"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."

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martedì 26 luglio 2011

Passaparola: "PD, terremoto in diretta"

Testo:

Buongiorno a tutti, ci siamo arrivati come ci siamo detti per anni e cioè al tracollo ormai visibile anche della Seconda Repubblica che muore dello stesso virus che si era portato via la prima: l’illegalità, la corruzione e le collusioni con il malaffare finanziario e mafioso e curioso che quelle forze dell’ ordine che dovrebbero essere mandate a rastrellare il Parlamento colmo di inquisiti e di condannati, vengano mandate invece a picchiare la gente che si oppone alla costruzione di una di delle grandi opere che forse è l’ultimo cascame degli anni 80, della stagione delle opere faraoniche dello sperpero di denaro pubblico e della corruzione sottostante che è il Tav Torino – Lione.

Il Parlamento è peggio del Paese - Si è sempre detto in questi anni, noi abbiamo sempre contrastato questa scemenza che il Parlamento è lo specchio del paese.
Abbiamo fatto dei libri, io insieme a altri colleghi come Peter Gomez, Gianni Barbacetto, Marco Lillo in cui si raccontava che in Parlamento ci sono fissi ormai da 3, 4 legislature un centinaio tra imputati e indagati e dai 20 ai 30 condannati definitivi, il che significa che in Parlamento c’è un parlamentare su 10 che ha seri guai con la giustizia, se il Parlamento fosse lo specchio del paese, significherebbe che su 60 milioni di abitanti, 6 milioni di abitanti sono sottoprocesso o sono già stati condannati, una cosa semplicemente impensabile, quindi il Parlamento non è lo specchio del paese, il Parlamento è molto peggio del paese, anche se il paese non scherza! Vedete con quali arzigogoli in questi giorni si cerca di giustificare quello che sta accadendo, questa escalation, questa accelerazione di indagini su tangenti, mafie, appalti truccati, si cerca di raccontare la vicenda a prescindere dalle tangenti perché questo è il modo che si è usato per raccontare anche la storia di Tangentopoli dopo qualche mese dall’entrata al governo di Berlusconi nel 1994, si cominciò a dire che Tangentopoli non era scoppiata perché i politici rubavano, ma perché i magistrati avevano dichiarato guerra ai politici e sono più o meno 20 anni che ci raccontano questa favoletta della guerra tra politica e magistratura, per non dover ammettere che le indagini sui politici che rubano e che mafiano nascono perché ci sono molti politici che rubano e che mafiano e sono molti di più i politici che rubano e che mafiano rispetto a quelli che vengono indagati, perché ovviamente su reati nati da associazioni per delinquere così omertose e così impenetrabili quali sono sia il sistema della corruzione, sia il sistema delle mafie, è molto difficile scoprire le prove, scoprire le notizie di reato, sapete bene che i reati si dividono tra quelli a copertura totale e quelli a copertura parziale, quelli a copertura totale sono quelli che non si possono nascondere, gli omicidi sono tanti quanti gli omicidi che conosciamo sono tanti quanti quelli che vengono commessi, le rapine che vengono commesse le conosciamo tutte, i furti d’auto li conosciamo tutti, i furti in appartamento li conosciamo tutti, perché? Perché ovviamente la gente per le assicurazioni va a denunciare questi furti subiti, esattamente come gli omicidi ovviamente non possono passare inosservati, mentre invece la corruzione e i rapporti dei politici con la mafia, sono reati invisibili, quindi o parla chi li ha commessi, o parlano i complici di quelli che li hanno commessi, oppure è impossibile scoprirli, eco perché in quei casi occorrono i pentiti cioè i complici che collaborano con la giustizia e parlano oppure le intercettazioni che fanno parlare la gente senza che la gente sappia di essere ascoltata e è proprio per questo che in questi 20 anni, invece di colpire la corruzione e i rapporti di collusione tra mafia e politica, si è tentato in tutti i modi di colpire i due principali strumenti con i quali i magistrati andavano a scoprire questi reati invisibili.
Da un lato si sono colpiti i pentiti con la riforma Fassino – Napolitano che praticamente li ha aboliti per legge, rendendo non più conveniente per un mafioso collaborare con la giustizia, togliendo un sacco di benefici, obbligando i mafiosi che collaborano a raccontare tutto entro 6 mesi, dopodiché qualunque cosa dicono non vale più, lo stesso si è fatto per i “pentiti” dei reati di tangentopoli quando con la riforma dell’Art. 513 del Codice di Procedura Penale, altra porcheria votata dal centro-sinistra quando era maggioranza con la complicità del centro-destra, poi dichiarata incostituzionale e poi addirittura trasformata in legge costituzionale e infilata all’Art. 111 della Costituzione si è stabilito che quando io, complice di una tangente accuso l’altro mio complice, devo ripetere la stessa cosa non basta che la dica davanti al PM, la devo ripetere davanti alle Tribunale e se non la vado a ripetere, non è che mi possono obbligare a ripeterla, semplicemente se non la vado a ripetere, la persona che ho accusato viene assolta per insufficienza di prove perché quello che ho detto davanti al PM, sia che sia vero, sia che sia falso, viene cestinato, non può più essere preso in considerazione dal giudice.
Così hanno tappato la bocca ai complici che avrebbero potuto accusarli, dopodiché hanno cominciato una tale campagna contro le intercettazioni, per cui adesso si è creato un clima politico bipartisan per il quale non solo a destra, ma anche a sinistra si sostiene quasi unanimemente che le intercettazioni devono essere limitate, devono essere ridotte, devono essere ridimensionate, anche se le usiamo in casi semplicemente eccezionali, basti pensare che le persone intercettate in Italia ogni anno sono 6 mila, su 60 milioni di abitanti, lo 0,001%, ancora l’altro giorno il Capo dello Stato in base a non si sa quali dati, sosteneva che bisogna ridurre le intercettazioni, limitarle ai minimi casi indispensabili, il che peraltro è già previsto dalla legge anche se lui probabilmente non lo sa.
Eppure casi di corruzione e di mafiosità sono talmente numerosi, massicci e evidenti che nonostante il continuo tagliare le unghie, le mani, le dita e le braccia ai magistrati, ancora i magistrati ne scoprono un sacco di questi casi, evidentemente perché la forza della realtà è tale che fa saltare tutti i coperchi che sono stati messi in questi anni non sulla corruzione, ma sulle indagini che riguardano la corruzione e quindi lo spettacolo è quello che abbiamo sotto gli occhi, ogni giorno ormai c’è un arresto per quelli che si possono arrestare o una richiesta di arresto per gli intoccabili che senza autorizzazione del Parlamento non si possono arrestare. L’altro giorno nella stessa giornata si è votato alla Camera, pro o contro la richiesta di poter eseguire l’arresto nei confronti dell’On. Alfonso Papa e al Senato si è votato sulla richiesta del G.I.P. di Bari di poter eseguire la cattura del Senatore del PD Alberto Tedesco, Papa accusato di favoreggiamento e rivelazione di segreti e corruzione, Tedesco accusato di concussione, corruzione, abuso, falso e turbativa d’asta, voto segreto alla Camera Papa viene arrestato, o meglio la Camera concede ai magistrati l’autorizzazione a eseguire un mandato di cattura che era già stato emesso dal G.I.P. e quindi di portare questo parlamentare, Papa, magistrato in aspettativa, a Poggio Reale, là dove quando era magistrato a Napoli era solito lui mandare i suoi indagati.
Il Senato invece grazie ai soliti mascalzoni che si nascondono dietro l’anonimato del voto segreto, è stato salvato Tedesco che continuerà tranquillamente a scorrazzare a Palazzo Madama con sulla testa imputazioni di corruzione, concussione, abuso, falso, turbativa d’asta, nei prossimi giorni si esaminerà alla Camera la richiesta di autorizzare, sempre da parte della Procura di Napoli, anzi del G.I.P. di Napoli la cattura di Milanese, ex finanziere della Guardia di Finanza, diventato poi braccio destro di Tremonti, la vera potenza del Ministero dell’economia, quello che faceva le nomine, quello che teneva i rapporti con una delle due bande ai vertici della Guardia di Finanza, perché l’altra banda era invece considerata vicina al Cavaliere e quindi c’erano gli ufficiali vicini a Tremonti e a Milanese, gli ufficiali vicini al Cavaliere e alla sua azienda.
Milanese è accusato di essersi fatto corrompere per anni, più in natura che non con mazzette tradizionali, regali, Ferrari, auto d’epoca, gioielli, di tutto, aveva un tenore di vita tale che gli permetteva di pagare ogni mese l’affitto di un mega-appartamento nel centro di Roma dove abitava senza pagare Tremonti, che evidentemente gli doveva molto, ragion per cui chiudeva non un occhio, ma due occhi su tutte le scorribande di Milanese che da anni ne combinava di cotte e di crude, vedremo cosa deciderà la Camera, se posso fare una previsione tale è lo shock con cui i parlamentari hanno vissuto l’arresto di Papa, di un loro simile, che penso che d’ora in poi faranno quadrato, troveranno sempre il modo con il voto segreto di salvare i loro simili, come già avevano fatto prima di questo caso, perché dal 1994 a oggi, parliamo soltanto della Seconda Repubblica in 17 anni una ventina di volte i magistrati avevano chiesto di poter arrestare dei parlamentari e tutte quante quelle 20 volte la Camera o il Senato avevano risposto picche, spesso con un voto molto trasversale, spesso salvando dal carcere persone che poi sono state regolarmente condannate.
Nella storia della Repubblica italiana, Prima e Seconda Repubblica, dal 1946 a oggi, su decine e decine di richieste di autorizzazioni all’arresto da parte dei magistrati al Parlamento, il Parlamento aveva votato sì soltanto 4 volte, nel caso di Moranino, il partigiano rosso eletto poi in Parlamento con il partito comunista, accusato per avere fatto dei delitti orribili dopo la fine della guerra partigiana, salvato negli anni 60 dall’arresto, per accuse di reati di sangue, poi ci fu Massimo Abatangelo accusato di eversione nera, reati di armi e di banda armata, poi ci fu Toni Negri accusato di banda armata anche lui per l’eversione rossa, sì per Abatangelo, sì per Negri e sì per Sandro Saccucci il Missimo che nel famoso comizio di Sezze Romano si mise a sparare facendo secca una persona, quindi almeno per chi sparava il Parlamento aveva stabilito che si poteva autorizzare l’arresto, ma se un parlamentare non si metteva a sparare, poteva fare qualsiasi cosa e non aveva mai il rischio di finire in galera.

Arresto di Papa: panico in Parlamento - Ecco perché parlo di shock, perché Papa è stato il primo parlamentare della storia della Repubblica, tra la Prima e la Seconda Repubblica a essere arrestato per una storia non di sangue e non di armi, cioè per un reato contro la pubblica amministrazione, corruzione, rivelazione di segreto, favoreggiamento.E se pensate che in anni passati furono salvati persino candidati all’arresto per mafia come Giancarlo Cito poi condannato per i suoi rapporti con il clan della Sacra Corona Unita, come Marcello Dell’Utri, poi condannato per false fatturazioni, frode fiscale in via definitiva e in Parlamento e in secondo grado per associazione per delinquere di stampo mafioso in concorso esterno, voi vi rendete conto che forse Papa non è il peggiore dei parlamentari degli ultimi 65 anni, eppure per lui è stata data l’autorizzazione all’arresto, perché? Evidentemente perché la politica in questo momento si sente detestata dall’opinione pubblica e sta cercando, nel suo impazzimento terminale, di dare qualche segnalo in contro tendenza, visto che la rabbia contro la casta monta, se credono di salvarsi la faccia autorizzando l’arresto di Papa e ricominciando a fare i loro porci comodi, naturalmente si sbagliano, anche perché lo stesso giorno il voto per l’arresto di Papa veniva neutralizzato dal voto contro l’arresto di Tedesco che se è possibile è accusato di cose ancora peggiori rispetto a Papa.
A contorno sappiamo che a Milano c’è un’indagine clamorosa sull’enorme buco dell’ospedale San Raffaele, ospedale di questo prete, il Simoniaco che si chiama Don Verzè e che da 40 anni tiene il sacco a Berlusconi fino a quando lo aiutò a far spostare le rotte aeree da Milano 2 con la scusa che bisognava costruire l’ospedale nel bel mezzo della città satellite, che c’è un Ministro romano, Saverio Romano imputato per mafia che non si dimette, che c’è la Procura di Roma che indaga su Finmeccanica e sulla P3 e sugli amici di D’Alema nello scandalo Enac, ne abbiamo parlato due settimane fa, che la Procura di Napoli ha indagini di altissimo livello che quella di Palermo sta indagando su parlamentari ipoteticamente corrotti con i soldi di Don Vito Ciancimino, pizzini, Romano e Cuffaro e che presto il Parlamento dovrà autorizzare o negare l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni che riguardano questi parlamentari con il commercialista di Vito Ciancimino, nonché suo prestanome, il Rag. Lapis, a questo punto uno dice va beh, il centro-destra è nella melma fino al collo, lo sapevamo, il Partito fondato da Berlusconi non può che finire con una grande retata, perché? Perché è ovvio che se si mettono tutti a imitare il capo li vanno a prendere con l’accalappiacani, visto quello che va il capo, qualunque cosa facciano i suoi sottoposti, sarà sempre meno grave di quello che ha fatto il capo che ha letteralmente fregato una casa editrice a De Benedetti per mettersela in tasca con una sentenza comprata, si può immaginare qualcosa di più enorme, stiamo parlando di un furto che la Corte d’Appello di Milano ha appena quantificato in 560 milioni di Euro, avete mai visto uno che è riuscito a rubare più di 560 milioni di Euro?
Quindi capite, questa è la maggioranza, maggioranza che naturalmente ha non soltanto i suoi esponenti inquisiti, a cominciare dal capo del governo, ma ha i suoi principali esponenti che o sono inquisiti in proprio, oppure hanno il loro braccio destro, il loro prestanome indagati, Tremonti operava per le mani di Milanese, Gianni Letta operava per le mani di Bisignani, inchiesta P4 anche questa davanti alla Procura di Napoli, il problema è quello che c’è dall’altra parte, quello che non c’è dall’altra parte, che in una situazione come questa è ovvio che le opposizioni ci dovrebbero sguazzare, praterie per correre a guadagnare consensi, invece dall’altra parte, come al solito, c’è chi riesce a pareggiare il conto, c’è chi riesce se non a fare pari e patta, alleno a far dire alla gente che se Atene piange, Sparta non ride o viceversa, se Sparta non ride Atene piange, perché questo? Perché non bastando gli scandali dei finanziatori della fondazione di D’Alema italiani e europei che prendevano e pagavano tangenti come abbiamo raccontato due settimane fa, adesso riesplode una Tangentopoli a Milano tutta rossa, nella vecchia Stalingrado del nord che era Sesto San Giovanni, Sesto San Giovanni, comune operaio, comune rosso, popolato da tanta brava gente che lavora e che ha sempre votato a sinistra e che ha avuto come Sindaco in passato Filippo Penati, il quale poi ha fatto carriera, è diventato per una legislatura Presidente della Provincia di Milano, due anni fa quando Bersani ha preso in mano la segreteria del PD Pennati è diventato il braccio destro ufficiale di Bersani, capo della segreteria politica del segretario nazionale, dopo avere perso le provinciali e quindi avere mancato la riconferma come Presidente della Provincia, Penati quest’anno è stato premiato come tutti i trombati, del resto, con una bella candidatura alla Regione e lì è Vicepresidente del Consiglio regionale da una settimana, almeno che si sappia, poi lo era almeno da prima, da una settimana si sa che Penati è indagato dalla Procura di Monza per concussione, corruzione e finanziamento illecito, concussione vuole dire che è accusato di avere costretto degli imprenditori a pagargli tangenti, con la minaccia di non farli lavorare, cioè di rovinarli, corruzione vuole dire che ci sono degli imprenditori che lo hanno pagato anche senza essere costretti e che lui ha preso i soldi, finanziamento illecito vuole dire che almeno una parte di quei soldi li ha destinati al suo partito, che fino al 2008 si chiamava PS e dal 2008 si chiama PD.
I fatti contestati dalla Procura di Monza arrivano fino al 2010, quindi questa è la prima indagine per finanziamento illecito, non solo a un esponente importantissimo del PD, il pupillo del segretario, ma è la prima indagine che coinvolge direttamente il PD per essersi finanziato illecitamente, a qualcuno di voi potrebbe venire una curiosità e dire: ma i partiti a differenza che nella Prima Repubblica, dove i finanziamenti pubblici non riuscivano a coprire le loro spese, nella seconda si sono regalati tradendo il famoso referendum del 1993, quelli che chiamano i rimborsi elettorali, che sono uno sproposito perché non solo bastano a sostenere tutte le loro spese elettorali, ma coprono il triplo delle loro spese elettorali, che ovviamente sono taroccate, non è neanche necessario giustificarle, quindi navigano nell’oro, che bisogno hanno di integrare, con tangenti.
Infatti in questi ultimi anni è stato rarissimo il caso di una contestazione di finanziamento illecito a partiti, perché quasi sempre si scopriva che in realtà i soldi se li mettevano in tasca i singoli, questo capitava anche nella Prima Repubblica, ma nella Prima Repubblica c’era un sistema di taglieggiamento fisso di una percentuale che gli imprenditori dovevano dare a tutto il sistema dei partiti, spesso anche alle opposizioni perché non si opponessero, che serviva a foraggiare illegalmente i partiti e poi all’interno di quel sistema c’era qualcuno che ci faceva la cresta e che si metteva i soldi in tasca, questa volta non c’è quel sistema generale, sono episodi molto frequenti, per importi anche molto alti, ma senza una sistematicità, infatti per esempio Sesto San Giovanni le accuse riguardano soltanto Penati e il suo entourage, gli altri partiti non sono coinvolti, mentre nella Prima Repubblica c’era sempre un accordo di tutti i partiti di governo e spesso dell’opposizione addomesticata, perché ciascuno avesse la sua parte e nessuno rompesse i coglioni sulle gare d’appalto truccate, quindi questa è la principale differenza, però qui una parte, almeno di questi soldi pare che sia andata prima ai DS e poi al PD, partiamo di importi molto grandi, c’è un imprenditore, costruttore…

Terremoto PD - Scusate, c'è stata una scossa di terremoto e sono andato nel pallone. Dicevo, delle consulenze a due commissari delle cooperative rosse emiliane, anche ai tempi di Tangentopoli spesso il PC poi PDS si faceva retribuire non con tangenti cash, ma con lavori o consulenze alle cooperative rosse, che poi evidentemente si sdebitavano secondo un altro canale.Quindi il totale dei soldi che Pasini avrebbe dato a Penati e al PD ex DS sarebbero circa 8 miliardi in 10 anni, poi non c’è solo lui perché come vi ho detto c’è Di Caterina il quale dice di avere pagato ratealmente, mensilmente a volte 100 a volte 20 milioni di lire, ma non solo, adesso salta fuori un altro nome molto rinomato fin dai tempi di Tangentopoli, Bruno Binasco che era il braccio destro l’uomo ombra di Marcellino Gavio, il defunto l’anno scorso, costruttore, uno dei più grossi proprietari di autostrade in Italia, Binasco entrava e usciva di galera nel 1992/1993, poi è stato processato una miriade di volte per una miriade di tangenti, la gran parte delle volte si è salvato per prescrizione, qualche volta è stato anche condannato in via definitiva, una volta è stato condannato insieme a Primo Greganti per avere finanziato Greganti con una finta caparra non tornata indietro, allo scopo, scrivono i giudici di Tortona di finanziare illegalmente l’allora PC, PDS, adesso questo signore che è il plenipotenziare del gruppo Gavio perché Gavio è morto, ritorna fuori, come possibile finanziatore ancora una volta di Penati e questo in tempi molto recenti, tra il 2008 e il 2010 con un meccanismo che spiegano bene Ferrarella e Guastella su Il Corriere della Sera, una tangente presunta naturalmente di 2 milioni di Euro, concordata nel 2008 e pagata nel 2010 e nel 2008 Penati era Presidente della Provincia di Milano e nel 2010 era diventato il capo della segreteria di Bersani, cosa hanno fatto? Hanno finto la vendita di un immobile di proprietà dell’imprenditore Di Caterina al gruppo Gavio retto da Binasco, cosa hanno fatto naturalmente? Di Caterina per i preliminari dell’acquisto, della cessione del suo immobile a Binasco ha avuto una caparra enorme di 2 milioni di Euro e poi dopo due anni Binasco ha rinunciato all’acquisto di quell’immobile, ma gli ha lasciato la caparra, secondo l’accusa erano già d’accordo fin dall’inizio che l’acquisto era falso e che quindi la caparra sarebbe rimasta a Di Caterina e così hanno giustificato un esborso da Binasco a Di Caterina, perché questo? Non perché Binasco dovesse qualcosa a Di Caterina, ma perché Binasco doveva finanziare, questa è l’ipotesi d’accusa, il PD e Penati, Di Caterina avanzava un sacco di soldi che aveva anticipato al PD e a Penati e allora cosa hanno fatto? La triangolazione: Binasco deve finanziare Penati, Di Caterina avanza dei soldi da Penati, invece di Binasco dà i soldi a Penati e Penati li dà a Di Caterina, cosa fanno? Binasco li dà direttamente a Di Caterina e Penati a estinto il suo debito avendo ricevuto soldi prima da Di Caterina, paga Binasco, questa è l’ipotesi di accusa, la triangolazione per camuffare una tangente da caparra.
Credete che questi costruttori facciano questa versamenti importanti in periodi di crisi così per la bella faccia dei politici? Ovviamente no, in cambio vengono favoriti, oppure non vengono ostacolati, in questo caso è tutta una partita di centro-sinistra, è tutta una partita PD a altissimo livello perché sotto Bersani c’è Penati, Penati sta a Bersani come Milanese sta a Tremonti è il suo uomo di fiducia, non sto dicendo che fa le stesse cose, sto dicendo che è il suo uomo di fiducia. A questo punto ai magistrati viene la curiosità di andare a vedere quali sono negli anni i rapporti tra il Gruppo Gavio e Penati, quel gruppo Gavio che era già stato condannato, lo ripeto, nella prima Tangentopoli del 1992/1993 per avere finanziato illegalmente il PC tramite Greganti, quando trattano con Binasco questi signori sanno che è un pregiudicato per avere finanziato il loro partito e continuano a trattarci. Nel 2004 cosa fa l’ottimo Penati da Presidente della Provincia di Milano? Compra le quote della Milano - Serravalle facendo, accollando alla collettività, alla Provincia di Milano un bel pezzo di autostrada, la Milano – Serravalle è quella che collega Milano con Genova, e facendo spendere alla Provincia di Milano una barcata di soldi, una barcata di soldi che poi vanno ovviamente nelle tasche di Gavio e del gruppo Gavio – Binasco e con quei soldi cosa fa il gruppo Gavio? Sostiene la scalata di Unipol alla Banca Nazionale del lavoro, quella di Consorte, quella dei furbetti del quartierino. In un bel libro di Gianni Barbacetto che si intitola “Compagni che sbagliano” sono pubblicate le intercettazioni, intercettazioni nelle quali si dimostra che la Provincia di Milano grazie a Penati, per comprarsi il 15% di azioni della Serravalle da Gavio, ha speso 238 milioni di Euro pagando a azione 8,9 Euro, mentre un anno e mezzo prima, Gavio le aveva pagato 2,9, il che significa che Gavio realizza una plusvalenza di 176 milioni a spese dei milanesi e con quell’enorme tesoretto va a sostenere Consorte che di lì a poco dà la scalata alla Bnl, non ci sarà mica un legame? La cosa più interessante ancora è che nelle telefonate intercettate si scopre, lo ha raccontato Barbacetto in quel libro e su Il Fatto Quotidiano, salta fuori anche il nome di Bersani, perché il 28 giugno 2004 Binasco a Marcellino Gavio dice: il problema non è Penati (Presidente della Provincia) che con lui un accordo si trova, il vero problema è Albertini, cioè il Sindaco di centro-destra. Due giorni dopo entra in scena Bersani, Binasco dice a Il Giornale che con Bersani Gavio ha da sempre un ottimo rapporto, infatti il 30 giugno 2004 Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati e dice a Gavio di cercare Penati per incontrarsi in modo riservato, ora fermiamo tutto e vedrà che tra una decina di giorni, quando vi vedrete troverete un modo. 5 giorni dopo, il 5 luglio 2004 Penati chiama Gavio e gli dice: buongiorno, mi ha dato il suo numero l’On. Bersani e Gavio: sì volevo fare due chiacchiere con lei quando è possibile e Penati: guardi non so, beviamoci un caffè. L’incontro avviene in modo riservato come suggeriva Bersani in un Hotel di Roma, non in una sede istituzionale, non è che il Presidente della Provincia di Milano riceve il costruttore Gavio nella sede della Provincia di Milano davanti a testimoni e poi emette un bel comunicato per dire: abbiamo ricevuto il Commendator Gavio per parlare di questo, questo e questo, riservato su suggerimento di Bersani e quello che succede dopo è naturalmente quell’affarone meraviglioso che riesce a concludere sulla Serravalle il gruppo privato Gavio a spese dei contribuenti milanesi, grazie alla scriteriata scelta di Penati di comprare quel 15% di quote, strapagandole il triplo di quelle che le aveva pagate un anno e mezzo prima il privato.
Allora voi capite che quando i rapporti tra politica e affari sono questi, che ci siano tangenti o che non ci siano tangenti, è già grave di per sé quello che è successo, che non c’è nessuna trasparenza e quando queste opacità sono ai massimi livelli, bisogna interrogarsi su come vengono selezionate anche le classi dirigenti del centro-sinistra, queste intercettazioni sono di 7 anni fa, sono note da almeno 5 anni, dopo che queste intercettazioni sono state rese note, Bersani è diventato Segretario del PD e Penati è diventato il capo della sua segreteria e se non ci fosse l’indagine della Procura di Monza, molto probabilmente, visto il rapporto che c’è tra i due, se il centro-sinistra dovesse vincere le prossime elezioni tra due anni, Penati sarebbe diventato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel posto dove oggi Letta fa il braccio destro di Berlusconi e magari un altro fedelissimo di Bersani, Pronzato, arrestato per le tangenti sui voli, essendo lui consigliere di Bersani al Ministero, responsabile trasporti aerei del PD e consigliere di amministrazione dell’Enac in conflitto di interessi totale, visto il rapporto che ha con Bersani, magari poteva diventare il Ministro dei trasporti, ora uno è in galera, Pronzato e sta patteggiando dopo esserne uscito e l’altro è indagato per corruzione, concussione e finanziamento illecito, c’era bisogno dell’inchiesta per capire che Penati ha un rapporto malato con il mondo degli affari? Cosa ci voleva per mandarlo via se non bastavano quelle intercettazioni con Gavio e quell’affare che ha impoverito la Provincia di Milano, un’istituzione e ha arricchito un privato che poi finanziava il partito come il gruppo Gavio?

Queste sono le domande che dobbiamo cominciare a porre duramente, d’estate i politici girano nei loro collegi, quando incontrate Penati o incontrate Bersani se vi capita fategli queste domande, noi le abbiamo fatte su Il Fatto Quotidiano e speriamo di ricevere risposta, perché questi signori si illudono di raccattare il potere quando Berlusconi se ne andrà, si illudono che gli caschi in mano Palazzo Chigi, non hanno capito quello che noi, mi spiace, autocitarmi ancora ma abbiamo più volte ripetuto e cioè che la casta è fatta così, non sono tutti uguali ma sono complementari e quando cade Berlusconi cadranno anche questi, se prendono qualche volto è perché c’è ancora Berlusconi, quando non ci sarà più Berlusconi uno sarà costretto a guardare in faccia loro, quindi non li voterà più o si inventano dei leader nuovi, una classe dirigente nuova che abbia un altro tipo di rapporto con il mondo degli affari, oppure Berlusconi cadrà, cadranno anche loro e noi avremo un voto politico totale, dentro il quale potranno infilarsi i peggiori avventurieri, esattamente come accade nel 1994 quando ci si infilò il Cavaliere Silvio Berlusconi, passate parola, buona settimana!

Marco Travaglio (Passaparola del 24 luglio 2011)


venerdì 22 luglio 2011

“Gl’italiani, a proibir loro il Peccato, cadono nel Vizio”

Una lettera di Indro Montanelli al suo collega americano Edmund Stevens scritta a metà degli anni '50. Il Fatto ricorda così la scomparsa del più grande giornalista italiano avvenuta dieci anni fa

Caro Edmund, il tuo richiamo agli scandali che da qualche anno rallegrano la vita italiana è per lo meno superfluo. Montagna, Anna Maria Caglio eccetera sono infatti, con la Lollobrigida e Sofia Loren, gli unici personaggi italiani su cui i tuoi compatrioti siano perfettamente informati e di cui parlino con competenza. Sanno tutto di loro: molto più di me, che non so quasi nulla. Ignorano un particolare soltanto: che questi scandali, nel nostro paese, sono una novità assoluta, e non ne rappresentano assolutamente il costume. E appunto per questo fanno tanto rumore. L’Italia non è un paese moralmente rigoroso. Al contrario, è un paese indulgente, dove il Peccato circola liberamente ed è accolto anche nelle famiglie più virtuose. Il Vizio, no. Ed è questo che nell’affare Montagna ha indignato gl’italiani, popolo di peccatori, sì, ma sani e gagliardi. Per meglio spiegarti il clima morale in cui noialtri, italiani medi, siamo stati educati, ti racconterò un piccolo aneddoto di famiglia.
Sulla tomba di mio nonno, che fu per tanti anni sindaco di una piccola città toscana, Fucecchio, c’è un epitaffio che, come usa da noi, ne ricorda tutti i meriti e fra le altre cose lo presenta come “esempio di domestiche virtù”. Fu infatti un buon marito dell’unica moglie che ebbe e un eccellente padre dei suoi sette figli. E fu considerato un “esempio” non perché non cedette mai alla tentazione di qualche infedeltà coniugale, ma semplicemente perché nessuno seppe mai con chi le consumò. Solo dopo la sua morte si scoprì ch’egli aveva avuto una relazione con una di quelle che oggi si chiamano “ragazze-squillo” e vengono regolarmente perseguitate dalla polizia democristiana. Era una “cucitrice in bianco”, cioè una piccola sarta che, appena conosciuto mio nonno, emigrò da Fucecchio e comprò, con il denaro del suo nuovo amico, un piccolo negozio a Empoli. Era là, in una decorosa e discreta casetta, che l’esempio di domestiche virtù andava a visitarla con una frequenza che decrebbe col crescere dei suoi anni. Mio nonno era un laico, anzi un massone. Non voleva preti per casa, ma era contento che sua moglie e i suoi figli andassero ogni domenica a messa. Per Natale mandava sempre al Vescovo un paio di capponi accompagnati da una lettera di auguri e di ossequio, e quando lo incontrava per strada si toglieva per primo il cappello, ma non gli baciava l’anello. E massonico e laico era anche il concetto ch’egli aveva della virtù, che per lui consisteva non nel rifiuto pregiudiziale del Peccato, ma nell’obbligo di mantenerlo nella sua “sede”, che nella fattispecie consisteva nella decorosa e discreta casetta di Empoli, molto lontana da quella in cui stavano sua moglie e i figli.
Tu sei americano, caro Edmund, e come tale, anche se non lo sai e non lo vuoi hai un fondo puritano che forse trasalirà d’indignazione all’idea che un simile marito sia passato, agli occhi dei suoi concittadini, come un “esempio di domestiche virtù”. Ma per noi, italiani cattolici e laici, che della moralità abbiamo un concetto scettico e umano, questa pratica di vita coniugale rappresenta proprio un “optimum” e costituisce un “esempio”, come sta scritto sull’epitaffio.
Probabilmente sbagliamo, anzi sbagliamo certamente, a misurarci sul metro della Virtù Assoluta. Ma nella vita italiana già vecchia di millenni gli Assoluti sono stati messi in congedo permanente da parecchi secoli. Noi ci contentiamo del Relativo. E nel Relativo una moralità come quella di mio nonno faceva “esempio”.
Poi son venuti i democristiani, con un’altra moralità di sigillo clericale e confessionale. Essi hanno chiuso i bordelli. Essi hanno perseguitato le ragazze-squillo. Essi sono rappresentati da Ministri e da Deputati con mogli virtuose e acide e con sterminate figliolanze che i preti educano nella paura dell’Inferno. Essi hanno proibito l’esposizione della “Venere” di Botticelli perché mette in mostra “le vergogne”. E il risultato di questa gran ventata moralistica eccolo qui: l’affare Montagna, Capocotta, la crescente inflazione di cocaina e la sostituzione delle “vergogne” di Sofia e di Gina a quelle della “Venere” di Botticelli. Gl’italiani, a proibir loro il Peccato, cadono nel Vizio. Io che sono cresciuto nell’età delle “cucitrici in bianco” e dei bordelli sotto un esempio come quello di mio nonno (e di mio padre che molto gli somiglia) non ho bisogno di questi surrogati. La mia educazione sessuale, identica a quella di tutti gli altri miei coetanei, non ha fatto certamente di me un uomo virtuoso; ma ne ha fatto un uomo sano, perfettamente normale, senza complessi, che in mezzo a tutti i Montagna da cui siamo afflitti ha il diritto di sentirsi “modello di domestiche virtù”.
Io non so se nello scandalo di Anna Maria Caglio e Wilma Montesi ci siano delle omertà governative. Non so nemmeno se e fino a che punto siano colpevoli Montagna e Piccioni. So soltanto che nell’Italia laica scandali di questo genere non succedevano. Il tipico scandalo italiano era l’adulterio con la fuga dell’infedele e la sua uccisione da parte del marito offeso. Non dico che fossero belle cose. Non dico che fosse giusto il costume dei nostri tribunali di assolvere o di condannare a lievi pene l’uccisore. Dico soltanto che il vizio, la cocaina, il sospetto di complicità governative non c’entravano. Nei Paesi in cui non c’è il divorzio, l’adulterio è quasi obbligatorio. Ma oggi, nella moralità che cercano di introdurre questi nuovi Robinson Crusoè che sono i democristiani, convinti di ricreare il mondo da capo, ecco a cosa siamo arrivati: ai cadaveri in cerca d’autore dimenticati sulle spiagge e a un’ondata di inversioni sessuali che in Italia fin qui erano sempre state un fenomeno di quasi esclusiva importazione forestiera.
Il guaio, caro Edmund, è che questa nuova classe dirigente clericale è arrivata al potere quando era già vecchia. Per vent’anni il fascismo la obbligò a vivere in provincia, con pochi mezzi e in forzata austerità. Il peggiore di tutti i rimorsi, quello dei peccati non commessi, la ossessionava quando giunse a Roma, sulle baionette dei vostri soldati. Ora ch’eran padroni della barca, vollero riguadagnare il tempo perduto, ma purtroppo avevano già i reumatismi e il diabete. Per procurar loro quei paradisi che noi ci eravamo procurato a vent’anni nei bordelli e nella più assoluta normalità, occorrevano la cocaina, le minorenni, le pornografie, le partite a tre, a quattro, a cinque. Ecco com’è nata l’ondata di scandali, di cui Capocotta è diventata ormai il simbolo. Io non ho molta simpatia per i fascisti, lo sai. Ma debbo riconoscere che al loro tempo queste cose non succedevano. Essi giunsero a Roma quasi direttamente dalle trincee del Carso e avevano venticinque o trent’anni. Fecero tutto – guerra, rivoluzione e amore – al momento giusto. Sul piano morale, la Liberazione ha sostituito una classe dirigente di piccoli viziosi a una di grandi peccatori. Non ci abbiamo guadagnato.
Tutte queste cose io non posso spiegarle ai tuoi concittadini, quando m’interrogano sull’affare Montagna, perché qui il clima morale è completamente diverso. Nella stessa New York, per quanto sia una grossa baracca cosmopolita, il “caso Jelke” (ricordi?) fece scandalo. Tu mi dirai che di Jelke probabilmente ce ne sono molti altri. È possibile. Ma nulla e nessuno riuscirà a farmi credere che la vita americana sia minacciata, come quella nostra, dall’immoralità. Per una ragione molto semplice, caro Edmund: che mio nonno, quello che ha insegnato a vivere a me, era quell’esempio di domestiche virtù che ti ho descritto, mentre il nonno tuo, quello che ha insegnato a vivere a te, era un pioniere che doveva seguire la regola stretta e austera dell’accampamento.
Io non prendo per oro colato quello che i cineasti di Hollywood ci raccontano nei loro WESTERN (dei quali sono grande amatore). Ma un certo “clima morale”, come lo vediamo riprodotto in quei film, dev’esser vero. Voi, senza il puritanismo e senza la fede nel trionfo del Bene sul Male, non avreste fatto nemmeno un centesimo di quello che avete fatto. Senza una fede religiosa non si costruisce una cosa come l’America. Senza una fede religiosa non si compie nulla di grande: nemmeno i delitti. Questa fede religiosa in voialtri americani è viva; e lo si vede dal continuo sorgere di nuove sètte. Segno che la vostra discussione con Dio è sempre aperta. E chi discute con Dio ha il peccato difficile e seguito dal rimorso e dalle crisi di coscienza. Non tutti i frequentatori di Wall Street si fermano ad ascoltare predicatori – bianchi, neri, gialli – che, sul marciapiede, li mettono in guardia dai castighi che l’Inferno riserba ai seguaci di Mammone. Mammone, certo, seguita a fare gli affari suoi. Ma solo in una società a forte sustrato religioso è concepibile la pacifica coesistenza di Mammone col Vangelo. T’immagini cosa succederebbe se nella Borsa di Roma o di Milano si presentasse uno di quei predicatori. Cioè, non sforzarti a immaginarlo. Leggi la storia di Gerolamo Savonarola che, se rinascesse oggi in America, sarebbe lì anche lui, a Wall Street, a descrivere l’Inferno; ma nessuno lo brucerebbe.
Come nipote di quel tale nonno, io, capirai, non posso avere molte simpatie per il puritanismo. Lo invidio al tuo Paese senza augurarlo al mio. Perché è inutile cercare di trapiantarlo, come stanno tentando di fare i democristiani, in un terreno dove non trova nutrimento. In America il puritanismo sta benissimo, anzi ne costituisce la vera forza. Si potrà deprecarne e moderarne gli eccessi. Ma esso è nell’anima e nel sangue degli americani, della cui Storia è la chiave. Da noi si risolve in una grossa menzogna, in una colossale ipocrisia, e serve a spiegare soltanto il Marchese Montagna, Capocotta, la farsa della “Venere” di Botticelli e tutti gli altri indecenti foruncoli in cui scoppia, regolarmente, il sangue di un popolo avvelenato da una moralità da sacristia che non gli è congeniale.
Caro Edmund, noi cattolici italiani abbiamo faticato duemila anni per fabbricarci un Dio sulla nostra misura umana, cordiale, tollerante e pieno di indulgenza per i nostri peccati. Nel nostro Paradiso c’è perfino una stakanovista dell’adulterio, Maria Maddalena, e un professionista del furto, Ranieri, per dare speranza a chi cade in queste colpe e procurargli il perdono. Tutto ciò potrà fare a pugni con la Teologia, ma va benissimo d’accordo col nostro carattere.
E ora, ecco qui, i preti ce lo stanno rovinando. Ma che cattolici sono, i preti cattolici, perdio?
Sinceramente tuo
Indro Montanelli

Da Il Fatto Quotidiano del 21 luglio 2011

lunedì 18 luglio 2011

Lou Reed: Walk On The Wild Side (Un Giro Nella Zona Selvaggia)



Holly viene da Miami (Florida)
in autostop attraverso gli USA
sfoltendo le sue sopracciglia per strada
depilandosi le gambe lui diventò lei
Lei dice, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Lei disse, hei dolcezza
Fatti un giro nella zona selvaggia

Candy viene dall'isola
Nella camera sul retro lei era la ragazza di tutti
ma non ha mai perso la testa
neanche quando faceva pompini
Lei dice, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Disse, hei bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
e le ragazze di colore fanno do doo do doo..

Piccolo Joe non l'ha mai dato via a gratis
tutti devono pagare e pagare
Una botta qui e una botta là
NY city é il luogo dove dicono, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Ho detto, Hey Joe
Fatti un giro nella zona selvaggia

Sugar Plum Fairy é venuto e batte le strade
cercando cibo per l'anima e un posto dove mangiare
é andato da Apollo
avresti dovuto vederlo come ci dava dentro
Loro dicono, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Ho detto, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Molto bene, huh

Jackie é completamente fatta
per un giorno pensava di essere James Dean
allora ho capito che presto si sarebbe schiantata
il Valium l'avrebbe aiutata
Diceva, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Dicevo, Hey dolcezza
Fatti un giro nella zona selvaggia
e le ragazze di colore fanno do doo do doo..


Io sono Spider Truman: oggi ho deciso di svelare la mia vera identità.

"Malgrado dubbi e insinuazioni di illustri opinionisti, politici e commentatori, continuano ad arrivare migliaia di adesioni sul profilo di Spider Truman. Vogliono a tutti i costi sapere chi c'è dietro Spider Truman, intervistarlo, proporre progetti editoriali: tutti ad osannare il suo coraggio, poi con le buone o le cattive sapranno come metterlo a tacere. Dicono che ha manie di protagonismo, ma al tempo stesso pretendono che sveli la sua vera identità.
Editori, giornalisti, televisioni: centinaia di avvoltoi cercano di stanarlo.
Allora dico a questi signori, ai politici che siedono sulle poltrone, alle schiere di sgherri sguinzagliati nei corridoi di Montecitorio come nel mondo virtuale del Web: state attenti.
Spider Truman è lì vicino a voi.
Spider Truman è ovunque.
Spider Truman è ogni disoccupato che non trova lavoro perchè non ha santi in paradiso.
Spider Truman è ogni precario che viene struttato per 900 euro al mese e poi dopo anni e anni buttato in mezzo a una strada.
Spider Truman è ogni cassintegrato che deve sudare per arrivare a fine mese.
Spider Truman è ogni operaio sfruttato e malpagato per 40 anni alla catena di montaggio per un salario e una pensione da fame.
Spider Truman è ogni giovane costretto ad emigrare perchè gli hanno rubato il proprio futuro.
Spider Truman è ogni anziano costretto a sborsare decine di euro di ticket se ha la pretesa di andare in un ospedale.
Spider Truman è ogni uomo e ogni donna che a luglio ed agosto non può permettersi nemmeno una settimana al mare.
Spider Truman è uno, nessuno e centomila.
I suoi segreti possono imbarazzare i potenti, ma è l'indignazione popolare che alimenta il loro vero incubo.
Se avete paura di lui, significa che avete qualcosa da nascondere.
E allora fate bene ad aver paura, perchè presto ci riprenderemo ciò che ci spetta.
Ci riprenderemo la dignità. La giustizia. La democrazia.

Da un anonimo internet-point di una calda città italiana.
Spider Truman"

Passaparola: "I corrotti e i tassati"

Testo:

Buongiorno a tutti, anche questo passaparola è registrato qualche giorno prima di oggi quando va in onda e per la precisione è registrato mercoledì scorso, non so quello che è successo nel frattempo da oggi, mercoledì mentre vi parlo a oggi lunedì mentre vado in onda.

G8: dieci anni dopo - Ma gli scandali che lambiscano, toccano i vertici della Guardia di Finanza e portano a parlare di un fatto che credo sia di grande attualità anche in vista del decimo anniversario dei fatti di Genova che si commemora proprio in questi giorni, fatti di Genova che portarono all’evento luttuoso dell’uccisione di Carlo Giuliani durante il G8 famigerato del luglio 2001, ma anche a altri fatti che avrebbero potuto essere luttuosi e che non lo furono soltanto perché i feriti anche gravi delle violenze a Bolzaneto e alla scuola Diaz, avrebbero potuto anche finire peggio di come già non sono finiti
Il tema quindi è l’affidabilità e l’imparzialità delle forze dell’ordine, non tanto della truppa, conosco personalmente credo e salvo smentite fattuali la stragrandissima maggioranza dei poliziotti, Carabinieri, finanzieri siano servitori dello Stato, spesso malpagati e lavorano anche al prezzo di sacrifici importanti, ma che purtroppo a mano a mano che ci si avvicina ai vertici della Polizia di Stato, dell’arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, gli inquinamenti aumentano a dismisura e non sempre chi dovrebbe provvedere a fare pulizia la fa, spesso prevale il corporativismo un po’ mafioso per cui una mano lava l’altra.
In questi giorni abbiamo pubblicato su Il Fatto Quotidiano un articolo di Ferruccio Sansa che ricorda come uno dei personaggi più negativi di quei giorni a Genova di 10 anni fa e cioè il Dott. Giacomo Toccafondi medico in tuta mimetica a Bolzaneto, ritenuto responsabile anche se poi il reato si è prescritto, di un comportamento di particolare crudeltà, scrivono i giudici, è stato promosso, premiato all’A.S.L., è soltanto uno dei casi, perché delle decine di uomini delle forze dell’ ordine che si sono resi responsabili di pestaggi, sevizie gratuite su personaggi di solito poco pericolosi o per nulla pericolosi o addirittura inermi e innocenti in quella feroce repressione sono stati prima ritenuti colpevoli dalla magistratura e poi nel frattempo promossi dalla Polizia di Stato, per esempio Vincenzo Canterini condannato a 4 anni in primo grado per la mattanza alla Scuola Diaz, è stato promosso Questore e ufficiale di collegamento dell'Interpol a Bucarest , Michelangelo Fournier condannato a 2 anni in primo grado è finito al vertice della direzione centrale antidroga, Alessandro Perugini, famoso perché tra l’altro prese a calci in faccia un quindicenne e più condannato in primo grado a due anni e 4 mesi per le sevizie a Bolzaneto e a altri due anni e 3 mesi per vari arresti illegali, è diventato il capo del personale alla Questura di Genova e poi dirigente alla Questura di Alessandria e poi abbiamo questo medico.
Leggo alcuni stralci dell’articolo di Ferruccio Sansa su Il Fatto Quotidiano “è il medico in mimetica ricordato da tanti ragazzi rinchiusi nella caserma di Bolzaneto, è uno dei durante tori chiamati a rispondere civilmente per gli orrori del G8 ma per lui nessuna sanzione, anzi la sua A.S.L. ha deciso di premiarlo, Genova il 23 luglio ricorderà le giornate più buie della sua storia recente, 10 anni fa si teneva il G8 segnato dalla morte di Carlo Giuliani, dalle violenze inaugurate nelle strade della città nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto, la città vuole chiudere le ferite etc.”, il Dott. Giacomo Toccafondi a 10 anni dal G8 il medico genovese non ha subito alcuna conseguenza, eppure è uno dei 4 dottori che secondo i magistrati avrebbero partecipato alle violenze di Bolzaneto, il processo penale con decine di testimonianze, ha ricostruito nei dettagli le violenze nella caserma alle porte di Genova, furono ore di delirio, sopraffazione, umiliazioni, libero sfogo alle peggiori inclinazioni di alcuni poliziotti e agenti penitenziari, è perfino difficile riuscire a leggere le parole dei testimoni, i magistrati nella sentenza parlano di un inferno, ricordano che lo shock di questa esperienza fu tale che a molte donne iniziò il ciclo mestruale prima del ritmo naturale. Il Dott. Toccafondi – scrive Sansa – è uscito indenne dal processo e ha ottenuto la prescrizione anche se dovrà rispondere civilmente, per la Corte d’Appello di Genova è stato un medico “che anziché lenire la sofferenza delle vittime di altri reati, la aggravò agendo con particolare crudeltà su chi, inerme e ferito non era in grado di opporre alcuna difesa, subendo in profondità sia il danno fisico che determina il dolore, sia quello psicologico dell’umiliazione causato dal rito dei suoi aguzzini”. Toccafondi è il dottore che visitava – scrive Sansa – in mimetica ricordato da tanti ragazzi ospiti di Bolzaneto, ma neanche l’ombra di una sanzione è arrivata da parte del suo ordine professionale, è ora di abolirli questi ordini professionali.
Già non sono state soltanto le forze dell’ ordine a fare muro per difendere i loro appartenenti, dall’ordine dei medici non è arrivato alcun provvedimento per Toccafondi, ma il medico di Bolzaneto oltre a non essere punito, è stato anche premiato, oggi è un dirigente medico dell’A.S.L. 3 genovese, la più importante della Liguria e una delle maggiori l’Italia , non solo nel 2004 è stato invitato proprio dalla sua azienda sanitaria locale a fare il capo del medical service in Kosovo al seguito dell’esercito, un onore cui molti medici aspirano. Adesso però ecco l’ultima sorpresa, nel 2010 lo stesso anno della sentenza l’A.S.L. 3 oltre a riconoscergli lo stipendio, gli ha attribuito la cosiddetta retribuzione di risultato, ossia il premio per il conseguimento degli obiettivi, così Toccafondi ha intascato 4.548 Euro, una decisione contro cui Sel, Sinistra e libertà ha presentato un ordine del giorno al Consiglio regionale della Liguria, scrive Simone Leoncini coordinatore di Sel , esprimiamo sdegno per questa decisione. Alessandro Benzi capogruppo della Federazione della Sinistra aggiunge: il Dott. Toccafondi ha chiaramente violato le norme etiche alla base della sua professione, quelle norme che sarebbe stato normale considerare prima di assegnargli un riconoscimento e poi ci sono altri esponenti politici da Ferrando del PD, a Rossi di Sel che sono ancora più duri e chiedono al governatore Burlando di verificare al più presto se il comportamento di Toccafondi non si configuri come incompatibile con l’esercizio della professione medica in una struttura pubblica.
Pensare che la sentenza d’appello per le violenze di Bolzaneto dove passarono 252 ragazzi fermati dopo gli scontri in piazza, era stata particolarmente severa, tutti colpevoli, 44 imputati tra funzionari, agenti, ufficiali dell’arma, generali, guardie carcerarie, militari, medici, pochi o nessuno pagherà, la Commissione parlamentare di inchiesta non è stata fatta e questo non è che sia un grande danno perché le commissioni parlamentari di inchiesta sono fatte a posta per confondere le acque anche di quel poco che la Magistratura è riuscita a accertare.
La quasi totalità dei reati, calunnie, lesioni non gravi, abusi gravi contestati ai poliziotti della Diaz così agli imputati di Bolzaneto sono stati spazzati dalla prescrizione, restano in piedi le lesioni gravi che però vanno in prescrizione dopo 10 anni e 6 mesi nel gennaio dell’anno prossimo e i falsi che di anni ne prevedono 12,5, gennaio 2014. A 10 anni dal G8 si celebreranno all’insegna dell’impunità, così diversa dal perdono invocato da molti. Questo medico non era un esponente delle forze dell’ ordine, ma l’imparzialità delle forze dell’ ordine è in discussione, soprattutto in questi giorni in cui si torna a parlare dei vertici della Guardia di Finanza, se ne parla per due inchieste, l’inchiesta sulla P4 e l’inchiesta sullo scandalo Milanese – Tremonti, in entrambe le indagini è indagato Milanese, Milanese è un deputato del Pdl, ex ufficiale della Guardia di Finanza che poi si è dato alla politica e da 10 anni è il consigliere più ascoltato, è la persona più vicina a Tremonti, questo Signor Milanese, Marco Milanese ha una richiesta di arresto che il Parlamento deve esaminare in questi giorni, non una richiesta di arresto, un ordine di cattura del magistrato che per essere eseguito necessita dell’autorizzazione della Camera, esattamente come l’ex Magistrato Alfonso Papa in attesa di un responso della Camera sulla richiesta di autorizzazione a eseguire l’arresto nei suoi confronti.
Cosa sta avvenendo fuori ancora una volta? Che ai vertici della Guardia di Finanza si bada molto alle guerre per bande politiche e molto poco alla missione che deve avere la Guardia di Finanza che è un corpo armato dello Stato, incaricata di combattere l’evasione fiscale, di scoprire gli evasori fiscali, di denunciarli e insieme a tutti i vari organismi fiscali, agenzia delle entrate etc., far pagare le tasse a chi non le paga, quindi stiamo parlando di una funzione delicatissima e cioè uno dei capisaldi della democrazia, quanto corrispondono i contribuenti per le esigenze dello Stato, più evasori ci sono, meno mezzi ci sono per dare servizi ai cittadini, più i cittadini onesti devono pagare al posto di quelli disonesti che non pagano, l’imparzialità di chi deve sorvegliare questo settore è fondamentale, perché? Perché la Guardia di Finanza viene a conoscenza, grazie ai suoi poteri investigativi, di dati sensibili, i redditi delle persone, i contributi fiscali delle persone e delle aziende e quindi dato che non può controllare tutti, ma deve controllare a campione, come viene deciso quel campione? Chi decide i bersagli delle ispezioni fiscali, delle visite fiscali, delle verifiche fiscali e chi no? Quando arriva la verifica fiscale è a sorpresa o è programmata come le interrogazioni a scuola? Perché la verifica fiscale deve essere a sorpresa, se ti avverto arrivo a fare la verifica, quelli mettono a posto le carte, distruggono i documenti, impapocchiano le prove, quindi la verifica deve essere a sorpresa, se invece avverti che stai arrivando, dai modo all’evasore potenziale di mettere al sicuro le prove della sua evasione.
Ecco perché ai vertici di questo organo militare, militarizzato dello Stato, dovrebbero esserci persone di assoluta imparzialità, di assoluta onestà e di assoluta un avvicinabilità, nessuno dovrebbe poterli chiamare, nessuno dovrebbe avere neanche i loro numeri di telefono, dovrebbero essere persone che vivono nell’isolamento più totale, almeno rispetto a quegli ambienti sui quali devono esercitare un controllo così intrusivo e così delicato.

I finanzieri e il Corruttore - Invece da almeno 30 anni a questa parte, se non di più, spesso e volentieri capita che le indagini evidenzino che ai vertici della Guardia di Finanza ci sono degli ufficiali o degli alti ufficiali infedeli, non imparziali, partigiani, con rapporti pericolosi con i poteri forti che sono naturalmente quelli che dal punto di vista fiscale devono di più e che quindi se evadono fanno più danniDa quando poi in politica c’è il conflitto di interessi e quindi ci sono soggetti economici e finanziari dentro la politica, le amicizie politiche possono condizionare anche direttamente l’attività della Guardia di Finanza perché comunque la Guardia di Finanza dipende dal governo, dipende dal Ministero delle Finanze, così come i Carabinieri dipendono dal Ministero della Difesa e la Polizia di Stato dipende dal Ministero dell’Interno.
La prima indagine che mi viene in mente che evidenziò gravissime collusioni ai vertici della Guardia di Finanza era lo scandalo dei petroli N. 2, quello scoperto a Torino da giudici come Mario Vaudano, si scoprì che i petrolieri godevano di protezioni da parte della Guardia di Finanza che guarda caso in quel periodo aveva ai suoi vertici dei generali affiliati alla loggia P2, per cui il vertice della Guardia di Finanza nel 1981 fu azzerato praticamente dall’inchiesta P2 perché si scoprì che i vertici dei servizi segreti anche della Guardia di Finanza era pieno di piduisti. Qualche anno prima un finanziere insieme a due colleghi si era recato a ispezionare nel 1979 i cantieri di Milano 2 , cantieri gestiti dalla Edilnord di Silvio Berlusconi, uno proprietario, incontrarono i finanzieri questo signore che si aggirava nei capanni del cantiere, gli chiesero se fosse il proprietario e se conoscesse Berlusconi, lui disse: sì sono Berlusconi, ma sono soltanto il progettista, un consulente incaricato della progettazione, quelli si bevvero la superballa, Berlusconi ha sempre mentito fino da quando andava all’asilo, mentì quel giorno alla Finanza, era facilissimo verificare che stava mentendo, si sono presi per buona quella balla e hanno chiuso in quattro e quattr’otto l’ispezione anche se avevano riscontrato delle anomalie di tipo valutario.
Chiusa l’ispezione dopo un po’ uno dei tre finanzieri, si chiamava Gallo e fu scoperto nelle liste della P2 , un altro dei finanzieri si chiamava Massimo Maria Berruti e lasciò dopo poco la Guardia di Finanza per diventare Avvocato e per andare a lavorare nel comparto estero del gruppo Fininvest per il Milan e per alcune società estere del gruppo Fininvest. Il fatto che fosse stato nella Guardia di Finanza, naturalmente, faceva sì che diventasse molto utile per il gruppo Berlusconi, che aveva una particolare predilezione per gli ex finanzieri, perché a capo dei servizi fiscali del gruppo Fininvest, Berlusconi aveva nominato un altro ex finanziere, un certo Salvatore Sciascia, l’ex Finanziere Sciascia e l’ex finanziere Berruti li ritroviamo nel 1994 nell’indagine di Mani pulite che è un po’ l’ultima grande indagine del pool Mani Pulite, dopo due anni dall’inizio dell’inchiesta su Tangentopoli, quando all’inizio del 1994 si scoprì grazie alla confessione, alla denuncia di un giovane sottufficiale che non voleva farsi corrompere, che a Milano sotto lo sguardo del Comandante, il Gen. Cercello ufficiali e sottufficiali della Guardia di Finanza erano soliti addomesticare le verifiche fiscali prendendo tangenti dalle aziende, dall’una all’altra confessione si scoprì, grazie a Di Pietro, Davigo, Colombo, Greco e Ielo che componenti il pool Mani Pulite che ben 500 aziende, alcune tra le maggiori esistenti sul mercato borsistico, corrompevano i finanzieri affinché chiudessero un occhio o due nelle verifiche fiscali, fingessero di non vedere le irregolarità o i reati fiscali commessi da quelle aziende, pensate il danno per l’erario, 500 aziende che corrompono la Guardia di Finanza, furono arrestati quasi 100 finanzieri a cominciare dal loro capo, il Gen. Cercello che poi è stato condannato a pene altissime perché faceva la cresta su tutte le tangenti che prendevano i suoi sottoposti, una percentuale andava a lui, 4 di quelle aziende Tele +, Mediolanum, Video Time e Mondadori appartenevano all’allora Presidente del Consiglio che è anche l’attuale Presidente del Consiglio, che evidentemente aveva delle cose da nascondere, evasioni fiscali, fondi neri all’estero e giri di prestanomi per far arrivare i soldi a quei prestanomi a cui lui aveva intestato le sue quote di Tele + che aveva dovuto cedere almeno pro forma per non incappare nelle sanzioni previste dalla Legge Mammì che già gli consentiva di possedere tre reti televisive nazionali in chiaro, a patto che non possedesse giornali e Il Giornale l’aveva passato a suo fratello e a patto che non possedesse pay tv e le aveva girate a questi prestanomi, questo avrebbero potuto scoprire i finanzieri se avessero fatto delle serie ispezioni, invece al termine di quelle ispezioni venivano corrotti regolarmente da chi? Da Salvatore Sciascia che aveva ottimi addentellati e quando scoppiò l’inchiesta chi si incaricò per conto del gruppo Fininvest di depistare le indagini, suggerendo la strategia del silenzio ai finanzieri che stavano per essere arrestati? L’altro ex finanziere che lavorava per Berlusconi, l’Avvocato Berruti, Berruti alla fine è stato condannato a 8 mesi per favoreggiamento e è stato immediatamente promosso in Parlamento dove siede tutt’ora, pregiudicato.
Sciascia è stato pure lui condannato perché pagava materialmente le tangenti per conto della Fininvest ai finanzieri, non solo non l’hanno cacciato dalla Fininvest, anche lui 3 anni fa è stato promosso parlamentare, quindi siede anche lui in Parlamento, un pregiudicato corruttore. Nei diari di Umberto Cicconi, fotografo, amico intimo di Craxi, c’è un documento che Craxi conservava, vi lascio immaginare perché, che era una letterina che gli aveva scritto nel 1980 Berlusconi che in quegli anni era letteralmente terrorizzato dalla Guardia di Finanza, era il 1980, quindi l’anno dopo della missione interrotta in quel bel modo da Berruti e di nuovo la finanza minacciava di andare a visitare le sue aziende, allora Berlusconi scrisse un appunto a Craxi che diceva “Caro Bettino come ti ho accennato verbalmente Radio Fante, cioè le voci militari che lui aveva raccolto, evidentemente tramite i suoi amichetti ex finanzieri, ha annunciato che la Polizia tributaria si interesserà a me – se uno non ha niente da nascondere che problema c’è? Invece lui aveva molto da nascondere, tant’è che si rivolgeva a Craxi che all’epoca era uno dei politici più importanti d’Italia e gli diceva – ti ringrazio per quello che crederai sia giusto fare” cioè? Evidentemente bloccare o pilotare la nuova ispezione della Guardia di Finanza dalle parti di Berlusconi che già controllava tramite Craxi la finanza prima ancora di entrare in politica, anche perché Berlusconi stava nella P2 insieme ai vertici della Guardia di Finanza, eppure non gli bastava e ha bisogno anche di un appoggio politico, il che vuole dire che Berlusconi sapeva che Craxi poteva intervenire per bloccare o addomesticare o ammorbidire verifiche fiscali, poi ci meravigliamo se abbiamo un’evasione fiscale che ormai tocca i 140 miliardi di Euro l’anno, è grazie a queste cose, è grazie a questi comportamenti qua!
Adesso la Guardia di Finanza è di nuovo nell’occhio del ciclone perché nel caso P4 sono indagati due altissimi ufficiali della Guardia di Finanza sospettati di avere passato notizie su indagini che stavano facendo loro e i magistrati, a chi? A Alfonso Papa, ex magistrato deputato Pdl, sulla cui testa pende la richiesta di autorizzazione all’esecuzione di un arresto che è già stato disposto dal G.I.P. di Napoli, chi sono questi signori? Il più importante di loro, indagato con quel sospetto è il Gen. Michele Adinolfi, Capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza, indagato per rivelazione di segreti e favoreggiamento, secondo il PM avrebbe informato Bisignani e il suo giro di cui faceva parte anche Papa di indagini che interessavano a questi signori, i quali poi facevano mercato di queste notizie riservate sulle indagini.
Il nome di Adinolfi è emerso in un territorio del deputato Milanese, è anche lui ex ufficiale della Guardia di Finanza, braccio destro di Tremonti, il Capo di Stato Maggiore è accusato di avere avvertito Bisignani di alcune notizie relative all’inchiesta sulla P4 non direttamente, per far arrivare le informazioni si sarebbe servito di un intermediario pure lui indagato e chi passava ne notizie a Adinolfi? Secondo il PM avrebbe potuto essere e infatti è stato indagato pure lui, il Comandante interregionale della Guardia di Finanza per l’Italia meridionale, Gen. Vito Bardi che è in servizio a Napoli, ma non basta, non basta perché proprio in questi giorni emerge che il vizio di pilotare le verifiche fiscali non si era fermato agli anni 70/80, anzi pare, lo racconta sempre Milanese, braccio destro di Tremonti perché ormai l’hanno preso con le mani nel sacco regali, Ferrari, gioielli, arricchimenti incredibili, la casa da 8500 Euro di affitto al mese prestata gratis a Tremonti etc., Milanese cosa racconta? Senza scusate non è Milanese, Milanese che fa il nome di chi potrebbe raccontarlo che è un altro ufficiale della Guardia di Finanza e questo racconta che la Mediolanum fu avvertita di un imminente verifiche fiscale, cos’è la Mediolanum? La Mediolanum è una società quotata in borsa che capitalizza 2 miliardi e passa, di cui 2/3 appartengono a Ennio Doris, quello che fa la pubblicità disegnando cerchi nel deserto e 1/3 appartiene a Berlusconi, è una banca – assicurazione.
L’Agenzia delle entrate ha contestato a Mediolanum in questi anni, accertamenti per 250 milioni per il passato sul fronte assicurativo e altri 150 milioni di Euro sul fronte bancario per gli anni dal 2005 al 2009, l’aliquota di tassazione reale, scrive Marco Lillo su Il Fatto del gruppo di banca - assicurazione, sarebbe particolarmente bassa, il 18%, grazie alla domiciliazione in Irlanda delle holding. Allora il Gen. Adinolfi è indagato per favoreggiamento di Bisignani per avergli passato quelle notizie, è nei guai per questa presunta soffiata a Mediolanum, in quanto Adinolfi è considerato molto vicino al gruppo Fininvest, è un vecchio amico di Adriano Galliani fino a quando Galliani era Presidente di una società di calcio a Monza e Adinolfi era Comandante dei Carabinieri a Monza, pare che sia molto legato anche a Gianni Letta e a Marcello Dell’Utri e in terzo luogo Adinolfi è nell’occhio del ciclone perché è tirato pesantemente in ballo da Milanese, l’uomo di Tremonti, come uno di coloro che di intesa con Berlusconi, dava una mano a sputtanare Tremonti per stroncargli la carriera politica nel momento in cui Berlusconi che ormai è ossessionato dal nemico interno, dopo aver fatto fuori Casini e Fini, adesso vuole far fuori Tremonti considerandolo un traditore.

Anche per Tremonti il "metodo Boffo" - Come fa? Lo fa come fa sempre, raccogliendo dossier, non sappiamo se sia vero, ma quello che raccontano Milanese e un po’ più sfumato Tremonti e i magistrati di Napoli è che c’è stato uno scazzo furibondo tra i due, tra Tremonti e Berlusconi e Tremonti a un certo punto ha detto a Berlusconi “contro di me il metodo Boffo non attacca!” e Milanese racconta molto di più e cioè che Tremonti sosteneva di essere pedinato e dossierato.A me personalmente delle sorti di Tremonti come di quelle di Berlusconi, come di tutti i politici non importa un fico secco, ma il fatto che ci possa essere la finanza dietro manovre per fregare qualcuno e salvare qualcos’altro sì, quello mi interessa molto e deve interessare tutti noi, perché l’imparzialità dei vertici della Guardia di Finanza è fondamentale per garantire un sistema democratico e anche un sistema fiscale equo, nelle guerre per bande c’è da avere paura perché o si appartiene alla banda vincente, oppure? Oppure ti possono massacrare, perché? Perché è un corpo armato dello Stato che può decidere di perseguitare tizio e di salvare caio, di far apparire tizio core un evasore e caio come un santo mentre magari la verità è il contrario! Si può decidere di usare la Guardia di Finanza come arma di ricatto, se non fai il bravo ti mando la finanza, come arma di rappresaglia, non hai fatto il bravo, ti mando la finanza!
Dice Milanese a verbale: ho visto il Ministro Tremonti qualche giorno fa - stiamo parlando del mese scorso, sono verbali e fatti avvenuti poche settimane fa, a giugno – e mi ha detto che ha avuto uno sfogo con il Presidente del Consiglio Berlusconi, perché aveva saputo che lui, il Ministro Tremonti, era seguito, o comunque negli ambienti politici si dice che stanno attuando il metodo Boffo anche nei confronti di Tremonti, anche utilizzando intercettazioni fatte nei miei confronti per le mie vicissitudini giudiziarie” Milanese è stato indirettamente intercettato, direttamente non si può perché è parlamentare, mentre parlava con altri della P4 etc., è indagato da mesi, quelle telefonate non sono venute fuori per usarle bisogna aspettare l’autorizzazione della Camera per usarle almeno nei confronti di Milanese, ma è ovvio che se le indagini le fa la Guardia di Finanza e ai vertici della finanza ci sono ufficiali infedeli, usano quelle telefonate come arma di ricatto per fare dossier, non per fare indagini.
“I miei problemi giudiziari vengono usati per contrastare la scesa politica del Ministro Tremonti – aggiunge Milanese – Tremonti mi ha ribadito che ha riferito a Berlusconi che stanno cercando cose per metterlo in difficoltà dal punto di vista politico”, Tremonti poi ci è cascato con tutti e due i piedi perché avrebbe dovuto quantomeno lasciare la casa che gentilmente gli metteva a disposizione Milanese, visto che sapeva da dicembre che Milanese era sotto indagine per avere speso il nome di Tremonti e fatto affari in cambio di nomine e si era fatto regalare un sacco di roba in cambio di nomine e favori veri o millantati, invece Tremonti è rimasto in quella casa fino alla settimana scorsa, quindi se sapeva che c’era un complotto contro di lui, come al solito con il suo comportamento ha collaborato al complotto, perché ha aiutato coloro che lo volevano sputtanare, se avesse lasciato la casa che gli metteva a disposizione Milanese quando seppe che Milanese era sotto indagine per quelle brutte storie che coinvolgevano anche la sua persona, avrebbe fatto un figurone, invece si è fatto prendere come tutti con il sorcio in bocca!
“Ho capito – aggiunge Milanese – che Tremonti faceva riferimento anche alla finanza e al Gen. Adinolfi come partecipanti a questo piano ordito nei suoi confronti, Berlusconi ha negato che ciò potesse essere vero e che nessuno stata ordendo piani nei suoi confronti. Ma il Ministro è convinto che tutto ciò sia vero e che nella questione ci sia anche la nomina del futuro Comandante generale della Guardia di Finanza, dove si contrastavano due correnti: gli amici di Adinolfi e dietro Gianni Letta e Berlusconi e dall’altra parte gli amici di Tremonti e cioè il Gen. Spaziante. Ricordo – dice ancora Milanese – che sono molto stretti i rapporti tra la Presidenza del Consiglio e Adinolfi, c’è un filo diretto con il Dott. Letta, l’anno scorso alla festa del compleanno di Adinolfi, Letta verso mezzanotte lo chiamò al telefono direttamente per fargli gli e Adinolfi era a cena con chi? Con la Ministro Gelmini accompagnata dal marito, Adriano Galliani Milan, Lasco responsabile sicurezza di Terna, anche egli ex ufficiale di Finanza, Stefano Grassi delle Poste, l’Avvocato Fischetti, il Prof. Cognetti, Lello Pagnozzi del Coni, Colaninno padre, pensate imprenditori, finanzieri, che fanno a festeggiare il compleanno del Capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza che ogni tanto dovrebbe anche controllare se pagano le tasse, pensate che cena da conflitto di interessi, a un certo punto chiama Letta per fargli gli auguri.
Se è vero quello che viene raccontato in questi verbali e cioè che la Guardia di Finanza viene utilizzata per pedinare o per screditare o per cercare cose su un Ministro, figuratevi come può stare tranquillo un cittadino normale che non ha neanche la protezione di una delle due bande che sovrintendono ai vertici della Finanza, ma si ritrova inerme e con quale fiducia potrà ricevere i finanzieri in casa sua, nella sua aziendina anche se i finanzieri che vanno lì per i 9 casi su 10, sono persone oneste che fanno soltanto il loro lavoro? E’ così che a poco a poco se ne va lo Stato, lo Stato se ne va quando non c’è più la garanzia dell’imparzialità delle figure istituzionali, quando tu sospetti che la multa per divieto di sosta te l’abbiano fatta non perché hai parcheggiato in divieto di sosta, ma perché i Vigili Urbani ce l’hanno con te. Di solito è un sospetto assurdo, però quando si leggono queste cose, non sulle multe per divieto di sosta, ma per cose ben più delicate come il ruolo della Guardia di Finanza, qualcuno sarà autorizzato a sentirsi vittima di una persecuzione anche se magari non lo è, perché comunque questi intrallazzi che minano l’imparzialità delle Fiamme Gialle, ormai sono sotto gli occhi di tutti, intercettazioni e verbali, se ne parla tranquillamente, attualmente al Governo abbiamo un Ministro dell’economia, il cui braccio destro sostiene che è stato pedinato e dossierato con la collaborazione del Presidente del Consiglio e dei suoi amici e del Capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza e nello stesso Governo continuano a rimanere seduti allo stesso tavolo il pedinato e l’ipotetico pedinatore, quello che usa il metodo Boffo è quello che doveva esserne la vittima.

Poi ci meravigliamo se l’affidabilità dei nostri titoli di Stato è sottozero, poi ci meravigliamo se gli speculatori hanno individuato l’Italia come il nuovo ventre molle da colpire, il problema non è se l’opposizione collabora o meno con il governo, il problema è che un governo del genere e istituzioni del genere sono talmente sputtanate da diventare un po’ come Tremonti con la casa, i migliori alleati di chi vuole speculare e complottare contro l’Italia, il problema non è se l’opposizione aiuta o non aiuta il governo, il problema è il governo che per rendere credibilità al nostro paese se ne dovrebbe andare al più presto, passate parola!

Marco Travaglio (Passaparola del 18 luglio 2011)


18 marzo 1876: Rivoluzione all'italiana

L'ultimo governo della Destra cadde alla Camera (242 voti contro 181) su un ordine del giorno che oggi apparterrebbe a un programma di sinistra: la statalizzazione delle ferrovie. Il partito che fu di D'Azeglio e Cavour se ne va per esaurimento della missione: unificare il Paese (con le armi e con le leggi) e mettere a posto i conti dello Stato. Proprio due giorni prima della fine, il Presidente del Consiglio Minghetti ha potuto annunciare il sospirato pareggio di bilancio. Impresa mastodontica, realizzata pur fra tanti errori da una classe dirigente che ha tassato sanguinosamente la popolazione, ma solo dopo essersi ridotta al minimo lo stipendio. Una pratica di cui si perderà presto memoria.
Certo, come in tutte le consorterie che rimangono per troppo tempo al potere, la corruzione si è annidata anche lì: in una seduta memorabile l'ex magistrato Tajani ha mostrato ai deputati le prove della convivenza del questore di Palermo con la mafia.
Ad accelerare la chiusura del ciclo contribuisce poi la crisi del libero scambio. Le ultime scoperte scientifiche hanno abbattuto i costi dei trasporti internazionali e rovesciato nell'Europa le derrate americane a basso prezzo, dirottando i rari capitali dall'agricoltura (non più conveniente) all'industria. E un'industria che nasce ha bisogno dei dazi per crescere e rafforzarsi. Ha bisogno, cioè, di una politica protezionista che la Destra non ha i titoli per svolgere.
Il capo dell'opposizione Agostino Depretis riceve dal Re l'incarico di formare il nuovo gabinetto. Ma la "rivoluzione parlamentare", come subito battezzano i giornali, sarà tutto tranne che rivoluzionaria. Al governo arrivano i notabili della Sinistra garibaldina, legati anch'essi alla borghesia conservatrice e alle clientele meridionali. Il loro programma è imperniato sulla moralità, l'istruzione elementare obbligatoria, l'abolizione della tassa sul macinato e il diritto di voto esteso a tutti i maschi in grado di leggere e scrivere. Lo realizzeranno solo in minima parte, pur rimanendo al potere per un ventennio, che in Italia non si nega a nessuno.
Rispetto ai fratelli siamesi della Destra si caratterizzeranno per la minore efficienza amministrativa, una politica estera più avventurosa e una certa propensione al populismo, che li espporrà talvolta, soprattutto con Crispi, a tentazioni autoritarie.
Quanto alla moralità, ecco cosa scriverà vent'anni più tardi Gaetano Salvemini: "Andati al potere, i sinistri mangiarono più che poterono. I destri avevano mangiato anch'essi, e appaiono onesti perchè non dovettero sbalzare nessuno dal posto occupato; ma i sinistri - va loro resa questa lode - Mangiarono molto di più".

Carlo Fruttero - Massimo Gramellini (La Patria bene o male - Almanacco essenziale dell'Italia unita - 2010 - Mondadori)

sabato 16 luglio 2011

Una pagina Facebook che svela tutti i segreti della Casta.

Una pagina Facebook che svela tutti i segreti della Casta. E' quanto promette un precario licenziato dopo 15 anni di lavoro a Montecitorio che da alcune ore sta mettendo on line dati e numeri relativi alla vita al di qua delle mura di Montecitorio. Uno degli ultimi post pubblicati riguarda le tariffe telefoniche che nel 2008 la TIM "riservava" ai politici: 0,15 cent di euro per le chiamate verso altri operatori e 0,03 verso i cellulari TIM. "Oggi - spiega l'anonimo autore della pagina -(le tariffe) sono ancora più vantaggiose! Anche qui, mica possono spendere come i comuni mortali!!! L'unico negozio abilitato ad attivare questa tariffa è il negozio tim in Largo Chigi".

Nel calderone finisce anche la Peugeot con gli sconti "riservati" ai Parlamentari che vanno a sommarsi - spiega l'autore della pagina - "a quelli già previsti dai concessionari". E anche qui i ribassi "speciali" vanno dall'11 al 20% sul prezzo di listino.

Oltre settemila i fan che in poche ore hanno cliccato Mi piace sull'indirizzo della pagina. Certo, avrebbe potuto pensarci prima.

(Diritto di Critica - 16 luglio 2011)


martedì 12 luglio 2011

Enrico Berlinguer, trent’anni di questione morale

Roma, 28 luglio 1981. L’intervista rilasciata da Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari contiene una scudisciata che il giorno dopo farà sobbalzare i lettori di La Repubblica e metà della classe politica italiana: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela”. Nessun leader, nel tempo della prima repubblica, con l’esclusione dell’antisistema Marco Pannella – aveva mai osato tanto. Sono passati trent’anni da quel giorno. Trent’anni di questione morale. Trent’anni di rabbia e di oblio. È stato esattamente trent’anni fa, che in una estate calda come questa Enrico Berlinguer ha coniato – in una intervista che sarebbe entrata in tutti gli archivi – una locuzione destinata a raccontare l’Italia di allora, quella di Mani pulite (che sarebbe arrivata undici anni più tardi) e – purtroppo – anche quella che stiamo vivendo, nel tempo dei pizzini, degli appalti facili, delle p3 e della P4, dei contributi spontanei alle fondazioni “amiche”.

Intervista “profetica”, si disse. Ma in realtà nata con un processo di elaborazione che in Berlinguer fu tutt’altro che rapido. Oggi Scalfari ricorda quel giorno con una nitidezza cristallina: “Parlammo ore. Segnai pochi appunti e poi ricostruii di getto tutta l’architettura del discorso. Berlinguer era uno dei pochi politici che mi considerava e di cui mi consideravo amico. Poteva capitare che cenassimo insieme, a casa mia o a casa sua. Ancora più frequentemente a casa di Tonino Tatò. Ma quando poi l’intervista era scritta, con lo stesso Tatò iniziava un lavoro minuzioso di limatura. Di quell’intervista – aggiunge il fondatore di La Repubblicatoccammo poco o nulla. E mi accorsi subito che la sua portata avrebbe trasceso quella della cronaca politica.

Era l’Italia che esce faticosamente dagli anni di piombo. L’Italia del terremoto, di Vermicino, delle lacrime di Sandro Pertini. Ed è il Pci che sta abbandonando la Solidarietà Nazionale e l’accordo con la Dc per passare all’opposizione. Ma lo strappo che questa svolta produce nel partito non è, e non può essere, indolore. Lo scontro che è già nell’aria prende corpo quasi improvvisamente, anche perché il grande critico della svolta ha il nome del dirigente più pesante nel gruppo dirigente di quel Pci: Giorgio Napolitano. Sono curiosi i paradossi della storia, quando passano trent’anni. Oggi forse Napolitano, che fu il fiero oppositore di quella svolta, limerebbe molte delle sue critiche del 1981 a Berlinguer, e condividerebbe molte delle sue affermazioni. E probabilmente Massimo D’Alema, che allora era un sostenitore del segretario, oggi lo criticherebbe.

Si disse che quel dialogo del segretario del Pci con Scalfari era stato l’atto fondativo dell’antipolitica: oggi, dopo tutto quello che la politica ci ha regalato, possiamo forse dire che quella critica drastica era (ed è) l’unica possibilità di salvezza della politica pulita. “I partiti – diceva Berlinguer – sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi – sosteneva - comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune.

In quei giorni, secondo la migliore tradizione del gruppo dirigente comunista, le ragioni della politica contingente vennero dissimulate dietro la disputa di dottrina. Napolitano aveva scelto di attaccare Berlinguer, partendo da lontano. Ovvero dall’editoriale che doveva scrivere per commemorare l’anniversario della morte di Togliatti, ma usando Togliatti per criticare Berlinguer su tre punti: il giudizio sul degrado dei partiti, la denuncia inappellabile che Berlinguer faceva sulla questione morale, la chiusura netta che il segretario del Pci opponeva a Craxi, il rifiuto della via socialdemocratica in nome della cosiddetta “terza via” fra socialismo reale e capitalismo.

Ma il giudizio più duro era quello sulla società italiana e sul suo degrado: “I partiti – diceva il segretario del Pci – hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai, alcuni grandi giornali”. Parole che sarebbero passate alla storia come il manifesto della “Diversità”. “Io - diceva il segretario – credo di sapere a che cosa lei pensa: poiché noi dichiariamo di essere un partito “diverso” dagli altri, lei pensa che gli italiani abbiano timore di questa diversità”. E Scalfari: “Sì, è così, penso proprio a questa vostra conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei missionari in terra d’infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con chiarezza in che consiste la vostra diversità? C’è da averne paura?”. Berlinguer ovviamente negava: “Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all’equivoco. Ma noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato.

Per Napolitano era troppo. Racconterà di aver telefonato a Gerardo Chiaromonte: “Eravamo entrambi sbigottiti: in quella clamorosa esternazione coglievamo un’esasperazione pericolosa come non mai, una sorta di rinuncia a fare politica, visto che non riconoscevamo più nessun interlocutore valido, e negavamo che gli altri partiti, ridotti a macchine di potere e di clientela, esprimessero posizioni e programmi con cui confrontarci”. Insomma, lo spettro della cosiddetta “antipolitica”, e l‘esaltazione del primato dei partiti, il dilemma su cui ancora oggi si dibatte a sinistra, (a partire dal celebre discorso di D’Alema a Gargonza che preconizzò la fine dell’Ulivo nel 1996). Il primo segnale premonitore della Questione morale a sinistra, era arrivato da Torino, con lo scandalo Zampini. Un imprenditore era andato dal sindaco comunista Diego Novelli dicendo di aver pagato una tangente. Novelli (berlingueriano di ferro) anziché insabbiare disse: “Lei deve andare dal magistrato”.

Nel 1992-93, nel ciclone di Tangentopoli, emersero le confessioni di un segretario di federazione milanese, Cappellini, che ammetteva di aver preso tangenti e di “averle buttate nel calderone dei bilanci delle feste dell’Unità”. Parole che sconvolsero i militanti di base, insieme alle rivelazioni successive che riguardavano pagamenti per la metropolitana di Milano, e poi l’epopea del compagno “G”, alias primo Greganti, e quella della tangente “scomparsa” alle soglie di Botteghe Oscure su cui indagò (senza trovare prove definitive) il pm Di Pietro. Achille Occhetto arrivò a proclamare, contro la corruzione, “una seconda Bolognina”. Poi i piccoli smottamenti di costume come l’entusiastico grido di Piero Fassino al telefono con Giovanni Consorte: “Abbiamo una banca?”. Proprio Fassino, nel suo Per passione, aveva ricostruito l’ultima parte della vita di Berlinguer come un partita a scacchi bergmaniana con Craxi, dove il segretario muore un attimo prima che l’altro gli faccia scacco matto. Parole di pessimo gusto, in ogni caso. Soprattutto alla luce degli scandali “sinistri” di questi giorni. Ha detto Pierluigi Bersani al Messaggero: “Nel nostro partito non c’è nessuna questione morale”. Ma la questione morale – sia per Berlinguer sia per Napolitano – prima che un problema giuridico, era uno stile di vita.

Luca Telese (Il Fatto Quotidiano, 7 luglio 2011)

***

La questione morale
Enrico Berlinguer - Repubblica, 1981


Intervista a Enrico Berlinguer

«I partiti sono diventati macchine di potere»

«I partiti non fanno più politica», dice Enrico Berlinguer.

«I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia».

Eugenio Scalfari

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La passione è finita?

Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...

Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.

È quello che io penso.

Per quale motivo?

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.

Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.

E secondo lei non corrisponde alla situazione?

Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.

La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.

Veniamo all'altra mia domanda, se permette, signor Segretario: dovreste aver vinto da un pezzo, se le cose stanno come lei descrive.

In un certo senso, al contrario, può apparire persino straordinario che un partito come il nostro, che va così decisamente contro l'andazzo corrente, conservi tanti consensi e persino li accresca. Ma io credo di sapere a che cosa lei pensa: poiché noi dichiariamo di essere un partito "diverso" dagli altri, lei pensa che gli italiani abbiano timore di questa diversità.

Sì, è così, penso proprio a questa vostra conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei missionari in terra d'infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con chiarezza in che consiste la vostra diversità? C'è da averne paura?

Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all'equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?

Veniamo alla seconda diversità.

Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.

Onorevole Berlinguer, queste cose le dicono tutti.

Già, ma nessuno dei partiti governativi le fa. Noi comunisti abbiamo sessant'anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.

Non voi soltanto.

È vero, ma noi soprattutto. E passiamo al terzo punto di diversità. Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC- non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?

Non trovo grandi differenze rispetto a quanto può pensare un convinto socialdemocratico europeo. Però a lei sembra un'offesa essere paragonato ad un socialdemocratico.

Bè, una differenza sostanziale esiste. La socialdemocrazia (parlo di quella seria, s'intende) si è sempre molto preoccupata degli operai, dei lavoratori sindacalmente organizzati e poco o nulla degli emarginati, dei sottoproletari, delle donne. Infatti, ora che si sono esauriti gli antichi margini di uno sviluppo capitalistico che consentivano una politica socialdemocratica, ora che i problemi che io prima ricordavo sono scoppiati in tutto l'occidente capitalistico, vi sono segni di crisi anche nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, proprio perché i partiti socialdemocratici si trovano di fronte a realtà per essi finora ignote o da essi ignorate.

Dunque, siete un partito socialista serio...

...nel senso che vogliamo costruire sul serio il socialismo...

Le dispiace, la preoccupa che il PSI lanci segnali verso strati borghesi della società?

No, non mi preoccupa. Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c'è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese.

Secondo lei, quel mutamento di metodi e di politica c'è o no?

Francamente, no. Lei forse lo vede? La gente se ne accorge? Vada in giro per la Sicilia, ad esempio: vedrà che in gran parte c'è stato un trasferimento di clientele. Non voglio affermare che sempre e dovunque sia così. Ma affermo che socialisti e socialdemocratici non hanno finora dato alcun segno di voler iniziare quella riforma del rapporto tra partiti e istituzioni -che poi non è altro che un corretto ripristino del dettato costituzionale- senza la quale non può cominciare alcun rinnovamento e sanza la quale la questione morale resterà del tutto insoluta.

Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?

La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semmplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono profare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.

Signor Segretario, in tutto il mondo occidentale si è d'accordo sul fatto che il nemico principale da battere in questo momento sia l'inflazione, e difatti le politiche economiche di tutti i paesi industrializzati puntano a realizzare quell'obiettivo. È anche lei del medesimo parere?

Risponderò nello stesso modo di Mitterand: il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. L'inflazione è -se vogliamo- l'altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l'una e contro l'altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l'inflazione si debba pagare il prezzo d'una recessione massiccia e d'una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.

Il PCI, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell' "austerità". Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito...

Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industializzati -di fronte all'aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all'avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Ma dicevamo dell'austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell'economia, ma che l'insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l'avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell'austerità e della contemporanea lotta all'inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.

E il costo del lavoro? Le sembra un tema da dimenticare?

Il costo del lavoro va anch'esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell'aumento della produttività. Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.

«La Repubblica», 28 luglio 1981



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Monte Pellegrino visto da casa natia di Acqua dei Corsari

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