venerdì 29 novembre 2024
IA: All You Can
Forse la comparsa di tante immagini fake ha oggi portato a una maggiore attenzione sull’IA (Intelligenza Artificiale).
In verità, attraverso una serie di algoritmi molta della nostra vita ordinaria è gestita dall’IA senza che ormai ci facciamo più caso.
Di recente, ad esempio, una casa editrice mi ha proposto la traduzione in inglese di miei prodotti, nel caso fossi intenzionato a promuovere i volumi oltre confine, dichiarando apertamente che il servizio sarebbe stato realizzato facendo ricorso all’utilizzo di app d’IA.
Del resto già una applicazione Google free consente – e da tempo - di poter procedere in modo veloce alla traduzione di frasi complesse. Analoghe applicazioni, anch’esse gratuite, permettono di trasformare in lettura vocale un testo ricorrendo a programmi informatici costituiti da algoritmi; con risultati sorprendenti che vengono sempre più ad affinarsi attraverso un sempre maggiore ampliamento dei database sempre più evoluti grazie all’utilizzo degli utenti.
Algoritmi compositi, si sviluppano ormai attraverso elaborazioni di sempre più veloci, di tanti server e programmi assemblanti, che assicurano risultati in tempi straordinariamente veloci. Le percentuali d’attendibilità” dei prodotti sono sempre più elevate, peraltro assicurati da macchine che altrimenti comporterebbero utilizzi di tanti soggetti, impiegati in tempi molto più lunghi.
In ogni campo del sapere e quasi tutte le attività l’IA, quindi. la fa da padrone, procurando sempre riduzioni nell’impiego del personale umano.
Una visione pessimista e capitalistica, volta a ottimizzare i ricavi e a ridurre i costi, potrebbe prospettare paure di licenziamenti di massa, ma in realtà quel che accade è frutto dei tempi. Si tratta di riproposizioni di cambiamenti epocali che sono sempre accaduti con l’evoluzione tecnologica che inesorabilmente avanza.
Ne consegue che, più che procurare paure, per inevitabili riduzioni e licenziamenti (negli impieghi di maestranze umane, impieghi materiali o intellettuali non fa alcuna differenza), una visione progressista l’IA potrebbe essere valutata invece come una grande opportunità. Per il possibile affrancamento da attività ripetitive o da lentezze operative che, per intanto, potrebbe portare il mondo produttivo verso una riduzione delle ore lavorative e lo sviluppo dei servizi. Le innovazioni introdotte consentirebbero di sviluppare anche tutta una serie di supporti strategici volte a migliorare e ottimizzare le varie produzioni interessate (tecnologiche, agricole, industriali e tutto quanto è portato a beneficiarne un vantaggio).
Del resto, in campo medico ad esempio, l’utilizzo dell’IA sta risultando positivamente sorprendente. Per l’efficacia e l’attendibilità d’una serie diagnosi preventive precoci e lo sviluppo di sperimentazioni e terapie altrettanto precise ed efficaci, in malattie difficili da diagnosticare e da trattare per limitarne diffusione e agevolarne la guarigione.
Molta letteratura ormai offre opportunità per conoscere di più e approfondire le frontiere sull’argomento.
Come esempi si propongono le letture del libro dello statunitense Kevin Scott (“Il nuovo sogno americano”), che consente di prendere coscienza del fenomeno e, in particolare, dell’evoluzione dell’IA intervenuta e le tante start app generatesi negli USA; un altro di interessante volume è costituito da quello dall’italiano Anton Filippo Ferrari, “L’algoritmo – Questo sconosciuto”, che spiega l’IA dalla base e indica una serie di campi in cui da tempo trova ormai piena applicazione.
La diffusione ampia dell’IA in ogni campo sociale evidenzia aspetti di vulnerabilità. Cultura ed etica rappresentano in ogni caso gli ambiti sensibili che non possono essere lasciati ad autonomie incontrollate. L’intera materia necessita di attente e improrogabili regolamentazioni politiche poste a tutela di privacy e interessi sociali generali.
L’UE di recente ha promosso i primi passi, ma necessitano ulteriori interventi adeguati e al passo coi tempi.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
sabato 23 novembre 2024
"Condivido molte cose che hai scritto, come ad esempio il Fattore C"
Nel bellissimo film “Eterno visionario” di Michele Placido, interpretato splendidamente dagli attori coinvolti, una micidiale frase colpisce, quella che più volte Pirandello inserì nelle lettere inviate al figlio Stefano. Questa: “Si scrive per vendicarsi d'essere nati”.
E forse è proprio questa spinta che porta la necessità in tanti di voler scrivere, per raccontare, raccontarsi, analizzare, analizzarsi.
Stamattina ho ricevuto un bellissimo regalo inaspettato da un’amica che, dopo aver lungamente digerito “Fotogazzeggiando” ha voluto recensire il libro, con considerazioni non banali e ancor meno semplici, che mi lusingano per essere riuscito a suscitare riflessioni e riacceso emozioni in parte sopite.
Riporto di seguito il messaggio.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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"Fotogazzeggiando. Il libro è quello dei ricordi, delle persone che hanno lasciato un segno nella vita, un segno profondo che solo le parole possono immortalare per sempre.
Hai fatto bene a mettere nero su bianco quello che avevi nell'anima, un omaggio soprattutto ai maestri della fotografia che sono stati capaci con le immagini di svelare realtà più di quelle raccontata con le parole.
Traspaiono sentimenti, volti, abbracci significativi nelle foto che proponi e che fanno riflettere perché ci ricordano che non sappiamo più guardare, camminiamo ignorando tutti tranne che noi stessi. La fotografia ci accusa di non saperci più stupire, commuoverci o adirarci.
Condivido molte cose che hai scritto, come ad esempio il Fattore C.
Specialmente nella fotografia è fondamentale: una per tutte mi viene in mente quella foto in Vietnam della bambina bruciata dal napalm. Nessuna parola avrebbe potuto esprimere meglio la sorpresa, il dolore per l'ingiustizia subita.
Mi ha colpito molto il racconto sul Professor Ciccio Callari. Mi ha catapultato in quegli anni, con le classi decimate a fine anno scolastico.
È vero che oggi si è perso il senso della misura da parte di alunni e genitori, che non esiste più la sana autorevolezza, ma il pollice in giù era usato senza soffermarsi a capire le cause della sconfitta degli alunni.
Ho sempre sostenuto che i professori bravi sono quelli che portano avanti tutta la classe con il loro entusiasmo, la loro capacità di insegnare a tutti e di aiutare chi resta indietro.
Ora promuovono tutti, ma prima bocciavano troppo. Ricordo un ragazzo che veniva dalla campagna, si alzava all'alba per arrivare a scuola e poi doveva anche aiutare nei campi. Non sono sicura avesse tutti i libri. Fu bocciato, chissà se ha mai ripreso gli studi.
E potrei nominartene altri, la lista è lunga. Cercavo disperatamente di suggerire alle interrogazioni, non sempre con successo.
Potrei scrivere ancora a lungo sulle tue fotografie, di alcune avrei desiderato vederle più grandi, altre hanno risvegliato ricordi e emozioni.
L.L."
venerdì 15 novembre 2024
"Prima Legge" - Corto di Mauro Baiamonte
L’uso dell’intelligenza artificiale è diventato l’argomento del giorno, forse anche per le performance visive che interagendo con essa si possono ormai facilmente realizzare (fike comprese).
Eppure ci sono già molti che la utilizzano da tempo, specialmente nelle elaborazioni di testi e c’è chi perfino riesce a demandare alla IA scritture di articoli, saggi e romanzi, mettendone in dubbio la legittima titolarità del copyright.
Chi ha avuto modo già di sperimentare ChatGPT, ad esempio, si sarà anche accorto dei limiti. Non tanto della piattaforma IA ma della profondità delle conoscenze culturali del soggetto stesso che ne fa uso.
Chi non è addentro alla materia su cui intende elaborare/interloquire potrebbe trovarsi, infatti, di fronte a risultati attendibili ma non sempre precisi. Ciò per il semplice fatto che l’IA sostanzialmente si alimenta su una serie di informazioni assemblate nei server che derivano da database di testi digitalizzati e dal continuo interscambio (do ut des) che si instaura con gli stessi fruitori, che di fatto l'allenano e sempre più l'affinano.
Più interazioni intervengono e più l’IA si arricchisce di informazioni, nozioni, logiche, connessioni che simulano una infinità di sinapsi e pseudomemorie che poi elabora con algoritmi che cercano di emulare una sorta di super intelligenza umana.
L’interessante libro di Kevin Scott, esperto d’informatica che oltre ad aver operato nei ruoli apicali dei colossi americani della Silicon Valley è stato parte attiva di svariate start-app, descrive efficacemente il processo di crescita del fenomeno, mettendo a nudo quanta IA è stata via via attuata senza che noi ce ne siamo mai resi conto.
Il mondo americano ha continuato intuizioni concettuali di talentosi studiosi e sviluppato i primi passi. Altri paesi ne stanno oggi seguendo il solco, con la consapevolezza generale che, così come potrebbe nascondere pericoli se non adeguatamente disciplinata con regole certe, l’IA è una enorme opportunità di crescita sociale e, anche o ancor di più, occasione di progresso artistico e culturale.
Nell’ambito del Festival delle Filosofie organizzato da Lympha ho avuto modo di assistere all’interessante cortometraggio “Prima Legge”, realizzato da Mauro Baiamonte unitamente a un insieme di giovani artisti indicati nella locandina in testa a questo scritto.
La sinossi dell’operazione recita: “È tipico dell’esperienza umana percepire nel buio forme non esistenti nella realtà. La mente può giocare brutti scherzi quando c’è poca luce. Amplificando i suoni, facendo vedere movimenti dove non ce ne sono. La mancanza di stimoli visivi chiari porta a riempire i vuoti con l’immaginazione.” E l’illustrazione del corto da parte del regista e degli amici che lo hanno coadiuvato potrebbe continuare ancora.
Personalmente, al di là degli spunti illustrati dagli autori che hanno preso a pretesto l’IA nella realizzazione del cortometraggio, i messaggi mescolati nell’opera di Mauro Baiamonte sono tanti.
Anche perché la costante regola risaputa è che, per quanti chiamati a leggere qualunque proposta artistica, che la cognizione dei messaggi per ciascun osservatore rimane strettamente legata alla sensibilità di ciascuno, al personale talento naturale detenuto e alla correlata cultura intanto accumulata.
Talvolta capita all'osservatore anche di leggere cose a cui lo stesso autore non aveva pensato, percui i contenuti di un'opera artistica possono ben inglobare il risultato di somme tra visioni dell'autore e i vari lettori.
In ogni caso il fimato proposto nell'evento illustra in modo efficace il rapporto tra psicologia e psicoanalisi nell’arte, focalizzando quanto l’opera artistica riesca a ingenerare reazioni in chi l’osserva.
Nella lettura del corto in questione, pertanto, potrebbe certamente essere d’ausilio l’articolo di Michele Cavallo e Ivana Salis che esordisce sostenendo: “l’esperienza artistica (come pratica e come fruizione) è considerata, nella nostra cultura, una dimensione separata dalla vita quotidiana e prerogativa di “specialisti” detentori di un sapere difficilmente accessibile. Riportare tale dimensione alla luce della quotidianità dell’esperienza di ogni essere umano, può essere un obiettivo della psicologia.”
Il seguito, pubblicato su Artiterapie, n. 3-4 2000, è accessibile attraverso il link: https://www.nuoveartiterapie.net/psicologia-psicoanalisi-dell-arte/ e vale la pena soffermarsi a leggerlo.
Chi poi potrà anche avere l'opportunità di visionare il corto "Prima Legge" troverà conferma della complessità dei contenuti dell'opera.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
lunedì 11 novembre 2024
Turisti trentini a Palermo
Con S. ci accompagnavamo in una lunga passeggiata con R. e A. per proporre una visione di Palermo turisticamente inusuale.
Attraversata la parte alta di Corso Vittorio Emanuele e superata la Cattedrale, si era infatti deciso di addentrarsi nella depressione di Danisinni, un angolo della città sconosciuta ancora oggi anche a tanti palermitani che, grazie all’impegno di volontari e artisti di street, si sta avviando verso un recupero sociale.
Una volta ammirati i tanti murales dei diversi graffitari e percorsa l’opera in continuo divenire di Igor Palminteri, denominata “Fiume di vita” abbiamo continuato l’immersione nelle viscere cittadine e, attraversando il Vicolo Zisa, ci si veniva ad imbattere in un’altra coppia di trentini. Per lui era la quarta volta che visitava Palermo.
Erano reduci dall’aver visto il museo dei Cappuccini e dopo aver ammirato dall’esterno il Castello della Zisa si stavano avviando a rientrare verso il centro storico, forse per tornare ad immergersi negli sgargianti colori dei mercati.
Per R., che m’accompagnava, era la seconda volta di Palermo; A. invece conservava vaghe reminiscenze di lontani ricordi giovanili.
In verità R. aveva scoperto la città solo da qualche mese ed era andata via con la voglia di ritornare presto per continuare a scoprire dell’altro, come stava avvenendo.
R. e A., analogamente alla coppia incrociata di prima, erano anch’essi interessati alla scoperta di una Palermo antropologica e più popolare. R. in più era affascinata per le opportunità fotografiche che si offrivano dietro ogni angolo e al cospetto della gente.
Per chi vive stabilmente nei luoghi la miscela umana è sempre una realtà che muta lentamente e rientra nella normalità il somatizzare quello che viene sempre più a caratterizzare i vari contesti.
Palermo è ormai sempre più un crocevia che porta a far convivere tantissime etnie e, in quanto porto di mare, alloca nei quartieri del suo centro storico tantissime culture eterogenee, che comunque riescono a convivere pacificamente; che progressivamente si integrano in un cotesto sociale confuso, talvolta indistinguibile, tra un legale e un illegale sostanzialmente impegnato nella sopravvivenza. Significativa al riguardo appare l’opera artistica di Blu realizzata all’albergheria.
Anche per noi, abitanti di quartieri borghesi, le diversità non costituiscono più situazioni incompatibili, anzi. È pertanto normale che le nuove comunità tendano anche a ricreare delle loro aggregazioni, con l’intento di conservare e preservare specifiche abitudini e valori differenti.
Ne deriva che, mescolandosi anche ai palermitani meno abbienti, i quartieri del centro storico tendono a concentrare e mischiare fra di loro soggetti appartenenti anche a culture diverse, portate a replicare riti ed abitudini dei loro luoghi d’origine.
Tutto quello che accade è, quindi, anche un laboratorio sociale perpetuo in continuo mutamento e, pertanto, viene a costituire – e non solo per il turista - oggetto di curioso interesse; generando una particolare attrazione, specie in chi viene a visitare questi posti per la prima volta.
L’occhio e la mente del turista sono più disinibiti e osservano, rispettano, spesso interloquendo; scoprendo un universo diverso e talvolta sconosciuto di cui in breve s’innamora.
Palermo è caotica, è munnizza, è un vociare continuo nei mercati, è la presenza dei posteggiatori abusivi, dei vigili urbani e delle autorità invisibili e assenti; è le tante carrozzelle trainate da cavalli, i tanti moto ape alla ricerca di turisti, è il fruttivendolo all’angolo con il lapino pieno di mercanzie e a fare concorrenza sleale, è il venditore di sfincionelli, frittola, panelle, stigghiola o polpo.
Palermo è un caos equilibrato e lungo il via vai delle arterie principali del centro, propone monumenti unici che testimoniano tracce dei tanti dominatori che si sono succeduti nei secoli.
Palermo è Palazzo dei Normanni, Cappella Palatina, la Cattedrale, Teatro Massimo, Biondo, Politeama, Ballarò, Vucciria, Capo, la Kalsa, Borgo Vecchio, Mondello, Sferracavallo, ma anche Steet Art, Cantieri Culturali alla Zisa, Sperone 167. Palermo è un insieme di bellezze e anche le tante brutture delle sue contraddizioni, da prendere in blocco, come pacco unico, senza escludere niente.
Palermo è, inesorabilmente, come in tutti gli ambienti promiscui anche manifestazione di malavita, di delinquenza comune, mafia sottotraccia e presenza di tanta gente onesta: in maggioranza; di realtà poliedriche miscelate nell’essenza di una comunità globale, in maniera tale da confondere i ruoli per assicurare propri spazi di sopravvivenza.
Le diverse moschee disseminate nel territorio, le tante chiese cattoliche, protestanti e valdesi; come pure le comunità e associazioni dove la domenica s’intonano gospel di gente di colore, testimoniano l’apertura concreta che è stata incentivata da una “Politica Leoluchiana” rivolta all’accoglienza.
Tamburi, musica etnica e rock moderno riecheggiano, coabitano e si sovrappongono, quindi, nei vari spazi che accolgono le differenti culture artistiche e sviluppano sempre più l'arte della coesistenza sociale.
Per concludere, accompagnare amici a conoscere la propria città permette d'osservare meglio la realtà in cui noi stessi siamo immersi e consente di capire gli accadimenti dei tanti mondi che hanno come costante - e tutti - dei confinanti che etichettiamo con la formula "stranieri".
Del resto viaggiare, come risaputo, è un’occasione per crescere, non è solo mettere delle bandierine in luoghi esotici o lontani, ma accorgersi che siamo un crogiuolo unico in cui si riversano tante esistenze, spesso assai diverse, destinate, comunque, a convivere per poter assicurare a tutti quanti dei margini di sopravvivenza.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
mercoledì 6 novembre 2024
D-Day
Una delle domande più vacue cavalcate dalla stampa e dai media in genere fino a ieri era stata quella sulla preferenza nelle elezioni americane tra la Harris e Trump, anzi, più precisamente: “ma lei per chi voterebbe fra i due?”. Per quanto evidente, una discussione sostanzialmente da bar, volta a precostituire o rinforzare delle tifoserie.
Il quesito avrebbe potuto starci, per sondare l’orientamento socio-politico dell’intervistato generico, ma non come domanda da porre a un politico schierato, che avrebbe avuto connotati assai banali.
Il responso che oggi sembra aver vinto le elezioni americane Donald Trump apparirebbe un fatto acclarato che deve essere democraticamente accettato, oltre che dal popolo americano, anche dalle diverse nazioni in attesa e poste ad osservare.
In ogni caso, anche se gli USA costituiscono ancora un punto di riferimento molto importante per gli equilibri mondiali e in special modo per il mondo occidentale, al di là del risultato, gli USA rimangono una realtà complessa, variegata e con tanti problemi, pertanto, comunque: “non sarebbe stato tutto oro quello che luce”.
Un libro di Kevin Scott del 2020, intitolato "il nuovo sogno americano - Come l'intelligenza artificiale cambierà il mondo", edito da HarperCollins, nel trattare il mondo dell'IA fin dalle origini, evidenzia quanto delle nuove tecnologie sono ormai parte ingegrante del quotidiano senza che più ce ne accorgiamo e descrive una società confederata non completamente integrata. Con discrepanze socio-economiche rilevanti fra un sud e un nord, fra un'america moderna e una rurale; dimostrando come equilibri e pari opportunità per tutti siano assai lontani dal divenire reali anche negli opulenti Stati Uniti d'America. Così come tutto è in continuo mutamento, in un contesto spazio-tempo indefinito, così la babele sociale americana si evolve e involve secondo logiche di potere spesso difficili da cambiare. Ne consegue che le tante soluzioni che caratterizzano stati, nazioni e culture sociali rappresentano, in generale, tante fotografie raccolte in pagine enciclopediche che presentano panorami differenti.
Del resto, un combinato di società e di relativi rappresentanti politici che si autolegittimano costituiscono ognuno gli interlocutori obbligati a interfacciarsi nel governare il mondo.
Oligarchie, democrazie, dittature e tante altre situazioni producono propri rappresentati, legittimati e destinati a dialogare e coesistere. Globalizzazioni, autarchie, liberalismi o pseudo democrazie si trovano, quindi, costrette a rapportarsi per garantire ricchezze e opportunità destinate, in ogni caso, a non essere mai equamente divise.
Esponenti delle diverse rappresentanze, al fine di gestire privilegi e potere, sono pertanto costretti a dialogare fra loro o a confrontarsi in eventuali guerre (virtuali, fisiche o psicologiche non ha molta importanza).
Nel caso dell’esito delle elezioni americane accennate in premessa, indipendentemente da chi sarebbe risultato vincitore, una cosa era già certa e conosciuta da tutti. Ovvero che ognuno avrebbe dovuto avere a che fare con qualunque fra i due ne sarebbe uscito vincitore.
Sherlock Holmes avrebbe chiosato, per chiudere: “elementare Watson”.
Buona luce a tutti!
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venerdì 1 novembre 2024
"Salsedine" di Stefania Genovese
Un aspetto mai secondario nelle mostre e nelle esposizioni d’arte in genere è certo costituito dal loro allestimento.
Sono in molti a sostenere che specialmente le fotografie non abbisognino sempre di didascalie e che, anzi, la necessità di dover spiegare all’osservatore le immagini potrebbe implicitamente evidenziare una carenza comunicativa delle stesse.
Tutti comunque si è concordi sul fatto che una immagine, fotografica, pittorica, grafica, etc… deve in qualche modo suscitare un’emozione o, quantomeno, intrigare al punto da sentire la necessità di saperne di più e andare oltre.
L’esposizione di Stefania Genovese inaugurata venerdì scorso all’Arvis di Palermo, efficacemente illustrata dallo scritto del valente critico Giuseppe Cicozzetti, è presentata dall’autrice con la seguente sinapsi:
“Salsedine è quel sottile stato biancastro lasciato dall’acqua salata. È quell’odore e sapore di sale che si appiccica addosso, che vuoi portare sulla pelle quando sei lontano dal mare. Papà rappresenta il mare con tutte le sue declinazioni. Solo quando è cullato dalle onde, quando è accarezzato dal vento si sente felice. Per anni ho amato e odiato il sapore del mare perché allontanava da “casa” ma il tempo è riuscito a curare le mie ferite e ad accorciare le distanze”.
A rappresentare queste parole, a mio parere, basta leggere il percorso di un filo che lega le tante tessere che compongono l’esposizione.
Giustamente Cicozzetti evidenzia che “le fotografie crescono con noi” e che “una volta alla vista ci raccontano storie”, specialmente se si stratta di foto familiari che riesumano dai ricordi testimonianze vive.
La centralità del padre presente nel racconto della Genovese fa apparire quel filo come la sintesi estrema e stenografica di un racconto psicanalitico (con tutti gli alti e bassi rappresentati).
La miscellanea tra fotografie d’album e realizzazioni più recenti dell’autrice coinvolge e stimola l’osservatore a un suo percorso intimo e personale, che sempre si cela e si nasconde dormiente sotto traccia in ognuno di noi.
In tutto questo, torno a sostenere che l’allestimento pensato, non so se per questa circostanza o comune ad altre precedenti esposizioni, a mio parere, costituisce l’asse concettuale portante dell'intera mostra.
Buona luce a tutti!
© ESSEC