La cultura
e la padronanza della tecnica sono importanti, ma la fantasia creativa di più, anche
se la “casualità” incide fortemente in moltissimi aspetti dell’esistenza umana.
Ho finito
di leggere in questi giorni un libro incentrato sulla matematica, che illustrava
le complessità e le diverse sfaccettature che caratterizzano l’intera materia.
Ho
registrato una commistione di filosofia, religione, combinazioni ed evoluzioni geometriche
che esplicitano in modo chiaro come sia lontanissima dalla nostra portata ogni
possibile esito positivo nella spasmodica eterna nostra ricerca di verità.
Molte
sono le interdipendenze che ci condizionano e in tutto questo, quindi è
assolutamente impensabile di poter razionalizzare materie complesse, che noi ci
rendiamo “in qualche modo comprensibili” ricorrendo financo ad approssimazioni
forzate, a tante convenzioni e compromessi.
Eppure
sappiamo bene che ciascuna scuola di pensiero si fonda e continua sempre a
rispondere a dei canoni ben precisi, che corrispondono spesso a tesi
precostituite e comunque a una serie di giudizi classificati che, seppur
ampliati da aperture culturali, riducono molti aspetti e delimitano le possibili
visioni.
Se per
esempio pensiamo all’uomo primitivo e lo accostiamo al nostro attuale modo di vivere
ci sembra di cavalcare un sogno; ma sono tante le barriere e tabù che ancora persistono,
che dividono, che limitano il pensiero umano, che obbligano a visioni parziali,
ancorchè sviluppatesi progressivamente nella evoluzione della storia.
Eppure
l’intervento occasionale della “casualità” ha sempre aiutato - e costantemente -
la nostra dimensione limitata e, con tanti progressivi “eureka”, ci continua a svelare
evidenze che il regolare vivere manteneva offuscate nella nebbia.
Di
fatto scopriamo sempre cose che in qualche modo esistevano già in natura e che fino
a un attimo prima non riuscivamo a percepire nella nostra visione del
quotidiano.
Fortunatamente
l’intuizione di pochi visionari genialoidi o pazzoidi ha sempre aperto, di
tanto in tanto, nuovi percorsi che, accendendo fari, hanno palesato delle nuove
scoperte.
In
questo la sperimentazione diventa quindi un valore aggiunto e, anche se il
più delle volte porta a conclusioni infelici, in taluni casi, rivela
cose imprevedibili o solo lontanamente ipotizzate.
In
un mondo a palla, si nascondevano fino a ieri interi continenti; nelle foreste
stavano a noi nascoste etnie sperdute; nel fondo degli abissi si occultano ancor
oggi esseri sconosciuti: questo, mentre nell’universo navighiamo in un mondo che per
comodità crediamo possa essere eterno. E qui subentrerebbero anche le concezioni della
relatività, del tempo e dello spazio.
Ma se
tutto è relativo, la correlazione è anche ciò che condiziona il nostro vivere; e
per comodità molti stabiliscono che il tutto è frutto di un miracolo, creato da
un Dio; da un’entità utopica divina, furbescamente creata a nostra immagine e dimensione,
per gestire con utile compiacimento il potere umanoide e governare furbescamente
le sorti dei singoli, soggiogando così interi popoli.
Con
queste evidenti premesse quindi, ogni considerazione o critica volta a spiegare
con assoluta certezza esternazioni dichiaratamente di parte, acclara l’assoluta
parzialità di qualsivoglia opinione e l’inevitabile instabilità o messa in
discussione di una qualsiasi certezza.
La
presunzione dell’uomo però continua a non avere limiti e le sue partigianerie, affermate
come ideologie, velocizzano sempre più delle sfrenate corse che avviano e accomunano verso i
percorsi più semplici.
Fortuna
per tutti noi è che continuiamo a essere comunque degli esseri limitati e fondamentalmente
dei comuni soggetti mortali!
Nella
sua famosa poesia Cesare Pavese scrisse, infatti, la più semplice delle
certezze del nostro “essere uomini” ovvero che: “verrà la morte ed avrà i tuoi
occhi”.
Essec
Verrà
la morte e avrà i tuoi occhi -
questa
morte che ti accompagna
dal
mattino alla sera, insonne,
sorda,
come un vecchio rimorso
o
un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno
una vana parola,
un
grido taciuto, un silenzio.
Così
li vedi ogni mattina
quando
su te sola ti pieghi
nello
specchio. O cara speranza,
quel
giorno sapremo anche noi
che
sei la vita e sei il nulla.
Per
tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà
la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà
come smettere un vizio,
come
vedere nello specchio
riemergere
un viso morto,
come
ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo
nel gorgo muti.