In un passato non molto
lontano la vigilanza bancaria italiana concedeva alle singole realtà aziendali
una certa autonomia organizzativa. Si era in contesti basati essenzialmente sul
cartaceo – si operava su macchine elaborative meccaniche - e le diverse
istituzioni bancarie erano chiamate a redigere modulistiche più o meno
elaborate, che consentivano alla Banca Centrale di assemblare i dati macro
economici necessari a supervisioni delle singole realtà e/o complessive.
Le professionalità e le fantasie
elaborative degli analisti del tempo sopperivano spesso alle necessità minimali
di modelli di analisi antesignani ma che, all’epoca, erano sufficienti per avere
cognizioni sullo stato economico e patrimoniale delle Banche. Di certo, i tracolli
- che accadevano anche allora - procuravano spesso anche tanto fragore e i
dissesti economico-finanziari delle vigilate non erano prevedibili con
immediatezza.
A calmierare accadimenti
negativi vi era però il fatto che la maggior parte del sistema del credito era pubblico,
organizzato cioè secondo canoni e livelli di tale natura, dove gli utili
finali venivano destinati a scopi benefici (es. casse di risparmio e similari)
o direttamente allo Stato, in quanto partecipate.
Comunque, fino agli anni sessanta,
il mondo bancario italiano era come a prima dell'avvento della televisione,
dove dialetti locali corrispondevano ai fatti del vivere quotidiano, ma non
erano coordinabili in un'unica immediata lingua-racconto.
Nella RAI, sul finire degli
anni sessanta, un certo maestro Alberto Manzi, attuò un’operazione
educativa rivoluzionaria con una trasmissione chiamata "Non è mai troppo
tardi". Si trattava di una vera e propria classe scolastica che, via etere,
si introduceva in tutte le case e che con una semplicità estrema facilitò
in Italia l’uso generalizzato della lingua nazionale; tutto ciò senza intaccare
più di tanto l’utilizzo dei vari dialetti, altrimenti incomprensibili ai più.
Nel sistema bancario, sul
finire del decennio, un’analoga operazione fu attuata dalla Banca d’Italia, con
l’introduzione della “Matrice dei conti” e dei relativi flussi informativi. L’avvento
di computer e server, in grado di elaborare quantità di dati a velocità sempre
più crescenti, associata ad una analisi capillare che a monte facevano
confluire i flussi contabili opportunamente canalizzati, costituì di fatto l’operazione
“Manzi” nel panorama economico-finanziario italiano.
Con il passare degli anni, progressivamente
il sistema di vigilanza bancaria cominciò ad affinare la sua opera, con l’attuazione
di flussi univoci, richiedendo dati sempre più dettagliati e via via più
sofisticati.
La Banca Centrale diede un
forte impulso e si pose a capo di un’azione di ristrutturazione complessiva nella
riorganizzazione aziendale del mondo creditizio.
A quel tempo l’intera operazione,
come può ben immaginarsi, risultò non semplice, stante anche la tipicità delle
risorse umane dell’epoca che, in genere, non vedeva di buon occhio queste che
per loro erano spesso “astruse diavolerie”, che smantellavano prassi ed
abitudini consolidate, collaudate e pressoché automatiche.
Ricambi generazionali e
l’evidente moral suasion dei
risultati convinsero però sempre più gli amministratori e gli operatori di entrambi
i versanti (vigilati e vigilanti) sulla genuinità e validità dei nuovi progetti
innovativi. La nascita di complessi modelli di analisi dimostrarono la loro utilità
sia nella vigilanza, ma soprattutto per le stesse aziende segnalanti.
I dati aziendali costituirono
l’informativa di base indispensabile per attente e tempestive politiche
gestionali e, se confrontati con i flussi di ritorno assicurati dalla Banca
d’Italia o dalle associazioni di categoria, divennero fonti utili a
diagnosticare lo stato di salute economico-finanziario selle singole realtà, anche
in relazione alla concorrenza. Simulazioni ed altri complessi ed adattabili stratagemmi
consentirono pure di delineare ipotesi di diverse possibili strategie e benefici
o svantaggi derivanti dalle politiche praticabili.
Intanto però lo scenario incominciava
a mutare. Le privatizzazioni e lo snaturamento originario delle istituzioni
creditizie vigilate, l’internazionalizzazione di alcune di esse, le quotazione
in borsa delle principali realtà ed una sempre più diffusa politica di accorpamenti
e fusioni - non sempre eterogenee e salutari per tutte le parti coinvolte – hanno
fatto sì che scopo principale delle banche è divenuto essenzialmente l’utile,
da perseguire ad ogni costo e con tutti i mezzi: finanza creativa compresa.
Ne è derivata la proliferazione
pressoché incontrollata di prodotti finanziari compositi, quasi virtuali e
ricchi di componenti fortemente aleatorie. Lo sviluppo della “creatività
informatica” nei prodotti d’investimento ha contribuito a creare utili spesso dopati
e a causare dissesti imprevedibili, con perdite, talvolta notevoli, immediatamente
visibili o più o meno occulte.
Parallelamente una forsennata
corsa ad assicurare benefit spropositati a vari menagers - ed a tutti i
componenti delle loro cordate - hanno favorito la creazione della babele
finanziaria in cui oggi viviamo e che tanti danni ha e continua a produrre (1).
In tutto questo i sistemi di
controllo sembrano aver perso il passo, producendo ritardi e vuoti nella
gestione dei nuovi fenomeni. In poche parole, nel caso, il sistema
economico-finanziario ha completamente perso di vista l’operazione del “non è
mai troppo tardi” e gli organi di vigilanza con loro. Man mano che gli
strumenti si andavano affinando si è anche assistito ad un altro fenomeno
strano.
Facilitata da una certa
sufficienza e supponenza da parte degli organi di vigilanza, ormai convinti che
con lo sviluppo di sempre maggiori sofisticati strumenti di analisi cartolare fossero
in grado di gestire e controllare al meglio il sistema economico-finanziario,
si è sviluppata nell’area finanza una sempre maggiore spregiudicatezza, specie
in realtà amministrate da esponenti e personaggi non pienamente avvezzi ai
principi etici della “sana e prudente gestione”.
Il sistema finanziario ed sui “fantasiosi analisti creativi” hanno sempre più proliferato e continuano ancor oggi a generare sofisticati prodotti, accettati supinamente dagli organi di vigilanza bancaria internazionale. Ciò in un contesto ricco di liquidità incontrollabili allocate in mercati offshore paralleli o diversi altri paradisi fiscali, nella maggior parte dei casi riconducibili a finanzieri anonimi, mafie e beneficiari di varie corruttele politico-affaristiche.
Il sistema finanziario ed sui “fantasiosi analisti creativi” hanno sempre più proliferato e continuano ancor oggi a generare sofisticati prodotti, accettati supinamente dagli organi di vigilanza bancaria internazionale. Ciò in un contesto ricco di liquidità incontrollabili allocate in mercati offshore paralleli o diversi altri paradisi fiscali, nella maggior parte dei casi riconducibili a finanzieri anonimi, mafie e beneficiari di varie corruttele politico-affaristiche.
In tutto questo il fronte
della vigilanza appare timoroso, con la paura di trasformarsi in una statua di
sale, come la “moglie di Lot”, e non si vede all’orizzonte alcuno sceriffo chiamato al soccorso: nessun “Maestro
Manzi” contemporaneo utile allo scopo. Il serpente finanza (privatizzato o
gestito come tale) ha intanto cambiato di fatto il proprio habitat e muta. Le banche
adescate, immobilizzando le loro liquidità lontano dal credito sano, hanno
perso di vista il loro obiettivo primario e si ritrovano impantanate in
sofferenze virali frutto dell'attuale sistema.
Chissà, forse siamo a un punto
che necessita il ripristino di regole certe, un “ritorno” alle origini,
recuperando essenzialmente quell’analisi di base che consenta di verificare la
qualità dei dati elementari. Se fosse ancora vivo il Maestro Alberto Manzi
avrebbe potuto ribadire che …. “non è mai troppo tardi”.
Essec
(1)
Warren
Buffett ha definito in una famosa frase i derivati come armi finanziarie
di distruzioni di massa. Nel report annuale agli azionisti Buffet scriveva: « Se i contratti
derivati non vengono collateralizzati o garantiti, il loro reale valore dipende
anche dal merito di credito delle controparti. Allo stesso tempo, comunque,
prima che il contratto sia onorato, le controparti registrano profitti e
perdite -spesso di enorme entità- nei loro bilanci senza che un singolo
centesimo passi di mano. La varietà dei contratti derivati trova un limite
solo nell'immaginazione dell'uomo (o talvolta, a quanto pare, del folle) »
Ottimo articolo, grazie! Visto il video dell'intervento di SES Astra al Forum Europeo Digitale 2015 di Lucca? https://www.youtube.com/watch?v=zhU4uXozyBc
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