Si arriva a piazza San Nicola attraverso un dedalo di piccole strade, tra bottegucce sempre gremite, in un colorito viavai di gente, costeggiando un muraglione di pietra: si varca un arco, ed ecco apparire, in uno spazio spesso deserto, quella che una studiosa, Pia Belli d'Elia, descrive come la più antica e la più severa di tutte le costruzioni romaniche di Puglia, solida ed essenziale come una fortezza, monumentale simbolo della potenza religiosa benedettina, della forza civile e militare normanna.
San Nicola non è soltanto il protettore di Bari, ma al suo nome è legato anche qualcosa dello spirito dei suoi devoti che per procurarsi un patrono, novecento anni fa, imbarcarono trentasei marinai, con la missione di andare a Mira, in Asia Minore, sfidando il mare e le tempeste, per recuperare le reliquie del virtuoso cristiano.
Dice un proverbio locale che “i sacrifici nascono prima dei figli” e i pugliesi hanno come più spiccata virtù l'intraprendenza, una instancabile voglia di fare: e, non disponendo di risorse naturali, si sono buttati nei traffici.
Si racconta che arrivarono gli arabi e vendettero ai baresi tappeti orientali, ma poi i baresi andarono in Oriente e rivendettero agli stessi arabi i loro tappeti, traendone, ovvia mente, un certo utile. Il barese, è una massima, o vende o muore. Hanno sofferto la febbre dell'acqua come altri quella del petrolio e dell'oro: e fino al 1912, quando venne inaugurato l'acquedotto, una flottiglia di battelli cistema scaricava, perché fosse messa in vendita, quella che veniva definita la prelibata acqua di Napoli. Quando si dice Bari, si vuole alludere, o pensare, alle Fiere del Levante, e quindi ai commerci: la città è un'unica, grande vetrina, e i greci, gli albanesi, i montenegrini, i bulgari, i turchi e i ciprioti sono da secoli abituati a venire quaggiù a mercanteggiare lane e sete, olii e vino, grano e bestiame.
Ma c'è anche un folto tessuto di piccola e media industria, e ci sono oltre che una prestigiosa università centri di ricerca e di calcolo avanzatissimi, tecnologie raffinate e d'avanguardia, impianti d'informatica. Bari è una delle province più ricche d'Italia, che contende a Palermo e a Napoli il titolo di capitale del Sud e il cui sviluppo, anche caotico, perché il calcestruzzo ha dilagato, le ha procurato la fama di California selvaggia.
E’ lontana la rappresentazione tratteggiata da Giuseppe Schiraldi, uno scrittore che in questa terra è nato, e che riporta agli anni della società contadina: La casa aveva la facciata dipinta di bianco, come se quella mano di calce avesse dovuto rendere più nitida l'immagine della famiglia.
Il bianco era per lui pulizia e decoro. Candidi dovevano essere i colletti delle camicie, immacolate le tovaglie alla tavola anche quando non riusciva a nutrirlo. Una dignità difficile da mantenere. Credeva bisognasse comportarsi davanti alla miseria come in faccia alla morte. Ignorandola per poterne vincere la paura.
Se il leccese, dicono, è contemplativo e il foggiano fatalista, il barese quello che vuole, lo fa.
E ha ragione Francesco Sorrentino quando scrive: Siamo fatti così noi meridionali, passiamo la vita a vergognarci proprio di cose che non dovremmo. Ci sforziamo di sembrare milanesi. E facciamo malissimo.
Enzo Biagi (I Come Italiani - 1993 - Rizzoli)
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