I dodici Apostoli, i due ladroni (Alì bebè, il figlio piccolo e gli altri trentotto), i tre dell’Ave Maria, i quattro più quattro di Nora Orlandi, Natalino Otto, Franco primo e Franco quarto, il trio Lescano, Duilio, 007, sette spose per sette fratelli, i tre porcellini, quarantaquattro gatti in fila per sei riporto di due, quindici uomini quindici uomini sulla bara del morto, la rosa dei venti, Biancaneve e i sei nani (purtroppo Mortolo non c’è più), le sette meraviglie del mondo (me escluso) sono solo alcuni esempi (18) di cosa possono i numeri ed i loro derivati.
Basti pensare che per numero si intende un ente astratto impiegato alla determinazione quantitativa delle grandezze (un esempio: il mio papà ha il quarantaquattro di scarpe pur avendone due sole…).
I numeri, come scoprì Irvin Kateg, si dividono in più categorie: numeri romani (er sette, er due), numeri arabi o da masticare, numeri illeggibili (ventiyyhrrq, quaraspppllkk, ottwantiiiii), numeri del telefono (051/9445567 oppure 0432/561243…), numeri del lotto (sedici, quattro, settantasette e soprattutto l’otto), numeri dozzinali (quel cacchio di sei, quello schifo di nove…), numeri civici (44, 12, 34 e potrei farne tanti altri perché in quella strada conosco un sacco di gente), numeri limitanti (29 e basta, sedici e basta, undicimilioni e basta), numeri limitanti se non di più (44 basta e avanza, sei miliardi basta e avanza e così via), numeri inespressi ma di qualità (conosco un ragazzo che a ventisette anni ha vinto la maratona Tangeri Brno Tangeri Brno Tangeri Brno Tangeri Brno Tangeri Osaka Brno Tangeri e appena è arrivato è andato a correre la marcialonga Bombay Longa Bombay… - Dici davvero? Sì, quel ragazzo ha dei numeri…), numeri di scarpe, di targhe, di guanti.
Il mondo è dominato dai numeri (volete un esempio? Il mio papà ha il 49 di scarpe pur avendone due sole. Ne volete un altro? Il mio papà no).
Aritmete uomo algebrico e scopritore della forza elettrica dei cani (meglio conosciuta come la carica dei cento e uno) fin dal 90 a.C. sostenne la tesi che un numero sommato a un altro numero non può che darne la somma esatta. Tacito al riguardo non disse altro, Talete tornò a Mileto (dove aveva una piccola azienda di lampadari inutili perché la luce non c’era ancora), la regina Vittoria perse per la prima volta e molti amici di Anassimagora e Anassimene se ne andarono da Anassimandro entusiasti della scoperta ma stupiti per la stupidità di tale scoperta.
Se si pensa che la parità o disparità dei numeri deriva dai numeri e non dal concetto di parità e disparità, si può capire cosa aveva mangiato e come lo aveva digerito il filosofo e matematico Mirabò che non contento in una delle sue più brutte crisi digestive scoprì i numeri idioti: trecentoe, querentesecci, novacintovacono, seisensasei, dodicimiracaibi.
Padre invece dei numeri immorali fu chi capì che alla quantità dell’azione può corrispondere la qualità. Un esempio di numero immorale è: sono stato con trentatré ragazze per sedici volte in quarantaquattro notti di seguito; noi intuiamo subito che 33, 16 e 44 sono magicamente diventati numeri di merito e non più oggettivi o assoluti. Volete un altro esempio? Oggi ho finito mio zio Moreno con settecentoventotto colpi di pantofola allo sterno, poi mi sono fatto quattro belle risate: noi subito capiamo che i numeri 728 e 4 sono ineluttabilmente diventati immorali rispetto all’azione apparentemente e numericamente normale e priva di interesse (se non si è parente amico o creditore di tal zio Moreno pace all’anima sua).
Alle volte penso a proposito dei numeri che quando mio figlio avrà ventidue anni e io ne avrò quaranta, lui ne avrà trenta e allora mi rattristo, anche perché penso che la differenza di età tra me e lui sarà inversamente proporzionale alla distanza che intercorre tra le due orecchie di mia figlia che avrà allora tredici anni. Se penso poi che il peso di mia figlia e di mio figlio sommati danno l’età di mia moglie meno i miei anni e diviso le prime tre cifre della targa della mia macchina impazzisco.
Non passa giorno che non mi chieda il perché e non passa giorno che non mi chieda di che cosa.
Cent’anni fa chissà a che numero corrispondevo, che parte del totale ero, in che percentuale di vita, la prima o la seconda delle mie sette mi trovavo: alle volte bastano tre millimetri per arrivare a zero, altre volte dodici giorni per tornare a mille…
Che ore saranno adesso a Greenwich? Le dieci potrebbe dire qualcuno, le undici potrebbe pensare qualcun altro… Il bello è che sono tutte ore esatte, dipende solo dall’ora in cui si legge quello che ho chiesto.
Un esempio? Mio padre ha il quarantanove di scarpe pur avendone soltanto due. Com’è misteriosa la vita quantitativa e io proprio per questo alle volte la preferisco a quella qualitativa, nel senso che mi dà più coraggio sapere quanto sono più che chi sono, che altro non è che il mio codice deontologico, un numero anch’esso che si trova tra il dodici e il quattordici senza essere il tredici. Forse corrispondo geneticamente e matematicamente a un numero con la virgola, cioè che continua e non a un punto che significherebbe la parola fine.
Alessandro Bergonzoni (Grosseto, mercoledì 9 aprile 2003)
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