Papa
Bergoglio ha stufato. La deve smettere di intromettersi negli affari
interni dello Stato italiano. La settimana scorsa, ad un convegno, ha
dichiarato: «La carcerazione preventiva quando in forma abusiva procura
un anticipo della pena, previa alla condanna o come misura che si
applica di fronte al sospetto più o meno fondato di un delitto commesso,
costituisce un'altra forma contemporanea di pena illecita occulta, al
di là di una patina di legalità». Ora, per quanto si voglia dilatare il
magistero della Chiesa, non solo religioso ma anche sociale, non può
comprendere l'organizzazione giudiziaria di uno Stato. Sarebbe come se
un ministro della Repubblica mettesse in discussione il dogma della
verginità della Madonna. Non sono affari suoi. «Libera Chiesa in libero
Stato» ha detto il conte Camillo Benso di Cavour che l'Italia l'ha
fondata, al contrario dei politici attuali che la stanno sfondando. Il
che vuol dire che la sfera statuale e quella religiosa devono rimanere
ben separate e distinte. E' invece da almeno trent'anni, dall'avvento di
Wojtyla, che Papi, cardinali, vescovi e altre sottane hanno il malvezzo
di entrare a piedi uniti nelle questioni del nostro Stato. Wojtyla
arrivò a lanciare anatemi contro la Lega per le sue pulsioni
indipendentiste (da che pulpito vien la predica: la Chiesa ha sempre
cercato di impedire in tutti i modi, finché ha potuto, l'unità del
nostro Paese) come se un popolo fosse più morale e spirituale se unito
invece che trino.
Finché
c'è stata la cara, vecchia e mai troppo rimpianta Democrazia Cristiana,
quella vera, d'antan, queste intrusioni non erano permesse, almeno su
questioni così prettamente statuali (aborto e divorzio sono fatti di
coscienza e quindi anche religiosi). Perché i democristiani, anche
quando cattolici convinti, avevano la consapevolezza di essere classe
dirigente di uno Stato laico e non teocratico.
I
politici di oggi invece fanno a gara per baciare le babucce papali,
cardinalizie e vescovili convinti di procacciarsi con ciò il voto dei
cattolici. Oltre a contravvenire al dettame di Cavour si sbagliano. A
parte qualche nicchia in Italia non esistono più cattolici, è sparito,
come in tutto l'Occidente, il senso del sacro e la sua assenza si
avverte in particolare proprio a Roma, dove il Papa risiede, la città
più pagana che io conosca (e questo vorrà pur dir qualcosa). Il
cattolicesimo è stato sostituito da forme di superstizione quasi
medioevali.
Ma
Papa Bergoglio piace. O, per essere più precisi, è un 'piacione'. Io lo
definisco «il Renzi della Chiesa». E' destino che i Papi, siano
polacchi o argentini, quando arrivano in Italia cadano preda di forme di
narcisismo e di protagonismo dove l'apparire è più importante
dell'essere. Wojtyla si spinse fino a telefonare a 'Porta a Porta' di
Bruno Vespa, arrivando a un passo dal distruggere quel che resta di
Santa Madre Chiesa (durante il quarto di secolo del suo Magistero
Superstar le vocazioni sono crollate, i monasteri desertificati, i
conventi pure e anche le vecchie, care suorine, che io rispetto
profondamente perché nel momento del bisogno loro ci sono, forse
l'ultimo baluardo di un credo in gravissima crisi, hanno perso colpi).
Papa Bergoglio mi pare avviato sulla buona strada. Forse, fra non molto,
lo vedremo condurre un talk insieme a Renzi e a Barbara D'Urso. Che
male ci sarebbe? Siamo o no moderni?
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 1 novembre 2014)
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