"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."
Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post parzialmente pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).
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venerdì 31 marzo 2023
Studio: parallelismi e convergenze
La street art, quella veramente di strada, annovera, oltre che artisti bravi a disegnare, anche intellettuali che riescono a comunicare attraverso i loro segni dei concetti, rendendoli facilmente comprensibili con un loro linguaggio visivo che spesso li identifica.
Capita, quindi, di riconoscere spesso l’autore di un murales ancor prima di leggerne la firma.
La comunicazione oggi più immediata e efficace è certamente quella fotografica, che è alla portata di tutti e più facile da realizzare grazie a tecnologie (hardware e software) che consentono, anche con semplici cellulari, di generare in un lampo creatività anche originali e quasi impensabili.
Ma in merito a creatività e fantasia non secondario è quanto viene fatto da taluni graffitari che, specie se impegnati nel concettuale, seguono dei filoni ideologici che hanno un impatto immediato, quasi fulminante, per qualsivoglia lettore.
Come spesso capita, ogni progetto articolato per essere efficace necessita di uno studio preventivo e molti artisti (fotografi, pittori, registi e altri performer ancora) si dotano di piccoli taccuini dove annotano idee e abbozzano schizzi su quanto immaginano di andare poi a realizzare. Chi ha praticato una qualsivoglia esperienza artistica conosce bene l’argomento.
Al Maxxi di Roma, in una mostra antologica di un autore italiano affermato, alle innumerevoli foto di grande formato si accompagnavano anche una serie di taccuini dell’artista, aperti proprio nelle pagine afferenti al progetto correlato. L’osservatore poteva così capire, con ogni evidenza pratica, il concepimento dell’elaborazione grafica originale, su come quell’idea era stata ideata, con tutte quante le fasi di studio che, in qualche modo, avevano già fotografato idealmente l’immagine successivamente prodotta con un solo scatto.
È un fenomeno noto, da sempre praticato a tanti livelli e per molte delle discipline che prevedono bozze e approfondimenti per realizzazioni che includono aspetti complessi. Del resto certi studi di Leonardo da Vinci, per esempio, testimoniano l’analisi minuziosa che stava alla base dei suoi tanti capolavori.
Non può, quindi, per nulla meravigliarci se anche certi artisti di street art socialmente impegnati procedano con analoghe prassi nell’ideare le proprie opere.
A tal riguardo mi piace tornare a segnalare un breve slide show su lavori storici di Nemo’s (https://youtu.be/5aSTTP8VCqc), da me realizzato qualche tempo addietro, utilizzando una serie di immagini rese pubbliche e che a quel tempo risultavano postate dall’autore nella sua pagina web.
La visione delle sequenze che s’incrociano affascina ed è più che sufficiente per capire l’intero processo che spesso accompagna la realizzazione di talune opere artistiche.
Analogie simili sono presenti in tanti autori che spaziano nei vari ambiti creativi e generalmente rari sono i fenomeni collegati a delle estemporaneità che risultano frutto solo del caso.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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giovedì 30 marzo 2023
Nel portfolio fotografico, in ogni caso, tutto è oggetto di dibattito e confronto
Non poteva esserci alcun dubbio. La dottrina associata al garbo, che costituiscono una costante nelle lezioni del Prof Torresani, hanno colpito ancora; lasciando l’ennesimo segno sul come una passione può essere goduta più proficuamente attraverso spensieratezza e allegria.
Un week end che, condensando in un unicum: teoria, pratica, dritte, supervisione e le necessarie modifiche apportate dall’esperto docente, ha in ultimo prodotto una serie di portfolio fotografici centrati e appaganti per tutti.
L’esordio per chi si accingeva a praticare questa branca fotografica, ha pure rivelato delle attitudini naturali prima sconosciute che, per quanto ideato e prodotto, ha costituito una positiva sorpresa.
In ogni caso, il “cum grano salis” che il Prof Giancarlo Torresani ha richiamato più volte, in special modo riguardo al giusto dosaggio delle immagini che sono necessarie a completare un messaggio, hanno sottolineato l’attenzione preminente del mantenere un equilibrio fra linguaggio visivo e idea progettuale sottostante. Dosaggio fondamentale che è stato oggetto di dimostrazione pratica nell'ottimizzare i risultati dei quattordici lavori presentati dai partecipanti, come prova pratica dell'aspetto più proficuo del work shop.
Chi era più addentro all’argomento conosceva bene quelli che sono i rischi più ricorrenti quando ci si avventura a preparare un portfolio. Un’attenzione particolare è stata, quindi, posta sull’editing delle foto che ogni partecipante aveva precedentemente scelto per il proprio lavoro, eliminando - con giustificati motivi condivisi - ripetizioni, ridondanze, o curando cromie, rimodulando la successione delle sequenze.
Il tutto fatto sempre con la partecipazione attiva e il pieno coinvolgimento non solo del proponente ma anche valutando i pareri che venivano espressi dagli altri autori, in qualità di spettatori.
Tutti i partecipanti, incrociandosi nei ruoli, hanno infatti assistito alla revisione di ogni singolo portfolio, potendo sempre interagire con il docente per concordare le soluzioni ritenute più opportune.
Per quanto ovvio, quindi, al temine del terzo giorno tutti sono rimasti ampiamente soddisfatti del lavoro svolto, in base ai percorsi comuni che avevano portato ai singoli risultati.
Per la cronaca, il tema prevalente dei portfolio preparati durante il corso è stato quello documentario, anche perché il più facile da poter realizzare in mezza giornata, ma non è mancata la narrativa tematica e anche, per taluni aspetti, la narrativa artistica.
C’è stato chi ha utilizzato fotografie d’archivio e chi, invece, ha realizzato il proprio portfolio con immagini estemporanee, seguendo l’idea di un progetto o utilizzando i risultati di escursioni fotografiche "aperte", senza avere aprioristicamente un’idea ben precisa.
Le diversificazioni che ne sono derivate hanno pertanto anche offerto moltissimi spunti su come è possibile ideare un portfolio fotografico, curando i molteplici aspetti necessari a rendere fluido un racconto.
Alla fine del work shop ciascuno è rimasto pienamente soddisfatto e contento per gli apprendimenti acquisiti, avendo potuto partecipare dal di dentro a tutte le fasi che identificano una prassi fotografica che oggi va per la maggiore ma che, per ovvi motivi, rimane complessa.
Scuole di pensiero si incrociano sull’argomento portfolio e le continue innovazioni via via introdotte vanno ad allargare sempre più i confini schematici sottostanti, che introducono, oltre a nuove regole, inclusioni di elementi visivi che non sempre si attengono ai canoni classici e specifici tipici di una fotografia.
Ma ci sta, poiché nel campo artistico tutti i paletti non sono mai fissati in modo rigido. Anzi, vengono spesso spostati in relazione alle temporalità e al pensiero culturale prevalente del momento.
Resta importante il poter riconoscere quella creatività che conferisce un senso a tutto ciò che chi realizza e che ci si accinge a proporre.
Nel portfolio fotografico, in ogni caso e in particolar modo, tutto è sempre oggetto di confronto e soggetto ad un eventuale dibattito, per cercare di addivenire a risultati comunque mai assoluti, che lasciano a ognuno la possibilità di un giudizio personale (condivisibile o meno, a questo punto, poco importa).
Buona luce a tutti!
© ESSEC
giovedì 23 marzo 2023
Rosiconi si nasce e non c’è rimedio
Ci sono dei tipi che non sanno godersi tranquillamente le opportunità che offre la vita.
Per gli occhi strabici che si ritrovano, sono sempre portati a guardare gli altri in modo strano, quasi mai rapportandosi in modo diretto e, piuttosto che concentrarsi a contemplare le positività che li circondavano, sprecano il loro tempo a rosicare.
Un gruppo di perenni scontenti, si riconobbero e si ritrovarono ad associarsi, per cercare di eccellere nella comune passione fotografica con un impegno collettivo.
Erano certi del fatto loro e più che convinti che, loro esclusi, la mediocrità e il banale erano le qualità circolanti che andavano per la maggiore.
Nella realtà associativa che avevano appena creato, pur restavano soggetti validi e preparati in funzione degli obiettivi prefissati, per le continue distrazioni verso valutazioni e giudizi non richiesti, rischiavano di alimentare inimicizie e causare insuccessi.
Il continuo rosicare, di fatto, restava una prassi comune che nessuno di loro, purtroppo, smetteva mai di praticare.
Eppure non erano dei giovincelli e le esperienze di vita avrebbero già dovuto da tempo insegnare il sano principio del “vivi e lascia vivere”. Un metodo salutare che implica il distogliersi dal guardare sempre in cagnesco l’opera altrui e, magari, cercando di curare meglio ciò che di positivo era più alla portata.
Ma, purtroppo, la maledetta erba del vicino è quella sempre più verde e, in un mondo in cui spesso l’invidia ci mangia vivi, vedendo solo difetti in ciò che sta attorno, si rischia solo di disperdere il tempo utile disponibile.
Un caro amico mi ricordava sempre che bisogna fare il passo basandosi sulla falcata della propria gamba. Adeguarsi alle proprie caratteristiche e peculiarità, accettando con serenità e coscienza la reale consistenza di talento che madre natura ci ha individualmente concesso.
Del resto l’operare che per i dotati risulta un qualcosa di leggero e naturale, in altri meno talentuosi comporta sempre notevoli sforzi, anche nella sostanziale copiatura, finalizzata a riuscire a raggiungere almeno quello stesso livello: il duello indomito di Salieri per l'odiato e invidiato genio naturale di Mozart.
Scioccamente, in questi casi assai frequenti, non viene mai minimamente preso in considerazione il fatto che potrebbe risultare meno stressante il godere del talento altrui, magari concentrandosi a sviluppare quell’analisi critica volta a valorizzare gli aspetti di eccellenza che non è a nostra portata ma che ci circonda e che esiste indipendentemente da noi.
Ma purtroppo rosiconi è un difetto innato e, anche se molti poverini si concentrano nel camuffare, si tradiscono sempre con l’impegno volto alla continua ricerca di possibili difetti ....... nell’opera altrui ....... recitando al contempo quel monotono mantra - declamante e insopportabile - dell’io,io,io,io.
Ripetendo con costanza la fiaba di Biancaneve e della Strega matrigna, per taluni è quindi un continuo rispecchiarsi sui social, con patologie evidenti: “specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”.
Oggi, anzi, queste opportunità sul web sono la finestra ideale per chi è dedito a pratiche insane, con algoritmi che facilitano affinità, incontri e ulteriori potenziali virtuali amicizie tossiche.
Mentre intanto aumentano follower, like e tanti cuoricini.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
martedì 21 marzo 2023
"Andiamo al cinema" (Slide Show)
Link per lo slide show: "Andiamo al cinema" https://youtu.be/gMQ7uohE9Y8
A Palermo la creatività non ha confini. La street art continua con delle nuove installazioni e le formule adottate sono variegate e continue.
Con questa logica i graffitari e gli artisti di street introducono nei quartieri nuove opere che abbelliscono il territorio, arredandolo con un museo all'aria aperta che si implementa e viene messo a disposizione dei palermitani e dei tanti turisti che ogni giorno affollano la città.
La raccolta proposta in questo slide show sfrutta delle strutture abbandonate inserendo locandine originali di artisti dediti a creare anche delle storie.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
sabato 18 marzo 2023
Anche Enrico Scaglia fin da piccolo aveva in mente di fare il fotografo
Mercoledì scorso al Circolo Fotografico Fincantieri-Wärtsilä di Trieste era in programma un incontro con Enrico Scaglia (fotografo che vive e opera a Trieste da cinque anni e titolare dell'omonima Accademia), intitolato «Una questione di testa: una vita passata a fotografare senza macchina fotografica». All’evento pubblico era possibile accedere anche attraverso collegamento in streaming.
Più volte, durante l’incontro è stato fatto cenno a Francesco Cito e non a caso, anche per il semplice fatto che pure Scaglia nasce fotografo per intenzione determinata fin dalla tenera età. Si rimanda, al riguardo, alla prima puntata di “Photo Chi Scatta” dedicata a Cito che “impara a fotografare scoprendo i grandi fotografi”.
Nel piacevole pomeriggio in cui ha intrattenuto i soci, Il primo concetto posto in risalto come incipit è stato quello di indicare i quattro momenti (intitolati: penso, cerco, vedo, scatto) che costituiscono la base per costruire una fotografia conscia e ordinata.
Il talento poi, che con dosi differenti è presente in ognuno, abbinato alla pratica consente di comprimere i tempi di elaborazione, velocizzando l’attuazione delle singole fasi.
Per meglio esemplificare quest’aspetto ovvero che, l’esercizio permette poi al fotografo di accelerare l’elaborazione attuativa dei quattro aspetti, Scaglia ha portato come paragone calzante ciò che è attinente alla pratica nella guida di un’auto, che viene quasi ad automatizzarsi nel tempo.
Tutti i principianti incontrano, infatti, delle difficoltà nel coordinare le tante azioni (durante l’apprendimento di scuola guida si avranno problemi nel pensare contemporaneamente ad abbassare la frizione, azionare la leva di cambio, stare attenti alla strada, verificare gli specchietti retrovisivi, stare attenti al semaforo e alla segnaletica in genere, essere pronti ad azionare i freni, etc.). È poi la prolungata pratica, come sappiamo tutti, quella che porta ad automatismi quasi inconsci, determinando una assuefazione alla contemporanea gestione del composito insieme combinato.
Un altro esempio è anche stato quello che paragona l’apprendimento dei principi della fotografia alla primordialità della natura umana, con il gattonare e fare i primi passi nel camminare eretti; fasi che rappresentano esperienze indispensabili e necessarie per assicurarsi certezze in quella deambulazione futura dell’età adulta.
Tornando all’attività più strettamente fotografica, prima di procedere per realizzare un’immagine alla base occorre maturare l’idea di ciò che si intende fare. Ne deriva che la fotografia da realizzare deve essere, pertanto, prima pensata ed è dopo aver sviluppato un pensiero che si si viene a mettere in funzione quel “serbatoio personale” (che assomma tecnica, cultura, sentimenti, anima, cuore, pancia) corrispondente alle specifiche peculiarità di ciascuno.
Poiché la foto costituisce un mezzo con il quale raccontarsi o raccontare, anche l’ambientazione è elemento importante per far prevalere la base del pensiero che sta all’origine.
Il linguaggio utilizzato (grammatica e sintassi) è la chiave per inviare consciamente un messaggio, con l’intento di creare e stabilire un parallelismo in un contesto culturale tra chi crea l’immagine, chi l’ha commissionata o con chi è comunque chiamato a leggerla.
Eventuali carenze d’informazione generano l’ignoranza (che può caratterizzare anche una delle singole parti in causa), che però può pure aleggiare anche nei casi di eccessi (d’informazioni per l’appunto) che rischiano di confondere nell’assicurarsi certezze, impedendo sostanzialmente di padroneggiare a pieno tutte le potenziali opzioni disponibili, che rischiano di rimanere solo in teoria accessibili.
Altra affermazione portata avanti da Scaglia, anch’essa importante, è stata quella secondo la quale solo durante la ripresa si vede la foto. La giusta lettura in fase di scatto fa sì che, al fotografo, non occorrerà poi apportare modifiche sostanziali nella successiva fase di post-produzione.
Lo stato d’animo di chi fotografa è anch'esso un elemento fondamentale, così pure l’empatia che il fotografo è chiamato a mettere preventivamente in campo. In funzione di quest’ultimo aspetto è stato posto l’accento sull’utilità di focali diverse nell'uso degli obiettivi; raffigurando l’esempio di come talvolta può tornare anche conveniente ricorrere a un grandangolare - per avvicinarsi al soggetto/scena – per poi utilizzare un teleobiettivo, allo scopo di agire in un “campo già sminato” da eventuali imbarazzi o diffidenze preesistenti da subito notate.
Del tutto non trascurabile e, in caso, occorre porre molta attenzione all’effetto attinente ai neuroni specchio, che il fotografo potrà neutralizzare anche con l’esperienza e la piena conoscenza delle tecniche specifiche dell’hardware di cui dispone.
Lo stesso dicasi, riguardo alle conoscenze e alla cultura fotografica generale, qualora si venga chiamati ad esprimere un giudizio critico su una fotografia - o un insieme di esse – nei casi occasionalmente richiesti.
Scaglia ha anche sostenuto che la fotografia analogica dovrebbe essere posta alla base di ogni didattica, anche per la lunghezza dei tempi di cui la stessa necessita.
Stabilita la sensibilità della pellicola che si intende usare, la formula costante è sempre d x t = E (dove D sta per il diaframma, t corrisponde al tempo, “E” costituisce un risultato costante determinato e indispensabile che deve corrispondere alla quantità di luce necessaria per catturare l’immagine che si intende realizzare).
Peraltro, l’agire e il pensare in analogico favoriscono anche la memoria storica, sia per il lasso dei tempi necessari alle diverse azioni ed elaborazioni mentali che precedono ogni scatto, che per il minore numero di fotogrammi consentiti da una pellicola/rullino.
Per concludere, in questo breve incontro non poteva non essere posto l’accento anche sull’editing fotografico, dove, anche qui, il “serbatoio” personale è chiamato a esercitare un ruolo di sintesi importante (il famoso “serbatoio personale” che si ha in dotazione e che è stato curato nel tempo).
Al riguardo è stato nuovamente tirato in ballo Francesco Cito con la sua tesi della fotografia “ruffiana”, pensata per compiacere sé stessi e assecondare le attese del destinatario finale. Ma questo è un altro aspetto che merita una più ampia argomentazione.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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P.S. Nel suo canale You Tube (Photo chi scatta) Enrico Scaglia, si definisce “un fotografo che ama la fotografia e che vuole condividere e trasferire le proprie esperienze” e chiude dicendo che “se vuoi imparare a fotografare prima devi imparare a guardarti intorno ed a capire come la fotografia si è evoluta.”
Per chi volesse ulteriormente approfondire su Francesco Cito, si rimanda alla sua Lectio svolta a TrapanInPhoto del novembre 2022, con la partecipazione del critico fotografico Maurizio Garofalo.
martedì 14 marzo 2023
“Così è se vi pare” anche in fotografia
Un aspetto frequente in fotografia è il caso in cui un lavoro di portfolio viene ad assume dei canoni prossimi al reportage, con una sequenza prevedibile che non offre spunti diversi da quelli che appalesa l’evidenza logica.
C’è chi sostiene che nella sequenza delle immagini occorre intramezzare degli elementi di discontinuità (quasi rottura) e altri che teorizzano sulle tessere di una composizione che, in un portfolio, non devono mai essere delle fotografie troppo definite.
In entrambi i casi, a loro dire, le immagini proposte devono in qualche modo anche prestarsi ad una certa ambiguità, in modo da risultare duttili e idonee a definire interpretazioni completabili con letture diverse.
La sinossi andrebbe, quindi, solo a costituire l’incipit di una storia ed è al lettore di turno che compete l’onere di sviluppare la narrazione completa; valutando, contestualmente, la coerenza e la valenza della grammatica e della sintassi usata dall’autore proponente, pure evidenziando possibili ridondanze e ripetizioni.
In relazione a ciò, potrebbe quasi risultare indifferente il percorso scelto per alimentare il racconto. Se attraverso specifici scatti realizzati ad hoc, in funzione del progetto immaginato, o l’andare ad attingere alle tante fotografie d’archivio, per scegliere quelle immagini attinenti e funzionali alla storia.
A questo punto sembrerebbe che l’aspetto più importante potrebbe essere la formula di sviluppo da adottare per articolare il portfolio.
Nelle diverse lectio gli esperti ci propongono tante possibili tematiche da poter sviluppare.
Nel libro edito da Postcart nel 2015, che costituisce un documento organico su quanto già teorizzato sul tema portfolio fotografico, Augusto Pieroni fornisce delle precise indicazioni su quelle che sono “costruzione e lettura delle sequenze fotografiche”; con schematizzazioni che aiutano anche ogni autore nel severo percorso di editing delle immagini da selezionare per un progetto.
Di recente Silvano Bicocchi ha anche esposto sei tipologie di portfolio fotografici, distinguendoli secondo una contenutistica:
- documentaria,
- narrativa-tematica,
- narrativa-artistica,
- creativa,
- concettuale,
- post-fotografica.
Per rendere comprensibili le anzidette distinzioni, ha pure mostrato delle esemplificazioni corrispondenti ai progetti sviluppabili secondo ogni specifica tipologia.
Può così capitare che nuove formule di portfolio possano anche rivolgersi oggi più alla grafica, o che si ricorra a forti manipolazioni digitali (con photoshop o ad altri stratagemmi e strumentari compositivi), enfatizzando - magari all’occorrenza e oltremodo - le storie visualizzate nell'intento d’approssimarsi il più possibile alle sinossi scritte. Perfino allontanandosi anche dall’uso standardizzato di quelle che costituivano una volta le peculiarità dei fotogrammi di base.
È anche vero che nella creatività e nell’arte in genere tutti i potenziali vincoli sono relativi e, pertanto, “così è se vi pare” avrebbe appuntato Luigi Pirandello soffermandosi sull'argomento (1), e …. poiché anche nei dibattiti e confronti paritari “ogni testa è tribunale”, in ogni caso ciascuno resterà sempre libero di poter ideare ciò che vuole per cercare di sostenere quella che per lui è la sua ragione.
Nell’occasione evidenzio un aspetto abbastanza comune, che capita di frequente a molti di noi quando ci ritroviamo ad assumere il ruolo di discente.
Capita che nell’assistere alle lezioni, seguendo il chiaro schema logico del docente, al momento tutto ci appare comprensibile e quasi quasi fino al punto che, in relazione a quanto appreso, qualsiasi argomento trattato potrebbe sembrare facilmente accessibile. Nel nostro caso, anche riguardo all’adozione della formula che può apparire più idonea nell’attuazione di un progetto ideato, da realizzare attraverso un portfolio fotografico.
Ma, passato l’attimo legato all’immediato apprendimento, cimentandosi poi all’andare a realizzare l’opera, si scopre che tra la teoria e la pratica permane una bella differenza; sorgono molti dubbi e incertezze, fino a rimanere spesso attoniti e impotenti pur nell'intento di voler proseguire. Per non parlare degli immancabili "bios cognitivi" che possono poi venire a condizionare la formulazione di un nuovo progetto; ma questa è un'altra storia.
Nulla di nuovo sotto il sole quindi, succede un po’ a tutti e costituisce una cosa normale anche l'insuccesso, che deve essere accettato e al quale presto molti di noi si abituano tranquilli.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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(1) L'inconoscibilità del reale, di cui ognuno può dare una propria interpretazione che può non coincidere con quella degli altri.
lunedì 13 marzo 2023
Letture di portfolio all'ARVIS di Palermo
Uno dei compiti dei Circoli fotografici è anche quello di proporre occasioni per creare opportunità atte a consentire confronti, introducendo novità per allargare conoscenze.
Molti appassionati di fotografia frequentatori di social, specie negli ultimi tempi, avranno avuto sicuramente modo di notare un certo fermento nelle attività e, in quest’ottica l’ARVIS di Palermo sta portando avanti da qualche tempo una serie d’iniziative diverse e nuove rispetto all’attività principale dedita alla formazione didattica, economicamente necessaria per la sussistenza.
In questa dinamica, tante proposizioni di nuovi associati hanno avviato una serie di eventi per una utenza vasta, rivolta anche ai corsisti e allargata, quindi, anche ai non soci.
L’esperienza maturata con l’occasione del 74° Congresso nazionale FIAF 2022 aveva sollevato un certo interesse per la sezione portfolio (branca della fotografia che intende raccontare per immagini delle storie); in relazione a ciò, l’ARVIS, ha quindi voluto generare una prosecuzione volta a offrire ai tanti appassionati una ulteriore occasione.
Nella giornata di domenica 12 u.s. tre lettori (Brigida Lunetta, Michele Di Donato e Gianni Nastasi) si sono quindi prestati a esaminare, durante una intensa mattinata, una serie di proposte presentate da fotoamatori provenienti anche da fuori provincia.
Le letture hanno messo in luce lavori diversificati e l’ambiente ridotto ha consentito a tutti di poter visionare e assistere anche all’esame dei lavori presentati dagli altri.
Quest’ultimo aspetto, unito all’ambiente sereno venutosi spontaneamente a creare, ha favorita la buona riuscita dell’evento. Realizzando i presupposti pensati come ideali, per consentire ai partecipanti di allargare conoscenze e eventualmente apprendere nuovi concetti utili a migliorarsi o a meglio perfezionare l’approntamento dei futuri portfolio fotografici da ideare.
In relazione alla riuscita dell’operazione e stante la presenza stanziale di diversi fotoamatori interessati al settore, Palermo - con l’ARVIS nello specifico - potrebbe certamente proporsi per costituire un nuovo polo fisso adatto a organizzare altri appuntamenti del genere.
L'operazione potrebbe affiancansi alle altre realtà istituzionalizzate che da tempo già operano in Sicilia (a Trapani, nel catanese, nel ragusano e nel siracusano), allargando l'offerta per maggiori sviluppi e ulteriori possibilità di letture.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
giovedì 9 marzo 2023
E ...... vaiiiiiii!
Qualche tempo fa ebbi a scrivere in merito a taluni fotoamatori che, una volta raggiunto un livello di successo per loro soddisfacente, da quel momento s’impigriscono ripetendo produzioni simili, seguendo cliché statici e sostanzialmente quasi uguali.
Oggi, dialogando con un noto fotografo è venuto fuori questo problema che di frequente latita.
La questione s’incentrava sulla domanda posta in riferimento a chi oggi potesse suscitare interesse nel panorama fotografico locale.
La risposta categorica enfatizzava la piattezza di una moltitudine di ex belle promesse che, lungi dall’esporsi a novità e sperimentazioni, continuano a proporre solite solfe; al punto tale che, confrontando tante produzioni di un arco ventennale e oltre, le rispettive fotografie prodotte sembrano essere state scattate quasi in un unico momento.
Eppure l’arte si baserebbe sulla continua ricerca creativa e la fotografia, che si annovera fra le forme sperimentali più disponibili, non ha nulla a che vedere con l’idea di non rinnovarsi nel trovare nuovi spunti e modi diversi d’interpretare l’immagine.
Per taluni il successo conseguito induce spesso a congelare come in un ghiacciolo l’attimo fuggente, con un fotogramma stampone unico da ripetere all’infinito, magari con piccole varianti, come si avesse a che fare musicalmente con un motivetto unico gradevole che, una volta riscosso un successo, fosse unicamente da ripetere in loop.
Anche se la solita minestra è molto apprezzata da molti, pure i bravi cuochi amano inventarsi portate nuove, innovandosi e, nel caso, anche ricorrendo all’utilizzo diversamente combinato delle stesse materie prime, seguendo anche le nuove opportunità offerte.
Il timore di rischiare e mettere in dubbio uno standard ormai omologato non può costituire un traguardo fino a indurre inaccettabili prudenze e soffocanti afasie.
In tutto questo i tanti concorsi fotografici e l’ossessione per accaparrarsi stelle e stellette non aiuta di certo.
In conclusione, per chi vanta allori senza proporre rinnovi, sarebbe un po’ come andare a concentrarsi nel tarare “in manuale” il proprio cervello creativo su rigidi canoni. Con una impostazione iperfocale o impostando il tempo di un centoventicinquesimo in caso di pieno sole, con diafframma 16 e ISO 100, con la sola attenzione di riparametrare all’occorrenza i valori di tempo e diaframma - per assicurare la giusta esposizione - in caso di nuvolo o altre varianti e, eventualmente, l’ulteriore aggiunta di una quinta (naturale, architettonica o altro) per assicurarsi una profondità, anch’essa standard, che in genere induce l’osservatore a concentrare verso un unico punto la maggiore attenzione (sezione aurea).
In fondo per chi è portato ad adagiarsi sugli allori ripetendo sempre una omologazione standardizzata di se stesso (senza avere neanche l’estro innovativo di Andy Warhol) è, come si usa dire, un modo per avvalorare il tipico detto “fatti a nomina e va curcati”.
E …….. vaiiiiiii!
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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mercoledì 8 marzo 2023
Silvano Bicocchi - e non solo lui fortunatamente - docet!
Ieri sera ho seguito in streaming ancora una volta Silvano Bicocchi che, invitato dal Circolo fotografico “Il Grandangolo” di Parma per illustrare i fondamentali di ciò che è un portfolio fotografico, ha esposto in maniera esaustiva e apparentemente semplice ciò che in verità semplice non è affatto.
Come mi capita sempre nell’ascoltare altri appassionati capaci di affabulazione didattica (e qui i nomi da citare sarebbero fortunatamente molti: Pippo, Giancarlo, Daniela, Isa, Eletta, Enzo e tanti altri), assistere alla lezione è risultato gradevole, anche perché chi è pienamente padrone della materia - e capace di saper trasmettere cultura - agisce come faceva Paganini, con argomenti differenti, senza ripetersi mai.
Certo i fondamentali sono comunque gli stessi ma le esposizioni hanno sempre delle varianti di partitura e di nuove note e chiavi sonore, tanto da rendere viva l’attenzione in ogni occasione.
Questa premessa vuole anche introdurre alla così detta “capacità creativa” di chi si propone a manifestarsi in una qualsivoglia espressione artistica e la fotografia può anche annoverarsi fra le forme d’arte accessibili.
Per essere attore in qualunque disciplina - e in special modo in campo artistico - occorre avere un’idea da proporre, il desiderio di voler comunicare con una espressione interpretativa che sia conforme alla propria indole (pittura, scultura, installazioni e fotografia anche).
Di certo una certa dose di edonismo ci dovrà essere e pure un pizzico di egocentrismo (però, come si dice quando si dosa il sale nelle pietanze, per quanto basta).
Una pratica prioritaria per ogni artista – o presunto tale - dovrebbe essere quella di saper ascoltare (per poi interpretare) e osservare il più possibile le produzioni altrui; questo sia per trarne nuovi spunti, nel caso da sviluppare personalizzando, che per affinare il proprio linguaggio espressivo, oltre che per cercare di leggere e capire quanto l’altrui opera ha voluto intendere con ciò che propone. E qui non ha alcuna importanza, eventualmente, l’espressione artistica in cui ci si imbatte. Del resto è anche ampiamente risaputo che ciascuno riesce a immaginare, creare, vedere e leggere quello che oggettivamente gli consente il bagaglio culturale e gli strumenti di cui è dotato.
Tornando alla capacità didattica, mi vengono in mente alcuni esempi di esperienze avute assistendo a spettacoli teatrali, dove in relazione alla capacità interpretativa degli attori e dei registi in primis, opere conosciute potevano anche assumere vesti completamente diverse e talvolta più coinvolgenti.
Emblematica l’esperienza di aver visto al teatro Nazionale di Roma i “Sei personaggi in cerca d’autore” dal vivo, recitata in chiave moderna tra gli altri da uno splendido Enrico Maria Salerno che veniva a rendere originalissima, attuale e quasi rivoluzionaria (per ambientazione e costumi moderni) una versione classica tante altre volte riproposta (anche in TV) da Romolo Valli.
Un testo teatrale che, peraltro, ognuno può indubbiamente leggere, a forma di romanzo, in modo autonomo, immaginando da sé le scene e sviluppando a proprio modo di pensare il dramma narrato dal grande Luigi Pirandello.
Tutto questo per dire che anche se nel caso specifico dell’evento del Circolo parmense, pur venendo a trattare del portfolio fotografico con una didattica di fondo sempre uguale, l’interpretazione dialettica di chi si poneva oggi ad esporre costituiva un punto qualificante per riuscire rendere comprensibili i concetti di fondo.
Un altro punto, a mio modo di vedere essenziale, è anche quello che, anche se non tutti possono imporsi o essere riconosciuti come artisti o attori, certamente tutti possono godere delle opere altrui.
Gli spettacoli di ogni genere, gli eventi e i luoghi di cultura offrono oggi - e fortunatamente per noi occidentali - una miriade di opportunità per arricchirsi e assorbire i tanti input culturali che ci vengono – anche in maniera subliminale – trasmessi da interpreti, sceneggiatori e registi sempre diversi.
Certo non tutte le ciambelle possono risultare fragranti o gustose, poiché ogni preparazione dipende dagli ingredienti e il gradimento è collegato anche ai gusti e alle preferenze di ciascuno.
Per chiudere un po’ il cerchio di questa argomentazione assai più complessa che si viene a proporre, forse in modo eccessivamente semplicistica, si potrà comunque dire che, in un mondo affollato da milioni di telefonini e dove tutti i genitori vedono tanti piccoli Cartier-Bresson nei pargoli stressati da molti click, poi ci sarà una selezione naturale (con tanti morti e feriti).
Coloro che non avranno opportunità o modo di esprimere il proprio pensiero e una parte preponderante di quelli che si erano anche proposti come artisti, avranno altre infinite occasioni per apprezzare - come osservatori – le fantasie e il genio creativo degli altri.
In qualche modo l’appagamento potrebbe risultare sostanzialmente uguale e pieno se a base ci sarà la passione (nel caso specifico per la fotografia); mettendo da parte, ovviamente e necessariamente, quel narcisismo (e il noiosissimo mantra auto ripetuto dello “Io,Io,Io”) che infaustamente si nasconde nelle menti di ognuno di noi e che, alimentando un alone di perenne tristezza, si propone e concentra talvolta a ricercare solo possibili difetti in tutto quello che è realizzato dagli “altri”.
Silvano Bicocchi - e non solo lui fortunatamente - docet!
Buona luce a tutti!
© ESSEC
martedì 7 marzo 2023
Attenzione a clausole e condizioni
Nel cercare di trovare qualche foto che potesse raccontare l’evento, negli scorsi giorni, durante una marcia della pace promossa da trentacinque istituzioni scolastiche della provincia, ho incontrato dei fotoreporter freelance in azione.
I freelance sono liberi professionisti che forniscono i loro servizi in base a un contratto oppure per un singolo progetto. Aziende di ogni tipo e dimensione possono assumere freelance per avviare o completare un progetto o un'attività.
Parlando con alcuni di loro ho avuto conferma come i reportage fotografici per i media sono affidati sempre più a soggetti che collaborano, anche contemporaneamente, con svariati committenti, secondo le richieste che necessitano per un servizio.
La domanda che mi è venuta spontanea, tenuto conto che taluni di loro operavano con reflex in dotazione - assegnategli per la circostanza - è stata quella di chiedere se delle immagini che andavano a realizzare conservassero il copyright, ovvero se delle stesse ne mantenessero la piena proprietà per eventuali utilizzi altri, o se invece erano vincolati a cedere tutti i diritti al referente secondo un compenso.
La risposta mi informava che non c’è mai una regola fissa e che il tutto dipende dagli accordi occorsi con il committente.
Ci sono casi in cui l’immagine è realizzata in nome e per conto del richiedente che si configura come un vero e proprio “datore di lavoro” e anche il caso in cui si vanno a riversare le immagini di reportage realizzate secondo criteri che il fotografo ritiene opportuni.
Anche se non ne ho fatto domanda, è evidente che nel primo caso si è di fronte ad una delle variegate forme di prestazioni lavorative subordinate (manifeste o camuffate nel marasma legislativo del job act), magari con un compenso fisso che pure potrebbe essere inclusivo di tutto (vitto, alloggio e viaggio compresi); mentre nel secondo caso il prezzo pattuito sarà certamente più ridotto e magari simile a una prestazione di lavoro autonomo in senso stretto.
In campo fotografico però le differenze non sono tanto trascurabili, specie per i diritti di proprietà sull’immagine.
Magari all’inizio si potrebbe restare lusingati dall’opportunità e ai corrispettivi economici che vengono offerti grazie al proprio talento ma, per i fortunati che potranno raggiungere il successo, non si vede quanto poi il gioco possa avere valso la pena.
Lo sfruttamento commerciale immediato e futuro potrebbero, infatti e in taluni casi, tornare indietro come boomerang negativi, specie quando chi avrà avuto modo di affermare pubblicamente il proprio talento potrebbe poi riscontrare la beffa di essere citato come autore di quella foto importante, per la quale però l’agenzia o chi per essa incassa ogni royality immediata e futura.
Anche quella grossa problematica sui diritti d’autore, distinta fra l’immagine riconosciuta opera d’arte o come semplice documento di cronaca (con differenti durate dei diritti di copyright) è un’altra storia interessante. Anche se afferisce a una questione più fortemente legata alla contingenza politica e al potere delle lobby editoriali e mediatiche che dominano il momento.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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