La Quarta Dimensione Scritti

"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."

Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post parzialmente pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).

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Fotogazzeggiando: Immagini e Racconti

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mercoledì 15 maggio 2024

Preconcetti coltivati da molti sulle “Generazioni Zeta”



Si sente spesso parlare e in modo sbrigativo dei giovani e di un loro presunto disinteresse per il sociale e quant’altro. Chi esprime tali giudizi in realtà non ha quasi mai modo di verificare lo stato delle cose, avendo con loro contatti contaminati dalle divaricazioni generazionali che hanno sempre accompagnato le vicende del mondo. In questi giorni, avendo avuto modo di assistere all’evento “Professioni della comunicazione: il giornalismo”, organizzato dal Dipartimento Cultura e Società dell’Università di Palermo e rivolto agli studenti che frequentano il corso di Laurea in Scienze della comunicazione, ho tratto delle conclusioni completamente differenti.
Alla manifestazione intervenivano per intrattenere sulla “comunicazione del patrimonio culturale” diversi e conclamati esperti di settore: il giornalista freelance Giuliano Battiston, gli imprenditori digitali Virginia Gullotta e Luigi Pezzilli, il giornalista televisivo Gregorio Romeo e il fotoreporter Franco Lannino.
Ciascuno step del convegno, seguito e accompagnato dal silenzio assoluto degli allievi - assorti ad assorbire come spugne - e introdotto da Dario Mangano, è stato sapientemente coordinato dagli insegnanti dell’ateneo Clotilde Bertoni e Lorenzo Marchese.
Le argomentazioni trattate, tutte fortemente legate, oltre che agli specifici indirizzi di studio, a questioni di assoluta attualità sociale e politica non potevano non suscitare dibattito. Diverse domande poste dalla platea hanno, pertanto, consentito di approfondire molti aspetti, a chiedere lumi sulle singole differenti specificità professionali per chi si accingeva a percorrerle.
Nell’occasione ho avuto anche modo di appurare come la profondità dei quesiti posti, nei molti interventi, hanno prodotto risposte esaustive e molto interessanti anche per me che ormai appartengo a quella che suole definirsi come generazione dei “baby boomers”.
I relatori, oltre a parlare delle esperienze dirette, trattando argomenti di più ampio respiro hanno cercato di rassicurare subito la platea sul falso problema che si suole sempre più spesso sollevare riguardo ai rischi della IA.
Sostenendo anche quanto dovrebbe apparire ovvio, cioè che l’intelligenza artificiale è un processo che assembla, attingendo a varie fonti generalmente giacenti su maxi server e, quindi, da vivere come una opportunità di sintesi altamente tecnologica che pero' non potrà mai creare nulla di originale (se non utile per un confezionamento testuale o estetico-artistico). In quanto frutto di un processo informatico che attinge sempre, come detto, a qualcosa di definito ovvero preesistente, che qualcuno ha creato e fattivamente reso di pubblico dominio.
Gli imprenditori digitali hanno raccontato, per conto loro, la genesi e fornito interessanti informazioni sulle loro intraprese, dispensando consigli sul complesso processo mediatico etico, sul controllo e la ricerca di tematiche d'avanguardia o d'attualita.
Il giornalista televisivo ha raccontato il suo mestiere attraverso aneddoti e mostrando dei suoi servizi che gli avevano consentito di ascendere nell'impervia scalata professionale prescelta.
In tutti i casi è stato sottolineato che, specie per le caratteristiche del mondo mediatico moderno, ciascuno deve intraprendere la propria avventura professionale cercando di trovare il proprio percorso. Tenendo a mente che tutte le attività che si intraprendono sono utili perché consentono di aggiungere sempre nuove esperienze e predisponendosi sempre a eventuali possibili cambiamenti.
Come ciliegina sulla torta, l’evento scalettato a concludere, con un’ampia dissertazione, è stato l'intervento del fotografo Franco Lannino, introdotto nel convegno con un'ampia presentazione da Valentina Mignano. Il valente professionista dell’immagine palermitano ha raccontato con sagacia e ironia il suo mondo, quello della fotografia, collegandolo anche alle tecnologie esemplificate anche dalle diverse reflex esibite e che ne testimoniavano le storie.
Il suo ampio racconto della cronaca giornalistica di Palermo in immagini non ha escluso una serie di aneddoti, agganciandoli ai tanti personaggi che la professione gli ha consentito di conoscere.
Non poteva mancare la narrazione delle famose fotografie realizzate in occasione delle stragi di Falcone e Borsellino e del clima vissuto nel tempo dell'epopea mafiosa, pressochè sconosciuto ai tanti giovani che erano presenti.
Come detto, tante domande e questioni intelligenti poste dagli studenti, oltre a sollevare dubbi, chiedere consigli, hanno fatto affiorare molte considerazioni e anche critiche pertinenti che indurrebbero a rivedere in molti, quei preconcetti coltivati da tanti prevenuti sulle “Generazioni Zeta”.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

domenica 5 maggio 2024

“We always return” di Nella Tarantino



Alla Galleria Fiaf – Arvis di Palermo, si è inaugurata la mostra “We always return”, dove sono esposte fotografie dell’architetto-fotografa napoletana Nella Tarantino.
Un insieme d’immagini, tutte rigorosamente in bianco e nero, che catturano e che, onestamente, comportano non poche difficoltà nel voler accingersi anche sinteticamente a raccontarla.
Le foto, che ammaliano, possono anche essere viste, infatti, come introduzioni a pensieri o, se si vuole, costituire spunti che inducono ad andare a leggere oltre; in quanto, rispetto alle apparenze palesate portano a sviluppare e tradurre autonomamente - e personalizzandoli - i tanti accenni concettuali introdotti.
Le stampe, che si esaltano per neri decisi spettacolarizzati da molteplici e delicate gradazioni di grigio, appaiono come dei simboli stenografici (o il desunto di una TAC cerebrale, se si preferisce) - delicati e intensi - che vanno a comporre una folta raccolta di poesie allegoriche, significanti e allusive.
Nel vernissage palermitano Giuseppe Cicozzetti, amministratore della nota pagina di Facebook “Scriptphotography” ha affiancato l’autrice durante la presentazione. Anche una sua prefazione figura fra quelle presenti nel pregevole libro realizzato da Grafica Metelliana per Areablu Edizioni (Un suo ampio commento sull’intera operazione figura pure nel social anzidetto curato da Cicozzetti).
Rispetto al libro, alcune nuove fotografie - che risultano introdotte nella mostra di Palermo - non mutano le cose e lasciano inalterata la formulazione di ogni giudizio.
A mio modo di vedere, le opere esposte portano quasi automaticamente anche a delle considerazioni scientifiche. Le foto esposte sembrano, infatti, corrispondere a una raccolta d’immagini selezionate secondo tracce desunte dalle distinte allocazioni celebrali dei ricordi.
Da un sito web si rileva, infatti, che “le nostre esperienze modificano le sinapsi (le connessioni fra neuroni) e queste alterazioni permanenti sono responsabili della memoria. In pratica, quando accade qualcosa che in futuro ricorderemo, si genera nel cervello un segnale elettrico che provoca variazioni chimiche e strutturali dei neuroni.”
In un altro sito si legge che “La memoria umana non è un’attività unitaria. Non è lecito, quindi, fare generalizzazioni; è più opportuno, invece, fare riferimento a particolari tipi di memoria ...... costituita da sistemi interconnessi e da strutture organizzate che fanno riferimento a diversi correlati neurali, cognitivi e comportamentali.”
In pratica, quindi, ogni volta che riesumiamo un ricordo accade che questo si manifesta attraverso il richiamo di tante informazioni sinottiche allocate in differenti sezioni del nostro cervello (è questa una delle cause che possono produrre anche ricostruzioni deficitarie per parti non più accessibili, rimosse o naturalmente scomparse, che possono procurare distorsioni nel corso della ricostruzione).
Il tutto è meglio comprensibile con la lettura di un resoconto scientifico a firma di Sara Ficocelli, “Ecco come si formano i ricordi - Il momento fermato da una foto“ (Scienze - La Repubblica), più completo rispetto ai temi inerenti all’argomento.
Corredandoli a quanto detto, i tre capitoli in cui è strutturata la mostra e il libro “We always return”, a mio modo di vedere, possono tranquillamente risultare associabili per analogia a tre ipotetiche differenti sezioni cerebrali.
La bellezza della mostra potrebbe pertanto essere accostata a degli unici pensieri/memorie smembrate, ovvero scrisse nei tre blocchi, che occorre ogni volta ricollegare per poter comporre un unico insieme.
Le composizioni poetiche di Nella Tarantino che, costituiscono un forte elemento saldante dell'intera operazione e intendono narrare a parole le sintesi schematiche di sensazioni, mi rafforzano nell'andare a sposare questa chiave di lettura.
Per chiudere, quindi, mi piace leggere la mostra e il libro ad essa collegato come un composito e articolato portfolio fotografico "esistenziale"; dove l’autrice si racconta attraverso una serie d’immagini trascendentali che tendono a fondere ricordi reali e visioni oniriche. In un’operazione complessa ma resa comprensibile e democratica, perchè in grado di offrire anche a ciascun osservatore una serie di specchi dove potersi lui stesso riflettere e così intravvedere, esumandole, le composite memorie che ci accompagnano.
In questa ottica, la poesia che introduce al terzo capitolo del libro (we always return, i am no longer afraid of dying) aiuta a vedere di più e oltre; per comprendere in maniera completa il combinato e poliedrico messaggio - testo/immagini - che ha felicemente realizzato la fotografa Nella Tarantino.
Anche i principianti avviati alla fotografia, nel visitare la mostra o solo sfogliando con attenzione le pagine del libro, avranno l'opportunità di ammirare opere che esemplificano pienamente ciò che di norma si suole intendere parlando di talento artistico, che - fortunatamente per noi - illumina e accompagna non pochi eletti.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

giovedì 2 maggio 2024

“Mussolini il capobanda” di Aldo Cazzullo



Il mito di Benito Mussolini forse in moltissimi s’incentra su un'ignoranza della storia che lo riguarda e del contesto socio-politico che lo ha circondato; basato principalmente su slogan e sul sentito dire.
Al riguardo, l’operazione realizzata da Aldo Cazzullo, supportata da un’ampia e diversificata bibliografia (Scurati compreso), con il suo libro “Mussolini il capobanda” mette a punto un documentario letterario del personaggio e del suo tempo che merita d’essere conosciuto e letto molto attentamente.
Non ultimo consente d'intravvedere similitudini inequivocabili che richiamano alla mente famose ciclicità storiche vichiane e fatti d'oggi.
Le ondivaghe e opportunistiche posizioni politiche e l’assoluto egocentrismo sono ben descritte con fatti particolareggiati e circostanziati; così come il continuo sfruttamento di frustrazioni e paranoie di tutti coloro che lo hanno accompagnato nel ventennio e che hanno fortemente agevolato l’avventurosa repentina ascesa del regime fascista.
Nella vita, del resto, ogni contesto storico è conseguente anche alle combinazioni e alle alchimie determinate dal caso. Abbastanza risaputo è che la Marcia su Roma e l’avvento del partito fascista sono stati influenzati dal clima post bellico di inizio novecento che si respirava in Italia, dalla paura dell'alta borghesia per l'avvento del comunismo in Russia e, principalmente, dalla scarsa autorevolezza del Re d’Italia Vittorio Emanuele.
Dagli anni venti alla seconda guerra mondiale sono stati tanti i "Mussolini" capi di governo e, diversamente dalla famosa citazione andreottiana, finì che il potere venne a logorare chi ce l’ha.
L’imperdonabile peccato che ha sempre accompagnato il suo percorso, oltre alla progressiva autoesaltazione avvalorata dai classici servi sciocchi e dagli opportunisti di turno, è stato la costante violenza, esercitata/disposta/applicata in maniera diretta o per iniziative interposte di suoi cani sciolti.
Finito di leggere il volume non si potrà disconoscere la spregiudicatezza delle azioni e scelte operate del capo del fascismo che, per raggiungere il potere e poi mantenerlo, non ha risparmiato di utilizzare mezzi e di ricorrere all'ausilio di delinquenti naturali, del tutto privi di etica o morale.
“Mussolini il capobanda” edito dalla Mondadori nel 2022 (euro 19,00), che avevo acquistato a suo tempo, era riposto fra quelli messi da parte, per dare intanto precedenza ad altri generi. La superficialità dei media e le palesi manipolazioni storiche di molti protagonisti dell’attualità politica che stiamo vivendo, m'hanno indotto a riesumarlo dagli scaffali per trovare spunti e leggerlo quasi voracemente.
Dato per scontato che ogni lettura, a monte, deve essere sempre scevra da preconcetti e va accompagnata dall'onestà intellettuale necessaria, posso assicurare il potenziale acquirente sul fatto che il libro di Cazzullo è sufficientemente ricco di notizie. Il che consente di conoscere meglio la storia e comunque farsi una propria idea informata, non solo sul personaggio Mussolini, ma anche su coloro che hanno ricoperto altri ruoli in quel tempo. Governativi, neutrali indifferenti o d’opposizione.
Molto si viene a conoscere anche sulle vicende che hanno interessato gli ebrei di ogni nazione del continente.
Le conclusioni tratte dall’autore in merito al fascismo, all’antifascismo e all’afascismo oggi di moda, collegabili all’attualità politica e ai personaggi (noti intellettuali inclusi), risultano altrettanto interessanti per continuare con altri approfondimenti e procedere verso eventuali nuove ricerche.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

mercoledì 1 maggio 2024

Antonino Cusumano è il direttore editoriale di “Dialoghi Mediterranei - periodico bimestrale dell'Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo”



Dialoghi Mediterranei - periodico bimestrale dell'Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo” annovera una moltitudine di collaborazioni, variegate per diverse tematihe.
Nell'editoriale d'esordio del 2013 viene anche scritto che ..... "ci sono diverse ragioni perché una rivista di cultura vada in rete. La prima è che i costi per stamparla sono diventati proibitivi. Un’altra ragione è quella di ampliare la propria diffusione, restando indipendenti".
La sapiente selezione di Antonino Cusumano offre al pubblico - e in maniera gratuita – molti scritti e immagini fotografiche d’interesse e d’attualità che non hanno nulla da invidiare rispetto a quanto viene prodotto da riviste cartacee di analogo profilo.
Le collaborazioni, anch’esse gratuite, consentono pure di coprire argomenti d’ampio spettro e i vari contributi – prettamente originali - si collocano sempre su livelli culturali mediamente elevati.
Quanto fin qui pubblicato costituisce una foltissima raccolta di articoli che può tornare utile per conoscere o approfondire varie tematiche.
Pubblicare in questo portale può ben costituire una buona palestra anche per i più giovani che volessero intraprendere la carriera di scrittore o giornalista.
L’elaborazione che precede ogni uscita è di per sé un aprirsi al confronto, mettersi sempre alla prova, specie nel cercare di trovare argomenti che ingenerino interesse.
Peculiarità del portale è anche quello di accompagnare ogni articolo con una serie d’immagini che abbiano una certa attinenza con quanto viene trattato. Talvolta, per chi ha difficoltà nel produrre fotografie, si procede anche a un combinato tra due autori, uno impegnato nella preparazione del testo e l’altro per conferire il correlato supporto visivo.
Gli autori che volessero proporsi per una collaborazione, troveranno le istruzioni per contattare la redazione e concordare ogni cosa.
Per chi invece volesse solo provare, magari per il piacere di mantenere o stimolare l’attività delle proprie sinapsi, basterà scrivere una email a dm@istitutoeuroarabo.it

Buona luce a tutti!


© ESSEC

P.S. - Nel numero del 1^ maggio, tra gli altri:
- Nino Giaramidaro https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/le-citta-del-mondo/
- Carlo Baiamonte https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/writing-pratiche-di-riscrittura-urbana-a-palermo-2/
- Lorenzo Ingrasciotta https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/tutta-la-vita-in-un-ritratto/
- Annamaria Clemente https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/il-corpo-narrante-di-bella-baxter/

domenica 28 aprile 2024

Palermo è Bella!



Mi torna spesso in mente la considerazione di come spesso la scrittura ha un "potere liberatorio" insostituibile. Oltre a far manifestare le proprie idee, induce a riflettere e a riorganizzare i pensieri. Lo scrivere, quindi, non è solo esprimere pareri, considerazioni, impressioni, ma è anche un condensato di tutto quello che induce a formulare con testi il proprio modo di essere, senza fronzoli o barriere.
Seguendo l'istinto l'amica Raffaella mi ha inviato un suo scritto che è una bella sintesi del suo approccio con la mia Palermo. Al di là delle considerazioni positive, il suo articolo esterna le impressioni che hanno manifestato a parole anche altri amici che sono venuti per la prima volta e che hanno scoperto pregi e difetti dei luoghi.
Per questo motivo, ricevuto il consenso di Raffaella, mi piace condividerlo con una foto da lei scattata al mercato più popolare di Ballarò.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

"Palermo è Bella! Sono partita per Palermo con il desiderio di sospendere la routine, godermi alcuni giorni di relax con gli amici e, soprattutto, di vivere senza filtri, a mente aperta, una città che stavo riconsiderando.
A differenza delle passate uscite in altre città, questa volta non mi sono documentata su quello che doveva essere visitato, cosa non potevo assolutamente perdermi e nemmeno mi sono informata su cosa mi sarei dovuta aspettare. La mia preparazione si è limitata, quindi, alla predisposizione del kit fotografico perché a detta di tutti “Palermo offre molti spunti” ed a preparare mente e cuore in quanto: curiosità, desiderio di carpire e vivere senza pregiudizi le persone, i luoghi e gli eventi sarebbero stati, in assoluto, gli strumenti che mi avrebbero dovuto accompagnare in questa escursione.
Così, sono partita alla volta di Palermo con mente e cuore aperto, disposta ad ascoltare e vivere le emozioni che la “città” mi avrebbe regalato, fossero state positive o negative.
Palermo per me, finché non l’ho vissuta, era solo una località intangibile che la mia mente visualizzava, seppur di rado, attraverso il susseguirsi randomico d’immagini di cronaca; assorbite dai telegiornali, nonché d’immagini fantasiose stereotipate.
Non so dire perché Palermo, descritta dagli amici come “bella”, non avesse mai suscitato prima in me la curiosità di scoprirla o perché avessi lasciato che la mia mente si limitasse ad identificarla come un’icona della malavita, come se altro non potesse essere, e relegarla in qualche angolo nascosto per dimenticarla.
Questa curiosità mi è nata recentemente, stimolata dal confronto avuto nell’ultimo biennio con alcuni giovani ex-colleghi palermitani che, nostalgicamente, ne esaltavano il centro storico, la vita notturna, il mare e la cucina. Contemporaneamente gli scatti fotografici di nuovi amici fornivano alla mia mente “immagini” diverse da quelle che avevo catalogato nella memoria: immagini di cultura, vita comunitaria, tradizioni religiose, street art, acuendo un interesse per la città, rendendomi conto di quanto non la conoscessi.
Ora ringrazio chi ha contribuito a smantellare, poco a poco, l’icona sfalsata che mi ero costruita della città ed a rimuovere gli stereotipi assimilati, che ha ingenerato, per l’appunto, la curiosità ed il desiderio di conoscerla e viverla personalmente.
Atterrati in Sicilia, durante lo spostamento dall’aeroporto alla città passando nel punto in cui il 23 maggio 1992 si consumò, per mano di cosa nostra, la strage di Capaci, dove persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della sua scorta, l’eccitazione che mi accompagnava dalla partenza si è per un poco assopita per lasciare spazio al silenzio.
Tutti i ricordi che conservavo di questo drammatico evento, immagini e servizi di cronaca, con il passare del tempo avevano perso quella loro carica emotiva che lì è riesplosa, probabilmente a causa dell’annullamento della distanza. Passare dai luoghi mi ha provocato una reazione inaspettata, infatti, l’impatto è stato forte e tutto è tornato in superficie suscitando un rincorrersi di pensieri, il cui focus erano ipotesi di paura e d’impotenza, provate da chi subiva sulla propria pelle la mafia.
Devo ammettere che da quel momento il mio stato d’animo è cambiato, la mia mente si è spogliata di tutto ciò che lì non mi sarebbe servito, pregiudizi compresi; si è creato il vuoto tra me la mia quotidianità. Fantastico, senza rendermene conto, mi sono trovata in un atteggiamento di totale apertura al nuovo, predisposta e concentrata alla ricezione e all’ascolto.
L’arrivo a Palermo città mi ha lasciata, quindi, pressoché indifferente. Infatti, la periferia non aveva nulla di particolarmente diverso dalle periferie di qualsivoglia città, ma poi, mano a mano che ci si avvicinava al centro, attraverso un labirinto di strade sempre più strette, piazzette e vicoli il mio stupore è stato un crescendo, perché mai avevo visto una realtà cosi.
A questo punto, nel primo impatto, l’aggettivo “bella” che avevo sentito ripetutamente attribuire alla città io proprio non riuscivo a capirlo. Quello che sino a quel momento mi si era presentato era particolarmente trasandato, sporco e in un totale decadimento, ben lontano dai canoni di ordine e cura a cui sono sempre stata abituata. Per non parlare della mancanza di distanze, a garanzia della propria privacy, tra edifici che, disegnando vicoli così stretti, presentavano balconi che consentivano l’ascolto di ogni conversazione tra dirimpettai, senza dover minimamente aumentare l’attenzione per sapere, ad esempio, cosà il vicino avrebbe mangiato a pranzo, il tutto senza necessità di chiedere.
Questo è quanto avevo recepito dall’aeroporto alla sistemazione nell’appartamento in cui avremmo soggiornato e, conseguentemente, nulla mi faceva associare a Palermo l’aggettivo “bella”. È vero, ancora non avevo visto le sue opere d’arte, piazza della Vergogna con la sua fontana (spettacolare, se ci fosse l’acqua, forse, ancora di più), la ricca e turistica via Maqueda o altro ma ho sempre pensato che per definire una città “bella” non bastano le sole opere d’arte.
Solo successivamente, camminando in silenzio in mezzo a quei vicoli così rumorosi (vuoi perché pieni di vita o vuoi perché i loro muri riportato messaggi, gridati o sussurrati, alla città che probabilmente solo il tempo azzittirà), lasciandomi trasportare dalle emozioni, ho cominciato ad interrogarmi sul concetto di “bella”. Perché, a mio avviso, questo aggettivo, molto gettonato, dice tutto e dice nulla ed ho cominciato ad attribuirgli un valore che andava oltre la sola estetica.
Sarei rimasta ore nei mercati di Ballarò, del Capo e della Vucciria, rapita dall’atmosfera vivace che mi circondava, colpita dall’energia di chi ci lavorava e dalle loro urla lanciate per attrarre gli avventori; dalla musica e dall’allegria, dalla presenza multietnica, di qua e di là dei banchi, dalla cortesia e tolleranza da parte di tutti, in particolar modo di chi, con naturalezza, si spostava per dare spazio ai motorini che, contro ogni senso logico (ovviamente il mio senso logico), transitavano “educatamente” in mezzo ai frequentatori dei mercati, dove già a piedi si faticava a passare ed ancora dai banchi di pesce dall’odore di mare, dai fumi delle griglie, dai colori e gli odori delle merci esposte, dalle conversazioni siano esse soltanto ascoltate o avute.
Inoltre, girando per alcuni vicoli e visitando il mercato dell’usato ho respirato tristezza, generata dalla visione della povertà che lì era particolarmente palpabile; allo stesso tempo però, ho visto solo visi che lasciavano trasparire dignità.
Anche per me Palermo è quindi “Bella!” e lo è non perché città curata, pulita, ricca di monumenti, palazzi storici tenuti come bomboniere, urbanizzata a modo con case e palazzi ordinati secondo i canoni con cui normalmente si valuta una città ma perché, se così facessi, direi che Palermo sarebbe veramente brutta e invivibile.
Senza accorgermene, ho cambiato i miei parametri di valutazione ed ora posso asserire che Palermo per me è veramente “Bella!” E lo è perché mi ha rapita, perché mi ha portata a pensare fuori dagli schemi che conoscevo, permettendomi di apprendere cose che, se non le avessi viste, se non le avessi respirate, non le avrei capite.
Palermo per me è “Bella!” E lo è perché mi ha fatta sentire particolarmente viva.
Raffaella Tava (Aprile 2024)"

giovedì 25 aprile 2024

"4 X 9" - Riflessioni e Considerazioni conclusive



Lunedì 22 aprile ha avuto termine il periodo espositivo della collettiva di fotografie in bianco e nero “4 x 9”.
Visite di una scolaresca intrigata e positivi commenti di qualificati addetti ai lavori hanno fortunatamente decretato la riuscita dell’iniziativa che, per molti aspetti, si proponeva anche di far discutere nel presentare un nuovo percorso d’allestimento per una mostra.
L’aspetto che ha maggiormente caratterizzante del “4 x 9” è comunque stata la genesi.
Luigi Pirandello nello scrivere “Sei personaggi in cerca d’autore” racconta di un autore che sostanzialmente rifiuta la rappresentazione dei sei personaggi da lui stesso concepiti. Nel nostro caso Giusy, Salvo, Gregorio e il sottoscritto, non abbiamo mai avuto dubbi e men che meno ripensamenti sull’idea della mostra fotografica che è stata allestita; fin dall’origine immaginata e poi realizzata come un’operazione atipica, per il suo iter sostanzialmente capovolto.
In un ambiente artistico, come a tutti noto, generalmente incentrato nell’autoincensamento e nel culto dell’ego, l’operazione dei quattro fotoamatori creatori del “4 x 9” nasceva da un rapporto paritario che puntasse alla qualità e dalla voglia di voler sperimentare una nuova sintesi nella preparazione di una collettiva. Ricercando anche omogeneità nelle nove quartine pensate e nella stessa strutturazione dell’evento espositivo.
L’unica certezza in fase progettuale era stata, infatti e per tutti, quella di proporre un prodotto artistico pienamente condiviso; che contemplasse una miscellanea di proposte non immediatamente individuabili riguardo agli autori.
Per dire meglio, l’intento era anche quello di venire a presentare delle immagini che riuscissero anche a confondere i profili noti e peculiari dei singoli quattro autori.
Lo spazio espositivo era stato da tempo fissato dai due associati all”ARVIS, senza che gli altri avessero conoscenza del loro coinvolgimento. Una volta accolta la proposta e definito il timing, fin da subito la domanda comune era stata: “ma cosa dovremmo esporre, che tipo di foto, quale tema?”
L’articolo pubblicato sul sito Economia & Finanza Verde descrive gli aspetti della mostra e lascia, ovviamente, anche intendere l’intesa di gruppo indispensabile e necessaria per poter procedere e realizzare un progetto dal risultato preventivamente incerto: sia come valenza, che nella fattibilità pratica.
In conclusione è da dire che per Giusy Tarantino si trattava della sua prima mostra. Al riguardo mi preme sottolineare come la naturale tensione e il suo entusiasmo hanno certamente costituito gli elementi aggiuntivi e gli apporti non secondari che hanno determinato l’attenzione nella cura di ogni dettaglio per avere come obiettivo la qualità, sempre indispensabile per conseguire un buon risultato.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

martedì 23 aprile 2024

La Politica italiana cinque anni dopo e ..... l'Aventino

Uno scritto del settembre 2019 sviluppava un'analisi sulla situazione politica italiana, nel mentre che era in carica il tanto discusso governo gialloverde (https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2019/08/analisi_9.html).
A distanza di quasi cinque anni, parte di coloro che erano all'opposizione sono tornati a ricompattarsi con la Lega e insieme governano, ma non sembrano molto cambiate le questioni d'allora, nonostante i rimescolamenti di casacche e dei colori in campo.
La politica italiota, anche a causa del crescente astensionismo, con la sua classe dirigente continua a rispecchiare sempre piu' i profili e gli aspetti patologici che l'attanaglia; purtroppo sempre piu' lontana dal vivere quotidiano comune e dalle necessita' della gente.
Storicamente la "secessione dell'Aventino" fu un atto di protesta attuato a partire dal 27 giugno 1924 dalla Camera dei deputati del Regno d'Italia nei confronti del governo Mussolini, in seguito all'uccisione di Giacomo Matteotti avvenuta il 10 giugno dello stesso anno.
Oggi l'Aventino e' praticato in maniera soft a monte, in ogni appuntamento elettorale; direttamente da fasce degli stessi cittadini che protestano senza delegare e che, con la progressiva rinuncia al diritto di voto e, conseguenzialmente, astenendosi dal partecipare alle scelte sociali/politiche - in ogni caso - si pongono passivi e subiscono ..... aspettando Godot.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

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La fotografia è in genere un documento, la testimonianza di un ricordo che raffigura spesso persone e luoghi, ma talvolta può anche costituire lo spunto per fantasticare un viaggio ovvero per inventare un racconto e leggere con la fantasia l’apparenza visiva. (cliccando sopra la foto è possibile visionare il volume)

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Monte Pellegrino visto da casa natia di Acqua dei Corsari

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