lunedì 22 marzo 2021
Art. 101 - La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
Durante la trasmissione Ballarò, ben dopo mezzanotte, in un interessante confronto multiplo Tomaso Montanari mise in campo una problematica complessa, che avrebbe richiesto molto tempo per una disamina e che in un talk non avrebbe potuto trovare spazi sufficienti. Su aspetti socio-politici abbastanza generalizzati ebbe a lanciare una tematica composita e controversa che presupponeva un misto bilanciato di ideologie e compromessi in qualunque tipo di organizzazione sociale. Metteva sul piatto la correlazione e i significati di legalità e giustizia.
In argomento, il recente libro della Rizzoli, che riporta sostanzialmente il contenuto di una lunga intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara e intitolato “Il Sistema – Potere, Politica, Affari: Storia segreta della Magistratura italiana”, racconta vicissitudini certamente sconvolgenti, a limite della legalità, che accadono paradossalmente proprio nel mondo della giustizia, che però può impressionare chi non è abituato al realismo italico.
Il libro in questione, nelle oltre centosessanta pagine, racconta alcuni retroscena del sistema correntizio che vige nella magistratura. Ma il tutto trova analogie con l’andazzo della politica nel paese, con la realtà che imperversa nel cattolicesimo vaticano, nelle istituzioni e nelle rappresentanze della società civile, nei sindacati, nelle scuole e in ogni angolo associativo che regola ogni cosa.
Fazioni, correnti, raccomandazioni, favoritismi, spartizioni e ingiustizie contornano l’universo di ogni angolo sociale e non solo in Italia.
Certo leggere di pressioni e condizionamenti a certi livelli fa cadere le braccia, ma tanto è e da sempre. Riconoscimenti, merito e professionalità non sempre trovano accondiscendenze in soggetti ambiziosi, invidiosi e opportunisti, specie se pure incapaci e privi di meriti. Il sistema feudale del resto segue logiche dinastiche e le caste borghesi tengono attuali le distinzioni fra classi.
Tornando al libro, si può ben dire che costituisce uno spaccato di una realtà evidente, ma è anche una visione di un certo angolo del panorama, che guarda alle cose seguendo solo una logica. Se il sistema di cui si parla è un contropotere, al di là dei giuramenti prestati alla Costituzione, analoghi deragliamenti sono presenti anche negli altri campi.
Politica, burocrazie, religione e tutto quanto ci ruota intorno, tranne eccezioni che confermano la regola, sono anch’esse allineate secondo logiche di appartenenza, schemi di potere, tornaconti e chi più ne ha più ne metta.
Tutto si muove secondo logiche di pesi e contrappesi che non sono però quelli indicati dall’assetto costituzionale italiano, ma degli equilibri complessi di una società composita. In una società che vede convivere tutte le sue rappresentanze, in un amalgama complesso che illude tutti di vivere in una democrazia. Legalità, lobbies, soprusi, mafie, pseudo-sidacalismi e tanto altro si incontrano, scambiano, contrattano, gestiscono non secondo principi etico-filosofici elevati ma secondo tornaconti che assicurino circoscritte isole di benessere e potere.
Al libro in questione occorrerebbe contrapporne un altro analogo che sappia raccontare e rendere edotti dei tanti tradimenti e truffe della nostra storia del dopoguerra, della tanta corruzione che dilaga nel paese, della distrazione dagli ideali politici del mondo partigiano, delle tante mafie e delle infiltrazioni ormai consolidate anche nei diversi livelli istituzionali.
Fatta una sintesi omogenea, che consenta una disamina di tutte le fattispecie e dai diversi livelli e angoli di osservazioni, forse potremmo avere elementi per una giusta disamina e se del caso scandalizzarci delle cose che potrebbero essere raccontate nei vari campi.
Ad esempio da Enrico Mattei in poi, parlando degli imperialismi contrapposti (USA e URSS in primis) e fino ai giorni nostri.
In conclusione, a mio parere, il best seller del momento sul caso Palamara è uno dei tanti saggi di parte che escono ogni tanto (come lo fu L’odore dei soldi, che lanciava ombre sull’impero economico berlusconiano), ma niente di più.
Quello che appare strano è però l’indifferenza assoluta dei tantissimi personaggi chiamati in causa in modo esplicito e per aspetti non di secondo piano. Nessuna querela risulta essere stata mossa da alcuno, sia dei personaggi "emeriti" citati o da illustri alti esponenti della stessa magistratura.
Ma questo fa parte della logica che da sempre imperversa nel nostro modello civile: “calati junco che passa la china”.
Tornando a Tomaso Montanari si può ben riconoscere, per tante ovvie ragioni, che la legalità non è un sinonimo di giustizia. Specialmente in Italia, ma non solo.
Per concludere, e anche per dare il giusto peso a questo scritto, il mio amico che spesso mi legge in anteprima mi ha inviato una bellissima chiosa che mi riguarda direttamente, stralciata da un film: “Le vie del signore sono finite”, con Massimo Troisi e pubblicata su You Tube.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
domenica 21 marzo 2021
La repubblica dei "Pallonari"
Roberto Mancini ebbe a prendere in eredità come CT una nazionale italiana di calcio allo sfacelo, senza un minimo di parvenza di squadra e un proprio gioco.
Il suo progetto si basò però su giovani, selezionando delle eccellenze ma puntando, principalmente, alla formazione di un gruppo stabile da amalgamare in schemi di gioco veloci e d’attacco.
Il CT scelto per il Governo della politica dal Presidente della Repubblica, è stato obbligato dall’ammutinamento delle parti politiche, irrimediabilmente distinte in bande faziose preconcette.
Ha pure fissato in due gli obiettivi improrogabili da conseguire subito: lo stop alla pandemia e la gestione della spesa di montagne d’euro concessi per recovery economico e riammodernamento sociale.
La selezione degli elementi della squadra attuata non corrisponde però agli stessi criteri assunti dal mondo del calcio. Non figurano certo i migliori fra i cooptati scelti, nè si vedono idee chiare sugli schemi di gioco da adottare.
Sembra che sia stata messa in campo una squadra simile a come ha fatto quest’anno la Juve: un Ronaldo superpagato in una squadra mediocre e con un allenatore improvvisato.
La storia recente registra che la Juve è stata appena estromessa dalla Champion …..
E’ risaputo che come “pallonari” noi italiani restiamo fra i più bravi al mondo ….. anche in politica.
Non ci resta che attendere l’evolversi delle partite del campionato politico, fare il tifo comunque per i colori italici e …… sperare che, qualunque sia la tattica, tutto finisca bene.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
sabato 20 marzo 2021
"Futti, futti ca Diu pirduna a tutti!" (Ruba, ruba che Dio perdona tutti) ovvero giocare nell'accoppiare i proverbi.
In politica, ad esempio.
- Partiti politici:
Nuddu si pigghia si non si rassumigghia (Le persone si scelgono perchè si somigliano) - U lupu di mala cuscenza comu opera accussì penza (Il lupo disonesto pensa degli altri ciò che potrebbe fare lui) - U rispettu è misuratu, cu lu porta l’havi purtato (Il rispetto è misurato.Chi lo porta lo riceve).
- Ministri e sottosegretari:
A ucca è quantu n’aneddu, si mangia turri, palazzi e casteddu (La bocca e quanto un'anello, ma si mangia torri, palazzi e castelli) - Attacca lu sceccu unni voli u patruni (Lega l'asino dove vuole il padrone).
- Presidenza del Consiglio:
Cu spatti avi a megghiu parti (Chi divide ha la parte migliore) - Li guai di la pignata li sapi la cucchiara (I guai della pentola li conosce il cucchiaio) - Cu mangia fa muddichi (chi mangia fa briciole).
- Governo di Larghe Intese:
A pignata vaddata non vugghi mai (La pentola guardata non bolle mai - Lu monucu sciala e lu cunventu paga (il frate mangia e il convento paga).
- Partiti all’opposizione:
Aceddu `nta la aggia non canta p`amuri, ma pi raggia (Uccello in gabbia non canta per amore, ma per rabbia) - Si a ogni cani c'abbaia ci tiri `na petra non t`arrestunu vrazza (Se vuoi tirare una pietra ad ogni cane che abbaia le tue braccia non ce la faranno).
- Ministero della Giustizia:
Futti, futti ca Diu pirduna a tutti (Ruba, ruba che Dio perdona tutti).
- Accordi in politica:
Ccu amici e ccuparenti, 'un accattari e 'un vinniri nienti (Con gli amici e con i parenti, non comprare e non vendere niente).
- Cambio di casacca parlamentare:
Cu lassa a vecchia ppà nova peggiu s'attrova (Chi lascia la vecchia per la nuova si troverà male).
- Incarichi di Governo e sottogoverno:
Cu mania non pinia (Chi ha le mani in pasta sta bene) - Cu non fa nenti non sbagghia nenti (Solo chi non fa niente non commette errori).
- Elettorato:
Cu pava prima, mangia pisci fitusu (Chi paga prima, mangia pesce marcio) - Tutti i cunsigghi pìgghia, ma u to nun u lassari (Ascolta tutti i consigli, ma non abbandonare la tua idea).
- Rimpasti di Governo:
Cui scippa vigna, e chianta vigna, mai vinnigna (Chi toglie la vigna, e ripianta vigna, mai raccoglie).
- Cittadini e Lobby:
Dui su` i putenti, cu avi assai e cu non avi nenti (Due sono i potenti, chi ha tanto e chi non ha niente).
- Coerenza in politica:
Iunciti cu li megghiu e facci a spisa pà via (Frequenta le persone migliori anche se ciò comporta qualche sacrificio) - Quannu u diavulu t`alliscia voli l`arma (Quando il diavolo ti adula vuole l`anima).
- Sondaggi in politica:
La donna, lu ventu e la vintura pocu dura (La donna, il vento e la sorte poco durano) - Quannu la furtuna vota ogni amicu s'alluntana (Quando la fortuna volta le spalle tutti gli amici si allontanano).
- Protagonismo politico:
Lu gilusu mori curnutu (Il geloso muore cornuto).
- Ministero dell’economia:
Lu sazio nun cridi a lu dijunu (Chi è sazio non crede al digiuno).
- Onorevoli medi in parlamento:
O ti manci sta minestra o ti abbi da finestra (O mangi questa minestra o ti butti dalla finestra).
- Deleghe, DPCM e similari:
Occhiu ca non viri, cori ca non doli (Occhio che non vede, cuore che non duole).
- Consenso popolare:
Bon tempu e malu tempu, nun dura tuttu tempu (Buon tempo e brutto tempo non durano sempre) - Chiacchiri e tabaccheri di lignu lu munti dici no, non ‘nni ‘mpignu (il monte di pietà non fa prestiti su pegni senza valore) - Cui ti accarezza cchiù di quantu soli o t’ha ‘ngannatu o ngannari ti voli (generalmente chi ti tratta meglio del solito o ti ha ingannato o ti vuole ingannare).
Ciascuno potrà continuare come più gli aggrada accostando i proverbi secondo preferenze e in qualsiasi campo, non solo in tematiche politiche.
Di seguito il link per accedere ai proverbi siciliani usati nel gioco: https://www.goccediperle.it/terra-di-sicilia/proverbi-siciliani/
Buona luce a tutti!
© ESSEC
giovedì 18 marzo 2021
“Luce, luce, luce, luce! Ho detto luce, non duce”
Nel suo editoriale oggi, “Il Banal Grande”, Marco Travaglio si sofferma sul banale che caratterizza l’azione di tutta l’accolita definita - anche da media - dei migliori, chiamata a dirigere una situazione sempre più confusa e imprevedibile.
In una società italiana esasperata e ormai assuefatta a tutto, si assiste indifferenti a stranezze e operazioni di palazzo poco trasparenti e che hanno poco a che fare con le parvenze anche ipocrite di una pseudo-democrazia.
Sotto un’etichetta scaduta che portava la scritta dei “Migliori”, si sta assistendo ad uno stillicidio di cambiamenti che non rispondono a logiche conosciute, ma più a sostituzioni di uomini messi a comando di qualcosa al solo scopo di mutare gli orientamenti.
Nel sistema bancario nazionale si è parlato molto dei famosi parametri necessari all’abilitazione. L’applicazione dei criteri di “onorabilità e professionalità” agli esponenti aziendali spesso cooptati non ha impedito, però, lo sfascio dell’intero sistema italiano. La scomparsa di molte realtà creditizie ne sono state una prova evidente e tuttora molti risparmiatori, che sono ancora lì a chiedere giustizia, rimangono in attesa nel dimenticatoio tipico utilizzato dal solito potere.
Nessuno parla più delle vicende venete, né dei default toscani e ancor meno degli sviluppi che si stanno definendo per sistemare la spinosa questione MPS.
L’oppiaceo pandemico sta rivelandosi una manna per tanti di quelli che, invece di restare all’ombra, si ritrovano a essere paradossalmente chiamati per risolvere i grandi problemi del paese.
Volendo concedere una chance sarei portato a dire che a un farmacista farei gestire i farmaci, a un fruttivendolo la produzione e il commercio di frutta e verdura, a un trattore l’ottimizzazione della sua trattoria e così via dicendo.
Secondo questa logica, dato per scontata la potenziale capacità in materia, a un banchiere burocrate affiderei al massimo un ministero dell’economia, non il governo dell’intero universo. Ciò, anche per una ragione alquanto semplice, perché prima che uno specialista di settore possa diventare un tuttologo, capace di capire tutte quante le dinamiche e problematiche attinenti a questioni generali, può capitare che non ci sia abbastanza tempo per assicurare il galleggiamento ad una barca che da tanto naviga con tante falle, che già fa molta acqua, e che può affondare precipitosamente, con il rischio di ripetere delle gesta alla “Schettino” da parte di chi dalla capitaneria sorveglia.
In questo caso non so quanto potrebbero ancora servire i fantomatici “torni a bordo cazzo!”, se invece del rovesciamento su un fianco si potesse andare verso il colare a picco, al largo di un mare che non si sa quanto profondo.
A questo punto, mi ritorna attuale una vecchia poesia intitolata “Palloncini”, che così recitava: “E dall’alto ostentavi / la baldanza dei forti / così pieno come eri / di sicura bellezze, / gli accesi colori / con cui eri dipinto / attiravan negli altri / una certa attenzione. / Ondeggiando leggero, / ad ogni soffio di vento, / davi chiara l’idea / di leggera armonia; / erano molti gli adulti che, / come tanti bambini, / ammirati sognavano / di volare nel cielo. / Tu intanto / andando verso strati più alti / ti rendevi insicuro / il tuo mondo terreno: / la minore pressione, / a un fatale livello, / con un semplice scoppio / ti rindusse in brandelli. / E un attimo spense / quell’estetica forte / e il cambiar delle regole / tramutò gli scenari: / coi pezzetti di gomma / che ricaddero a terra / rivelasti di te / le reali fattezze./ La tristezza in un attimo / spense i liberi sogni; / ed in tanti intravvidero / una certa morale: / accertando che, in ultimo, / se apparenze poi ingannano, / basta poco alla gente / per sentirsi contenta.” Questa poesiola sembra alludere a una delle tante foto che ritraggono quei personaggi della storia a cui il popolo si è affidato ciecamente; uomini della provvidenza che non hanno mai tenuto in giusto conto dei loro limiti.
Ci si augura, anche per uno spirito di autoconservazione, di sbagliare le previsioni per l’attuale e ritrovarsi a considerare tutto questo, come solo un momento di pessimismo.
Che dire ancora, se non che la nebbia è fitta e non mostra alcun segno di schiarita. Il tutto, mentre il radar di bordo funziona a stenti e tutti noi restiamo aggrappati a “speranza”, in un atteggiamento fideistico d’altri tempi che scongiuri i mostri.
Diceva un mio caro amico “luce, luce, luce, luce! Ho detto luce, non duce”.
In questo caso si osserva pure che l’ideologia politica è andata a farsi fottere e da tempo, quindi tutti zitti, ai remi sotto le direttive di chi sta sopra coperta all’erta, dice lui, che consulta da solo la bussola. Una brava persona dicono in tanti, mentre la nave va e occhio agli scogli sottomarini e …… speriamo bene.
Un orizzonte pieno di miliardi europei è l'Isola del tesoso che ci attende e nel PD è pure tornato Letta come segretario. Ma anche per scaramanzia e i precedenti sarebbe meglio, per questa volta almeno, non restare sereni. Quindi, come per quella barzelletta che raccontava della scelta del suo girone infernale dantesco definitivo, concessa al trapassato, sarei portato a dire: "Attenti all'onda".
Buona luce a tutti!
© ESSEC
martedì 16 marzo 2021
ARVIS PALERMO 2021
Spesso certe avventure hanno tante vite diverse che continuano percorrendo un’unica storia, magari passandosi il testimone.
L’ARVIS l’ho conosciuta da ragazzo, quando Luigi Cocuzza, che ne è stato cofondatore, teneva le sue lezioni di fotografia nei locali che furono sede dei Seffer. Una Loggetta stile liberty ubicata al primo piano della Salita Giovanni Meli, alle spalle di Piazza San Domenico.
Si accedeva per una scala ripida con un’unica rampa e, una volta saliti su, ci si ritrovava in ambienti che io avevo conosciuto fin da bambino, per le foto scattate in ricordo della prima comunione e per altre ricorrenze dopo.
Negli ultimi anni dell'attività dei Seffer, ricordo che feci qui pure le foto tessera da produrre per l’assunzione in banca; sotto la regia preparatoria di qualcuno degli eredi giovani, ancora abili nel gestire la voluminosa macchina fotografica d’epoca, da sempre in uso nello Studio.
Oggi, mi ritrovo iscritto all’Arvis, un’associazione che mantiene in se l’anima di quell'attività fascinosa e che ebbe a conquistare i soci storici ARVIS che si sono impegnati a voler proseguire lo spirito divulgativo della fotografia, con l’intento coltivare e far nascere la passione per questa forma artistica di creatività infinita.
Una cultura particolare, che cattura e che si tramanda ancora oggi anche per individuare le potenzialità in nuovi neofiti che si approcciano all’esperienza fotografica.
Una passione che consente di esprimersi, prescindendo dalle fotocamere sempre più evolute, e che oggi continua a basarsi su un linguaggio che usa sostanzialmente le stesse regole, ieri composte da dei granuli di argento da impressionare, oggi da pixel, ma per produrre sempre delle immagini.
In ARVIS si continua in ogni caso a praticare la vecchia camera oscura, con gli sviluppi e fissaggi in uso da oltre un secolo e mezzo. Si è anche aggiornati e avviati all’utilizzo più proficuo di PC che, con software moderni, simulano e seguono iter elaborativi alquanto simili, nelle logiche, al vecchio modo di fare editing e sviluppo fotografico.
Nel “Chi siamo” del sito web dell’associazione si riporta: “L’ARVIS, Associazione per le Arti Visive in Sicilia, è stata costituita nel gennaio 1979 da un gruppo di fotografi al fine di creare a Palermo un centro di scambi culturali e di dibattiti legati alle arti visive e alla fotografia in particolare.”
In un’altra voce del menu sono elencate (Archivio) tutta una serie d’iniziative ed eventi sviluppati dalla fondazione a oggi. Un’evidente lunga pausa che si legge (1994-2008) corrisponde a una sospensione delle attività esterne, causate principalmente dalla scarsa disponibilità di tempo libero da parte dei soci di quel periodo, non adeguatamente attrezzati per poter organizzare delle iniziative pubbliche rivolte all’esterno.
La missione principale dell’ARVIS rimane tuttora quella della formazione e della diffusione della fotografia nel territorio.
Collateralmente sono portate avanti idee avanzate liberamente dagli associati, volte a mantenere vivo l’interesse di tutti e proporre eventi artistici che siano coinvolgenti e utili al confronto. In funzione di ciò, l’intento operativo non è quello di costituire un “orticello riservato e chiuso” per pochi addetti ai lavori, ma di stimolare e aprire il Gruppo anche a proposte culturali rivenienti dal territorio e non solamente.
L’Arvis è, infatti, anche un Circolo iscritto alla FIAF nazionale e, nella sua sede sociale, è presente una Galleria ufficiale della Federazione che ospita, secondo programmazioni definite annualmente, anche mostre di altri soggetti iscritti alla FIAF o di altri artisti - anche non fotografi - meritevoli di attenzione.
La programmazione dell’Associazione è sempre consultabile attraverso gli appositi spazi web (Facebook e Sito Ufficiale) che registrano tutta l’attività.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
domenica 14 marzo 2021
"Palermo Bellissima"
“Palermo Bellissima è il risultato di un percorso iniziato alla fine del 2019 al Centro Internazionale di Fotografia, con il gruppo di donne che avevano partecipato al concorso fotografico “Festino e Dintorni”.
Tanti incontri, tante risate, tanti no e tanti si, tante le sigarette fumate da Letizia, eravamo INSIEME. Il percorso è stato interrotto nel 2020 per le restrizioni imposte dal Covid 19 e -nonostante tutto - è stato voluto con tenacia da tutte noi, 55 fotografe palermitane, che vi abbiamo partecipato.
In Palermo Bellissima non c'è un progetto preordinato.
Ogni donna, alcune per la prima volta, ha raccontato con la propria macchina fotografica persone e luoghi della città così come li vedeva e l'amava. In piena Libertà.
Consegnare agli altri le proprie emozioni è un buon percorso da ripetere e ripetere ancora.
Senza stancarsi mai, andando oltre, studiando sempre, con la bella disciplina e senza vanità.
Bisogna andare oltre l'autoreferenzialità.”
Con queste parole Lorella Aiosa è venuta a raccontarmi l’esperienza da lei vissuta al fianco di Letizia Battaglia, che con la sua solita tenacia, è riuscita a realizzare un’iniziativa al femminile , che si era prefissata da tempo, esclusiva per le donne, in Sicilia, a Palermo.
Il risultato ha prodotto una mostra che, classificati come zona gialla causa Covid, ha dovuto ritardare l’apertura. Solo dal mese di febbraio è fruibile al pubblico nei locali del Centro Internazionale di Fotografia dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo.
Le immagini esposte forniscono, quindi, un quadro di una città fotografata al femminile, che nel loro insieme sviluppano una narrazione composita della città di Palermo, secondo una loro visione, nel nostro tempo.
Tutte quante le fotografie selezionate sono state anche raccolte e pubblicate in un volume ad oggi distribuito alle sole partecipanti e non ancora reperibile in commercio. E' possibile comunque visionare il tutto attraverso il seguente link di Facebook.
Chi ha curato l’editing della mostra ha miscelato le autrici e le immagini in modo sapiente, con incroci coerenti che forniscono un quadro d’insieme ricco di personaggi, di scene tipiche e talvolta consuete, che magari possono apparire cioè abbastanza comuni agli indigeni, ma che risultano esaustive per raccontare Palermo a chi non è abituato ai luoghi e si accinge a leggerla attraverso le foto.
L’intuito e la volontà di Letizia Battaglia di voler concentrare un gruppo di sole donne ha prodotto, a mio parere, un risultato particolare e speciale, che enfatizza e sperimenta quanto l’occhio femminile sa osservare nelle scene di vita e che ogni fotografa coinvolta nel progetto ha saputo ben fissare con un suo click.
La didascalia esposta nell’allestimento della mostra recita:
“Palermo Bellissima è il risultato di un percorso iniziato alla fine del 2019 al Centro Internazionale di Fotografia, interrotto nel 2020 a causa del Covid e, nonostante tutto, voluto con tenacia da tutte le 55 fotografe palermitane che vi hanno partecipato. In Palermo Bellissima non c’è un progetto preordinato. Ogni donna, alcune per la prima volta, ha raccontato con una macchina fotografica persone e luoghi della città così come li vedeva e li amava. In piena libertà. Consegnare agli altri le proprie emozioni è un buon percorso da ripetere e ripetere ancora. Senza stancarsi mai, andando oltre, studiando sempre, con bella disciplina e senza vanità.”
Forse il concetto di disciplina associato a Letizia Battaglia appare assai difficile da immaginare, ma tanto è.
Uno slideshow documenta l’avvenimento che è tuttora fruibile e aperto al pubblico, con ingresso libero, nei giorni e negli orari soliti del Centro.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
sabato 13 marzo 2021
Il mondo del teatro durante la pandemia da Covid-19 visto dal regista Gaetano Martorana e scritto sotto forma di dialogo.
«Ciao, come stai?».
«Bene, considerando che non posso darti neanche la mano, maledetta pandemia».
Oggi è cominciato cosi il discorso, mentre in fila aspetto per comprare il pane, perché per comprare il pane si vive un’avventura; incontri persone che non riconosci per via della mascherina, poi altri che pensi di conoscere e invece non sono quelli che pensavi fossero.
Il dialogo, tra me e il mio vecchio amico, continua, e la domanda quasi banale è quella che non ti aspetti da parte di uno che non ha mai guardato il festival, magari perché era in teatro o anche in prova per uno spettacolo.
«Allora – continua non guardandomi negli occhi – che ne pensi di questo Festival di Sanremo?». E ora che gli dico a questo, che da un anno non lavora, e meno male che sua moglie è impiegata e ha lavorato da casa in smart working, almeno possono fare la spesa? Non mi sarei aspettato di vederlo con il carrello in coda al supermercato in periodo di lockdown, dove ci incontravamo qualche volta, perché anch’io non sopportando di stare chiuso in casa, andavo a fare la spesa.
Lo guardo e mi sento uno stupido, rispondendo alla sua domanda con un’altra domanda:«E tu che ne pensi?».
Lui, come se aspirasse una sigaretta, si ferma un momento a guardarmi e poi comincia con il suo sfogatoio di attore in crisi d’astinenza da palcoscenico, il dolore per la mancanza delle tavole, delle luci penzolanti dalle americane, il cigolio del sipario che si apre… si legge tutto nei suoi occhi e nelle vibrazioni della sua voce: «Perché questo lo permettono e quell’altro no?» e altre citazioni di cose secondo lui pericolose, certamente condivisibili. Sono rammaricato perché purtroppo non ho risposte plausibili. Anch’io, sono arrabbiato, ho sospeso uno spettacolo che ha fatto la sua prima all’aperto, ma in seguito non potendo entrare nei teatri è rimasto lì negletto senza corpo avendo solo un’anima sofferente con il cuore sanguinante.
Mi sento sollevato quando mi dice: «E’ il mio turno, prendo il pane, vado mia moglie aspetta a casa».
Mi lascia solo, il suo dolore (che è pure il mio) non si attenua.
Viene il mio turno, prendo il pane, mentre la ragazza al banco mi allunga il pacco mi prude il naso. Che fare? Sposto la mascherina? Oppure soffro anche per questo in silenzio! Penso:«Tanto, arrivato in macchina me la tolgo».
Esco e vedo uno che ha la mascherina che gli copre solo la bocca, con un grande naso dantesco, somiglia molto a quello di Amadeus, e lo mette in bellavista, come un trofeo. Mi viene da ridere, penso un cartello che ho visto sui social che diceva: «Siete invitati ad indossare la mascherina, il naso va dentro altrimenti è come portare le mutande con il pisello di fuori». Sono tentato di dirglielo, ma lo supero ignorandolo e mi siedo in macchina, tolgo la mascherina e ripenso a Sanremo. Sono contento che all’Ariston quest’anno non c’è stato pubblico, ma non per gli artisti che si sono esibiti, ma per quelli che quest’anno, come diceva Fiorello non avrebbero fatto respirare le poltrone con il loro sedere, anzi come ha convinto ad Amadeus a dire: «culo».
Si, perché in effetti i «culi» che occupano quelle poltrone di velluto rosso, sono quelli delle persone che se lo possono permettere economicamente, non certo quelli che magari avrebbero il desiderio di stare in quel teatro almeno una volta nella vita. Ma come si fa a comprare il biglietto se poi si deve andare in due e soggiornare per cinque o sei giorni in albergo? Ci dorrebbe fare un mutuo. Meglio comprare la macchina a rate anziché soddisfare un piccolo desiderio che sarebbe solo un vanto da raccontare agli amici del bar o del circolo dove si va a passare il tempo.
Sono contento che finalmente quest’anno Gaetano e Maria Chiara Castelli hanno potuto realizzare una magnifica scenografia, piena di luci e colori e realizzare finalmente un progetto luci fantasmagorico. Io, per quel principio sopraesposto, lascerei il palcoscenico così grande, bello da vedere e comodo nelle scale che hanno aumentato di poco la pedata dei gradini, «Accussi chiddi chi scinninu un rischiano di stuccarisi u cuoddu – come avrebbe detto mia nonna». («Così, quelli che scendono rischiano di rompersi l’osso del collo, ndr»). E poi è più umano per i professori d’orchestra che restano inchiodati al loro posto per un tempo impossibile. Cinque, sei, sette ore…? Si persi u cuntu. («Si è perso il conto, ndr»).
Intanto, hanno provato la gioia dopo un anno, di tornare a lavorare, suonare e divertirsi per farci divertire; magari non tutti si sono divertiti perché c’è sempre chi resta insoddisfatto.
Intanto molti dicono di non averlo guardato, ma mediamente lo hanno visto 13/14 milioni di italiani, per alcuni sono solo ignoranti.
Intanto io spero che il Comitato tecnico-scientifico accetti la proposta del ministro Franceschini che ha chiesto che il 27 marzo, giornata mondiale del Teatro, si possa riaprire in sicurezza teatri e cinema, sempre con la mascherina, minimo chirurgica, e nelle regioni in zona gialla anche se c’è il vincolati dal coprifuoco alle 22. Certamente questo non è l’ideale ma è meglio di niente, cominciamo cosi sperando in un futuro di normalità; fermo restando il fatto che le due settimane prima si abbia una situazione epidemiologica favorevole. Ma la situazione favorevole dipende da noi, dobbiamo essere rispettosi delle regole e coerenti con la volontà di uscire da questa maledetta pandemia, e magari non andare in giro con il naso di fuori (pensando alle mutande). Spero soltanto che oltre ad aprire i teatri e i cinema, il governo preveda un aiuto economico per il sostegno alla cultura che consenta di poter ricominciare a lavorare, perché pensare di aprire teatri e cinema senza il minimo di utile su cui contare è come pensare di avviare un’automobile senza fornire il carburante.
© Gaetano Martorana
mercoledì 10 marzo 2021
“Dietrologia – I soldi non finiscono mai”
“Questo libro è più forte di qualunque discorso fatto oggi da un politico, perché parla del futuro, e i politici non pensano al futuro, vivono nel passato di un paese uniformato e appiattito da loro stessi. In queste pagine sono descritti gli anni di oggi, sono riuscito a farlo perché io non appartengo a nessun movimento politico, non dipendo da persone di potere che mi hanno dato un lavoro, sono arrivato qui da solo, quello che ho ottenuto non può togliermelo nessuno.”
Queste considerazioni concludono il libro editato da Rizzoli nel 2011 e che nella prefazione di copertina pure riporta: “L’Italia, Paese che ha la delirante pretesa di paragonarsi con altre realtà socialmente avanzate” …. “è una palude nella quale gli italiani sono felicemente intrappolati. I settantenni che non mollano il potere. Il mercato del lavoro blindato” e così via …..
Tenuto conto che oggi siamo nel 2021, non sembra che nei dieci anni intanto trascorsi sia poi cambiato tanto.
Le trecentocinquanta pagine circa scorrono in una lettura veloce. I temi trattati, descrivono la similitudine con l’attualità dei nostri giorni, le stesse problematiche, lo stesso immobilismo.
Non è però un saggio scritto da chissà quale filosofo, sociologo o intellettuale che va magari per la maggiore e che si replica in seminari, ma da Fabbri Fibbra.
E chi è? Dirà qualcuno. Un rapper che affronta tante questioni che toccano le tante tessere del puzzle che compongono e condizionano la nostra esistenza.
La vetustà del volume, in questo caso, aiuta nella disamina dei contenuti che, strano a dirsi, creano delle correlazioni impensabili fra l’Italia del 2011, descritta dall’artista, e ciò che è la realtà spicciola che nell’attualità di oggi ci circonda.
Per quanto mi riguarda, ho deciso di acquistarlo per assecondare la mia abitudine di variegare le mie letture e anche per la forte curiosità di affacciarmi in quello che è il mondo giovanile, che talvolta stento a capire per la mia età avanzata, ma che ancora m’intriga.
Per chi volesse verificare la valenza delle mie impressioni e procedere in una lettura senza pregiudizi, il titolo del libro è “Dietrologia – I soldi non finiscono mai” e magari lo potrà ritrovare fra i remainders di qualche libreria a prezzo pure scontato.
Ogni altra considerazione non avrebbe senso, perché ci sarebbe tanto da dire. Solo chi può trovare interesse scoprirà la validità e la estrema attualità dei tanti messaggi raccolti, in una narrazione libera e diretta, che è talvolta sfrontata, in linea con il linguaggio dei giovani che hanno molto da dire e lo sanno scrivere.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
domenica 7 marzo 2021
Celebrazione di ricorrenze, a cento anni dalla nascita del PCI.
Una nota pubblicità diceva alla fine a chi aveva avuto successo: “ti piace vincere facile, vero?” E qui si palesava l’evidente scorciatoia che era stata assunta per il raggiungimento dello scopo prefissato, senza impegnarsi tanto e correre alcun rischio.
Nel caso che si tratta, del resto, poter fare il copia incolla di tante relazioni di specialisti, può aiutare nell’approntarsi a stilare un bel programma, di quelli da dieci e lode per intenderci (rifacendomi alle votazioni in uso ai miei tempi di scuola), per la cui redazione sarebbero altrimenti previsti personali studi e approfondimenti.
Se poi ti crei uno staff abbondantemente aduso a quelle tecniche, che ti filtra le frasi più belle e i periodi che talvolta possono anche far passare alla storia, è ancora meglio (cooptando magari collaboratori da strutture che già in precedenza, in un trascorso istituzionale, svolgevano questi compiti).
Tutti ricordano il famoso "Whatever it takes" che ormai abbina il solo pronunciamento al nome di Draghi.
Circa il taglio e cucito presente nel discorso proclamato da Mario Draghi al Senato, un eccellente articolo evidenzia nel dettaglio tutte le frasi. Riguardo poi al frequente ricorso a consulenze, sovviene e si propone al riguardo, un vecchio articolo scritto da Stefano Sansonetti su “ItaliaOggi” ( Numero 028 pag. 4 del 3/2/2009). Quanto fin qui detto potrebbe tornare, quindi, utile per avere un quadro più completo sull’intera questione.
In un suo editoriale Marco Travaglio allarma sul potenziale pericolo per le diverse consulenze che, senza alcun apparente avallo politico della coalizione governativa e alcun preannuncio o segnale etico di trasparenza, sembra che siano state disposte o dettate dal “Premier”, affidandole a multinazionali. Società private, che operano in strutture non si sa quanto indipendenti dai tanti variegati interessi in campo per la gestione “diretta” dell’ormai arcinoto sussidio/sostegno europeo.
Sarebbe ancor oggi lecito chiedersi, in relazione agli interventi/suggerimenti di tali expertise, quanto dei famosi 209 mld assegnati potrebbero così incanalarsi per un “ritorno indiretto” ai soliti noti.
Nel recente volumetto pubblicato da Editori La Terza, intitolato "La Metamorfosi", essenzialmente incentrato sull’involuzione di una certa sinistra italiana degli ultimi tempi (soffermandosi in particolar modo sull’evoluzione del PCI dal 1921 ad oggi), il filosofo e storico Luciano Canfora ad un certo punto affronta il problema del nesso tra democrazia politica e riforme economiche.
Al riguardo ricorda come Togliatti, nell’aprile del 1961, ebbe a ribadire un concetto che è difficile (oggi ancor più d’ieri) contestare, ovvero che la grande borghesia monopolistica (assimilabile al capitale finanziario di adesso) può riuscire ad “esercitare una sua dittatura pur in forme di una certa democraticità”.
Nello stesso capitolo scrive anche come oggi "il capitale finanziario regola la vita della così detta Unione europea, e i governi nazionali (per quel poco che contano) e la pomposa Commissione europea (che nessun elettorato ha designato) ne eseguono gli ordini e ne rispettano scrupolosamente le istanze.”
In merito all’opacità artatamente generata dalla coabitazione di forze politiche disomogenee indotte a compromessi, Canfora sottolinea inoltre come: “Anzi, si è determinata, col passar del tempo, una situazione in cui quelle forme di una certa democraticità di cui parlava Togliatti si sono di molto ridotte”.
Tornando alle consulenze dell’attualità e all’agire abbastanza disinvolto dell’attuale Governo Draghi, non sono solo queste le stonature che più dovrebbero far preoccupare, ma forse ancor di più le letture della storia, per certe coincidenze come la “mollezza” della classe di "eletti" che occupa gli scranni parlamentari e la debole opposizione e vigilanza messa in campo dai Partiti.
In questi giorni ho fatto osservare che la situazione politica potrebbe cominciare a far preoccupare ...... la deriva a dx anticipata alle elezioni non era, infatti, prevista.
Certe coincidenze di date, che determinano la celebrazione del centenario, da un lato della costituzione del partico Comunista Italiano (1921 per l’appunto), dall’altro dell’avvento (1922) del ventennale fascista, alla luce di certe procedure recentemente attuate per le nuove investiture - che potrebbero apparire borderline rispetto ai dettami costituzionali vigenti (coerenza e corrispondenza al peso politico elettorale 2018) - porterebbero oggi a dei pessimismi; ma meglio non soffermarsi troppo e tentare di cercare d'andare oltre nel superare l'oscuro fosso.
In ogni caso, nella quarta di copertina del già citato libro “La Metamorfosi”, si riporta: “Qui vorremmo ripercorrere brevemente il cammino che ha condotto una formazione politica (quella educata nel PCI), per progressive trasfigurazioni, a farsi alfiere di valori antitetici rispetto a quelli su cui era sorta.” Si può però ben dire, senza tema di smentita, che i mutamenti della specie progressivamente intervenuti, in Italia certamente, non hanno solo interessato il Partito Comunista.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
martedì 2 marzo 2021
Ideal Caffè Stagnitta (già Torrefazione)
Tornati in zona gialla, nel tenebroso tempo del Covid, dopo molta inerzia fotografica ho fatto un piccolo giro per il quartiere Capo, in cerca di nuove opere dei graffitari.
In verità, attraverso immagini postate su Instagram, avevo notato qualche novità nei luoghi.
Tutto e Niente aveva implementato i suoi murales in Via dei Carrettieri e l’amico Antonio aveva sostituito, anche qui, una precedente ormai sbiadita vignetta del suo B1 col bus, piazzando al suo posto una nuova mattonella.
Tranne qualche piccola altra cosa, il lockdown aveva fortemente condizionato la produzione di street art nella zona e anche nel resto della Palermo storica diroccata.
Poca nuova roba in giro, qualche cosa alla Vucciria. Un nuovo graffito testimoniava la recente presenza di Julieta in città.
Nello spostarmi verso il mercato più antico cittadino, attraversando la Discesa dei Giudici, ho trovato però una sopresa.
Un’eccellente installazione artistica realizzata dagli Stagnitta, era stata composta con tante belle foto che includevano anche personaggi famosi, passati alla storia. Immagini riesumate dal folto archivio di Letizia Battaglia.
L’allestimento accostava piante e quadri che incorniciavano i ritratti, palesando una dislocazione che alludeva all’abitudine siciliana assai diffusa che hanno da sempre i personaggi di ritrovarsi e nel sedersi insieme attorno ai tavolini di bar all’aperto.
I vari Sciascia, Guttuso, Pasolini, Camilleri & Co. sembravano dar così vita ad un improbabile appuntamento che, da intellettuali abitudinari, si fossero dati per incontrarsi senza tempo e in quel luogo fascinoso, per discutere e confrontarsi su tutta una serie di questioni eterne, che ancor oggi non trovano soluzioni.
Per chi non lo sapesse, l’Ideal Caffè Stagnitta (già torrefazione, avviata da Giovanni Stagnitta nel 1922) è una realtà oggi portata avanti da Cinzia, la maggiore delle tre figlie di Letizia Battaglia e il cognome Stagnitta corrisponde a quello del padre Franco, che ebbe a sposare la mamma Letizia quando questa non era ancora maggiorenne.
Se in questi giorni doveste avere modo di transitare per quel luogo, probabilmente anche voi potreste avvertire qualcosa nell’aria.
Una sensazione che oltre a richiamare i personaggi rappresentati in foto, da l’impressione che fluttuino pure altre presenze. Chissà? Forse pure suscitate da quel che quei visi rappresentano, nel rievocare tante problematiche sociopolitiche e che rimandano a nostre letture.
Complimenti a chi ha voluto creare, in questi nostri momenti tristi, un angolo che suggestiona e induce un senso di appagamento in chi, passando per quel luogo, fruisce di tanta bellezza.
Buona luce a tutti!
© ESSEC