Sono tante le opportunità offerte dalla realtà quotidiana
per raccontare una storia.
Magari romanzando con enfasi e fantasia, abbellendone alcuni spunti, si possono pure narrare accadimenti reali e rendere gradevoli contorni di fatti che gradevoli non lo sono stati per niente.
Difficile nel raccontare è riuscire a confondere un pò il lettore, avvolgendo il vero con il fantasioso; e forse questa è la parte più divertente che c'è nello scrivere storie.
In premessa è utile una citazione. Nel famoso ritornello Mary Poppins sapientemente cantava …… “basta un poco di zucchero e la pillola va giù ............ e ........ tutto brillerà di più”.
Inizio del racconto …….
Da quando era stato investito del nuovo compito Uto cercava nel suo piccolo di portare avanti delle innovazioni che potessero tornare utili alla crescita culturale dell’intera organizzazione in cui si trovava a operare.
Tra le tante iniziative era avvezzo agire nel web per ricercare novità e, forte della sua assoluta autonomia, produrre occasioni utili a valorizzare produzioni proprie e di altri amici accomunati nella passione per la fotografia.
Solo casualmente, avendo visto rimosso senza preavviso un suo ultimo post dalla pagina ufficiale dell’associazione, venne ad apprendere i motivi sottostanti a quell’azione e a conoscere che una specie di “Tribunale interno della Santa Inquisizione”, velocemente convocato, si sarebbe ancora una volta interessando a lui.
In un precedente accadimento Uto si già era “macchiato” per avere informato un “socio assente” del fatto che, durante un’affollata assemblea congressuale, un altro associato denunciante aveva chiesto la parola per screditarlo pubblicamente; il tutto senza che nessuno lo interrompesse o cercasse di smussare in qualche modo l’intervento. Nell’occasione era stata pure proposta l’esclusione dell'associazione culturale allo stesso ascrivibile dalla cerchia dei "circoli eletti".
All’origine del fatto c’era stata la mancanza di un “bidet” nella stanza d’albergo assegnata al denunciante durante un "soggiorno gratuito" offerto dagli organizzatori di un concorso fotografico e connesso al ritiro di un premio vinto.
Nella circostanza, tralasciando particolari e l’ipocrisia che infiorò la vicenda, emblematica fu la telefonata ricevuta da Uto, da parte di un “personaggio a lui vicino”, che ebbe a dirgli senza imbarazzo “ma tu chi c..... sei …. chi ti ha mai autorizzato a riferire a …… quanto era stato detto nel corso dell’assemblea dei soci?”.
Si sorvola sul merito della questione e sulle ovvietà attinenti alla “riservatezza” di opinioni espresse in una pubblica assemblea e, per bontà di patria, sull' "oxfordiano" richiamo telefonico dell'"Onorario emerito", ma ad essere precisi l'omertà non era contemplata in quell'associazione, e men che meno ufficialmente scritta nello statuto. Del resto per concedere l'opportunità di potere chiarire un comportamento, occorre che almeno l'interessato ne sia informato.
Quella vicenda, che ebbe poi un seguito, fu anche gestita in maniera assai maldestra da tutte le parti in causa, con un epilogo infarcito di puerili furberie e di stupidi sotterfugi che, ricorrendo a trame, rivelarono presto varie bugie sottaciute e, con ogni evidenza, le loro “gambe corte”.
Il procedimento di ora, che rivedeva Uto ancora come protagonista, appariva più debole e artatamente forzato, ma forse era necessario creare un'occasione per poter dare un chiaro segnale che potesse costituire anche da monito ad altri non allineati liberi pensatori.
Nasceva forte il sospetto che i fulmini di tempesta potessero derivare essenzialmente dall’idea che qualcuno, anche indirettamente, potesse in qualche modo intaccare vecchi equilibri consolidati.
Come nell’antico modo provinciale di far politica, capita sempre di trovare anche qualcuno utile al gioco, che si presti ad essere strumentalizzato e che, magari a sua insaputa, si ritrovi pure a rivestire la figura del fanatico sacerdote propenso a “scomunica”.
Nell’associazione era noto l'agire nell’ombra di taluni, che davano il meglio di se all’insaputa degli stessi malcapitati.
Per calmare bollenti spiriti e soddisfare manie egocentriche, era d'uso conferire, se necessario, onorificenze e tante stelle di latta, ma nel caso di Uto quella "tecnica" non poteva funzionare.
In assenza di norme certe - che regolamentassero chiaramente fattispecie nelle sue forme scritte - vennero richiesti tanti pareri e interventi non codificati.
Nello specifico si manifestarono anche retromarce di stessi giudici ora chiamati a decidere che, con estrema leggerezza e forse senza neanche rendersene conto, avevano precedentemente assecondato, ufficializzandola, l’iniziativa di Uto.
Nella pagina ufficiale del web, prima dell'oscuramento, risultava esplicitato peraltro un “mi piace” postato dallo stesso capo dell'associazione.
Con le premesse anzidette e, a posteriori, contraddicendo quindi quanto avallato dagli organi preposti, l’azione di Uto veniva denunciata ora come "autonoma iniziativa", arbitraria e mai autorizzata da alcuno; pertanto, da attenzionare come "reato" e, nel caso, per un “idoneo castigo”.
Risultava evidente la pochezza dell’intera vicenda ed ancor più la debolezza dell'apparato accusatorio. Ma nonostante tutto, si annunciavano tuoni, fulmini e saette.
Anche questa volta in quel contesto "kafkiano" si prospettavano scenari apocalittici; venivano chiamati in causa organi deliberanti, mentre dei pubblici ministeri avvolti nelle loro toghe rosse si attrezzavano per sostenere le deboli accuse.
Ma l’obiettivo principale era stato forse raggiunto; il polverone sollevato era ormai talmente alto che era riuscito ad oscurare le motivazioni che sottostavano alle vere problematiche circostanziate attenzionate da Uto.
Né ad alcuno venne in mente di saperne di più o di chiedere quale era stata la reale problematica sollevata dalla questione: molti di quelli che gradivano parlarsi addosso del resto non erano propensi ad ascoltare.
E dire che l’occasionale “savonarola”, armato di buoni intendimenti, aveva da sempre confidato nel fatto che assicurare una trasparenza gestionale e facilitare l'emanazioni di regole certe e scritte potesse generare per l'intera compagine opportunità di crescita.
Ma Uto, non aveva messo in conto l’importanza che qualcuno riservava a questa “associazione”, vissuta magari come “cosa propria”, da tempo curata ed amata come “orticello”; un approccio del genere era lontano anni luce dal pensiero di Uto.
Affascinato dalle discipline orientali, andò a prendere un comodo posto all’ombra per attendere la fine della buriana. Aveva vissuto esperienze simili in altre realtà associative e sapeva che, anche in questo caso, per lui appartenere a questo gruppo non costituiva una questione vitale.
Quella realtà, al netto di ogni incongruenza, era stata occasione per conoscere altra gente, per scoprire aspetti dell’essere umano, per allargare e arricchire ancor più le proprie esperienze. Ancora, anche questa volta, non gli restava quindi che attendere lo svolgimento degli eventi e prendere atto dei risultati.
Riguardo ai rapporti, che in ogni caso avrebbe voluto mantenere con taluni, era certo che quegli strumentali accadimenti non li avrebbero esposti ad alcun rischio.
Per una legge di fisica il gran polverone avrebbe teso a scendere e col tempo si sarebbero sedimentati i tanti granelli di polvere, restituiendo chiarezza all'opacità procurata.
Buona luce a tutti.
Magari romanzando con enfasi e fantasia, abbellendone alcuni spunti, si possono pure narrare accadimenti reali e rendere gradevoli contorni di fatti che gradevoli non lo sono stati per niente.
Difficile nel raccontare è riuscire a confondere un pò il lettore, avvolgendo il vero con il fantasioso; e forse questa è la parte più divertente che c'è nello scrivere storie.
In premessa è utile una citazione. Nel famoso ritornello Mary Poppins sapientemente cantava …… “basta un poco di zucchero e la pillola va giù ............ e ........ tutto brillerà di più”.
Inizio del racconto …….
Da quando era stato investito del nuovo compito Uto cercava nel suo piccolo di portare avanti delle innovazioni che potessero tornare utili alla crescita culturale dell’intera organizzazione in cui si trovava a operare.
Tra le tante iniziative era avvezzo agire nel web per ricercare novità e, forte della sua assoluta autonomia, produrre occasioni utili a valorizzare produzioni proprie e di altri amici accomunati nella passione per la fotografia.
Solo casualmente, avendo visto rimosso senza preavviso un suo ultimo post dalla pagina ufficiale dell’associazione, venne ad apprendere i motivi sottostanti a quell’azione e a conoscere che una specie di “Tribunale interno della Santa Inquisizione”, velocemente convocato, si sarebbe ancora una volta interessando a lui.
In un precedente accadimento Uto si già era “macchiato” per avere informato un “socio assente” del fatto che, durante un’affollata assemblea congressuale, un altro associato denunciante aveva chiesto la parola per screditarlo pubblicamente; il tutto senza che nessuno lo interrompesse o cercasse di smussare in qualche modo l’intervento. Nell’occasione era stata pure proposta l’esclusione dell'associazione culturale allo stesso ascrivibile dalla cerchia dei "circoli eletti".
All’origine del fatto c’era stata la mancanza di un “bidet” nella stanza d’albergo assegnata al denunciante durante un "soggiorno gratuito" offerto dagli organizzatori di un concorso fotografico e connesso al ritiro di un premio vinto.
Nella circostanza, tralasciando particolari e l’ipocrisia che infiorò la vicenda, emblematica fu la telefonata ricevuta da Uto, da parte di un “personaggio a lui vicino”, che ebbe a dirgli senza imbarazzo “ma tu chi c..... sei …. chi ti ha mai autorizzato a riferire a …… quanto era stato detto nel corso dell’assemblea dei soci?”.
Si sorvola sul merito della questione e sulle ovvietà attinenti alla “riservatezza” di opinioni espresse in una pubblica assemblea e, per bontà di patria, sull' "oxfordiano" richiamo telefonico dell'"Onorario emerito", ma ad essere precisi l'omertà non era contemplata in quell'associazione, e men che meno ufficialmente scritta nello statuto. Del resto per concedere l'opportunità di potere chiarire un comportamento, occorre che almeno l'interessato ne sia informato.
Quella vicenda, che ebbe poi un seguito, fu anche gestita in maniera assai maldestra da tutte le parti in causa, con un epilogo infarcito di puerili furberie e di stupidi sotterfugi che, ricorrendo a trame, rivelarono presto varie bugie sottaciute e, con ogni evidenza, le loro “gambe corte”.
Il procedimento di ora, che rivedeva Uto ancora come protagonista, appariva più debole e artatamente forzato, ma forse era necessario creare un'occasione per poter dare un chiaro segnale che potesse costituire anche da monito ad altri non allineati liberi pensatori.
Nasceva forte il sospetto che i fulmini di tempesta potessero derivare essenzialmente dall’idea che qualcuno, anche indirettamente, potesse in qualche modo intaccare vecchi equilibri consolidati.
Come nell’antico modo provinciale di far politica, capita sempre di trovare anche qualcuno utile al gioco, che si presti ad essere strumentalizzato e che, magari a sua insaputa, si ritrovi pure a rivestire la figura del fanatico sacerdote propenso a “scomunica”.
Nell’associazione era noto l'agire nell’ombra di taluni, che davano il meglio di se all’insaputa degli stessi malcapitati.
Per calmare bollenti spiriti e soddisfare manie egocentriche, era d'uso conferire, se necessario, onorificenze e tante stelle di latta, ma nel caso di Uto quella "tecnica" non poteva funzionare.
In assenza di norme certe - che regolamentassero chiaramente fattispecie nelle sue forme scritte - vennero richiesti tanti pareri e interventi non codificati.
Nello specifico si manifestarono anche retromarce di stessi giudici ora chiamati a decidere che, con estrema leggerezza e forse senza neanche rendersene conto, avevano precedentemente assecondato, ufficializzandola, l’iniziativa di Uto.
Nella pagina ufficiale del web, prima dell'oscuramento, risultava esplicitato peraltro un “mi piace” postato dallo stesso capo dell'associazione.
Con le premesse anzidette e, a posteriori, contraddicendo quindi quanto avallato dagli organi preposti, l’azione di Uto veniva denunciata ora come "autonoma iniziativa", arbitraria e mai autorizzata da alcuno; pertanto, da attenzionare come "reato" e, nel caso, per un “idoneo castigo”.
Risultava evidente la pochezza dell’intera vicenda ed ancor più la debolezza dell'apparato accusatorio. Ma nonostante tutto, si annunciavano tuoni, fulmini e saette.
Anche questa volta in quel contesto "kafkiano" si prospettavano scenari apocalittici; venivano chiamati in causa organi deliberanti, mentre dei pubblici ministeri avvolti nelle loro toghe rosse si attrezzavano per sostenere le deboli accuse.
Ma l’obiettivo principale era stato forse raggiunto; il polverone sollevato era ormai talmente alto che era riuscito ad oscurare le motivazioni che sottostavano alle vere problematiche circostanziate attenzionate da Uto.
Né ad alcuno venne in mente di saperne di più o di chiedere quale era stata la reale problematica sollevata dalla questione: molti di quelli che gradivano parlarsi addosso del resto non erano propensi ad ascoltare.
E dire che l’occasionale “savonarola”, armato di buoni intendimenti, aveva da sempre confidato nel fatto che assicurare una trasparenza gestionale e facilitare l'emanazioni di regole certe e scritte potesse generare per l'intera compagine opportunità di crescita.
Ma Uto, non aveva messo in conto l’importanza che qualcuno riservava a questa “associazione”, vissuta magari come “cosa propria”, da tempo curata ed amata come “orticello”; un approccio del genere era lontano anni luce dal pensiero di Uto.
Affascinato dalle discipline orientali, andò a prendere un comodo posto all’ombra per attendere la fine della buriana. Aveva vissuto esperienze simili in altre realtà associative e sapeva che, anche in questo caso, per lui appartenere a questo gruppo non costituiva una questione vitale.
Quella realtà, al netto di ogni incongruenza, era stata occasione per conoscere altra gente, per scoprire aspetti dell’essere umano, per allargare e arricchire ancor più le proprie esperienze. Ancora, anche questa volta, non gli restava quindi che attendere lo svolgimento degli eventi e prendere atto dei risultati.
Riguardo ai rapporti, che in ogni caso avrebbe voluto mantenere con taluni, era certo che quegli strumentali accadimenti non li avrebbero esposti ad alcun rischio.
Per una legge di fisica il gran polverone avrebbe teso a scendere e col tempo si sarebbero sedimentati i tanti granelli di polvere, restituiendo chiarezza all'opacità procurata.
Buona luce a tutti.
© Essec
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P.S. - Il racconto ha preso spunto dalla lettura
di questo commento, poi rimosso, apparso temporaneamente su una pagina web di
una associazione nazionale (Per quanto ovvio, la narrazione romanzata è
arricchita con elementi di fantasia):
“In effetti, avendo preso visione delle
foto” … “in occasione della selezione per la monografia e attraverso le ottime
stampe realizzate” …. “per l'approntamento della mostra espositiva del ….., mi
è sembrato opportuno mostrare le immagini per quelle che realmente erano ed il
Web offre opportunità di ottimizzare visivamente. La stampa del volume
purtroppo ha evidenziato, come nel caso dell'annuario, pecche e carenze
qualitative che hanno pregiudicato fortemente i propositi di eccellenza
prefissati. A mio parere, con le opportunità offerte oggi dalla stampa
digitale, risulta controproducente continuare a mirare su scelte tipografiche
superate e qualitativamente scadenti, magari con lo scopo di cercare di mirare
principalmente ad un risparmio economico che in fotografia non paga. Azzarderei
a dire che” ……” , nel caso, piuttosto che mirare al contenimento costi è meglio
non procedere a stampa. Forse è più producente precedere come ho fatto io, a
costo zero, con uno slide show che appaga il diletto di vedere delle immagini
ottimizzate alla vista. Magari la mia opinione sarà per alcuni opinabile ma
questo è il mio modo di vedere. Forse sarà opportuno rifletterci un pò sopra
per i programmi futuri".