Ricevo e pubblico volentieri questo racconto surreale, ironico per quanto basta e che induce anche a delle riflessioni.
© Essec
Beppe è testardo e ostinato, aveva deciso di mangiare quella sera la peperonata, pur sapendo che gli sarebbe risultata indigesta e gli avrebbe certo procurato una brutta nottata.
Altro che arsura e accenni di acidità, quella notte fu una sequela di sogni inverosimili. Appena si addormentava vedeva un drago buttafuoco che inseguiva non solo lui ma anche tutti i ragazzi che gli stavano attorno e che incarnavano la sua creatura politica del movimento.
Per cercare di ovviare, prese un sonnifero. Il sonno arrivò subito ma anche un nuovo sogno, più lungo, articolato e simile al reale.
Con la sua mente fantasiosa immaginò che ormai i defunti d’oltre tomba avevano ricevuto una forma di delega regolamentata dal padreterno, che consentiva loro di continuare l’esistenza ultraterrena raccordandosi in circoli, club e associazioni coerenti con la vita trascorsa in terra.
C’erano quindi gruppi di religiosi, di atei, di scienziati, di professori universitari e anche di gruppi misti che, in qualche modo, si rifacevano a partiti politici ed altre forme di associazioni specifiche.
Così c’era anche qui, nell'altro mondo, una cupola malavitosa, con lo stesso assetto e di cui facevano parte anche i vari Luciano, Bernando, Totò, Michele e tanti altri, così come era stato per loro in vita.
Poiché a tutti i gruppi era concesso di mantenere in terra il più possibile un loro terminale vivente (longevo quindi), la congrega avrebbe potuto però solo sceglierne uno e uno soltanto. Venuto meno Giulio, questi avevano unanimemente optato per trattenere come loro rappresentante in terra il geniale e insuperabile Silvio.
Dio era ormai scoraggiato con gli uomini. Il suo ultimo tentativo per aggiustare le cose lo aveva fatto duemila anni prima, ma per com’era andata, aveva ormai deciso di disinteressarsi dall'intervento diretto sulla razza umana e di concedere alle anime trapassate, di organizzarsi da loro anche nel tentare di condizionare e intercedere sull’umanità di riferimento dei viventi. E, nella sua scelta, non aveva certo tutti i torti, dopo che gli avevano ucciso il figlio mandato in terra per portare l'umanità verso la rettitudine e pure mettendolo in croce; non certo una cosa bella!
Nell’assemblea dei così detti “Giusti” Andrea si sollevò veramente adirato e rivolgendosi a Piersanti disse: “ora mi avete rotto proprio i cabbasisi, non è che posso sempre fare tutto io nel cercare di aggiustare le cose, Piersanti pensaci tu, adesso tocca a te”.
Questi gli rispose: “ma tu che sei un fine romanziere, sai come funzionano le cose, certe trame, specie se ingarbugliate ……”.
"Si, va bene, ma non posso fare i certo i miracoli. Il materiale umano disponibile è mediocre e non posso realizzare l’impossibile con questa razza di viventi. Ora basta, mi arrendo, passo la palla, tocca ad un’altro.”
Carlo Alberto, che a sua volta era morto crivellato, pur con ancora o forse perchè con addosso tante lucide idee per ristabilire un minimo di legalità nella sua terra (che non gli fu permesso di attuare) accondiscese al discorso disarmante d'Andrea e considerati i tempi e le persone, indicò anche lui in Piersanti l’anima adatta per tentare di assolvere al delicato ruolo.
Piersanti capì perfettamente la delusione degli astanti e promise che si sarebbe speso per cercare di persuadere in sogno il fratello Sergio, visto che ormai - per quanto stava succedendo - sembrava proprio “preso dalla botta”.
Quindi, prendendo l’impegno solenne in uso fra le anime, rivolgendosi agli accoliti convenuti disse: “Va bene, stanotte andrò in sogno a mio fratello Sergio per cercare di fare con lui un po’ il punto della situazione. Mi auguro di riuscire a cavare qualcosa da questa che si prospetta come un’ingarbugliata matassa, che non mostra un capo.”
Così accadde che la notte del 3 febbraio 2021 il mite Sergio, cadde anch'egli nella tentazione culinaria della peperonata serale, poco consigliabile, specie se mangiata poco prima di andare dormire.
Fece anche lui un sogno che generò il collegamento, in cui gli comparve il compianto fratello defunto.
“Caro Sergio, gli disse Piersanti, ma non è che con il fatto che tutti ti adulano dicendo che sei il presidente più saggio che abbia avuto l’Italia repubblicana, ti sei un pò confuso il cervello?” Aggiunse: “Ma hai capito bene i personaggi con cui hai a che fare? La scuola democristiana tu la conosci bene, quindi dovresti essere avvezzo e vaccinato nel saper pesare gli uomini secondo quella metrica che sintetizzò tanto bene il nostro Leonardo conterraneo”. Ancora: “Non mi fare pentire delle mie tante intercessioni spese in paradiso per favorirti nell’ascesa e farti pure eleggere a Presidente, ora devi farti furbo da solo, anche perché dall’alto del tuo scranno non avresti più nulla da perdere, quindi sii giusto, avveduto e intelligente. Fai quello che devi fare e segui il tuo cuore. Mi raccomando!”
Piersanti, ultimata la sua missione, tornò fra i suoi convitati per tranquillizzarli sull’aver adempiuto al compito assegnato.
Qualcuno ebbe a dire che aveva detto poco in sogno, ma lui rispose: “tranquillizzatevi tutti, il messaggio è stato pienamente acquisito da Sergio. Del resto fra noi siciliani - e specie fra fratelli - non occorrono poi tante parole!”
C.V.
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