giovedì 29 luglio 2021
"Povera Patria"
Leggendo notizie sull’attualità politica nei vari giornali, cartacei o presenti sul web, a prescindere della loro corrispondenza alle funzioni implicite al termine, si ha modo di acquisire informazioni su tante opinioni diverse espresse da moltitudini di giornalisti, opinionisti, esperti o presunti tali.
Ripensando ai politici poi, che affollano le aule parlamentari, le diverse commissioni o ai ministri che occupano Palazzo Chigi, circa la tempestività e il loro decisionismo tornano alla mente le varie gag comiche del mitico Totò ….. come quella di rinviare ogni soluzione al domani (nonostante uno scadenzario PNRR approvato velocemente e quasi unanimità dalle Camere; vedasi: https://www.youtube.com/watch?v=VkrRyz8JULo) …… https://www.youtube.com/watch?v=vRffjdc_T0Q o dell’esperto chirurgo (sempre l'insuperabile Totò) che si accinge a operare il paziente impersonato da De Vico (ripensando alle capacità di un Premier assurto al potere come presunto mago, esperto in tutto) https://www.youtube.com/watch?v=ghwVWjRMlMI.
Nel 1991 il compianto Franco Battiato ci aveva già visto lungo con “Povera Patria”. Un brano di denuncia che utilizza anche delle affermazioni forti, come "Schiacciata dagli abusi del potere, di gente infame, che non sa cos'è il pudore" o "Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni", segno di una distanza anche tra la politica e le persone che rappresentavano. L'utilizzo della violenza, del sopruso sulla povera gente, può essere rivisto in "Nel fango affonda lo stivale dei maiali, me ne vergogno un poco e mi fa male, vedere un uomo come un animale". Ma anche Battiato sperava in un futuro migliore, dove "non si parli più di dittature", anche se la primavera di quei giorni "intanto tarda ad arrivare". Per chi vuole rinverdire il ricordo della canzone https://www.facebook.com/watch/?v=804274753547549
Soffermandosi sulla parte seria della questione, suggeritami da una amica, ci sta anche questa eccellente performance di Riccardo Muti 😜https://www.youtube.com/watch?v=G_gmtO6JnRs
Buona luce a tutti!
© ESSEC
venerdì 23 luglio 2021
Verità narrate: “I veri Anti italiani” di Marco Travaglio
Nel panorama di un giornalismo che cerca sempre più di orientare, talvolta inutilmente, cittadini ormai stanchi di assecondare fake news o ricostruzioni fasulle d’ispirazione padronale, fortunatamente ancora si trovano penne che scrivono notizie con discernimento, cercando di distinguere - per quanto possibile - fatti da opinioni.
Esistono tanti che postano in rete e resistono anche giornalisti, che rappresentano sempre più merce rara e svolgono il loro compito con passione.
A prescindere dagli orientamenti politici, questi soggetti, che potrebbero ben rappresentare oggi dei veri uomini della resistenza della carta stampata e del web, assicurano articoli, dibattiti e inchieste che consentono di apprendere informazioni complete, connotando ogni cosa secondo una lente che mette a presupposto il requisito minimale del giornalismo, ispirato all’onestà intellettuale.
Mi viene in mente, come esempio, Massimo Fini che, a prescindere dalla condivisibilità piena dei contenuti di tutti i suoi articoli, rappresenta senz’ombra di dubbio uno di quei classici intellettuali indipendenti che non hanno mai avuto padrone.
Fortunatamente non è il solo in campo, anche se per giudicare qualunque giornalista o scrittore rimane indispensabile e insopprimibile nel lettore la presenza di uno spirito critico e una certa propria autonomia di giudizio. Con questa premessa si vuole chiarire come le citazioni espresse da qual si voglia giornalista, politico, intellettuale e quant’altra figura, devono sempre intendersi per quello che rappresentano e valutandone i contenuti in modo oggettivo.
In questo, potrebbe tornare utile un classico gioco; quello in cui si viene a citare una frase, senza indicarne l’autore e, alla fine, porre la domanda: “secondo te chi lo ha detto?”. Interessante potrebbe anche apparire citarne la datazione e anche la circostanza.
Un’efficace applicazione pratica di questo metodo, che mette a nudo macroscopiche palesi incoerenze e non soltanto di politici, ma anche di molteplici professionisti dell’informazione, è quella praticata da Marco Travaglio.
Da qualche tempo, ogni lunedì i suoi editoriali sono delle vere e proprie collezioni di disinformazioni diffuse, portate avanti con disinvoltura e pure a testa alta da colleghi che più che fare giornalismo sembrano esercitare la professione più antica del mondo.
Un’operazione emblematica, al riguardo, è stata quella che Travaglio ha condotto in questi giorni, raccontando in quattro puntate l’incredibile storia del Recovery Fund; mistificata da molti e manipolata a proprio uso e consumo da tanti altri. Un raccordo di tanti titoli e articoli di stampa che consentono di cogliere spunti interessanti sull’evidente abuso in Italia della professione di giornalista.
Non me ne voglia Il Fatto quotidiano se riporto di seguito il testo del racconto a puntate, che costituisce un tipico esempio scolastico di gestazione e gestione di ogni fake news.
Potrebbe anche tornare utile a chi se ne fosse malauguratamente persa la lettura.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
“Da una settimana i migliori pennivendoli del bigoncio ci accusano di essere anti-italiani e anti-patriottici perché non ci siamo uniti al coro di retorica per la vittoria della Nazionale (anzi di Draghi) agli Europei di calcio e alle notti magiche inseguendo il Covid. Il caso vuole che proprio un anno fa, il 17 luglio 2020, iniziasse il Consiglio d’Europa decisivo sul Recovery Fund. E fu chiaro a tutti chi fossero gli anti-italiani: non chi tifava contro una squadra di calcio, ma chi tifava contro il proprio Paese piegato e piagato dalla pandemia. Riavvolgiamo il nastro e facciamo un po’ di nomi e cognomi.
23 marzo 2020. Dopo 12 giorni di lockdown, il premier Giuseppe Conte convince i leader di Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia, Irlanda, Lussem- burgo e Slovenia a firmare una “Lettera dei Nove” al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel per proporre un piano di ricostruzione finanziato con gli Eurobond (o “Coronabond”).
26 marzo. Renzi e Salvini, in Parlamento, invocano la caduta del governo e un’ammucchiata guidata da Draghi. I patrioti de La Verità titolano: “Conte pronto a svendere l’Italia. Vuole ricorre- re al Mes, una trappola che ci consegnerà alla troika”. Uscito dalla bolgia parlamentare, Conte si collega con Bruxelles per il Con- siglio Ue: non finisce a botte solo perché i leader sono in videoconferenza. Germania, Austria, frugali del Nord e fronte Visegrad pro Mes, Italia e gli altri otto pro Recovery (spalleggiati da Lagarde e Sassoli). Conte: “Se qualcuno di voi pensa ai meccanismi del passato, non si disturbi: ve li po- tete tenere, l’Italia non ne ha bi- sogno e farà da sé”. Merkel: “Giuseppe, il Mes è lo strumento che abbiamo, non capisco perché tu voglia minarlo...”. Conte: “Angela, state guardando alla realtà di oggi con gli occhiali di dieci anni fa. Il Mes è stato disegnato nella crisi dell’euro per Paesi che hanno commesso degli errori”. Macron: “Il Mes serve per gli choc asimmetrici su singoli Paesi. Questa pandemia è uno choc simmetrico: ci riguarda tutti”. Rutte: “Non siamo pronti per gli Eurobond, dobbiamo tenere in serbo delle armi in caso di scenari peggiori”. Sánchez: “Perché, cosa può esserci di peggio della strage che oggi attanaglia l’Europa?”. Qualcuno, visto lo stallo, propone un rinvio, ma Conte batte i pugni: “Le conseguenze del Covid vanno affrontate domattina, non nei prossimi mesi. Altrimenti cosa diremo ai nostri concittadini che ci chiede- ranno che senso ha questa casa comune? Non avremo risposte”. E blocca il summit col veto, rifiutando con Sánchez di sottoscrivere qualunque conclusione, finché non ottiene l’impegno dell’Euro-gruppo a proporre il Recovery Fund entro due settimane.
27 marzo. Anziché fare fronte comune col governo, che dopo anni di parole al vento difende gli interessi dell’Italia in Europa, la destra “sovranista” e la stampa “indipendente” si scatenano. Non contro il Covid, ma contro Conte. Anche a costo di falsificare, anzi ribaltare il senso del vertice Ue e di un intervento di Draghi in favore della proposta di Conte e degli altri otto governi Ue. Stampa: “Cresce il partito di Draghi”. Repubblica: “Bellanova: ‘Serve una classe dirigente all’altezza. Draghi ha sguardo lungo e coraggio’”. Messaggero: “La spinta di Draghi”. Foglio: “Il manifesto di Draghi è un perfetto programma di governo”, “Montezemolo: alleanza trasversale per salvare l’Italia”. Giornale: “Chiamate Draghi”. Verità: “Giuseppi non è capace, chiamate subito Draghi”, “Conte finge di vincere dopo aver fallito”. Libero: “L’Ue ci prende in giro e non decide nulla. Il premier fa l’offeso”.
2 aprile. Visto che molti governi dicono no agli Eurobond per la diffidenza dei loro elettorati sul nostro debito-monstre, Conte decide di chiarire la sua proposta anzitutto alle opinioni pubbliche con una serie di interviste a tv e giornali europei (Financial Times, El País, De Telegraaf, Die Zeit, Ard, La Sexta, Süddeutsche Zeitung). E apre le prime crepe nel fronte del nord. Ma i suoi peg- giori nemici sono l’establishment italiano e i suoi giornaloni, che fanno il tifo contro il governo impegnato nell’eurobattaglia mortale.
10 aprile. Salvini scatena l’inferno. Siccome tutti i ministri delle Finanze Ue hanno deciso di eliminare una serie di condizionalità dal Mes (senza che nessuno chieda il prestito), parla di “Caporetto” per l’Italia: “Non ci sono gli Eurobond di Conte, ma c’è il Mes. Sfiduciamo Gualtieri”. La Meloni accusa l’esecutivo di aver firmato il Mes, nottetempo e di nascosto, e Conte di “alto tradimento” e “spergiuro”. Le destre, sui social, aizzano a ribellarsi contro il governo che “svende l’Italia”.
11 aprile. Conte incontra la stampa e risponde a una domanda sulle accuse delle due destre: “Il Mes esiste dal 2012 (grazie al governo B. con Lega e Meloni, ndr), non è stato istituito ieri o attivato la scorsa notte, come falsamente e irresponsabilmente dichiarato – faccio nomi e cognomi – da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Questo governo non lavora col favore delle tenebre. Non abbiamo firmato alcuna attivazione del Mes, l’Italia non ne ha bisogno e lo ritiene inadeguato. Per la prima volta abbiamo messo nero su bianco il Recovery. Abbiamo bisogno di tutti i cittadini italiani. Le menzogne ci indeboliscono nella trattativa”. E subito parte una canea assordante: non contro chi lancia le fake news, ma contro il premier che osa smentirle.
18maggio. L’Italia esce dal lockdown. La Merkel cede sugli Eurobond e con Macron propone alla Commissione un Recovery di 500 miliardi a fondo perduto. Restano da convincere i frugali del Nord.
20 maggio. Renzi, Salvini e i giornaloni continuano a combattere il governo che si batte in Europa: due mozioni di sfiducia a Bonafede (poi respinte) per i detenuti scarcerati (dai giudici).
27 maggio. Von der Leyen sposa la proposta dell’Italia e degli 8 alleati: un Next Generation Eu da 750 miliardi (500 di sussidi e 250 di prestiti).
Giugno. Le destre, Renzi incluso, e i giornaloni all’assalto di Conte perché invita le parti sociali e la società civile agli Stati generali a Villa Pamphilj per discutere del futuro Recovery Plan. Bonomi (Confindustria) ordina “un governo diverso”. Folli (Repubblica) sprona il Pd al “ritiro dei ministri dal governo” e auspica la “caduta” di Conte con “una crisi sociale fuori controllo nei prossimi mesi”. Damilano (Espresso): “Ignorati Generali”, “Stati Nervosi”, “occasione mancata”, “giochi di palazzo”. Merlo (Repubblica): “È il Papeete del Contismo”. Giannini (Stampa): “Il Truman Show di Conte”. Polito (Corriere): “L’enfasi da Re Sole dell’avvocato del popolo”. Giornale: “Inizia il dopo Conte”. Purtroppo i sondaggi gli tributano il record di consensi del 65%, mai raggiunto da un premier negli ultimi 25 anni.
19 giugno. Nel Consiglio europeo i 27 leader discutono per la prima volta degli Eurobond. Fissano l’appuntamento decisivo al 17 luglio a Bruxelles. Conte parte per un tour nelle capitali europee per incontrare lo spagnolo Sánchez, il portoghese Costa, l’olandese Rutte e la Merkel. La stampa italiana tifa contro l’Italia. Rep: “Il governo punta al Mes. Lo chiederà a luglio con Spagna e Portogallo”. Messaggero: “Conte prepara il sì al Mes (né l’Italia né alcun altro Paese chiederanno il Mes). Veri- tà: “L’Europa fa cucù a Giuseppi”, “Il fallimento che coinvolge il Quirinale”, “Flop annunciato di Conte”. Giornale: “L’Ue sbugiarda il Conte millantatore”, “Conte vende un’Italia falsa. Ma l’Europa non abbocca”. Senaldi (Libero): “Conte pensava di avere già in tasca 200 miliardi. Peccato che mezzo continente lo detesti... Prestereste dei quattrini a un signore che ha più soldi in banca di voi ma sta per fallire?”. Rep: “Sognando Draghi”. Corriere: “Il gelo Merkel-Conte”. Messaggero: “Scontro Merkel-Conte”. Verità: “Conte inizia il suo tour in Europa rimediando solo porte in faccia”. Mieli (Corriere): “Conte si appalesa come uno dei più straordinari illusionisti della storia. Ipnotizzata la sua maggioranza, annuncia, dice, si contraddice, rinvia alla fine, poi ricomincia riportandoci al punto di partenza”.
Verità: “Giuseppi punta tutto sul Recovery, ma Merkel gliel’ha già smontato. Saranno 500 miliardi e non 750”. Giannini (Stampa): “Dopo il velleitario tentativo di Villa Pamphilj”, Conte vuole “prorogare i suoi ‘poteri speciali’” (lo stato di emergenza che non sfiora neppure i poteri del premier), “ridotto la Camera a votificio” e “lo stato di emergenza si configura come ‘stato di eccezione’”. Libero: “Accattonaggio. Conte chiede l’elemosina. Col cappello in mano”.
15 luglio. Antivigilia del Consiglio Ue straordinario. Folli (Rep): “Una stagione al tramonto”: “Nell’ottobre 2011 un episodio ‘umiliante’ segnalò la perdita di credibilità di Berlusconi e del suo governo in Europa... I sorrisi ironici che Merkel e Sarkozy si scambiarono, seguiti dalle risate in sala, produssero sconcerto in Italia... Berlusconi fu indotto a dimettersi... A Berlino è accaduto qualcosa che sembra suggerire una certa analogia con quel lontano episodio al termine del colloquio Merkel-Conte. Nessun sorrisetto, ma sembra prevalere di nuovo la sfiducia verso chi governa in Italia... L’assetto politico di Roma suscita crescenti dubbi tra i partner... Autostrade può essere l’incidente su cui il governo inciampa. Una stagione politica si sta concludendo... L’esaurimento del Conte-2 è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere”.
17 luglio. Inizia il vertice a Bruxelles. Rep punta tutto sul fallimento dell’Italia: “Sul ring europeo con le mani legate”, “L’Italia non potrebbe arrivare peggio preparata al vertice europeo... La debolezza politica di Conte è un altro elemento di vulnerabilità per l’Italia. Qualsiasi impegno che il premier potrà pronunciare sarà sempre visto col beneficio del dubbio sulla durata del governo... Il sovranismo economico riscoperto da Conte è stato, forse, l’errore più grave di tutti. Alla Merkel che suggeriva di prendere in considerazione il Mes, il nostro premier ha risposto: i conti in Italia li faccio io. Sbagliato”; “Difficilmente Conte la spunterà”: se va bene, il Recovery sarà segato a “580-600 miliardi” e lui, “per non tornare sconfitto su tutto, punta almeno a 650”.
18 luglio. Dopo il primo giorno di trattative, la stampa di ogni Paese sostiene il proprio governo nella più dura battaglia dalla nascita dell’Europa unita, quella ita- liana continua il tiro al premier. Rep: “Ue, l’Italia all’angolo”, “Processo all’Italia. L’Olanda guida l’accusa: ‘Non ci fidiamo più” (la sede di Fca, padrona di Rep, è in Olanda). Giornale: “Conte Dracula. In Europa rischiamo di restare a secco”. Libero: “L’Ue non dà i soldi perché non si fida di Conte. Voi al suo posto cosa fareste?”. Verità: “La Merkel ci usa per la sua partita. Ci concederà poche briciole”. Certo, come no.
19 luglio 2020. Mentre Conte combatte al Consiglio Europeo sul Recovery Fund e ricorda come la “frugale” Olanda sia un mezzo paradiso fiscale, i giornali italiani continuano a gufare contro l’Italia. Giannini (Stampa) sa già come andrà a finire: “Per noi diminuisce la quota di contributi a fondo perduto e aumenta quella dei prestiti”. E, comunque andrà, sarà un disastro: “Conte e i suoi ministri, superato a fatica il pasticcio venezuelano su Autostrade (sic, ndr) e con lo stress-test delle elezioni regionali del 20 settembre non saranno in grado di reggere l’urto”. Il Giornale tifa apertamente Rutte: “Europa, Conte flop. E quella frase degli olandesi: ‘Non ce la beviamo’. L’Olanda imita Prezzolini e Rutte copia gli Apoti”. Belpietro (Verità): “L'accordo che si profila è una di- sfatta”. Libero: “L’Europa detesta Conte”, “L’Unione non si fida del nostro governo”. Ma il record di patriottismo lo stabilisce l’ultimo nato fra i giornali di destra, Repubblica, estasiata dall’eroica resistenza della povera Olanda: “Processo all’Italia. L’Olanda guida l’accusa: ‘Non ci fidiamo più’”. Il fatto che Fca che edita Stampubblica abbia sede legale in Olanda è puramente casuale.
20 luglio. Messaggero: “Fondi Ue ridotti per l’Italia. Per il nostro Paese 10 miliardi di sovvenzioni in meno e più fondi da restituire”. Corriere, Repubblica e Stampa: “172 miliardi all’Italia”. Giornale: “Doppia fregatura”, “L’Italia perde già 10 miliardi”, “serve subito la zattera del Mes”, il premier è in “euro affanno a caccia di un accordo per salvare la poltrona”. Il noto padre dell’europeismo Sallusti difende Rutte: “Gli olandesi sono stronzi, ok. Ma il nostro governo è un’Armata Brancaleone che campa di trucchi ed espedienti”. Feltri (Libero): “Ecco perché l’Ue non sgancia: l’Italia ha molti soldi, ma li dà ai fannulloni. Conte con l’Europa sta sbagliando tutto”. Dago-spia: “Conte viene gonfiato come una zampogna a Bruxelles”, “Cosa abbiamo fatto per meritarci questo? Dopo il Cazzaro verde, abbiamo il Cazzaro con la pochette! Per evitare il crack, Conte sarà costretto a chiedere all’Ue un prestito. E a quel punto l’Italia ha la troika in casa. Una vittoria di Pirro che il Conte Casalino proverà a rivendere come un trionfo... (per finire nella merda)”. Paolo Mieli (Corriere): “Una cosa sicuramente Conte è riuscito a portare a casa: potrà esibire la foto in cui sedeva sereno (ancorché non sorridente) accanto ai grandi d’Europa: Merkel, Macron, Sànchez e Ursula”. Folli (Repubblica) a ristabilire l’equilibrio: a causa degli “errori” e dell’“inesperienza” di Conte, “la coperta si è rattrappita” con una “riduzione dei sussidi a fondo perduto tra i 20 e i 30 miliardi che a Roma si considerava già acquisiti”.
E“ora il Mes torna d’attualità”, anzi “diventa una priorità”, “urgente”. A Bruxelles nessuno ne parla. Ma è il sogno erotico di Folli: “per il Conte-2 questo è il nuovo ostacolo”, che “dopo le elezioni di settembre potrebbe rivelarsi troppo alto”. Per l’eccitazione, gli si rizza il riportino.
21 luglio. Dopo l’ultimo giorno e l’ultima notte di battaglia, alle 5.31 il presidente Michel twitta: “Deal!”. L’accordo è siglato dai capi dei 27 Paesi Ue. Il premier italiano ha ottenuto tutto ciò che chiedeva: Recovery di 750 miliardi, nessun diritto di veto dei singoli Stati e, per l’Italia, 36,5 miliardi in più di quelli previsti dal piano Von der Leyen. Da 172,7 a 208,8: intatti quelli a fondo perduto (81,4) e più prestiti (da 90,9 a 127,4). Il surplus è la cifra del Mes, ora ancor più inutile di prima. Mattarella chiama Conte all’alba per complimentarsi. Poi i leader e i ministri giallorosa.
I giornali, chiusi a mezzanotte, non hanno ancora i dettagli dello storico accordo, ma solo la notizia che è quasi fatto. E l’imbarazzo dei profeti di sventura si taglia col coltello. Il Messaggero dà le pagelle, strepitosa quella di Conte: “Ha combattuto e non ha perso”. Il Corriere ha due editoriali che sono l’apoteosi del rosicamento. Sabino Cassese: “Non è solo questione di soldi” (abbiamo appena ottenuto 209 miliardi quando tutti ne prevedevano la metà e, ora che li abbiamo, non contano più), “il piano di riforme è poca cosa” (come quelli di tutti gli altri Paesi, che iniziano a scriverli ora e han tempo sino a fine anno, scadenza che poi slitterà a fine aprile 2021). Carlo Verdelli pare Bartali: tutto sbagliato, tutto da rifare. Titolo: “La carta d’identità sbiadita del governo (e della nazione)”. Svolgimento: “il governo sembra avere smarrito la carta d’identità, con quella provvisoria ormai scaduta da un pezzo”, privo com’è di una “reputazione spendibile e credibile, specie sui tavoli dove si sta giocando la partita più delicata del finanziamento per ripartire dopo i disastri del virus”; e poi “la bizzarria tutta italiana di mantenere lo stesso premier per due esecutivi molto diversi”, colpevole di “stallo immobile”, mentre “ l’improbabile categoria ‘giallo-rosa’ ricorda il fiocco ormai sbiadito appeso fuori dalla nursery alla nascita del secondo Conte”. Delle due l’una: o a Bruxelles hanno gli occhi foderati di prosciutto e han dato fiducia al premier sbagliato, o Verdelli ha scritto il pezzo senza sapere del Consiglio Europeo. E senza che nessuno avesse cuore di avvertirlo. O di cestinarlo.
Repubblica è da leggenda: “Vince l’asse tra Berlino e Parigi”, “Merkel raggiunge il compromesso sugli aiuti e salva l’Europa”. Conte, a Bruxelles, non c’era proprio. Sta’ a vedere che, al vertice dei Ventisette, erano in Ventisei.
Mentre attendiamo le scuse dei finti patrioti che una settimana fa ci insultavano per i nostri titoli sulle “Notti magiche inseguendo il Covid” e sulla “Trattativa Stato-Bonucci”, mentre l’assessore laziale alla Sanità attribuisce all’“effetto Gravina” il boom di nuovi contagiati e ricoveri in ospedale per i folli festeggiamenti legittimati da SuperMario (“Con quella Coppa possono fare ciò che vogliono”), concludiamo il racconto del Consiglio Europeo di un anno fa, quando Conte portava a casa 209 miliardi e i veri anti-italiani rosicavano di brutto. Vedi mai che qualcuno capisca la differenza tra tifare contro il proprio Paese e mantenere la lucidità (e la salute) dinanzi a undici tizi in mutande (più riserve).
Il 22 luglio 2020, al suo ritorno dalla battaglia vinta a Bruxelles, Conte viene elogiato persino da B. (“Accordo buono”), Meloni (“Abbiamo tifato Italia, poteva andare meglio, ma Conte è uscito in piedi”) e financo Renzi (“Conte in Europa ha lavorato bene”). Solo Salvini non ce la fa proprio (“È una super fregatura grossa come una casa, una resa senza condizioni alle scelte della Commissione”). Mattarella riceve il premier al Quirinale e si congratula, così come la stampa e le cancellerie estere. Ma i giornali italiani sono un mondo a parte: confondono gli sporchi interessi dei loro padroni con la realtà e non permettono ai fatti di disturbare i loro pregiudizi. Trovare il nome del premier su una prima pagina è un’impresa disperata, per esperti di nanoparticelle armati di microscopio elettronico.
Sambuca Molinari, su Repubblica, in evidente imbarazzo dopo le centurie alla Nostradamus dei giorni precedenti (“Sul ring europeo con le mani legate”, “Ue, l’Italia all’angolo”), scrive come se Conte a Bruxelles non fosse neppure presente: “Dopo 5 giorni di maratona negoziale (che poi so- no 4, ndr) la battaglia di Bruxelles... si è conclusa con un successo del fronte franco-tedesco... La maratona mozzafiato... ha visto Francia e Germania determinate... contro i Paesi ‘frugali’... e sovranisti”. L’Italia non c’era. Sempre su Rep, Stefano Folli è nero di lutto e verde di bile: quella pippa di Conte “ha ottenuto solo in parte quello che ha chiesto (36,5 mi- liardi in più del previsto, ndr), ma vanterà in ogni caso una vittoria”. Roba da matti. Ma c’è ancora speranza che cada: “C’è una precisa discriminante ed è il Mes... Conte spera ancora di farne a meno, ma è difficile”. Infatti non prenderà il Mes né Conte né Draghi. Segue straziante appello a chi di dovere per “evitare che sia Conte a gestire in solitudine o quasi la leva di potere creata dal Recovery”.
Anche Massimo Franco, sul Corriere, è affranto per l’esultanza di Conte e del governo.
Quindi devono “evitare la tentazione più insidiosa: il trionfalismo”, perché si, Conte ha “confermato le sue doti di negoziatore” e “ha scelto le sponde continentali giuste nella penombra dei consigli del Quirinale” (senza Mattarella, si sarebbe alleato ai frugali), ma “senza l’appoggio tedesco e francese, il risultato sarebbe stato ben diverso”. In effetti, se la partita l’avesse giocata Rutte da solo, avrebbe vinto l’Olanda. Ora Conte si guardi dal “rischio concreto” dell’“ideologia grillina” contro il Mes (sempre sia lodato). I noti economisti di Libero non riescono a riaversi: “Festeggiano Conte perché ci indebita” (Senaldi), “Occhio alla fregatura. Non illudetevi, alla fine pagheremo noi” (Feltri), “Conte lecca Berlusconi e teme l’ira popolare quando emergeranno le bugie sul Recovery” (Farina). C’è pure Facci, inconsolabile, che si sfoga come può ripescando dalla preistoria un incidente stradale del 1981: “Grillo, la vera storia dell’incidente mortale”. Apperò. Alla Verità sono sull’orlo del suicidio: “L’Ue ci presta i soldi (nostri) ma solo dall’anno prossimo” (Belpietro), “Da dove viene quel denaro? Guardate nei salvadanai” (Veneziani). Sul Giornale, l’autorevole Minzolingua rivela: “Il governo rischia il crac sui fondi Ue” perché “è il governo delle marchette” (bei tempi quelli delle nipoti di Mubarak, delle igieniste dentali e delle marchette a spese della Rai).
Per trovare un po’ di obiettività bisogna andare all’estero. Il 23 luglio Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia, in un lungo articolo sul New York Times porta il governo Conte a modello per gli Usa: “Perché l’America di Trump non può essere come l’Italia?”. “Dopo una terribile partenza, l’Italia si è mossa rapidamente per fare ciò che era necessario contro il Covid. Ha imposto restrizioni molto severe e vi si è attenuta. Gli aiuti del governo hanno sostenuto i lavoratori e le imprese... In un caso estremo di ‘non trumpismo’, il primo ministro si è persino scusato per i ritardi negli aiuti. E soprattutto l’Italia ha schiacciato la curva: ha mantenuto il blocco finché i casi sono diventati relativamente pochi ed è stata cauta riguardo alla riapertura... L’America avrebbe potuto seguire la stessa strada, ma Trump ha spinto per una rapida riapertura, ignorando gli epidemiologi... Oggi gli americani possono solo invidiare il successo dell’Italia... Che viene spesso definita ‘il malato d’Europa’. Ma, se è cosi, noi cosa siamo allora?”. Il 26 luglio, mentre Cassese sul Corriere paragona Conte a Orbán, El País lo elogia come l’ex “sconosciuto e sottovalutato”, il “figlio dell’emergenza” divenuto “protagonista dell’Europa”. Ma quelli, non essendo italiani, sono giornali veri.”
Marco Travaglio (collage di quattro editoriali pubblicati su Il Fatto Quotidiano)
giovedì 22 luglio 2021
Palazzo Chigi 2021: Consulenze a go go per la restaurazione nel Paese ...... ma veramente ci chiede questo l'Europa? Chissa?
Nell'editoriale di oggi su Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio scrive:
"L’ayatollah Khomeini aveva i pasdaran, i Guardiani della rivoluzione. Draghi ha i Guardiani della Restaurazione. Sono i presunti giornalisti che scambiano la Fornero per “esperta di pensioni” (infatti le sfuggì il trascurabile dettaglio di 390 mila esodati). Spacciano le critiche di merito al Salvaladri&mafiosi Cartabia alle “bandierine di partito” del M5S e, per farlo, nascondono i gravissimi allarmi del procuratore nazionale antimafia De Raho e del procuratore Gratteri”.
Poi Travaglio continua, evidenziando dubbi sulla buona fede del ministro Cartabia, alla luce di informazioni e chiarimenti esternati, che mal argomentano sulle obiezioni sollevate da gran parte della magistratura nazionale e che assicurerebbero - nell’ipotesi di riforma, a detta della Ministra - presidi per evitare improcedibilità in taluni gravi reati, garantendone un giudizio definito. Una tesi questa costruita forse a tavolino da esperti prestidigitatori teorici, lontani dalla pratica reale della giustizia. In proposito torna anche in mente quella lettera spedita da Graviano ... e ci si chiede se fosse stata la sola.
Fin dall’origine Il Fatto Quotidiano ebbe a sollevare critiche su questa strana formula di governo che, oltre a permanere confusa e priva di indirizzi politici certi, si compone di elementi forse esperti nel campo economico, ma che ignorano gran parte delle problematiche gestionali generali del Paese Italia.
Nonostante fosse tutto pronto si ricorderà che la presentazione del nuovo Consiglio alle Camere - per un’emblematica e forse anche bizzarra o profetica coincidenza del calendario 2021 - fu posposta di qualche giorno. Forse qualcun altro ci aveva visto lungo fin d’allora. L’articolo che ebbi a scrivere in quei giorni, può rinverdire la memoria sull’atmosfera di quei tempi.
Nell’editoriale dello scorso 16 luglio, Marco Travaglio aveva, tra l’antro, chiaramente esplicitato come “L’equivoco del bravo banchiere “competente” e “migliore” per definizione in tutti i rami dello scibile umano sta crollando dinanzi alle scempiaggini che Draghi sforna a piene mani appena esce dal perimetro bancario”.
I fatti di ogni giorno del resto lo dimostrano continuamente e il Premier continua ancora a credere che affidando ogni questione a un gruppo di soggetti esperti in materia, possa trovare i fili per capire complessità specifiche e risolvere le questioni.
Ma anche in questo occorre essere bravi nella scelta di quelli che potrebbero essere i “Migliori”. L’imbarco recente della Fornero testimonia di qualche confusione che forse regna nella testa di un primo ministro tirocinante. Non ci si può improvvisare per diventare Premier certamente, ma è anche vero che per svolgere taluni ruoli, la competenza deve essere accompagnata dall’umiltà di gestire i limiti che ognuno di noi conosce assai bene. Il futuro del paese non può essere fatto apparire come una scommessa, anche se il caso spesso condiziona fortemente i risultati (Il Forrest Gump cinematografico, ha dato chiara l’idea di quanto fortuite coincidenze possano spesso incidere nel mondo reale).
La formula degli esperti, però, nel caso di Mario Draghi non è una novità. In un articolo del lontano 2009 Stefano Sansonetti già denunciava come l’avvento di Draghi come Governatore della Banca d’Italia avesse comportato l’arruolamento di ben 333 consulenti.
Del resto, anche gli incresciosi incidenti del veloce copia incolla nei suoi discorsi alle Camere per l’insediamento a Palazzo Chigi, hanno dimostrato come il collage di consulenze o la copiatura di scritti d’altri è evidentemente un’abitudine praticata da tempo anche dallo staff che ha cooptato in Banca d'Italia e che ha chiamato da subito a supporto.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
martedì 20 luglio 2021
"Chiò, chiò, paparacchiò: Gli insegnamenti che restarono in fondo finalizzati a se stessi"
Per commentare un interessante scritto pubblicato su Economia & Finanza Verde, avevo preparato il commento che segue.
“Uno scritto ben articolato e molto interessante, specie se si vanno a ripercorrere le vicissitudini recenti di tante istituzioni finanziarie, poi risultate non sufficientemente controllate, sia a livello interno, che da parte degli organi istituzionali chiamati a vigilare.
Ricordo, in argomento, come in un corso di circa trent’anni fa, volto alla formazione di giovani colleghi da avviare all’attività ispettiva, dove diversi esperti veterani erano impegnati a insegnare le specificità insite ai vari aspetti settoriali della futura attività, tutte le problematiche erano ben presenti.
Io ebbi modo di partecipare al primo di quei corsi, per il solo privilegio di appartenere alla divisione che aveva istituito questa metodologia di formazione.
Fra le tante idee di allora legate all’erogazione del credito e alla valutazione del merito creditizio ritrovo oggi esposti nell’articolo dei principi molto similari a quelli di allora.
Ne deduco che le regole di base - che in quelle circostanze furono oggetto d’insegnamento – erano valide, ma non fecero però poi tanta strada nel composito management che ha gestito gli impieghi degli istituti di credito; attesi i tanti default che hanno interessato moltissime realtà, pure di diversa portata.
La storia ha, nei fatti, pure definito - in questo trascorso di tempo – l’effettiva valenza delle valutazioni prospettiche e di ogni forma di vigilanza applicata da chi, intanto, ha gestito i controlli. Magra considerazione, se gli insegnamenti restarono in fondo finalizzati a se stessi, costituendo formalità di eccellenze rimaste vacue teorie che, nella pratica, alla fine della fiera, trovarono poi scarsa applicazione."
Mi piace ripensare a tutto questo per evidenziare come anche in una qualsiasi struttura barocca si annidino inevitabilmente delle intelligenze vivaci, propositive e preparate che, come accade in ogni campo socio-culturale, devono però spesso adattarsi e sottostare a direttive di superiori che non sempre si rivelano all’altezza.
A causa sia di dirigenze impreparate o scarsamente capaci di sfruttare le valide individualità/strutture a loro sottoposte e di cui dispongono (ovvero per l’aver volutamente privilegiato scelte meno impegnative che non superassero o facessero ombra alle potenzialità, aimè, concesse loro da madre natura), i risultati sono pertanto quelli che si presentano oggi sotto i nostri occhi e di cui Daniele Corsini sommariamente racconta - come trascorso storico - nel suo articolo.
Si potrebbe anche chiudere questa breve dissertazione affermando che nulla di veramente nuovo accade – e da sempre - sotto il sole; mentre la ruota del nostro tempo continua a girare, tra l’indifferenza di tutti rispetto agli insegnamenti che si potrebbero e dovrebbero ricavare da una rilettura più attenta e illuminata della storia.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
P.S. – Di quel corso mi rimane ancora impressa in memoria anche quella originalissima formula che veniva utilizzata continuamente da uno dei docenti, ottimo ed esperto ispettore di quei tempi: “Chiò, chiò, paparacchiò”. Un motto che utilizzava per chiudere ognuno dei suoi articolati discorsi didattici e con il quale intendeva semplicemente formulare il classico “eccetera, eccetera ...” che andava a chiudere la trattazione di ogni argomento. Forse oggi un eccellente epitaffio, utile a concettualizzare l'applicazione pratica di tutti gli insegnamenti che, in ogni caso, venivano impartiti ai novelli vigilantes.
sabato 17 luglio 2021
Renato Scorza, l’amico calabro-romano dell’Ispettorato Vigilanza.
Scorrendo distrattamente le notizie di Facebook, ieri sera ho appreso così della dipartita di un collega amico, con il quale ho trascorso un importante tratto della mia esperienza lavorativa. La notizia diceva: “Per i tantissimi che lo hanno conosciuto comunico che oggi ho purtroppo appreso della scomparsa lo scorso giugno del carissimo Renato Scorza, una istituzione dell' Ispettorato Vigilanza. R.i.p.”
La vita è strana per certe coincidenze. L’ultima volta che ci siamo sentiti in viva voce, gli esternavo delle considerazioni su come certi personaggi, che hanno rappresentato molto nell’istituzione bankitaliese, vengano a scomparire avvolti dall’oblio e nella quasi indifferenza dei molti che, invece, avrebbero avuto da dire e raccontare, per dare giusto merito a chi ha ricoperto ruoli importanti e non secondari nell’attività di vigilanza bancaria, non necessariamente riconducibili al mero grado gerarchico.
Della circostanza ne venivo a parlare con Renato e, riferendomi alla morte di Vincenzo Desario, avvenuta nel novembre 2020 e di cui ne diede notizia il Messaggero di Roma, lo invitavo a scrivere qualcosa, stante la sua profonda comunanza di esperienze avute con una figura che conosceva assai bene, anche per i costanti contatti lavorativi nella specifica area di competenza.
Come è solito, dalla Banca, nessuna voce istituzionale aveva però speso una sola parola per ricordare il triste avvenimento e lo spessore di un personaggio di caratura come Desario, che aveva rivestito un ruolo molto importante nella complessa storia della finanza nazionale.
Con Renato, nelle nostre conversazioni emergevano oggi, come spesso capita fra amici, intese e divergenze d’opinioni, in questo caso però era d’accordo con il mio pensiero e, pur lasciando trasparire la tanta voglia di voler scrivere sulle esperienze lavorative trascorse, non raccolse l’invito, rivelando una stanchezza che non gli era propria. Evidentemente la malattia, di cui avevo avuto vago sentore, lo scoraggiava ad avventurarsi in narrazioni fisicamente impegnative.
Nonostante tutto, ogni tanto, anche attraverso qualche email, rispondendo a delle mie dissertazioni, continuava a regalarmi pillole tipiche di una scrittura competente, che riusciva sempre a focalizzare il cuore in ogni questione posta in discussione.
Di recente avevamo anche parlato di fotografia e di come di quella passione fossero pure intrisi i suoi ricordi del padre calabrese. Nella circostanza ebbe ad inviarmi delle sue foto ricordo.
Della morte di Renato Scorza, ora venivo ad apprendere solo attraverso un post che l’ex collega, Enrico Scoti, veniva fortunatamente a scrivere fra le varie notizie pubblicate in uno dei gruppi social di Facebook, spesso creati da nostalgici in quiescenza.
Una scarna notizia che mi ha colto di sorpresa, avendo negli ultimi tempi rinverdito i rapporti con lui attraverso messaggi scambiati su whats app; le nuove forme di comunicazione che consentono – specie a noi anziani – di mantenere collegamenti non invasivi con persone con le quali ci piace avere ancora dei contatti.
Personalmente sono tanti gli aneddoti che affiorano fra i miei ricordi della parentesi lavorativa romana all’Ispettorato e non solo; tante le esperienze e gli impegni che mi hanno consentito di apprendere e addentrarmi sempre più nel mestiere. Lui sapeva ben riconoscere i cani da tartufo e gli piaceva anche addestrarli e affinarli nella non facile ricerca di quelli più nascosti.
Nella circostanza però mi piace di più ricordare il suo modo di fare apparentemente scanzonato e risentire nelle orecchie quella sua voce ironica e allegra che non era mai portata a drammatizzare e che ogni tanto mi appuntava pure, dicendomi con il suo affettuoso motto romanesco: “Salvatò …. ma che stai a dì?”.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
domenica 11 luglio 2021
Forrest Gump e il Comandante Schettino
L’ammucchiata che costituisce l’attuale governo Draghi non ha un’anima politica e tantomeno una parvenza d’idee programmatiche certe, se non quelle di manovrare una serie di riforme sotto una pioggia di denari che ha ormai fatto impazzire i padroni del vapore Italia.
Lusingato dall’opportunità il Forrest Gump made in Italy della situazione, già da tempo evocato da molti, non ci ha pensato due volte ad assumere il ruolo di capitano della nave.
Non ha però tenuto in giusto conto della fine che ebbe a fare il povero Schettino, che per accondiscendere alle desiderate di molti, ebbe a schiantarsi in uno scoglio affondando miseramente la sua nave Concordia.
L’eventuale paventata minaccia di dimissioni per sfilarsi dalla Presidenza del Consiglio potrebbe però anche costituire una eccellente drittata; per evitare di essere richiamato a bordo dopo il probabile incagliamento politico.
Durante questo breve tempo, il nostro, ha avuto modo di capire meglio la situazione e riflettere sul fatto che – stando così le cose – Mattarella e non solo lui - gli abbiano precluso un traguardo che sembrava ormai quasi scontato.
L’incarico a Premier gli ha oggi quasi reso impossibile – stante le garanzie di credibilità che la sua persona rappresenterebbe nel panorama internazionale – di poter raggiungere l’ambita comoda poltrona del Colle.
Chissà, avrà forse pensato che cambiando per tempo il programma, facilitando le sue dimissioni o favorendo il venir meno della funzione di Primo Ministro per un voto di sfiducia, possa già e comunque passare all’incasso, per poter essere acclamato dai parlamentari - sempre plaudenti per qualunque candidato che assicuri loro una permanenza sul loro scranno - nelle ormai imminenti elezioni a Capo della Repubblica.
Anche se in tutto questo interviene il fantasma di un triste precedente; quello che fu artatamente creato dal finto restio Napolitano, che infine portò alla riconferma.
Non è neanche improbabile che il nostro italico Forrest Gump abbia potuto aver modo di fiutare meglio, frequentando gli ambienti di Palazzo Chigi, l’aria che tira nei corridoi della politica reale; con una probabile presa di coscienza dell’impossibilità pratica di poter realisticamente raggiungere i presupposti dell’incarico di governo. Nel non poter portare in porto quasi nessuna delle riforme (peraltro indefinite) del programma velocemente approvato in Parlamento, richiesto dall’UE - e pure vincolante - per i finanziamenti europei Pnrr del Recovery.
E in questa ipotesi infausta, come si potrebbe rapportare con tutti quei commensali ingordi che l’hanno cooptato e che, già seduti nella tavola imbandita, aspettano di gustare la propria fetta di torta di miliardi loro assegnati? All’Italia intera era stato lasciato immaginare che si fosse trovato l’esperto marinaio che avrebbe pescato una miriade di gamberetti, pur non avendo cognizioni specifiche delle imprevedibilità connesse. Il Forrest Gump fortunato, vincente e onnisciente per l’appunto, pure capace di saper individuare discepoli competenti e accettati da tutti come “Migliori”.
Il nostro, nei suoi ultimi trascorsi, ha ricoperto ruoli dove vincere per lui è stato sempre facile, specie se dirigendo, delegando costantemente la realizzazione dei compiti ad altri; anche in realtà transnazionali dove gli è solo bastato un generico “whaetever it takes”, per campare di rendita e far passare così quella frase pure fra i più celebri motti proninciati nella storia.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
mercoledì 7 luglio 2021
Alla fiera dell'est
Tutti i telegiornali e i media in genere, in questi giorni hanno dato notizia del fatto che i principali organi istituzionali dell’economia italiana hanno previsto un balzo del tasso di crescita di non meno del 5% per l’anno in corso. Positiva sarà anche la crescita per il 2022.
Ad affermarlo erano, in scala, il Presidente del Consiglio, il Governatore della Banca d’Italia, il Ministro dell’economia e via dicendo.
Bastava però riflettere sui trascorsi di queste, che erano definite come delle autonome e autorevoli personalità pubbliche, per capire che in verità il pensiero era unico, in quanto tutto concatenato a una filiera produttiva di un pensiero unico: “Banca d’Italia”.
Almeno questi tre esponenti citati e i loro staff d'ausilio (sempre abili nel "copia e incolla"), ampiamente cooptati dall’organo bancario una volta in auge e al centro dell’economia nazionale, si erano passati un unico testimone, adottando uno spartito musicale classico, da suonare agli italioti come fosse una composita e originale sinfonia.
I migliori sembrano predire ovvietà per il futuro economico di un paese che si appresta a drogarsi di liquidità da destinare teoricamente a risolvere problematiche ataviche, ma che costituiscono l’unica fonte di finanziamento a debito in un sistema capitalistico senza capitali di rischio.
Con il concatenamento dei vari personaggi che oggi costituiscono la filiera politica che governa l’attuale economia, mi è tornata in mente la geniale composizione di Angelo Branduardi, che riporto di seguito.
L’unico personaggio determinante della catena rimane l’Angelo della morte ….. e qui ognuno potrà sbizzarrirsi a immaginare chi potrà essere colui che ne assumerà il ruolo.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
-- Alla fiera dell'est (di Angelo Branduardi)
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
E venne il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo
Che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto
Che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne l'acqua, che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco
Che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il macellaio, che uccise il toro, che bevve l'acqua
Che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
E l'angelo della morte, sul macellaio, che uccise il toro, che bevve l'acqua
Che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E infine il Signore, sull'angelo della morte, sul macellaio
Che uccise il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco
Che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto
Che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
E infine il Signore, sull'angelo della morte, sul macellaio
Che uccise il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco
Che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto
Che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò.
lunedì 5 luglio 2021
“Whaetever it takes” e Forrest Gump
Non so quanti ricordino ancora quel Forrest Gump magistralmente interpretato da Tom Hanks e che ha vinto numerosi Oscar.
Su Wikipedia, al riguardo, si legge:
“Liberamente ispirato all'omonimo romanzo di Winston Groom del 1986, il film narra l'intensa vita di Forrest Gump, un uomo dotato di uno sviluppo cognitivo inferiore alla norma, nato negli Stati Uniti d'America a metà degli anni quaranta e, grazie a una serie di coincidenze favorevoli, diretto testimone di importanti avvenimenti della storia statunitense.
Il film spazia su circa trent'anni di storia degli Stati Uniti d'America: Forrest, seduto su una panchina, comincia a raccontare la propria storia, che inizia quando egli stesso era un bambino e si conclude approssimativamente nel 1982.
Durante questi anni Forrest conoscerà importanti personaggi della seconda metà del XX secolo come Elvis Presley, John F. Kennedy, Lyndon B. Johnson, John Lennon, George Wallace e Richard Nixon, stabilirà un nuovo clima di pace tra Stati Uniti d'America e Cina, diventerà una stella prima del football e poi del ping-pong, parteciperà alla guerra del Vietnam e a un raduno hippy, senza tuttavia rendersi realmente conto di quanto tutto questo fosse straordinario.
Forrest Gump è stato accolto in modo estremamente positivo sia dalla critica sia dal pubblico, dominando gli Oscar del 1995, portando a casa 6 statuette, sfiorando il record di 14 nomination di Eva contro Eva, Titanic e La La Land.
Il film si trova inoltre al 12º posto nella classifica dei 250 migliori film di sempre redatta voto per voto dagli utenti di IMDb.
Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al settantunesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi, mentre dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è posizionato al settantaseiesimo posto.
Il film ebbe anche un notevole impatto sulla cultura popolare. Frasi come «corri, Forrest, corri» sono diventate parte del linguaggio comune."
Non so a voi ….. ma vedendo un personaggio che va per la maggiore nell’attuale panorama politico nazionale, il pensiero mi rievoca la figura di Forrest ….. poi ne passano altri di “migliori”, imprestati alla politica per risolvere i problemi della nazione, e mi si rafforza il ricordo dello stralunato Gump, emblematico personaggio del film.
Che fossero le copie italiane dei modelli ripescati per far tornare l’ottimismo disperso fra la gente? Chissà!
Certo i subnormali che vanno molto forte oggi nel nostro panorama socio-politico sono tanti. C’è solo l’imbarazzo della scelta e ognuno potrà trovare quello più adatto, secondo i propri orientamenti personali gusti.
Al riguardo, “whaetever it takes” fu la storica frase pronunciata nel 2012 dall'allora presidente della Banca centrale europea; che voleva dire "costi quel che costi" o comunque "tutto ciò che è necessario".
Rispolverata durante la prima fase dell'emergenza Covid, è tornata in auge con la crisi di governo e la chiamata al Colle dell'economista, che ha accettato l'incarico di formare un nuovo governo: ovviamente “dei Migliori”.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
domenica 4 luglio 2021
Congresso Fiaf 2022 a Palermo: lavori in corso
Nel corso di un sabato assolato post Covid privo di nuvole, Fredinando Portuese, delegato regionale Fiaf per la Sicilia, ha riunito a Castel di Tusa un folto gruppo di associati anche per discutere i prossimi impegni collegati alla realizzazione a Palermo del Congresso nazionale 2022.
Gianni Nastasi e Pippo Consoli, rispettivamente Presidente e Vice Presidente dell'Arvis di Palermo, associazione che è stata ufficialmente designata per l’organizzazione del Congresso in parola, hanno relazionato sulle iniziative già intraprese e sulle prospettive logistiche finora portate avanti.
I vari aspetti sono stati approfonditi ed esaminati, in modo da consentire ai presenti di poter conoscere i vari aspetti della manifestazione in corso di definizione e discutere sui vari punti, compresa l’individuazione del tema da scegliere per la mostra fotografica collettiva che andrà ad approntarsi per rappresentare l’intera compagine Fiaf della Sicilia nell'ambito congressuale.
La circostanza ha alche consentito agli intervenuti di assistere al collegamento on line con il Vice Presidente Fiaf nazionale in carica, Attilio Lauria, che ha dato le opportune delucidazioni di carattere generale e fornito le informazioni inerenti alla specifica predisposizione del Congresso. Al riguardo, sono stati definiti tutti gli impegni che attengono ai vari aspetti, sia dal punto di vista economico che organizzativi.
Durante il collegamento, Il socio Pippo Pappalardo, ha attivamente aiutato a focalizzare possibili dubbi, consentendo cosi di pervenire ad un quadro ben chiaro anche sulle questioni formali che, in ogni caso, la Fiaf provvederà a definire quanto prima, per ogni ambito connesso alla manifestazione nazionale.
Alla proficua mattinata ha fatto seguito un pranzo a base di pesce, ben digerito dai presenti.
Nel pomeriggio si è avuta l'opportunità di poter visitare la Piramide che sovrasta Castel di Tusa, che costituisce una delle più interessanti installazioni artistiche facente parte del più ampio sito d’arte denominato “Fiumara d'Arte”, ospiti e accompagnati direttamente nel luogo dallo stesso Antonio Presti.
Prima del rientro nelle rispettive residenze siciliane, ciascun gruppo ha approfittato dell’escursione per andare a visitare altre installazioni facenti parte del circuito artistico, mettendo a frutto il restante tempo disponibile.
L’incontro dei partecipanti, che è stato molto positivo, ha pure consentito conoscenze dirette fra amicizie virtuali e una fattiva familiarizzazione tra gli iscritti a vari Circoli convenuti, attivi nel territorio siciliano.
In ogni caso, per consentire in un prossimo futuro una rapida circolarità d’informazioni, indispensabili per un efficace coordinamento in vista dei prossimi impegni, si è anche deciso di creare un gruppo chiuso dedicato sul social Facebook, per dar modo e consentire a ciascuno di mantenersi aggiornato sullo stato dell'arte e sulle varie decisioni. Rendendosi così anche disponibili a fornire tutte le risposte a eventuali quesiti che potrebbero nascere.
Maggiori comunicazioni verranno in ogni caso formulate nei prossimi giorni, a cura dello stesso delegato regionale Ferdinando Portuese, anche per coloro che non hanno potuto partecipare al raduno.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
venerdì 2 luglio 2021
Da Stonewall ai giorni nostri: DDL Zan
Quella che segue è la sinossi di accompagno al portfolio che ho presentato il 27 giugno u.s. nelle letture in streaming Fiaf di Sassoferrato. L'argomento del portfolio - letto da Silvano Bicocchi, Clausia Ioan e Massimo Mazzoli - è stato da me scelto anche al fine di sfruttare un'opportunità pubblica per mettere in luce questioni complesse da tempo sul tappeto e sempre molto attuali.
"Ogni pride è un evento collettivo aperto, dove ciascuno partecipa come vuole, in modo libero in un contesto gioioso. Il reportage proposto è stato realizzato con 20 fotografie scattate nel corso di un gay pride svoltosi a Palermo nel giugno 2019, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario dei moti.
I moti di “Stonewall” (1) hanno rappresentato la data nascita del movimento Lgbt+ per com’è concepito oggi. Da allora sono migliorate molte cose, ma c’è ancora tanto fa fare. Come la storia insegna, i diritti acquisiti possono essere perduti. In Italia sono molte le battaglie ancora in corso e molti sono, purtroppo, gli episodi di violenza ai danni di persone che sono oggetto di forme di discriminazione e bullismo. “Oggi è più importante che mai marciare per le strade”, scrivevano nel 2019 le organizzazioni che si battono per il riconoscimento di uguali diritti per tutti.
In un suo articolo, Margherita Cavallaro che si domandava se “A 50 anni da Stonewall, c’era davvero ancora bisogno del pride?” rispondeva: “Sì, perché l’omofobia esiste e non è solo quella che ci uccide fisicamente. Il pride serve perché le nostre vite sono ancora controllate dalla paura e questa si combatte e sconfigge solo con l’amore” e - aggiungo io - certamente con la cultura e con la diretta conoscenza della realtà.
Proprio in questi giorni è in discussione alla Commissione Giustizia del Senato il Disegno di Legge Zan, già approvato alla Camera a larghissima maggioranza nel novembre 2020, con un testo frutto di mediazioni e compromessi fra le diverse forze politiche. L’iniziativa, intende prevenire eventi di violenza e si riallaccia alla Legge Mancino, che contrasta i reati di razzismo. Nello specifico, l’intento è di legiferare allo scopo di prevenire e contrastare discriminazioni e violenze basate sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere o sulla disabilità.
II provvedimento legislativo, per quanto ovvio, interessa tutta la comunità lgbt+, compresa anche una moltitudine di bambini con due mamme o due papà. Bimbi ancora oggi discriminati nei loro affetti e nel riconoscimento del loro diritto ad avere riconosciuti legalmente entrambi i loro genitori. Al riguardo, dalla consultazione della pagina web delle Famiglie Arcobaleno emerge che già nel 2005 in Italia, su circa 7.000 omosessuali, il 18% dei gay e il 21% delle lesbiche over 40 dichiara di avere figli. A quella data sono stati anche stimati circa 100.000 minori che vivono con almeno un genitore omosessuale, la maggior parte nati all’interno di relazioni eterosessuali precedenti. L’ISTAT nei dati desunti dal Censimento generale della popolazione 2011 ha documentato che le coppie di persone dello stesso sesso che hanno dichiarato di essere unite da un legame affettivo di tipo coniugale sono in totale 7.513, di cui 529 con figli.
Il reportage presentato testimonia dell’ampia vastità sociale del mondo Lgbt+, che continua però a trovare difficoltà nel dialogo, ritardi e resistenze nell’accoglimento d’istanze, da parte della classe politica italiana chiamata a rispondere. Il tutto in una società sempre più distante che, paradossalmente, si ritrova costantemente più avanti e aperta, nella vita reale composita condotta dai suoi cittadini."
Buona luce a tutti!
© ESSEC