Silvio Berlusconi annuncia una “causa allo Stato”, ed essendo lo Stato anche lui, se ne deduce che sta per fare causa a se stesso.
Ci sarebbe da ridere, ma non è proprio il caso. Perché dietro le parole grottesche del Cavaliere si cela la sua personalissima concezione della democrazia: “Lo Stato sono io, e laddove non sono ancora io, allora io sono contro lo Stato”.
A questa teoria generale della democrazia corrisponde e si adatta alla perfezione lo sdoppiamento personale del Cavaliere. Che è istituzione quando le istituzioni sono accomodanti, e diventa semplice cittadino quando le istituzioni lo frenano.
Ma l’ambiguità del premier è antica, quanto il suo impegno in politica. Quanto accade oggi è infatti la conseguenza logica del giochino del “presidente operaio”. Perché Berlusconi, da sempre, nasconde la sua vera natura dietro il gioco degli opposti. E’ miliardario ma anche metalmeccanico, è adolescente pruriginoso ma anche “anziano signore”, è imprenditore liberale ma anche tycoon monopolista.
E via andare, fino alla escalation di queste ore, nelle quali si rivela intimamente totalitario, ma altrettanto intimamente anarchico. E senza nemmeno portare l’orecchino.
Marco Bracconi (La Repubblica - 9 febbraio 2011)
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