Caro Craxi, sono socialista da quando ho l'età della ragione. E lo rimango. Perchè quella di sposare libertà e giustizia sociale mi pare ancora l'idea più bella. Ma, insieme a quelli ideali e politici, mi legano al socialismo italiano anche motivi affettivi. Ho cominciato, come forse ricordi, la mia carriera all'"Avanti!", quando era ancora un giornale, nel '71, e benchè vi sia rimasto solo due anni sono stati i più belli, i più sereni, i più intensi della mia vita professionale. Era un bell'ambiente, umano e politico, un pò bohèmien, un pò hippy, quello dell'"Avanti!" di Milano di allora. Il partito era all'opposizione (mi pare che ci fosse il governo Andreotti-Malagodi) e si poteva scrivere quel che si voleva.
Ma non si era liberi solo nei confronti degli avversari politici. Mi ricordo di aver potuto criticare con durezza dalle colonne dell"Avanti!", primo giornale di sinistra a farlo, le violenze vili e sciocche del Movimento studentesco nonostante il partito fosse schierato politicamente a favore degli extraparlamentari. Ma belli erano anche i nostri lettori che io, con l'entusiasmo del neofita, andavo a spiare alle edicole: vecchi e giovani operai milanesi, e certi anziani, provenienti per lo più dalle professioni (ingegneri, avvocati, medici), con delle grandi cravatte alla Lavallière. Gente perbene, insomma. Si era orgogliosi di essere e di dirsi socialisti, allora.
Ma nei miei ricordi c'è anche dell'altro. Credo di essere stato un "craxiano" ante litteram. Quando ero all"Avanti!" pernsavo che la dirigenza dei De Martino e dei Mancini dovesse essere liquidata. Il primo mi sembrava già bollito allora e troppo succube dei comunisti, il secondo l'ho sempre considerato un uomo moralmente discutibile anche se adesso va in giro dicendo di essere stato trombato perchè si è opposto alla mafia calabrese e che fra gli eletti "c'è gente che fa paura" (secondo me chi fa paura è lui, se ci si ricorda dello scandalo Anas). E quando i compagni mi chiedevano con quali forse si potevano mandare a casa i De Martino e i Mancini, io rispondevo - cosa che allora era blasfema - che si poteva fare un'alleanza fra la destra e la sinistra del partito, fra autonomisti e lombardiani: nei lombardiani c'era lo spirito libertario del socialismo, negli autonomisti quel pragmatismo di cui il Psi di allora, velleitariamente massimalista, aveva sicuramente bisogno.
Quello che qualche militante pensava confusamente, come me, tu l'hai realizzato lucidamente. Tu hai fatto l'alleanza fra autonomisti e lombardiani, tu hai riorganizzato il partito, tu gli hai tolto il complesso di inferiorità nei confronti dei comunisti, tu l'hai indirizzato verso un pragmatismo da socialdemocrazia europea. Tu hai incarnato una speranza: la speranza che fosse finalmente possibile liberare il paese dall'egemonia democristiana.
Tutto dunque andava per il meglio. Ma a un certo momento tutto ha cominciato a girare all'incontrario, come un brutto film sbobinato a rovescia. Il partito ha perso dapprima la sua anima libertaria . Il dissenso interno non era più possibile. Ma anche all'esterno il Psi ha preso a portarsi con un'arroganza e un'intolleranza sgradevolissime. Voi eravate la famosa "pattuglia di mischia" (tu, Martelli, Tognoli, Pini) e guai a contraddirvi.
E così gli intellettuali di libero pensiero si sono a poco a poco allontanati da voi. Non parlo, naturalmente, di me, che conto niente, ma di Giorgio Bocca, di Andrea Barbato, di Norberto Bobbio e di decine di altri con nomi nemo altisonanti ma di sentimenti socialisti sinceri. Al loro posto sono spuntati personaggi, spesso dal passato politico oscuro, la cui unica prerogativa era quella di stendersi come sogliole ai piedi tuoi o ai piedi dei tuoi tirapiedi.
E questa è stata la prima mutazione. Poi sono cominciati ad arrivare nel Psi damazze, contesse, favorite di regime, stilisti dalla dubbia fama, pubblicitari pronti a vendere tutto, compresa l'anima, rosei architetti dalla faccia di culo, oncologi di rapina, cantantuncoli televisivi in cerca di fortuna. Voi li chiamavate i "ceti emergenti" e dicevate di rappresentarli. Vi siete ben presto dimenticati, completamente dimenticati (è incredibile), che il socialismo nasce per difendere innanzitutto gli "umiliati e offesi", i deboli, i poveri.
Ma mentre carrieristi di ogni genere salivano sul trionfale carro socialista, contemporaneamente avveniva la terza e più grave mutazione. Quella per cui i socialisti hanno cominciato a essere presi con le mani nel sacco un pò dappertutto. S'è scoperto che i socialisti rubavano come e più dei democristiani. Anzi, mentre i democristiani avevano almeno l'aria di vergognarsi, i socialisti lo facevano spudoratamente, con la iattanza di quelli che si credono i più furbi di tutti.
Non c'è ormai città in cui non siate indiziati, inquisiti, perquisiti, arrestati. E la cloaca delle cloache è Milano, la tua Milano. Non si tratta semplicemente del "caso Chiesa" (che comunque non è un "mariuolo" o un "tangentomane" come tu e Martelli l'avete affettuosamente definito, è un ladro), ma di un sistema di potere per cui a Milano il cittadino non può, in pratica, esercitare nessuno dei propri diritti senza "ungere le ruote" dei socialisti.
E' patetico che Gianni De Michelis dichiari che "socialista" è diventata una brutta parola perchè "in Europa soffia un vento di destra". Ma via! In Italia "socialista" è una brutta parola perchè è diventato sinonimo di ladro, di concussore, di ricattatore, di clientelare, di mafioso. Così vengono visti oggi quei socialisti di cui negli anni Cinquanta, la borghesia, con un misto di timore e di rispetto, diceva "massimalisti, pericolosi, ma onesti", così proprio tu, che ne fosti l'allievo prediletto, hai dilapidato l'eredità morale di Pietro Nenni che terminò i suoi settant'anni di carriera politica avendo come tutto premio una modesta villetta a Formia.
Peccato. Avete sprecato la vostra parte. Andate nella pattumiera della storia.
Massimo Fini (L'Indipendente - 30 aprile 1992 - tratto dal volume "Senz'anima - Italia 1980/2010" - Chiare Lettere - maggio 2010)