F.to Pippo Pappalardo"