"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."
Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post parzialmente pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).
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giovedì 29 dicembre 2022
Più tardi ho capito che in una fotografia possiamo vedere solo quello che sappiamo (D.Mormorio)
Nella intervista di Giovanni Ruggiero a Diego Mormorio, pubblicata nell’edizione di novembre di Fotoit 2022, nella sua prima risposta Mormorio esordisce con una chiave emblematica.
“Da ragazzino mi incuriosivano molto i ritratti, soprattutto quelli delle persone che non avevo conosciuto o che erano morte da poco tempo. Ricordo che ho passato molto tempo a guardare il ritratto di mio nonno morto da pochi mesi. Cercavo di capire se in quel pezzo di carta ci fosse qualcosa che della persona fotografata non ricordavo, che non avevo visto. Ma più guardavo e più capivo che lì, in quel pezzo di carta incorniciata, c’era soltanto la persona che conoscevo, che ricordavo, c’erano le sue parole, i suoi gesti. Ma niente di più. Più tardi ho capito che in una fotografia possiamo vedere solo quello che sappiamo. Niente di più. I ritratti hanno comunque continuato a interessarmi, e ancora mi interessano molto. Per il resto, la fotografia mi sembrava una cosa poco utile che, ironia della sorte, mi ha poi riempito la vita.”
Per quanto ovvio, quindi, al di là della fotografia e, più in generale, le conoscenze e la propria cultura stanno alla base di ciò che riusciamo a leggere e comprendere. Verità assolute che accompagnano l’uomo dalla nascita e che, attraverso un lento percorso evolutivo, porta oggi a poter quasi gestire e di certo a dissertare (quasi razionalmente) su argomenti basati su un concettuale complesso e variamente assemblato.
L’avvento e la diffusione dell’informatica ci ha fatto plasticamente apprendere oggi ancor di più di quanta sapienza è raccolta nel tempo e quanto è quella che si disperde con l’avvento della morte.
Una delle ambizioni utopiche dell’esistenza umana è quella di raggiungere l’impossibile traguardo dell’eterno, ovvero la capacità di poter conservare le tessere del mosaico e i singoli frames del nostro esistere, che continua ad arricchirsi con ogni giorno attraverso il laborioso impegno e l’ingegno.
Se qualcuno si volesse avventurare a enucleare, anche a spanne, il numero degli individui e delle personalità incontrate lungo il suo percorso di vita starebbe ancora qui a discernere.
Peraltro, al di là delle osservazioni di Joan Fontcuberta, intendendo contare le fotografie di attimi, per ogni personaggio colto in posa, illuminato della luce mutevole di momenti, si starebbe a catalogare una serie infinita delle immagini pirandelliane dell’uno, nessuno e centomila che identificano ogni essere nel tempo; per le naturali variazioni estetiche e etiche, perpetue e attive in ciascuno. Risulterebbe quindi assolutamente impossibile addivenire a una totalizzazione plausibile e razionale; ogni pretesa così più che illudere alimenterebbe delle pure e semplici umane utopie.
Le tecnologie moderne però parallelamente consentono oggi di mantenere vive e perseguibili le illusioni; il che, per i cadenzati passi avanti che continuano ad aprire sempre nuovi panorami, induce a considerare come raggiungibile qualsiasi chimera. In più, in qualche modo, tutto quell'insieme di formule della comunicazione, oggi consente di rendere ripercorribili tracce di eventi già accaduti e appartenenti al passato, riuscendo così quasi a fissare come eterne e rileggibili le storie. Gli utilizzi di magneti, lettori ottici e altro, fanno sì che testimonianze realistiche (seppur dalla durata fisica ancora incerta) siano così catalogabili e decriptabili grazie a stratagemmi; prefigurando come possa quasi essere alla portata e, quindi, raggiungibile l’utopia dell’eterno.
Oggi cinematografia e archivi televisivi consentono, infatti, di rivedere testimonianze di soggetti defunti, riascoltarne le gesta in eventi accaduti che ormai appartegono al passato, con delle tracce virtuali che li rendono vivi. Un fenomeno strano e, per taluni aspetti alquanto inquietante è quello che mantiene vive nei social anche le persone decedute, confondendo così anime e corpi.
Eventi, fissati attraverso processi materialistici e tecnologici conservativi, rimangono così registrati e preservati dall’andare irrimediabilmente perduti (sia sonoramente che visivamente).
Nel tempo, le narrazioni primitive e la letteratura poi (favorita dalla stampa), hanno avviato l’allungamento della durata dei processi conservativi che, via via, hanno accelerato forme di custodia e trasmissione diretta della cultura; attivando e favorendo il processo evolutivo del pensiero umano (implementato nei Dna generazionali).
Lo sviluppo di nuove forme tecnologiche, poi, come la governance di big data, attraverso processori e sistemi informatici - con il più complesso accumulo delle relative fonti - hanno in breve pure introdotto forme di nuove possibilità di sfruttamento e rivolto lo sguardo a utilizzi variegati e ottimali di una sempre maggiore mole d’informazioni disponibili. Il risvolto consumistico dei sistemi capitalisti hanno ancor più stimolato l’accumulo di un composito software “simil-umano” che regola i nostri comportamenti, realizzato con l’avvento di hardware sempre più complicati e l’applicazione sempre più presente di algoritmi che costituiscono elementari processi minimali simili alle funzioni fondamentali e specifiche dei nostri cervelli.
Lo sviluppo di nanotecnologie e quant’altro utile alle gestioni informatiche micro consentono ormai di rendere praticabile tecnologie acceleratrici in ogni elaborazione; capaci di rendere perfino umanamente accessibili delle relatività fantastiche che fino a ieri apparivano non solo impossibili ma anche inimmaginabili. Quanto già realizzato dai colossi Google e da servizi segreti degli stati tecnologicamente più evoluti, di fatto è ora orientato all’accumulo delle idee e delle azioni manifestate che, attraverso specifici algoritmi e decriptazioni precostituite, vengono raccolte e elaborate a scopo socio-politico (per sfruttamenti finalizzati e predefiniti, commerciale compreso).
Parallelamente uno sviluppo delle tecniche di comunicazione, consente di affinare anche strumenti di controllo; orientando o deliberatamente indirizzando - con sempre maggiore precisione e fine - le masse amministrate, verso desideri indotti e/o paure virtuali, condizionando scelte e, volendo, andando a favorire l’addivenire di politiche preordinate precostituite.
Non è quindi da escludere che l’ambizione assoluta dell’uomo tecnologico di domani possa venire a essere assai più elevata; con l'idea, per qualcuno, di ambire a trovare un mezzo per copiare in una unica struttura di supporto esterna (un super server o una loro serie, come fosse un mega cervello universale, per intenderci) utilizzabile per raccogliere su dei sofisticati supporti informatici l'insieme delle tracce manifestate.
Con un accorpamento unico e delle analogie con le sinapsi presenti nei viventi; realizzando così un mega cervello atto a raccolgliere il condensato dell’assoluto razionale: nello spazio e nel tempo.
Le recenti foto dell’universo realizzate attraverso il telescopio Webb, costituito da un composito e complesso sistema per l’osservazione spaziale, rappresentano un esempio pratico di quanto sia possibile anche quello che appariva impossibile; dimostrando come tutto ciò è stato reso attuabile attraverso l'intelligenza e la capacità scientifica svipuppata - associata e razionale - di tante menti umane.
Seppure tutto rimane perennemente relativo, le continue scoperte consentono di addivenire continuamente a risultati sempre più stupefacenti, che si aggiornano di continuo e che, nell’accelerata evoluzione delle tecniche attuative, proiettano verso nuove avventure e sempre più ambiziosi traguardi. Con l’assoluta certezza che, in ogni caso, qualunque nuovo successo manterrebbe sempre oscure le origini e il significato del tutto, della dimensione del "tempo-spazio" che costituisce la materia, poichè le limitate potenzialità reali della mente più evoluta non potrà mai raggiungere la “meta” di cui è figlia.
In ogni caso può tornare in aiuto, per concludere positivamente, quanto la scienza moderna ci insegna attraverso la psicoanalisi, quando ci viene ad informare che le fantasie e le creatività restano elementi essenziali per noi esseri umani, nell’avvicinarci a quella che è la nostra vera realtà e a renderci così, superando ogni confine, naturalmente felici.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
giovedì 15 dicembre 2022
Rivisitare le proprie produzioni creative
Un esercizio che potrebbe tornare utile sarebbe quello di rivisitare le proprie produzioni creative, riposizionandosi con la mente indietro nel tempo, per cercare di rileggere aspetti attualizzando le visioni nell’oggi.
In una forma ridotta e limitata a sé stessi, sarebbe un po’ come andare a rileggere l’autore nella forma più autentica. Paradossalmente è come se lo stesso autore andasse a riposizionarsi traslandosi all’indietro, ripercorrendo magari in altra chiave quelle che potrebbero identificarsi come le sue significative fasi formative, con la rimodulazione dei relativi pro e contro che alle stesse sarebbero inevitabilmente annessi.
Potrebbe così capitare o di disconoscere le origini creative di talune operazioni, o anche, simulando una rigenerazione pure secondo il processo creativo di quel tempo, intravvedere nuovi aspetti, magari attraverso il semplice riesame delle metodologie praticate per svilupparli.
Nuovi orizzonti si potrebbero anche aprire, provando magari a collegare tecniche di sperimentazione attuate e indispensabili per le verifiche di percorribilità, specialmente se rimaste solo teorizzate o ancora financo da provare.
Potrebbe pure accadere, quindi, di venire a scoprire, a posteriori, dei possibili risvolti rimasti potenziali, come sospesi in un limbo; intravvedendo, con l’esperienza e la cultura dell’oggi, aspetti in origine mai focalizzati o semplicemente sfuggiti all’attenzione.
Del resto anche idee rimaste consciamente scartate conservano tracce di sottostanti logiche che, magari sfiorate da nuove visioni, potrebbero aprire spiragli di luce, di possibilità praticabili e non viste o, a quel tempo, apparse non meritevoli.
Così, combinazioni e conseguenze logiche di colori e armonie di suoni rivisitate potrebbero venire a prefigurare messaggi diversi e, sviluppando nuove intuizioni, potrebbero mettere in luce aspetti che, elaborati seguendo nuovi metodi e tecnologie aggiornate, consentirebbero visioni differenti.
Nella maggior parte dei casi, rileggendosi all’indietro, si tende principalmente a riscoprire inevitabili molte superficialità o lacune che però, anche se dimenticate o rimosse, hanno costituito una parte integrante del percorso che ci ha portato all’oggi e a quel che siamo riusciti a realizzare.
Sono i famosi baule, i contenitori che conservano i tanti oggetti del passato che accumulano esperienze e ricordi. Tenendo sempre a mente che, specie nel mondo artistico, mediocrità o eccellenze possono prescindere dalla consapevole volontà dell’autore e che le mode e le tendenze costituiscono il vero metro di giudizio; come pure che le grammatiche e le sintassi differenti delle culture insite in civiltà susseguenti, parallele, contigue, contrapposte, secondo le ovvie logiche temporali, costituiscono le chiavi per definire la bellezza, che non sarà mai assoluta, ma sempre specifica e relativa al tempo e al luogo corrispondenti.
Innumerevoli e indefiniti sono e saranno pertanto le coordinate e i confini delle tappe che vanno a convivere nel corso degli anni e a susseguirsi, costituendo dei riferimenti sedimentati per il singolo individuo, per i gruppi e per le popolazioni tutte.
Si formano e si modificano di continuo in questo modo tante scuole di pensiero, con usi e costumi, ideologie e religioni, che condizionano, orientano e indottrinano su percorsi preordinati o preconcetti, legati a disegni immaginati, o anche fantasiosi quanto si vuole, ma sempre indotti da un insieme di regole fisse.
Come ama ricordare l’amico Pippo, sono indefinibili pertanto le barriere (fisiche o psicologiche) che andranno a condizionare e che accompagnano, incanalandoci (includendoci e escludendoci) lungo il cammino delle nostre cadenzate esistenze.
Posizionandoci secondo quelli che risultano i limiti/confini che si riterranno più consoni e che inconsciamente ci rassicurano, se assunti come modelli e stili di vita del vivere comune; mantenendoci sociologicamente nel gruppo a noi più idoneo che, quasi in automatico, riterremo naturalmente a noi è più affine.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
mercoledì 30 novembre 2022
Babele di file che alloggiano nella mente
Figurativamente ci si può immaginare il nostro vivere come un ritrovarsi in un immenso spazio, con tanti ambienti che costituiscono sale da ballo, teatri e tanti luoghi angusti; con luci soffuse e colorate, e con molte di quelle sfere dotate di moltissimi specchietti sfaccettati che riflettono immagini di un turbinio di individui in continuo movimento.
Nel vasto territorio, tanti suoni di voci che relazionano, declamano o che intonano ritmi musicali differenti, raffinati, tribali, evoluti, pop, punk, folk, etc... e il non pensare a tutto quello che vediamo, che seguita a correre veloce in un universo inimmaginabile e che ci pone indifferenti. Facendo tutti quanti base su un pianeta – che abbiamo chiamato Terra - composto da continenti (placche solidificate simili a croste) e masse d’acqua, che galleggiano su un magma infuocato che consente miracolosamente la vita, la nostra.
In superficie e con una atmosfera limitata e vulnerabile per l’attuale esistenza, noi masse d’umani ci dibattiamo, infatti, alleate o divise secondo ottuse convenienze. E così ciascun individuo resta fortemente impegnato a vivere la propria avventura (sostanzialmente individualista) senza addentrarsi o perdersi in visioni sociali e, più in generale, che non prefigurano o tantomeno necessitino di risposte certe o attendibili, sul vero valore o il significato dell’intera esistenza.
Intanto rimaniamo oggi impegnati nell'aggiornare l’almanacco perpetuo personalizzato che ci vede attori e che da qualche tempo veniamo tutti a scrivere. Annotando le tante riflessioni derivanti da letture, osservazioni o esperienze, ma principalmente da tracce fissate di vicissitudini vissute; che tendiamo a narrare al nostro alter ego riflessivo, che mira alla nostra conservazione e che, evolvendosi, annota e sedimenta nuove e sempre più tracce.
Per quanto ovvio, quindi, ogni individuo è intestatario di un maxi hard disk chiamato cervello, capace d’indefiniti Giga bite, nel quale viene annotato di tutto; più simile o connotabile a una specie di scatola nera (gps antesignano) che registra ogni cosa:, azioni, cognizioni, sogni notturni resettati nei risvegli mattutini, incontri, esperienze, fortune, disgrazie, e tutto quanto ci può accadere fin dalla nascita, partecipando alla vita.
Se dovessimo annotare nelle citazioni tutti i personaggi che ognuno di noi viene a conoscere lungo il suo percorso esistenziale, non basterebbero spazi su cui potere scrivere perché, riflettendoci, sono prossimi quasi al simbolo matematico d’infinito gli incontri giornalieri che, come in uno sliding doors indefinito, condizionano con l’annessa casualità la nostra vita terrena relativa (della cui temporalità spesso non abbiamo neanche piena coscienza).
Ma la nostra mente - sempre più evoluta - nel fare continue cernite selettive, conserva i dati combinati di ciò che le nostre connessioni logiche e le infinite sinapsi ritengono, in qualche modo, importanti. In questo, l’abitudine, l’istintivo spirito di sopravvivenza e, in una unica parola composita, quella che possiamo intitolare come cultura/ambiente ci induce a consolidare solo utili e importanti ricordi.
La scienza moderna sostiene, al riguardo, che i ricordi una volta compressi (con proteine nel cervello) rimangono immutati nel tempo ma, se fatti riemergere, possono mutare (come accade per le riaperture frequenti dei file fotografici in JPG ottimizzati), variando la loro consistenza, perfino a farli scomparire del tutto.
Queste brevi considerazioni sono eterne e connaturare all’essenza degli umani. Piero Angela ieri e Mario Tozzi oggi avrebbero potuto usare la dizione: “elementare Watson”: termini che il detective Sherlock Holmes usava proferire, nei romanzi di Arthur Conan Doyle, al suo fidato collaboratore durante lo svolgimento logico deduttivo delle loro indagini.
Pertanto, più semplicemente si può affermare: “nulla di nuovo sotto il sole”. Perfino e anche le evidenti distonie dell’individualità più intima dell’uomo rispetto ai comportamenti di stessi soggetti, però, riuniti in famiglie, clan, tribù, etnie, regioni, nazioni. Specie quando gli istinti di conservazione (sopravvivenza o potenziale pericolo percepito) hanno una supremazia naturale e prevalgono; rispondondendo, evidentemente, a quell'istinto primordiale che conserva solide radici nei DNA del cervello di ciascuno (come fossero dei files raw o nef grezzi e completi, presenti nell’archiviazione della fotografia dell’era digitale moderna).
Tutto risulta naturale quindi,con civiltà evolute e brutalità barbare che, molto più di quanto sarebbe lecito pensare razionalmente coabitano in gruppi eterogenei o marciano inconsapevolmente in percorsi paralleli. E non bastano le regole autoimpostesi dai popoli, neppure condivise o rispettate sempre, che per necessità di una pacifica convivenza antianarhica tutti adottano.
Razionale e irrazionale si trovano pertanto a convivere, correlandosi e miscelandosi in una babele mediata, in un globalismo molto teorico e di fatto ampiamente umano, fallace e imperfetto.
In tutto questo, per leggi di natura, nell’indifferenza esistenziale - e mantenendo inqualche modo l'incoerenza di fondo - continuano a prevalere le gioie per le nascite e il profondo dolore causato dalle cadenzate morti. Ma anche qui tutto rimane relativo, in relazione alla prossimità collegabile ai vari episodi che accadono.
Concludo questo strano e tortuoso scritto per dire che esso trova origine, nasce, oltre che dalle riflessioni espresse in premessa, anche da un triste evento che in questi giorni ha cancellato l’opportunità di poter continuare a godere dell’amicizia di un caro amico, venuto meno per le note leggi di natura.
Seguendo le regole assolute che propongono e eliminano incessantemente i personaggi che accompagnano l’esistenza nella nostra vita e che, infine, danno termine anche a noi stessi, in quel continuo movimento della fatidica ruota che, in fondo, costituisce l’unica vera certezza nella nostra umana esistenza.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
martedì 22 novembre 2022
TrapanInPHoto 2022: "Ricordando Letizia Battaglia" con V. Greco, P. Pappalardo e F. Cito (Video)
Un libro in cui Letizia Battaglia si racconta a 360 gradi, evidenziando i retroscena materiali e psicologici che l'hanno accompagnata per tutta la vita è "Mi prendo il mondo ovunque sia", scritto con Sabrina Pisu ed edito dalla Einaudi (https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2021/02/letizia-mi-prendo-il-mondo-ovunque-sia.html)
Il filmato proposto ( https://youtu.be/920NrwKFIMc ) è ricco di spunti e denso di testimonianze dirette raccontate da chi l'ha frequentata e conosciuta.
Tra i tanti aneddoti narrati. Particolarmente toccante quello di Cito che riguardava l’ultimo incontro avuto con Letizia nello scorso marzo, presso il Fiof di Orvieto.
Dove, dopo aver acconsentito alla ennesima richiesta di allestire una sua mostra personale al Centro Internazionale di Fotografia di Palermo, gli venne spontaneo di rincorrerla prima che andasse via, per baciarla ancora una volta con affetto. Un gesto inconscio e a lui forse anche inusuale, quasi intuendo lucidamente che quel saluto, fra loro, due sarebbe stato l’ultimo.
Nel suo intervento Francesco Cito, a Valentina Greco (attuale responsabile dell’attività culturale del Centro) ha confermato la sua piena disponibilità per allestire quanto prima una mostra ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, per andare così a onorare quell’impegno solennemente assunto con Letizia.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
lunedì 14 novembre 2022
TrapanInPhoto 2022: Lectio Magistralis di Francesco Cito
https://www.youtube.com/watch?v=Q_3-HG3BBp8&t=11s
"Brillante e interessantissima Lectio magistralis svolta a Trapani da Francesco Cito, con l’intervento del critico Maurizio Garofalo, presso il Museo di Arte Moderna "San Rocco".
Con leggerezza e ricchezza di contenuti, suffragati da una variegata contestuale proiezione di una moltitudine fra le più famose fotografie prodotte, i racconti di Cito hanno riassunto suoi momenti di vita, le sue parentesi, la sua affermazione come fotografo dalle origini ad oggi.
Ha citato del suo arrivo a Londra nel 1972 e della pratica dei vari mestieri per sopravvivere nella Capitale britannica, raccontando senza alcuna enfasi di quei classici casuali incontri che ti cambiano la vita (Inizia come fotografo nel 1975, con l’assunzione da parte di un settimanale di musica pop-rock), delle scelte immediate collegate al raggiungimento del suo obiettivo che era quello di fare il fotografo free-lance, libero di spaziare e realizzare servizi per assecondare sempre quello che è sempre stato il suo istinto. Il suo racconto, per come ce lo illustra, sembra quasi simile a una bella favola." https://youtu.be/Q_3-HG3BBp8
Buona luce a tutti!
© ESSEC
"Brillante e interessantissima Lectio magistralis svolta a Trapani da Francesco Cito, con l’intervento del critico Maurizio Garofalo, presso il Museo di Arte Moderna "San Rocco".
Con leggerezza e ricchezza di contenuti, suffragati da una variegata contestuale proiezione di una moltitudine fra le più famose fotografie prodotte, i racconti di Cito hanno riassunto suoi momenti di vita, le sue parentesi, la sua affermazione come fotografo dalle origini ad oggi.
Ha citato del suo arrivo a Londra nel 1972 e della pratica dei vari mestieri per sopravvivere nella Capitale britannica, raccontando senza alcuna enfasi di quei classici casuali incontri che ti cambiano la vita (Inizia come fotografo nel 1975, con l’assunzione da parte di un settimanale di musica pop-rock), delle scelte immediate collegate al raggiungimento del suo obiettivo che era quello di fare il fotografo free-lance, libero di spaziare e realizzare servizi per assecondare sempre quello che è sempre stato il suo istinto. Il suo racconto, per come ce lo illustra, sembra quasi simile a una bella favola." https://youtu.be/Q_3-HG3BBp8
Buona luce a tutti!
© ESSEC
domenica 6 novembre 2022
Esicasmo come ricerca mistica di una pace interiore
In questo post non mi dilungo oltre alla sinossi a illustrarlo, in quanto la serie d'immagini costituisce il secondo dei lavori presentati nello stesso evento accennato nel precedente articolo "Apparenze, affetti, limiti e confini".
Sinossi.
"Agnostico è chi è cosciente di non sapere la risposta, oppure afferma che non è umanamente conoscibile una risposta e che per questo non può esprimersi in modo certo sul problema esposto. In relazione a ciò omette argomenti esistenziali, eliminando non soltanto la maggior parte della teologia popolare, ma anche quanto appartiene all'anti-teologia.
Ciò non toglie che sia sempre attratto dalle questioni e capita anche che l’obiettivo fotografico dell’agnostico possa costituire uno strumento per documentare risvolti attinenti all’argomento; ovvero che possano tornare anche utili nell’indagare, alla ricerca degli stati d’animo attraverso volti ed espressioni.
Da qui nasce la presunzione di poter entrare nell’universo mistico che ruota attorno all’universo religioso, al fine di tentare d’individuare la realtà più profonda dell’essere umano; nel cercare di coglierne l’essenza immortalando estetiche di sacerdoti, frati, suore e, in generale, di fedeli credenti.
Il fotografo, nel portfolio proposto, s’introduce nel “tempio” alla ricerca di un mistico che sente aleggiare nell’ambiente, difficile da immortalare in immagini se non, minimamente, attraverso la serenità liturgica rappresentata nei simboli e presente nei rituali connessi, oltre che nei visi dei credenti astanti.
Punto focale dell’intera sequenza potrebbe dunque essere la sola settima fotografia; ove la curiosità del fotografo cacciatore s’incrocia con lo sguardo sereno della monachella; la quale portando con sé dei testi teologici dell’esicasmo, suggerisce ciò che – al di la della vocazione o della fatidica “chiamata” - l’ha forse aiutato nella ricerca della sua pace interiore (in unione con Dio e in armonia con il creato). Uno strumento conoscitivo che le ha donato conforto e rafforzato certezze.
La chiusura scontata della sequenza del portfolio è costituita dall’indirizzamento gestuale di una suora che indica verso l’immagine di una madonna fuori campo a cui lei è devota e che sta a troneggiare, simbolicamente, sulla vallata sottostante abitata e assai lussureggiante (Foto 9 e 10)."
Buona luce a tutti!
© ESSEC
sabato 5 novembre 2022
Apparenze, affetti, limiti e confini.
Un recente appuntamento fotografico è stato per me occasione per procedere in una ennesima sperimentazione.
Certi contesti qualificati sono quelli ideali per introdurre novità che difficilmente verrebbero accolte in ambienti normalizzati - quali associazioni, circoli o contesti amicali fra fotoamatori - e così poter valutare a pieno e senza filtri le immancabili naturali reazioni.
Nello specifico avevo velocemente approntato due portfolio fotografici, in qualche modo ispirati dalla tematica “Confini”, argomento scelto quest’anno dalla Fiaf per i laboratori fotografici dell’associazione. Entrambi i prodotti non ambivano certo a concorrere per un premio, bensì ci si prefiggeva di verificare l’ampiezza del recinto “portfolio” e vedere le reazioni o, più semplicemente, valutare plasticamente l’effetto che si veniva a generare.
Sopravvenienze imponderabili mi hanno però impedito di completare l’operazione.
Solo uno dei due lettori prescelti poté procedere alle letture e, un allontanamento imprevisto, non consentì di completare l’esperimento.
L’impatto avuto fu quindi con l’unico esperto che, durante la lettura dei portfolio, sollevando i classici argomenti cui si è portati per giudicare educatamente e in maniera soft una proposta da bocciare, bloccò sul nascere la sperimentazione da me proposta; evidenziando un po’ e riproponendo lo stesso problema che ordinariamente nasce nell’osservare l’arte moderna.
In ogni modo un risultato c’è stato, per me utile, anche se limitato su un solo aspetto, rispetto all'atteso merito complessivo.
Di diverso nell'analisi della proposta c’era anche quello che, per quella branca artistica denominata "arte moderna”, è generalmente il pubblico a perdersi; mentre gli esperti critici e intellettuali sono coloro che si dilungano nell’elencare, a loro dire, i pensieri sottostanti e quelle forme di comunicazione sofisticate, che presuppongono particolare culture e preparazione non accessibili a tutti.
Voler sperimentare nel cercare di mescolare fotografia e arte moderna in un'unica lettura intendeva costituire uno step ulteriore, ma forse - e per certi aspetti - un pò troppo innovativo, che andava a complicare le cose, con il rischio di mescolare troppo e creare solo confusione.
Chi è abituato ad uno specifico lessico e linguaggio, venendo ad applicare solo l’approccio metodologico ed espressivo tipico della forma fotografica, inesorabilmente innescava un’operazione monca; essendo portato naturalmente a trascurare la visione più complessa (almeno questo era l’intento sperimentale supposto).
Quella rimasta adombrata, nella lettura del portfolio, era la parte di proposta che andava a costituire qualcosa di oggettivamente inusuale e diverso. Immaginando un metodo univoco e mediato che riuscisse a mettere innsieme, ad esempio, differenti tipologie di scale di misura (metri, litri, kg .... etc.).
Arte moderna e fotografia sono ormai connotate e riconosciute entrambe come forme d’arte che però, se si rova a combinarle insieme, almeno in un’unica lettura, possono alterare una visione panoramica che ne elimini i “confini” (tra installazione artistica e fotografia). Col rischio di generare in chi osserva confusioni, per gli intrecci e le reciproche invasioni di campo.
In conclusione, per cercare di rendere più chiaro quanto fin qui esposto, e andare al pratico, riporto la sinossi del primo dei portfolio presentati nell'occasione. Fra i due, era quello più difficile e, per talune spigolature e forzature visive, più complesso.
Rimane fuori da ogni discussione un aspetto, a mio vedere, fondamentale; cioè che qualunque creazione artistica deve sempre generare nel fruitore un'emozione e indurre l'osservatore ad andare oltre. Ma l'emozione è anche il denominatopre comune a tante manovre culturali che ambiscono a generare bellezza.
Per quanto ovvio, relativamente al portfolio prospettato, preme precisare che eventuali incongruenze, sgrammaticature o errori e ripetizioni, tipiche nella preparazione di un lavoro del genere, non sono qui da focalizzare oltremisura, proprio per l’intendimento di base che è sottostante all’intento sperimentale dell’operazione.
Sinossi
“Così come un artista vuole sempre rappresentare, con la sua opera, un’emozione e indurre l’osservatore a un pensiero, chi viene a fotografare l’arte interpreta il racconto che legge attraverso la propria mente, fissando con l’obiettivo della macchina fotografica angolazioni e dettagli. Fotografare l’arte, pertanto, non è solo documentare l’oggettività insita e esteriore dell’opera, ma cercare di andare oltre, nel cogliere particolari e sfumature che costituiscono le punteggiature di una sintassi grammaticale che può spesso anche discostarsi dall’idea dell’autore che quell’opera l’ha pensata. Il portfolio proposto, a mio parere, potrebbe già sintetizzarsi con un’unica immagine che racchiude in sé molti dei concetti esistenziali dell’essere umano in argomento (la numero sette). La sequenza raccolta vuole però discernere i capitoli essenziali della narrazione e che differenziano: infanzia, adolescenza, maturità e scoperta dei valori affettivi intimi che sono alla base di ciascun individuo. Passando drasticamente dai colori al bianco e nero, come per la consapevolezza che sono le gradazioni di grigio quelle che sedimentano meglio la maturità acquisita. Nella sequenza, oggetti inanimati, simbolici di ricordi di tanti momenti, ad un certo punto si riaccendono attraverso un incontro imprevisto che è documentato e che attualizza e accende un’emozione da tenere tra gli affetti che andremo gelosamente a custodire nel nostro tempo. Il titolo attribuito intende, quindi, rappresentare l’insieme delle virgole e della punteggiatura in genere che accompagna, differenziandola, l’unicità rappresentata in ogni singola esistenza.”
Quanto proposto, al di là del poter essere condivisibile, vuole rendere partecipe chi ricerca degli spunti, anche analoghi, per continuare a percorrere la strada della sperimentazione culturale (esposta al rischio di fallimento) che necessita sempre di novità, verifiche, sfide, rotture, provocazioni e pure di eresie.
Buona luce a tutti!
martedì 1 novembre 2022
La ruota del pavone, ovvero Fedro 3.0
I pavoni sono una interessante specie della fauna terrestre. In natura la loro enorme ruota è una forma particolarmente vistosa di corteggiamento finalizzata all’accoppiamento che risulta a loro indispensabile per la conservazione della specie.
In quanto esseri animali, anche noi uomini in alcuni casi seguiamo istinti primordiali che portano, talvolta, ad imitare comportamenti bizzarri di specie viventi a noi inferiori.
Allora può capitare che dei vanitosi si atteggino per loro indole a posture esagerate e pavoneggianti, magari con l’aggravante di specchiarsi per ammirarsi e, nell’ostentazione della loro stessa ampia ruota, furtivamente andare a cogliere l’impressione che la loro ennesima esibizione suscita fra gli astanti (aspetti però questi spesso rivelatrici d'insicurezze o paure artatamente celate).
Occasioni pubbliche sublimano quel vezzo che viene a ripetersi e accade pure che suoi fans (per non utilizzare a sproposito il termine discepoli) pendano pure dalle sue labbra, esageratamente supponenti, che intenderebbero perfino rivelare verità.
Accade, quindi, di rivedere metaforicamente un ripetersi di quella barzelletta dove Gesù cammina sulle acque. L’apostolo Tommaso che lo segue con fede, man mano che avanzano, segnala:
T – “Maestro, ma l’acqua mi bagna le ginocchia”,
G – “Tommaso, abbi fede e seguimi”,
T – “ma l’acqua mi ha preso anche per intero le gambe”,
G – “Tommaso, abbi fede e seguimi”,
T – “ma l’acqua mi arriva fino al torace”,
G – “Tommaso, abbi fede e seguimi”,
T – “ma Maestro, l’acqua mi arriva ormai fino alla bocca”,
G – “Tommaso smettila di rompere le scatole e cammina sopra le pietre come sto facendo io”.
Nella vita di ogni giorno capita di tutto e incontrare faune di personaggi variegati costituisce una regola. Importante è mantenere sempre lucidità, nel verificare luci, colori, apparenze, suoni e ascoltare, soprattutto e con tanta attenzione, il "verbo".
In questi casi si usa chiudere precisando che, ovviamente: "tutto è frutto di fantasia e ogni possibile riferimento a avvenimenti o persone è puramente casuale".
Buona luce a tutti!
© ESSEC
venerdì 28 ottobre 2022
Il discorso di Roberto Scarpinato al Senato del 26/10/2022
“Signora Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso Lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione.
Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante.
Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale, lei Signora Presidente ha testualmente dichiarato: “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”.
Concetto che ha ribadito nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma è anche un’ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all’avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo.
Un neofascismo che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche variamente denominate che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e hanno coagulato tutte le forze più reazionarie del paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.
Un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato coprotagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro paese europeo, e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti, considerati carne da macello da sacrificare sull’altare dell’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza.
Ebbene non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione, la circostanza che Lei e la sua parte politica sino ad epoca recentissima abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica, alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione.
Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1956 di Ordine Nuovo che non fu solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese, tra i quali, per citare solo alcuni esempi, mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti, tutti gravitanti nell’area di Ordine Nuovo.
A proposito di padri nobili e di figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile del 2022 il deputato di Fratelli di Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella sala capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni ‘70, condannato con sentenza definitiva a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 che causò 17 morti e 88 feriti e che diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione.
Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella strage e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti, hanno garantito sino ad oggi l’impunità di mandanti ed esecutori, segnando l’impotenza dello Stato italiano a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.
Ebbene il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti come un “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”.
Dinanzi a simili affermazioni, viene da chiedersi, Presidente Meloni, quale sia l’idea di Stato della sua parte politica.
Lo Stato di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, e di tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere la nostra Costituzione, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?
E mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da Lei assunte nel recente passato.
Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. legge Mancino) che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche.
E ancora, a proposito della incoerenza del suo quadro di valori con quelli costituzionali, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che tale reato fu introdotto dal legislatore il 14 luglio 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro paese emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le violenze ed i pestaggi posti in essere dalle Forze di Polizia alla Scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi nel luglio del 2001 a Genova.
La sua parte politica definì testualmente tale nuovo reato “una infamia” e lei Presidente Meloni dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro.
Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal Fascismo storico, né la cortese e labiale condiscendenza del neo Presidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti con il passato ed inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale, che sarà possibile solo se e quando questo paese avrà piena verità per le tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l’occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana.
Un paese che rimuove il suo passato dietro la coltre della retorica, quella retorica di stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposto al pericolo di rivivere il passato rimosso.
E a questo riguardo desta viva preoccupazione la volontà da Lei ribadita di volere mettere mano alla Costituzione per instaurare una repubblica presidenziale che in un paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condivisi, potrebbe rilevarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per fare rivivere il vecchio sogno fascista dell’uomo solo al comando nella moderna forma della c.d. democratura o della democrazia illiberale.
I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno una rilevanza immediata.
Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali, ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongano fine alla crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia sociale che affligge il nostro paese?
La risposta è negativa.
Perché questa crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall’establishment di potere di questo paese che ha surrettiziamente sostituto la tavola dei valori della Costituzione con la bibbia neoliberista, i cui principi antiegualitari e antisolidaristici sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale. Lei signora Presidente e la sua maggioranza politica non siete l’alternativa all’ establishment.
Come attesta anche la composizione della sua squadra di governo e la crescente condiscendenza dei Palazzi del potere nei confronti del suo governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento.
Voi siete stati storicamente e resterete l’espressione degli interessi del padronato.
E quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia tenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire serie perplessità al riguardo tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica che ha tra i suoi soci fondatori un soggetto condannato con sentenza definitiva per collusione mafiosa che mai ha rinnegato il proprio passato, e che grazie al suo rapporto privilegiato con il leader del partito, continua a mantenere tutt’oggi una autorevolezza tale da consentirgli di dettare legge nelle strategie politiche in Sicilia.
Perplessità che si accrescono tenuto conto dell’intenzione anticipata dal neo Ministro delle Giustizia di tagliare le spese per le intercettazioni, strumenti indispensabili per le indagini in tale materia, di abrogare il reato di abuso di ufficio, e di dare corso ad una serie di iniziative che hanno tutte la caratteristica di limitare i poteri di indagine della magistratura nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare.
Certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte della Costituzione e dei suoi valori di eguaglianza e di giustizia sociale, non dalla parte dei martiri della Resistenza e di coloro che per la difesa della legalità costituzionale hanno sacrificato la propria vita.”
Buona luce a tutti!
© ESSEC
lunedì 24 ottobre 2022
Deleghe in bianco e interessarsi ad altro
Dicono che nelle carceri i malcapitati che non appartengono alla fronda dei rituali delinquenti incalliti rischiano di non passarsela tanto bene.
Le leggi interne non scritte determinano equilibri poco governabili, nonostante siano tutti costretti a vivere accomunati sotto un unico controllo carcerario.
Le recenti risultanze delle elezioni politiche, in qualche modo, sembrano voler andare a estendere pure all’esterno libero le tendenze pseudo gerarchiche anzidette.
Elezioni di soggetti discutibili e apertamente supportati da ex soggetti espulsi o allontanati - a seguito di sentenze passate in giudicato - da ruoli pubblici e dai partiti, patrocinano senza riserve o pudicizie, esternalizzandole di fatto, equilibri oggettivamente assimilabili alle logiche rappresentate nei contesti carcerari.
L’abitudine e l’indifferenza, nella disaffezione al voto, costituiscono un’assuefazione al triste fenomeno strisciante, che vede sempre più prevalere e comunque i desiderata del più forte che, a prescindere e al di la dai mezzi utilizzati, persuasivi, ricattatori o semplicemente violenti, continua a esercitare in pieno il proprio potere.
Con quest’andazzo, almeno al Sud, si viene sempre più a generare un certo parallelismo fra due forme di mafia parallele.
A quella classica infatti non si contrappone ma si affianca quella borghese politica che trova spesso convenienze e connivenze adiacenti e utili a tutti.
In qualche modo a tutto questo possono collegarsi le affermazioni del togato al CSM Nino Di Matteo, quando viene a dire, ad esempio, che condannati e indagati per mafia muovono ''i fili della politica in Sicilia''. In un recente evento pubblico l’ex P.M. ha detto anche che, in tutto questo, “i partiti non escludono dalle liste dei loro candidati questi soggetti, anzi spesso li cercano”.
Ancor peggio è che il fatto che il sistema politico complessivo, nel suo insieme, ha fatto ben poco per apportare innovazioni e regole necessarie e atte a impedire il ripetersi di fatti criminosi analoghi a quelli che hanno caratterizzato gli anni di fine millennio.
Ma credo che ancora una volta l’amministrazione della politica sembra riguardare i soliti ambienti e che la gente comune, sempre più impegnata a cercar di poter procurarsi i mezzi per sopravvivere, preferisca conferire ancora deleghe in bianco e interessarsi ad altro.
Buona luce a tutti!
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mercoledì 19 ottobre 2022
Giuseppe Ferla. Architetto palermitano
Per chi ritiene che l’età senile costituisce un peso per la società, come si usa spesso dire, l’architetto Giuseppe Ferla rappresenta la tipica eccezione che conferma la regola.
Bighellonando per i Cantieri Culturali alla Zisa con l’amico Salvo, durante una delle periodiche cacce fotografiche ci siamo casualmente imbattuti in Giuseppe Ferla, un affermato e prolifico architetto palermitano che, solitario, aveva appena aperto il suo stand dove erano esposte al pubblico le sue produzioni professionali in campo edilizio.
Con enorme gentilezza si offrì a parlare del contenuto dei vari pannelli che mettevano in mostra una serie di progetti e disegni che riguardavano edifici di genere variegato. Erano in bella mostra i documenti inerenti a palazzi condominiali, strutture industriali, ville residenziali e tanto altro.
Nell'illustrazione dell’architetto Ferla c’era una esemplificazione dell’ampio raggio della progettazione di opere urbane ed extraurbane, con diversità dettate talvolta dal tipo di mandato ricevuto o dal fine realizzativo che gli era stato commissionato.
Come è noto l’architettura costituisce una forma d’arte a cielo aperto che si identifica con i periodi storici e questo, a prescindere dal genere, dalla destinazione sociale degli edifici realizzati e quant’altro.
Il Partenone, il Colosseo, Abu Simbel, le piramidi egiziane, quelle dei Maia e degli Inkas rappresentano ad esempio la testimonianze di civiltà passate che hanno saputo edificare manufatti monumentali; eccezionali se rapportati anche all'epoca della loro realizzazione.
In tempi più recenti in Italia il quartiere EUR di Roma, spogliandosi dai tanti preconcetti politici e al periodo storico cui lo stesso rimane legato, rappresenta anch'esso un importante complesso progettuale che, in modo completo ed esaustivo, ha costituito l'esaltazione architettonica di una certa idea di contesto residenziale.
In qualche modo, legati al ventennio fascista e ai successivi anni postbellici, si ricollegano pure i prototipi di quei villaggi modello di cui restano ancora diverse tracce nelle campagne siciliane e nell’Italia rurale. Al riguardo, una interessantissima opera editoriale, autoprodotta nel 2021 da alcuni fotoamatori dell'Associazione Le Gru di Valverde col patrocinio Fiaf, dal titolo "1925-1965 Borghi e Villaggi Rurali in Sicilia - Tutto Scorre" documenta e raccoglie una serie di belle immagini in bianco e nero integrate da scritte descrittive anche dei luoghi.
Come accade, purtroppo le esaltazioni e le decadenze culturali e politiche che si susseguono nel tempo condizionano, con pregiudizi che spesso non hanno nulla a che vedere con le soluzioni architettoniche in voga in particolari periodi temporali. Se poi sono legate a scelte di soluzioni esclusive o popolari poco importa, perché in ogni caso hanno corrisposto a visioni sempre identitarie di luoghi e tempi.
Tornando alla ricca esposizione di opere dell’architetto Ferla è da dire che ammirare i tanti disegni predisposti per realizzare molteplici progetti, a noi prossimi e che ci circondano nel nostro quotidiano, veniva a suscitare un certo effetto.
Poter poi interloquire con colui che aveva ideato nel tempo gli edifici è poi stato come dialogare con la storia. Non ultimo, anche per i tanti aneddoti collegati ai singoli progetti, che talvolta aggiungevano narrazioni e raccontavano di personaggi che enfatizzavano maggiormente le originalità di alcuni manufatti.
Dalla raccolta proposta, un particolare aspetto artistico traspariva poi da alcuni schizzi estemporanei che l’architetto Ferla aveva disegnato nelle pagine di diari, che datavano così il concepimento della stessa idea creativa.
Nel volume "Diario di Viaggio" curato da Mariella Nacci, nella prefazione che Leoluca Orlando intitola "Casa" e "Putia", centrando l'essenza dell'attività cinquantennale di Giuseppe Ferla, scrive tra l'altro che nel suo operato c'è la "missione di conciliare creatività e centralità dell'uomo con le strettezze delle normative e la disponibilità della committenza, evitando però di dar vita ad una edilizia massificata".
Per non tediare oltre, invito il lettore ad approfittare di eventuali analoghe opportunità, nel caso gli venisse concessa l’occasione, per poter rivivere il proprio territorio sotto un aspetto che oltrepassa i connotati strettamente tecnici e scolastici destinati solo agli addetti ai lavori.
Per chi volesse conoscere di più sul personaggio casualmente incontrato si rimanda al citato volume, edito nel 2019 da Amici di Plumelia (costo 25 euro), dedicato alla sua ricca attività professionale.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
lunedì 17 ottobre 2022
Il discorso della Senatrice a vita Liliana Segre - Palazzo Madama 13.10.2022
Colleghe Senatrici, Colleghi Senatori,
rivolgo il più caloroso saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a quest’Aula. Con rispetto, rivolgo il mio pensiero a Papa Francesco.
Certa di interpretare i sentimenti di tutta l’Assemblea, desidero indirizzare al Presidente Emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta odierna, i più fervidi auguri e la speranza di vederlo ritornare presto ristabilito in Senato.
Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere con voi queste sue parole: “Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare ai quali ho dedicato larga parte della mia vita”.
Rivolgo ovviamente anch’io un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove Colleghe e a tutti i nuovi Colleghi, che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e dalla austera solennità di quest’aula, così come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi.
Come da consuetudine vorrei però anche esprimere alcune brevi considerazioni personali. Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore...una follia senza fine.
Mi unisco alle parole puntuali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “la pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”.
Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.
Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!
Il Senato della diciannovesima legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perché per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai 18 ai 25 anni, ma soprattutto perché per la prima volta gli eletti sono ridotti a 200.
L’appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l’esempio.
Dare l’esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con “disciplina e onore”, impegnarsi per servire le istituzioni e non per servirsi di esse.
Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica “alta” e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza. Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. E il popolo ha deciso.
È l’essenza della democrazia.
La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti.
Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti.
In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione Repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.
Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica.
In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi.
E anche quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative non conformi ai principi costituzionali – e purtroppo questo è accaduto spesso – la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla Corte Costituzionale ed alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.
Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.
Il pensiero corre inevitabilmente all’art. 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su “sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”, che erano state l’essenza dell’ancien regime.
Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla “Repubblica”: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli!
Le grandi Nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria.
Perché non dovrebbe essere così anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date “divisive”, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1° Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica?
Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.
Altro terreno sul quale è auspicabile il superamento degli steccati e l’assunzione di una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico, contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni.
Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso: nella passata legislatura i lavori della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza” si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità di un documento di indirizzo. Segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti politici, che è essenziale permangano.
Concludo con due auspici.
Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di tutti i membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti e non a parole la centralità del Parlamento.
Da molto tempo viene lamentata da più parti una deriva, una mortificazione del ruolo del potere legislativo a causa dell’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi anni non potevano che aggravare la tendenza. Nella mia ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo un mio fermo convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare.
Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo stesso tempi certi per le votazioni.
Auspico, infine, che tutto il Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo in collaborazione col Governo un impegno straordinario e urgentissimo per rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese che si dibattono sotto i colpi dell’inflazione e dell’eccezionale impennata dei costi dell’energia, che vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e ingiustizie si dilatino ulteriormente anziché ridursi. In questo senso avremo sempre al nostro fianco l’Unione Europea con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale.
Non c’è un momento da perdere: dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere i livelli di guardia e tracimare.
Senatrici e Senatori, cari Colleghi, buon lavoro!
rivolgo il più caloroso saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a quest’Aula. Con rispetto, rivolgo il mio pensiero a Papa Francesco.
Certa di interpretare i sentimenti di tutta l’Assemblea, desidero indirizzare al Presidente Emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta odierna, i più fervidi auguri e la speranza di vederlo ritornare presto ristabilito in Senato.
Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere con voi queste sue parole: “Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare ai quali ho dedicato larga parte della mia vita”.
Rivolgo ovviamente anch’io un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove Colleghe e a tutti i nuovi Colleghi, che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e dalla austera solennità di quest’aula, così come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi.
Come da consuetudine vorrei però anche esprimere alcune brevi considerazioni personali. Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore...una follia senza fine.
Mi unisco alle parole puntuali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “la pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”.
Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.
Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!
Il Senato della diciannovesima legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perché per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai 18 ai 25 anni, ma soprattutto perché per la prima volta gli eletti sono ridotti a 200.
L’appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l’esempio.
Dare l’esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con “disciplina e onore”, impegnarsi per servire le istituzioni e non per servirsi di esse.
Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica “alta” e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza. Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. E il popolo ha deciso.
È l’essenza della democrazia.
La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti.
Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti.
In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione Repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.
Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica.
In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi.
E anche quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative non conformi ai principi costituzionali – e purtroppo questo è accaduto spesso – la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla Corte Costituzionale ed alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.
Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.
Il pensiero corre inevitabilmente all’art. 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su “sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”, che erano state l’essenza dell’ancien regime.
Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla “Repubblica”: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli!
Le grandi Nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria.
Perché non dovrebbe essere così anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date “divisive”, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1° Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica?
Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.
Altro terreno sul quale è auspicabile il superamento degli steccati e l’assunzione di una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico, contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni.
Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso: nella passata legislatura i lavori della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza” si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità di un documento di indirizzo. Segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti politici, che è essenziale permangano.
Concludo con due auspici.
Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di tutti i membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti e non a parole la centralità del Parlamento.
Da molto tempo viene lamentata da più parti una deriva, una mortificazione del ruolo del potere legislativo a causa dell’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi anni non potevano che aggravare la tendenza. Nella mia ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo un mio fermo convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare.
Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo stesso tempi certi per le votazioni.
Auspico, infine, che tutto il Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo in collaborazione col Governo un impegno straordinario e urgentissimo per rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese che si dibattono sotto i colpi dell’inflazione e dell’eccezionale impennata dei costi dell’energia, che vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e ingiustizie si dilatino ulteriormente anziché ridursi. In questo senso avremo sempre al nostro fianco l’Unione Europea con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale.
Non c’è un momento da perdere: dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere i livelli di guardia e tracimare.
Senatrici e Senatori, cari Colleghi, buon lavoro!
venerdì 14 ottobre 2022
Ai tempi del 2.0 ........ Eroe sarebbe .......
La genialità di Vauro che realizza una emblematica vignetta ripresa da Marco Calamari, che viene a parlare di una sua personale iniziativa pro Assange e esprime delle realistiche considerazioni con un lucido articolo pubblicato su Economia & Finanaza Verde, fanno da cappello a quanto vengo a proporre.
Entrambi i presupposti dovrebbero indurre a riflettere sull’opportunismo cui spesso si ricorre nel fare della storia uno strumento sfacciatamente di parte.
Antifascista, fascista, partigiano, eroe, traditore, giuda, audace, coraggioso, pavido, etc. …… tutti termini e aggettivazioni che sempre tornano nell’attualità quotidiana per colorare spesso, con annacquati idealismi, propri punti di vista che sono solo opinioni.
La recente elezione alla presidenza del Senato della Repubblica italiana, al riguardo, può costituire un classico esempio che potrebbe ben associarsi ad alcuni dei termini predetti, magari anche a più di uno o assommarsi ad altri ancora che potrebbero tornare adatti.
Secondo la triste verità il fatto certo e acclarato è che la storia è scritta sempre dai vincitori, che presumono di fare cultura secondo la partigianeria e l’opportunismo del tempo.
Tornando al fenomeno Assange, colpisce l’indifferenza generale su un fatto di una gravità estrema riguardante la possibile estradizione negli USA di un giornalista.
Al di là delle proprie convinzioni che possono essere legate a pragmatismi giuridici più o meno intransigenti e “talibanesimi” vari, occorre mettere in luce come le regole comuni assunte alla coesistenza sociale - morali, giuridiche, costituzionali, religiose e chi più ne ha più ne metta – sono in ogni caso e in modo inconfutabile frutto di compromessi, assunti come utili per la convivenza.
Se viene posto fuorilegge a priori, senza entrare nel merito o sviluppare in modo trasparente il metodo di giudizio e in riferimento a quali leggi, chi svolge una attività giornalistica d’inchiesta che ha delle precise peculiarità in una società evoluta, forse si stanno trascurando le innumerevoli nefandezze che un sistema mediatico opaco - strumentalizzato sia economicamente che politicamente dal potere, quale esso sia - pone di fatto in essere in qualunque angolo civilmente organizzato del pianeta Terra.
Al riguardo, una recente interessantissima installazione (“False Flag” di Voluspa Jarpa) visitabile presso lo ZAC dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, curato da Beatrice Merz, sublima di certo l’argomento.
Nella locandina della mostra si legge che nell’opera d’arte moderna Voluspa Jarpa “ha cercato di capire il modo in cui i governi e le agenzie estere hanno operato al di fuori della legge, ripetutamente, in America Latina durante la Guerra Fredda e un’analisi di una serie di documenti che rivelano l’esistenza di Eserciti Segreti (Stay Behind) implementati dalla CIA e dalla NATO per prevenire l’avanzata della sinistra nell’Europa del dopoguerra, rivelati col nome di Operazione Gladio, all’inizio degli anni ’90 in Italia. I documenti desegretati dalla CIA in quattordici paesi dell’America Latina coprono un periodo dal 1948 al 1993”.
La locandina che accompagna la mostra a Palermo, che accomuna opere di quattro artisti (oltre a Voluspa Jarpa anche Guido Casaretto, Ra Di Martino e Petra Feriancova), riporta, tra l’altro, come: “Molti dei documenti presentano cancellazioni e censure e, proprio per questi segni grafici, non possono più essere considerati solamente testi da leggere ma acquisiscono lo status di immagini da osservare. L’installazione gioca in quello spazio diffuso tra testo e immagine, storia, bugie, censura e disinformazione”.
Quanto è esposto include anche ulteriori testimonianze archivistiche riferite ad altri contesti geopolitici, Italia compresa, inglobabili per analogia e similitudine all’importanza dei media e del giornalismo per calmierare le tante forme di censura diffuse nel sociale, a qualunque livello e in tutte le sfere che presuppongono gerarchie e potere.
Una galleria fotografica e di testate giornalistiche italiane consentono di ripercorrere vicende a noi più vicine e oggetto di denuncia ponendole all’attenzione dell’osservatore.
Per una maggiore completezza dell’intera questione, si rinvia a leggere sia l’accennato articolo di Calamari e, per quanto possibile, visitare l’esposizione intitolata ISOLITUDINE che verrà tenuta fino al 26 febbraio 2023 presso lo Zisa Zona Arti Contemporanee (ZAC) di Palermo, organizzata dalla Fondazione MERZ e che verrà certamente proposta in altri siti museali nazionali.
Altri strumenti a scelta del lettore torneranno pure utili per apprendere, approfondire e consentire di aver maggior contezza delle variegate problematiche sociali che investono, spesso anche in maniera violenta, l'eterno contraddittorio che inevitabilmente è sempre suscitato dalla reale gestione del potere.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
giovedì 6 ottobre 2022
Civitavecchia Palermo ovvero Partenza e Arrivo (Slide show)
Per la visione dello slide show https://youtu.be/RU-bT1Zljm0
In qualche modo, direi che il testo che segue può corrispondere alle immagini dello slide show proposto e viceversa.
Ovvero, nel caso, le parole possono perfettamente coincidere e sostituirsi con i singoli fotogrammi, nel tentare di descrivere le sensazioni che, seppur personali e diverse per ciascuno, ogni volta accompagnano partenze e arrivi.
"Per chi ha sempre dei luoghi nel cuore, rientrare nella propria città ha sempre un sapore speciale e positivo. Non è come quelle partenze che, specie se obbligate e per qualunque causa, generano tristezze e innescano tanta nostalgia. Partenze in aereo o con treni ad alta velocità, però, non lasciano oggi molto tempo a emozioni particolari. Forse una delle poche circostanze che focalizza questi sentimenti rimane nella partenza in nave, dove i tanti passeggeri accompagnano con il proprio sguardo il lento allontanamento dal luogo di partenza o l’avvicinamento al porto di approdo. Una volta c’erano tanti congiunti e amici che accompagnavano nelle partenze e arrivi, che sostavano in banchina fino al ritiro degli ormeggi, oggi sono quasi sempre i soli protagonisti del viaggio che ripetono il rituale intimo del saluto. Ancor oggi tutti rimangono affacciati dai vari pontili della nave per bearsi della vista dell’intero panorama e poi focalizzare in dettaglio i punti specifici dei luoghi più familiari. La zona corrispondente al proprio domicilio e ai tanti rioni che conservano ricordi. I tanti campanili delle chiese attualizzano e rinnovano l’intera bellezza dei monumenti, mentre la mente vola nelle storie e accende fantasie. Partenze e arrivi sono pause concesse alla memoria che, rilassata e senza pressioni o tempi, rielabora frammenti di vita vissuta, con tutti i personaggi passati e presenti connessi alle tante vicende che – ancora oggi – conservano un significato. Ma per assioma anche chi è forestiero e visitatore dei luoghi non sfugge al momento nostalgico e riflessivo. Ogni panorama, così come ogni fotografia, risveglia in ciascuno l’onirico inconscio custodito nel personale che si mantiene velato e riaffiora imprevedibile come fosse solo perennemente sospeso. Come è noto nel linguaggio figurativo ogni immagine rappresenta la sintesi di un qualcosa e per ognuno, magari è diversa ma sempre piena di contenuti e di tasselli di un mosaico complesso. In campo artistico del resto c’è sempre un autore che propone e i tanti osservatori che leggono l’opera, la interpretano e la capiscono a proprio modo, secondo un loro sentire." (tratto da https://angolinodelfotoamatore.blogspot.com/2022/10/lalba-di-andromeda-e-concetti-di-limite.html#more)
Fotografie e montaggio: Toti Clemente (https://photoarteraccontarelarteconlafotografia.wordpress.com/)
Musiche: Piero Alicò e Duilio Saito
Buona luce a tutti!
© ESSEC
In qualche modo, direi che il testo che segue può corrispondere alle immagini dello slide show proposto e viceversa.
Ovvero, nel caso, le parole possono perfettamente coincidere e sostituirsi con i singoli fotogrammi, nel tentare di descrivere le sensazioni che, seppur personali e diverse per ciascuno, ogni volta accompagnano partenze e arrivi.
"Per chi ha sempre dei luoghi nel cuore, rientrare nella propria città ha sempre un sapore speciale e positivo. Non è come quelle partenze che, specie se obbligate e per qualunque causa, generano tristezze e innescano tanta nostalgia. Partenze in aereo o con treni ad alta velocità, però, non lasciano oggi molto tempo a emozioni particolari. Forse una delle poche circostanze che focalizza questi sentimenti rimane nella partenza in nave, dove i tanti passeggeri accompagnano con il proprio sguardo il lento allontanamento dal luogo di partenza o l’avvicinamento al porto di approdo. Una volta c’erano tanti congiunti e amici che accompagnavano nelle partenze e arrivi, che sostavano in banchina fino al ritiro degli ormeggi, oggi sono quasi sempre i soli protagonisti del viaggio che ripetono il rituale intimo del saluto. Ancor oggi tutti rimangono affacciati dai vari pontili della nave per bearsi della vista dell’intero panorama e poi focalizzare in dettaglio i punti specifici dei luoghi più familiari. La zona corrispondente al proprio domicilio e ai tanti rioni che conservano ricordi. I tanti campanili delle chiese attualizzano e rinnovano l’intera bellezza dei monumenti, mentre la mente vola nelle storie e accende fantasie. Partenze e arrivi sono pause concesse alla memoria che, rilassata e senza pressioni o tempi, rielabora frammenti di vita vissuta, con tutti i personaggi passati e presenti connessi alle tante vicende che – ancora oggi – conservano un significato. Ma per assioma anche chi è forestiero e visitatore dei luoghi non sfugge al momento nostalgico e riflessivo. Ogni panorama, così come ogni fotografia, risveglia in ciascuno l’onirico inconscio custodito nel personale che si mantiene velato e riaffiora imprevedibile come fosse solo perennemente sospeso. Come è noto nel linguaggio figurativo ogni immagine rappresenta la sintesi di un qualcosa e per ognuno, magari è diversa ma sempre piena di contenuti e di tasselli di un mosaico complesso. In campo artistico del resto c’è sempre un autore che propone e i tanti osservatori che leggono l’opera, la interpretano e la capiscono a proprio modo, secondo un loro sentire." (tratto da https://angolinodelfotoamatore.blogspot.com/2022/10/lalba-di-andromeda-e-concetti-di-limite.html#more)
Fotografie e montaggio: Toti Clemente (https://photoarteraccontarelarteconlafotografia.wordpress.com/)
Musiche: Piero Alicò e Duilio Saito
Buona luce a tutti!
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lunedì 3 ottobre 2022
Street Art in Molise: Civitacampomarano 2022
Per accedere allo Slide Show: https://youtu.be/uIZrdCDu4bM
Ci sono borghi italiani che lottano con tutte le loro forze per non scomparire. Riuscendoci. È proprio il caso di Civitacampomarano, che grazie ai suoi murales negli ultimi anni è diventato un vero e proprio caso in tema di slow tourism.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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giovedì 29 settembre 2022
L’alba di Andromeda e concetti di limite e confine
Inizio con queste considerazioni annotate in un post da Elena Tempestini che induce a molte riflessioni, anche tenuto conto dello sbandamento culturale e esistenziale che sta attraversando questa nostra società egoista, confusa e sempre belligerante.
Scrive Elena: “Non è l'alba, ma l'alba di una galassia. Una mattina piena di 1 miliardo di soli, l'alba di Andromeda. Una figura a spirale enorme con nuvole di gas che collassano dove si condensano sistemi planetari, supergiganti luminosi, soli stabili di mezza età, giganti rosse, nane bianche, nebulose planetarie, supernova, stelle di neutroni, pu Isar, buchi neri, e ci sono motivi per pensare che ci siano altri oggetti esotici che non abbiamo ancora scoperto. Da questo mondo, ben al di sopra di Andromeda, sarà chiaro, che siamo fatti di atomi e di stelle. Che il grande e antico cosmo di cui facciamo parte ha forgiato la nostra materia e la nostra forma. Andromeda è l'oggetto più lontano che possiamo vedere ad occhio nudo. La prossima volta che la vedrai 2,5 milioni di anni indietro.” Il post è accompagnato dalla foto di Andromeda sul deserto del Sahara di Jordi Coy (Credit. Cosmos astronomy).
Nel pubblicare ieri su FB la foto che ho scelto di mettere in testa a questo articolo inserivo anche la seguente didascalia: "Sarà pure banale ..... una di quelle foto cartolina che abbiamo fatto e viste tante .... ma il tramonto del sole attrae a qualunque età e, a prescindere da tutto, mantiene sempre un suo fascino, anche come segnale del tempo." che per molti aspetti si collega ai tanti contenuti già posti in premessa di questo scritto. Albe e tramonti .... fisicamente simili ma significativi per simboleggiare stati d'animo e impressioni spesso differenti.
Per chi ha sempre dei luoghi nel cuore, rientrare nella propria città ha sempre un sapore speciale e positivo. Non è come quelle partenze che, specie se obbligate e per qualunque causa, generano tristezze e innescano tanta nostalgia. Partenze in aereo o con treni ad alta velocità, però, non lasciano oggi molto tempo a emozioni particolari.
Forse una delle poche circostanze che focalizza questi sentimenti rimane nella partenza in nave, dove i tanti passeggeri accompagnano con il proprio sguardo il lento allontanamento dal luogo di partenza o l’avvicinamento al porto di approdo.
Una volta c’erano tanti congiunti e amici che accompagnavano nelle partenze e arrivi, che sostavano in banchina fino al ritiro degli ormeggi, oggi sono quasi sempre i soli protagonisti del viaggio che ripetono il rituale intimo del saluto.
Ancor oggi tutti rimangono affacciati dai vari pontili della nave per bearsi della vista dell’intero panorama e poi focalizzare in dettaglio i punti specifici dei luoghi più familiari. La zona corrispondente al proprio domicilio e ai tanti rioni che conservano ricordi.
I tanti campanili delle chiese attualizzano e rinnovano l’intera bellezza dei monumenti, mentre la mente vola nelle storie e accende fantasie.
Partenze e arrivi sono pause concesse alla memoria che, rilassata e senza pressioni o tempi, rielabora frammenti di vita vissuta, con tutti i personaggi passati e presenti connessi alle tante vicende che – ancora oggi – conservano un significato.
Ma per assioma anche chi è forestiero e visitatore dei luoghi non sfugge al momento nostalgico e riflessivo.
Ogni panorama, così come ogni fotografia, risveglia in ciascuno l’onirico inconscio custodito nel personale che si mantiene velato e riaffiora imprevedibile come fosse solo perennemente sospeso.
Come è noto nel linguaggio figurativo ogni immagine rappresenta la sintesi di un qualcosa e per ognuno, magari è diversa ma sempre piena di contenuti e di tasselli di un mosaico complesso.
In campo artistico del resto c’è sempre un autore che propone e i tanti osservatori che leggono l’opera, la interpretano e la capiscono a proprio modo, secondo un loro sentire.
Confini è il tema individuato di recente dalla Fiaf per sviluppare progetti fotografici che si ricolleghino all'argomento.
Al riguardo, le tante elaborazioni prodotte, hanno aperto ad idee e visioni variegate che, pur seguendo l’unica traccia, percorrono delle logiche diverse.
Rimane in ogni caso inconfutabile il fatto che se delle scuole di pensiero indirizzano a teorie impregnate di teoriche verità, ogni opinione resta sempre autonoma e opinabile, poiché è solo il tempo che sedimenta verità plausibili.
Ne deriva, quindi, che i confini nelle idee degli uomini sono una esaltazione del possibile o dell’impossibile a secondo dei casi o delle tesi di base che sono poste in campo.
Ciascun essere fin dalla nascita ha un proprio mondo programmato scritto nel DNA, che lo accompagna e che intanto si trasforma aggregando nuovi input; poi interviene la cultura inculcata e, in qualche modo, assorbita (familiare, scolastica, sociale poco importa a voler distinguere).
L’individuo elabora in modo diverso e ciascuno, assecondando l’indole, l’ambiente socio culturale che ha d’intorno, la contemporanea compresenza di genialità possibili, vivendo in assetti socio politici democratici o dittatoriali a secondo della fortuna assegnata dal caso, viene a vivere la propria realtà.
Ritornando alle considerazioni citate nella premessa di Elena Tempestini, quindi, i confini fisici appaiono più netti e percepibili solo in un mondo naturale non normalizzato, dove le individualità restano estranee a canalizzazioni e indottrinamenti, anche se limitate a delle semplici spontanee empatie. Confine, come concetto va in ogni caso e comunque ben oltre agli aspetti più semplici, simili all’equilibrio Taoista rappresentato nel dualismo yin (nero) e yang (bianco), fondamento dell'antica filosofia cinese e che spesso si riflette in aspetti della natura.
Da questi argomenti deriverebbe che confine è tutto ciò che, gradualmente, parte da quella che è la più piccola delle particelle, fino ad arrivare alla complessità inimmaginabile dell’incommensurabile universo.
In altre parole, per concludere, una miscellanea amalgamata di tante singole componenti materiali accorpa simultaneamente e tiene in equilibrio molteplici elementi contornati da confini.
Confine potrebbe definirsi già tutto quello che fisicamente rimane distinto da noi, a cominciare dalla stessa aria che ci circonda; confine è il punto che delimita l’insieme degli esseri viventi che ci accompagnano, animali o vegetali, secondo quanto appartiene ed è visibile al nostro mondo percettibile. Capitolo a parte e ampia dissertazione meriterebbe poi tutto quel mondo complesso collegato alla psiche umana ..... ma qui si corre il rischio di perdersi .....
Le considerazioni rilanciate dalla Tempestini, prendendo spunto dalle albe su Andromeda, inducono già a riflettere sull’essenza dell’essere, i confini e sul possibile significato della relatività assoluta del tempo.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
giovedì 15 settembre 2022
Ingerenze nelle campagne elettorali ..... e tante ovvie stupidità diffuse
Dovrà pure arrivare il 25 settembre per trovare pace e, in un modo o nell’altro, infine, addivenire con l'esito della contesa a dei risultati certi.
In un paese da sempre affezionato a dietrologie e a molti retroscena, capita poi a fagiolo che, specie in periodo elettorale, delle fonti - oggi di origine statunitense - ci relazionino su presunti finanziamenti russi tendenti a influenzare l’andamento del voto popolare.
Per un peccato che sa molto di quel vizio acclarato e perpetuato della costante ricerca di un colpevole da blandire verrebbe da invocare quella famosa frase attribuita al Cristo che, davanti alla imminente lapidazione dell’adultera, ebbe a pronunciare: chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Il presunto scandalo, addentato subito dai media affamati, come per quei cani che si scannano per quell’unico osso lanciato nel cortile, appare assai ridicolo se rapportato in un contesto dove, ancor prima di influenze di potenze mondiali, il campo politico è ancor più condizionato all’interno di ogni singolo paese; da lobby domestiche e interessi di varia natura che tengono sotto paga e ricatti una moltitudine di presunti leader, partiti e partitini senza anima o ideali, che ambiscono al potere e di partecipare alla spartizione della cosa pubblica in favore proprio e della occasionale fazione.
Quindi, alla fine della fiera, in mancanza di argomenti che abbiano contenuti e validi programmi, ogni pretesto appare buono per adombrare il nulla e confondere le acque, con apparenti scandali e polveroni, per fare solo ammuina.
Tutti alzano la voce invocando presunte intromissioni improprie e tutti si incolpano a vicenza come se fossero puri e privi di peccato e - senza alcuna etica, compresi anche quei tanti cattolici bigotti - si organizzano per accaparrarsi pietre da scagliare al presunto nemico, individuato sempre nell'altro che oggi viene a contrapporsi.
Per il popolo italiota e i vari tifosi di parte è sempre sufficiente stabilire che colpa non è giammai propria ma indiscutibilmente d'altri.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
venerdì 9 settembre 2022
Novità: Voto agli under 25 per il Senato
Il Sole 24 ore riporta, nell’articolo di Cristiano Dell’Oste e Valentina Melis del 22 agosto scorso, che “l’abbassamento del limite a 18 anni aprirà i seggi a circa 3,8 milioni di ragazzi. L’incidenza dei nuovi aventi diritto è maggiore nel Meridione, contro una media nazionale dell’8,2%.”
Inoltre: “Il voto degli under 25 per il Senato peserà più al Sud che nelle Regioni del Centro-Nord. Alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre, insieme al taglio dei parlamentari, ci sarà un’altra novità assoluta: l’abbassamento da 25 a 18 anni dell’età necessaria per poter eleggere i senatori. In pratica, il corpo elettorale sarà identico a quello della Camera. L’incidenza dei giovani elettori al Senato, però, non sarà identica in tutta Italia.”
Al riguardo si rimanda all’articolata tabella che riporta in dettaglio il numero e la dislocazione dei nuovi elettori sul territorio nazionale:
Giocoforza le novità porteranno certamente dei grandi mutamenti nell’elezione dei 200 nuovi senatori. Con molta probabilità il fenomeno non sarà stato adeguatamente soppesato dai vari istituti incaricati a svolgere i sondaggi principalmente per i partiti. Anche perché i giovani non sono, in genere, molto propensi a rispondere alle metodologie d’indagine standardizzate dai sondaggisti.
La novità introduce però potenzialità di ampia portata, almeno per l’orientamento probabile dei giovani che si recheranno a votare.
Non è da escludere, pertanto, che piccoli partiti e movimenti che hanno sempre trovato difficoltà, anche a superare le soglie di sbarramento, possano quindi beneficiare di vantaggi al momento inimmaginabili.
In argomento interessante, per una visione complessiva e un'analisi delle caratteristiche demografiche del bacino elettorale, potrà anche risultare la composizione della popolazione italiana per età, sesso e stato civile rilevata nel 2019.
L’atipicità della campagna elettorale condotta da coalizioni e partiti, la riduzione di posti disponibili e l’abbassamento dell’età media dei votanti per il Senato della Repubblica, consegneranno degli eletti che saranno degli outsider nonostante l’adozione del pessimo Rosatellum.
Utilizzando un po’ il nome di uno degli autori dell’articolo, saranno in tanti quelli che scopriranno a breve di aver fatto i conti senza l’oste.
Buona luce a tutti!
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mercoledì 31 agosto 2022
Reminiscenze che ritornano ..... ripensando ai "migliori"
Facendo un percorso all’indietro per ricercare analogie con l’attualità di oggi, ciascuno di noi avrà modo di scoprire tanti fatti accaduti che, in qualche modo, magari somigliano.
Per quanto mi riguarda, anche nella struttura ove ho lungamente lavorato, fortemente imperniata sull’ordine gerarchico, c’erano dei Migliori.
La frammentazione burocratica in una moltitudine di ruoli operativi (dai dirigenti alle maestranze ordinarie che costituivano la massa) tendeva ad agevolare la gestione attraverso l’ordine gerarchico.
Si trattava di un sistema ampiamente collaudato che, specie in presenza di dipendenti mansueti, consentiva anche a funzionari poco esperti di amministrare facilmente le risorse professionali assegnate.
L’avvento di sindacati, sempre più orientati verso obiettivi economici, associato a dirigenze interessate ad avere sempre maggiori autonomie nella gestione del personale, in poco tempo comportarono introduzioni di nuove posizioni d’impiego che, più che differenziarsi in effettive nuove mansioni, andavano a favorire maggiori discrezionalità nell’utilizzo delle risorse.
In breve, migrazioni di ruoli ausiliari di base verso compagini impiegatizie, ebbe a consentire opportunità anche a soggetti meritevoli e capaci, ma più in generale anche di annacquare il livello medio professionale dei comparti operativi. Così come il fatto che corsie preferenziali - già in fase di assunzione - concedevano vantaggi basati su lauree o altre specializzazioni suffragate da meriti teorici da collaudare.
Per quanto poi verificato sul campo, tranne delle rarissime eccezioni, i tipici periodi di esperimento, legati a nuove assunzioni dall’esterno, stante la trasparenza dei processi di selezione e l’indubbio livello dei candidati, non costituivano mai delle valide attestazioni per certificare l’idoneità agli specifici ruoli assegnati.
Nella realtà operativa presa ad oggetto, una miriade di gradi e ruoli venne in breve a confondere i comparti, lasciando ogni libertà gestionale attraverso regolamenti interni generici, che seppur dettagliati, mantenevano vive tante forme di sudditanze e ricatto. Dall’assegnazione a un ufficio all’attribuzione delle valutazioni annuali d’accompagno; con opportunità remunerative anch’esse spesso discrezionali (invio in missione, svolgimento di attività ispettive in accompagno e tanto altro).
Va da sé che l’allocazione sul campo di sostanziali pari grado, venivano a stabilire ulteriori scale di riconoscimenti legittimate dagli stessi regolamenti interni riguardanti la gestione del personale.
La frammentarietà dei gradi e la promiscuità operativa, attraverso possibilità di avanzamenti di carriera (spesso solo teorici, ancorché pilotati a monte da tanti fattori occulti) aderivano agli scopi aziendali orientati ad alimentare competitività interne e aspettative specifiche; con il classico “dividi et impera” da tempo alla base dell’intera organizzazione. Salvo delle dovute classiche eccezioni.
Una regola certa è stata e sempre stata quella che in ogni realtà lavorativa occorre preparazione e competenza, ma è anche acclarato che quasi mai però la meritocrazia è l'elemento posto al vertice o anche ai primi posti fra i valori di riferimento nelle selezioni di avanzamento.
Tutta questa premessa vuole significare che spesso sono tante le concause che determinano certi assetti.
Del resto, nel mondo del lavoro, mentre un’organizzazione privata mira sempre a dei risultati e profitti certi, l’apparato pubblico si muove su altre logiche, spesso scollegate da reali controlli di efficienza e merito.
Nel primo caso l’agilità gestionale costituisce elemento essenziale per la sopravvivenza delle realtà produttive sul mercato di riferimento, nel secondo burocrazie e occupazioni di spazi di potere e condizionamenti sono quelli che governano le realtà lavorative.
Per dare un esempio di come talvolta taluni settorialismi eccessivi possano risultare inefficienti e pure pericolosi, si viene a riportare un evento realmente accaduto e del quale sono stato anche testimone.
Ad un certo momento accadde che il responsabile della Sede doveva essere trasferito a una nuova residenza più importante che, in pratica, veniva a costituire una prestigiosa promozione sul campo.
Poiché l’orientamento fino ad allora tenuto nella gestione dei vari uffici, al di là dei titoli necessari alla copertura dei ruoli, si era essenzialmente orientato sulle empatie, le novità vennero a determinare tante preoccupazioni, specie fra alcuni di quelli che avevano sempre beneficiato di maggiori privilegi e di attenzioni.
Come si usa dire per i topi che lasciano la classica nave che accenna imbarcare acqua, avvenne che ciascuno si premurò di spendere subito i tanti coupon accumulati che, con il cambiamento ormai prossimo e il preannunciato nome del nuovo dirigente, difficilmente avrebbero mantenuto lo stesso valore.
Si conosceva, come detto, il nome del nuovo e i più addentro alle cose avevano già ben chiaro cosa sarebbe potuto anche accadere.
In relazione ai diversi trasferimenti strettamente collegati all’avvenimento, un ufficio in particolare divenne oggetto di una vera decapitazione. Andarono, infatti, via il responsabile della divisione e il suo stretto sostituto, lasciando sostanzialmente acefalo un intero reparto per la particolarità attuata da tempo nella sua gestione.
Chi ha lavorato in certe realtà conosce bene la professionalità necessaria per lo svolgimento dei vari compiti demandati agli uffici. Non è tanto importante l’assegnazione ordinaria degli addetti ai settori, ma è indispensabile il trasferimento più ampio delle conoscenze fra gli impiegati (anche di diverso ruolo e grado) al fine di poter sempre assicurare una costante copertura omogenea e lo svolgimento professionale di ogni possibile compito o funzione.
La realtà di cui si viene a narrare era invece precostituita in settori, che andavano quasi a formare compartimenti stagni, dove i compiti reputati più d’eccellenza restavano esclusivi solo per pochi addetti.
La natura umana è quella che è e, come dice il famoso detto, signori si nasce.
Con la nuova realtà, figlia del nuovo avvento, si vennero a determinare esigenze che – associate a stupide complicità e leggerezze di elementi compiacenti – determinarono il classico esempio dell'ecco a voi "i dilettanti allo sbaraglio”.
La reggenza della Divisione temporaneamente assegnata a un soggetto che era sempre stato volutamente mantenuto escluso da certi compiti, combinata a assenze improvvise che andavano a sospendere la copertura di quelle che erano talune delicate procedure di “eccellenza”, comportarono un’esposizione al ridicolo dell’Istituzione per definizione infallibile.
Questo aneddoto nasce da certe coincidenze di personaggi che, riproponendosi ancora, talvolta tendono a ripetere, anche intersecandosi, strade di coloro che si credono convintamente “Migliori”.
Allo scopo di rendere l’idea, non occorre fare citazioni specifiche o dare altri particolari e men che meno indicare nomi degli interpreti in quei ruoli. Chi conosce l’ambiente o anche chi ha avuto modo di vivere (o vive ancora) in ambienti similari, potrà adattare il racconto alle propri esperienze che, certamente, gli daranno modo di rivivere e rivedere nelle personali avventure le relative figure.
Del resto siamo tutti appartenenti alla razza umana, con pregi e difetti, a prescindere da dove ci si collochi o altri ci allochino.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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