L'altro giorno ho avuto il
privilegio di poter essere presente alla inaugurazione della bellissima mostra
“Henri Cartier-Bresson Fotografo” allestita al GAM di Palermo a cura di Denis
Curti.
Nella galleria d’innumerevoli splendide foto di uno dei maggiori maestri della fotografia moderna era però severamente vietato fotografare e tanti addetti attenzionavano al riguardo i visitatori.
La mia foto di copertina mostra nella sua concretezza il paradosso concettuale del divieto.
Nonostante in vigore la normativa del ministro Franceschini, che consente di fotografare le opere d’arte presenti nei musei, è ancora ammesso il divieto di ritrarre le opere esposte al pubblico, pure in eventi direttamente promossi e sponsorizzati da enti pubblici.
Ora, chi non conosce le opere di Cartier-Bresson? E fra quanti sono gli appassionati di fotografia, quanti sono coloro che non posseggono almeno un libro fotografico che raffigura le sue opere?
Sarebbe così difficile ricercare oggi anche nel web le sue foto e scaricarle per usi didattici o per diletto squisitamente personale?
Che senso ha, al giorno d’oggi, tutelare il diritto d’immagine di fotografie che costituiscono ormai patrimonio culturale comune?
Capisco l’utilità di tutela del diritto d’autore per gli scopi commerciali ma i divieti imposti dagli eredi in eventi sponsorizzati anche da denaro pubblico proprio no.
Del resto, l’interesse di ciascun fotografo che visita tali mostre non è quello di riprodurre fotograficamente l’opera esposta, bensì quello di catturare l’atmosfera che pervade l’ambiente, di fotografare magari occasionali personaggi associandoli al contesto evocativo che talvolta ne potrebbe fare da sfondo.
Perché vietare di poter fare questo tipo di foto allora?
Verrebbe da dire, fatevi queste mostre solo da privati e non richiedete sovvenzioni pubbliche per le vostre iniziative.
Ne verrebbe nocumento alla collettività? Direi di no, perché gli interessati spenderebbero sempre e comunque per vedere una mostra.
Per inciso, ad evento appena iniziato, un gran numero di “visitatori ad invito” impedivano quasi di vedere bene le foto esposte. Dopo una ventina di minuti però miracolosamente la folla scemò e fu possibile godere la visione delle varie opere.
Cosa era successo? Semplicemente che si era aperto il buffet all’aperto e la massa degli “invitati” si rivolgeva ora con maggiore interesse all’aspetto culinario della faccenda.
Fra i tanti personaggi figuravano tanti della Palermo bene che a vaio titolo erano stati invitati alla inaugurazione dell'evento.
Anche questa sarebbe stata una fotografia del mondo reale, alla Cartier-Bresson per intenderci, della società degli “invitati” (fra i quali solo casualmente mi ritrovavo anch’io) che sarebbe risultata assai diversa da quella che si sarebbe potuta fare l'indomani, con le presenze di gente normale, quella che avrebbe pagato il suo lauto biglietto d’ingresso.
I titoli che Henri Cartier-Bresson avrebbe potuto dare alle due foto immaginiamoli come: “V.I.P. ed imbucati - Ingresso free” per la prima, “Gente comune - Ingresso a pagamento” per la seconda.
Nella galleria d’innumerevoli splendide foto di uno dei maggiori maestri della fotografia moderna era però severamente vietato fotografare e tanti addetti attenzionavano al riguardo i visitatori.
La mia foto di copertina mostra nella sua concretezza il paradosso concettuale del divieto.
Nonostante in vigore la normativa del ministro Franceschini, che consente di fotografare le opere d’arte presenti nei musei, è ancora ammesso il divieto di ritrarre le opere esposte al pubblico, pure in eventi direttamente promossi e sponsorizzati da enti pubblici.
Ora, chi non conosce le opere di Cartier-Bresson? E fra quanti sono gli appassionati di fotografia, quanti sono coloro che non posseggono almeno un libro fotografico che raffigura le sue opere?
Sarebbe così difficile ricercare oggi anche nel web le sue foto e scaricarle per usi didattici o per diletto squisitamente personale?
Che senso ha, al giorno d’oggi, tutelare il diritto d’immagine di fotografie che costituiscono ormai patrimonio culturale comune?
Capisco l’utilità di tutela del diritto d’autore per gli scopi commerciali ma i divieti imposti dagli eredi in eventi sponsorizzati anche da denaro pubblico proprio no.
Del resto, l’interesse di ciascun fotografo che visita tali mostre non è quello di riprodurre fotograficamente l’opera esposta, bensì quello di catturare l’atmosfera che pervade l’ambiente, di fotografare magari occasionali personaggi associandoli al contesto evocativo che talvolta ne potrebbe fare da sfondo.
Perché vietare di poter fare questo tipo di foto allora?
Verrebbe da dire, fatevi queste mostre solo da privati e non richiedete sovvenzioni pubbliche per le vostre iniziative.
Ne verrebbe nocumento alla collettività? Direi di no, perché gli interessati spenderebbero sempre e comunque per vedere una mostra.
Per inciso, ad evento appena iniziato, un gran numero di “visitatori ad invito” impedivano quasi di vedere bene le foto esposte. Dopo una ventina di minuti però miracolosamente la folla scemò e fu possibile godere la visione delle varie opere.
Cosa era successo? Semplicemente che si era aperto il buffet all’aperto e la massa degli “invitati” si rivolgeva ora con maggiore interesse all’aspetto culinario della faccenda.
Fra i tanti personaggi figuravano tanti della Palermo bene che a vaio titolo erano stati invitati alla inaugurazione dell'evento.
Anche questa sarebbe stata una fotografia del mondo reale, alla Cartier-Bresson per intenderci, della società degli “invitati” (fra i quali solo casualmente mi ritrovavo anch’io) che sarebbe risultata assai diversa da quella che si sarebbe potuta fare l'indomani, con le presenze di gente normale, quella che avrebbe pagato il suo lauto biglietto d’ingresso.
I titoli che Henri Cartier-Bresson avrebbe potuto dare alle due foto immaginiamoli come: “V.I.P. ed imbucati - Ingresso free” per la prima, “Gente comune - Ingresso a pagamento” per la seconda.
© Essec
Toti mi trovi d'accordo in tutto ciò che descrivi e denunci.
RispondiEliminaPerfetta descrizione e azzeccatissimi titoli.
Perfettamente in sintonia. Condivido ogni parola. Ho visto una mostra di Bresson s GENOVA durante un pre congresso del CDA UIF, anche allora le Hostess ci tenevano d’occhio e sciorinavano continue minacce, ma non ci hanno impedito di fare le nostre giuste e sactosanti ricordi della mostra. Tiieee!!!
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