Ho
passato una ventina di giorni di vacanza all'estero. Un estero molto
vicino: la Corsica (anche se la definisco «il luogo più vicino più
lontano dall'Occidente» perchè, soprattutto nell'interno, la vita si
svolge secondo i ritmi rallentati delle società tradizionali). Comunque a
sole quattro ore di traghetto, con il necessario 'recul' (che è la
distanza giusta per osservare un quadro, perchè se sei troppo vicino non
ne capisci l'insieme, se troppo lontano, non lo vedi) l'Italia offre di
sè uno spettacolo impressionante. Non per i problemi economici. Quelli
ce li hanno quasi tutti in Europa. Non si tratta di questo. E' che
l'Italia sembra in preda a una sorta di marasma senile. Gli ingranaggi
si sono inceppati.
E'
saltata la filiera di un ministero chiave come quello degli Interni: il
capo non sa cosa fanno i suoi subalterni i quali, a loro volta,
agiscono ognuno per conto proprio più o meno all'insaputa l'uno
dell'altro (sempre che costoro abbiano dichiarato il vero, come temo
perchè sarebbe preferibile che avessero detto delle menzogne che sono
almeno un segno di vitalità). Subiamo le imposizioni del Kazakistan, un
Paese che un tempo facevamo fatica a trovare sulle carte geografiche. Di
fronte all'impudenza dei kazaki che si permettono di portar via, con un
aereo privato due persone che stanno nel nostro Paese, che sono sotto
la nostra giurisdizione e la nostra tutela. Emma Bonino, il clone ottuso
di Pannella, eletta improvvidamente ministro degli Esteri, non è
riuscita che a balbettare che l'intervento kazako è stato «intrusivo».
Abbiamo perso ogni credibilità internazionale e non solo per le gaffe di
Berlusconi e il suo modo molto personale e privato di fare politica
estera («l'amico Putin», «l'amico Erdogan» e «l'amico Muhammar»). Dopo
che una mezza dozzina di presidenti del Consiglio e di ministri della
Giustizia avevano fatto i pesci in barile per non dispiacere gli
americani, la Cancellieri, quando era Guardasigilli, si era decisa a
spiccare mandato di arresto, via Interpol, contro Robert Lady il capetto
della Cia a Milano, responsabile del rapimento di Abu Omar, condannato a
nove anni di galera. E in effetti Lady è stato arrestato a Panama, ma
il Paese centroamericano non ha nemmeno aspettato che ne chiedessimo
l'estradizione, l'ha consegnato subito agli Stati Uniti, al sicuro.
Un
delinquente comune, anzi 'naturale' come lo ha definito il Tribunale di
Milano (che è qualcosa di più di 'delinquente abituale', vuol dire che
ce l'ha proprio nel dna) tiene in scacco il Paese e il governo. Basta un
soffio perchè crolli tutto il castello di carte. Nel frattempo il
governo si tiene insieme solo perchè, direi fisicamente, non puo'
cadere.
Una
potente 'family', palazzinara e finanziaria, viene mandata al gabbio e
il suo patriarca, Salvatore Ligresti, ai domiciliari nella sua bella
villa nel quartiere di San Siro che, a suo tempo, aveva provveduto a
sconciare in combutta con i sindaci socialisti. Ma Ligresti non era già
stato condannato ai tempi di Tangentopoli? E che c'entra? Questi
ritornano sempre. E se mai, una volta, si riesce a innocuizzarli in modo
definitivo è solo quando hanno potuto compiere ogni sorta di rapine ai
danni della cittadinanza. Non c'è settore in cui la magistratura vada a
mettere il dito dove non salti fuori il marcio, un pus purulento che
corrode tutto e tutti: funzionari, impiegati pubblici, poliziotti,
vigili urbani, preti e naturalmente politici di ogni risma e di ogni
livello. Ma non c'è più nessuno, in Italia, che rispetti le sentenze dei
Tribunali. E perchè mai si dovrebbe? A meno che non si tratti proprio
di stracci, di riffa o di raffa le sentenze non vengono mai applicate.
Nel Paese dei Balocchi non c'è la certezza della pena, c'è quella
dell'impunità.
Tutti
i valori su cui si sostiene una comunità, onestà, dignità, lealtà,
assunzione delle proprie responsabilità, sono saltati, in una confusione
generale cui contribuiscono gli Azzeccagarbugli dei giornali.
Il Capo di questo Stato ha 88 anni. Nel marasma senile del Paese si trova nel suo.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 27 luglio 2013)