"Tempo pessimo per votare". L'incipit del Saggio sulla luciditàdi
José Saramago sembra scritto per questi giorni. E non per questa coda crudele
di inverno, ma per lo sfilacciamento terribile del tempo politico, civile,
sociale in cui il popolo italiano è chiamato a votare. Nel romanzo di Saramago
quelle elezioni finiscono con il 70% di schede bianche. Vengono ripetute: e le
schede senza voto salgono all'83%.
Provando a guardare con un briciolo di lucidità alle
elezioni di domenica prossima, ci sarebbe da aspettarsi che finiscano nello
stesso modo. Quasi da desiderarlo. E se tutti coloro che non sanno cosa votare
andassero comunque a depositare una scheda nelle urne, quello sarebbe davvero
il risultato finale.
Mai così grande è stata l'incertezza e lo spaesamento:
a sinistra, intendo. Perché il blocco ormai dichiaratamente fascista ha invece
le idee assai chiare. Se, come sembra certo, vincerà la Destra, questa destra
orrenda, potrà farlo grazie alla scomparsa della Sinistra: che si è
progressivamente spostata a destra, fino a essere inutile, come il sale che
perde il suo sapore. E che serve solo a essere calpestato dagli uomini.
Io non lo so ancora per chi voterò. So che al seggio
ci andrò: troppo sangue è costato il diritto di tornare a votare, troppo
pericoloso dare una mano al suicidio della democrazia.
Ma per chi votare? Per chi vota un cittadino
che vorrebbe vedere attuato il progetto della Costituzione? Uno che pensa che
lo sguardo più rivoluzionario sul mondo sia oggi quello della Laudato sii
di Francesco; uno che si riconosce fino in fondo nell'analisi di Tony Judt; uno
che voterebbe senza esitazioni per Corbyn?
Non c'è bisogno di spiegare perché il Pd (non solo
questa roba terrificante del Pd di Renzi, ma già quello di Veltroni e anche il
Centrosinistra dalla fine degli anni Novanta) rappresenti esattamente il
contrario delle mie idee.
Ho provato ad argomentarlo nella relazione di apertura
all'assemblea
del Brancaccio del 18 giugno scorso. Ho provato a spiegare perché il Pd è
una forza di destra. E dunque si capirà perché credo che non si possa votare
non solo questo Pd, ma neanche tutta le forze che si coalizzano con esso: da
Insieme sostenuto da Romano Prodi (che triste epilogo!), a Più Europa di Emma
Bonino. Dichiaratamente liberista, la Bonino: socialmente di destra,
ultra-atlantista, berlusconiana al momento giusto. E oggi madonna del rifugio
per i benpensanti destro-renziani, fintamente pentiti.
Sulla grigia compagine di Liberi e Uguali penso
purtroppo le stesse cose che pensavo quando mi sono rifiutato di partecipare
alla sua nascita. Anche peggio: era difficile fare tutto il contrario di ciò
che si doveva fare. Ma lo si è fatto, in una climax ascendente di masochismo.
Lo dico con estremo rispetto per i militanti (in buona
parte, peraltro, depressi e delusi) e con un senso terribile di frustrazione,
ma LeU è l'operazione di un ceto politico disperatamente, e ostentatamente,
impegnato a sopravvivere.
Un raggruppamento che si distingue dal Pd per
l'assenza del Giglio Magico. Mica poco, mi direte. Vero: ma se quel Giglio
sparisse, LeU riconfluirebbe subito nella pancia del Pd. Perché la sua visione
del mondo e della politica è la stessa del Pd di Bersani del 2013: come
certificano l'invenzione della "leadership"
surreale di Piero Grasso; un programma troppo spesso vago, moderato,
compromissorio; il rifiuto proclamato di abolire la Fornero; l'alleanza con
Zingaretti del Piano Casa del Lazio; l'orribile spartizione delle liste; la
totale assenza di democrazia interna, e molto altro ancora.
Nelle ultime ore si sono annunciate due cose. La prima
è che LeU, dopo il 4 sarà un partito: e viene da piangere, pensando che per
cucinare questo improbabile polpettone si è passata al tritacarne Sinistra
Italiana, infinitamente più attraente, promettente, carica di futuro.
A me viene anche un po' da ridere, ricordando che tra
Cosmopolitica e Rimini mi fu offerto di fare il segretario di SI: declinai; non
è il mio mestiere, non l'avrei saputo fare. Ora mi accontenterei di poterla
votare: e invece non esiste più.
Uccisa in culla con un cinismo raggelante. La seconda
l'ha detta l'ineffabile Grasso: LeU è pronta a un "governo
di scopo" con Berlusconi e Renzi, ma solo per fare la legge
elettorale. Ora, è evidente che un governo governa, se non altro governa
l'ordinaria amministrazione. Al minimo per i molti mesi (o anni) necessari a
che in Parlamento si trovi la quadra di una nuova legge elettorale.
E davvero si può dire a tre giorni dalle elezioni che
una forza che si presenta come alternativa e radicale sarebbe disposta a stare
in un trappolone del genere? Sono seguite smentite che non smentivano, correzioni
di rotta, vibranti dichiarazioni contrarie dei più giovani segretari.
Ma se il presidente del Senato (che sa bene che la
legge elettorale la fa il Parlamento) parla di un governo, è un lapsus
freudiano: che fa tornare il rimosso di un'ambiguità evidente fin dall'inizio.
Se Draghi, Mattarella, l'Europa o qualche altra superiore autorità chiederà
"responsabilità", i responsabili di LeU, che fino a ieri stavano nel
Pd, scatteranno sull'attenti. Legittimo almeno temerlo, a questo punto.
E così no, non voterò per Liberi e Uguali. Pur
ammettendo che avrei difficoltà a non farlo se nel mio collegio ci fosse una
delle tante persone degnissime di stima che con LeU alla fine si sono
candidate, più o meno col naso turato: Paola Bonora, Sergio Cofferati, Anna Falcone,
Sandra Gesualdi, Filippo Miraglia, Claudia Pratelli, Claudio Riccio, per citare
solo alcuni di quelli che eleggerei a occhi chiusi.
E dunque? Si può votare Potere al Popolo? Sul piano
delle idee, certo che sì: sono in gran parte anche le mie. E capisco chi
sceglierà di votarli. Ma, a parte il riciclaggio di un altro pezzo di ceto
politico non meno decotto (quello di Rifondazione Comunista), quello che non mi
convince è il settarismo, la caricaturale violenza verbale, l'ostentato
disinteresse verso la costruzione di qualcosa di più grande.
Manca una visione larga, un piacere contagioso: manca
un po' di amore. Ho una grande ammirazione per il mutualismo dell'ex Opg di
Napoli, ma credo che non abbia avuto molto senso tradurre quella esperienza in
una lista elettorale, con questi tempi e in questi modi. Perché mentre vien giù
il Pd, spero per sempre, è imperdonabile dividersi tra cinici opportunisti e
sterili testimoni.
Perché è chiaro che senza tenere insieme il popolo che
vota LeU e quello che vota PaP, quello della Cgil e quello delle USB, quello
dell'Arci e dell'Anpi e quello dei centri sociali: senza ricucire, cioè, queste
due anime in un corpo solo, non si può nemmeno iniziare a riparlare di
Sinistra, in Italia.
Era ciò che il Brancaccio aveva provato a fare:
sbagliando troppe cose, e dunque fallendo. Non ha senso pensare di rifarlo
così: non ci si bagna due volte nello stesso fiume. Ma i nodi che il Brancaccio
sperava di sciogliere sono ancora tutti lì, più serrati che mai. E si dovrà ben
trovare un modo (un altro modo) per scioglierli: perché io non mi rassegno a
non sapere per chi votare, per sempre.
E allora? I 5 Stelle, forse? Bisogna pur riconoscere
che moltissimi cittadini di sinistra votano per loro. E che, anzi, la massa, il
popolo, l'eccedenza che la Sinistra non trova più è in gran parte lì, oltre che
nell'astensione.
Ci sono i più poveri, i sommersi, gli sconfitti, i
ragazzi: quelli a cui la Sinistra dovrebbe ricominciare a parlare. Ma non c'è
dubbio che il Movimento, così come è oggi, non è di sinistra. Per gli ambigui
silenzi sull'antifascismo, per le ambigue parole sui migranti, per le parole
purtroppo chiare contro la patrimoniale, e per molto altro ancora.
E soprattutto per la sua sterzata "di
sistema". Mi spiego. Il motivo per cui una parte del popolo di sinistra
vota 5 stelle, è perché vi vede una forza programmaticamente anti-sistema: e
chiunque viene schiacciato da questo sistema è tentato di votarli, se non altro
per istinto di sopravvivenza. Magari sforzandosi, o illudendosi, di sentir gridare
"giustizia" (sociale) laddove invece si grida "onestà".
Ma qualcosa è cambiato: la campagna elettorale è stata
tutta giocata sull'integrazione nel sistema. Lo slogan implicito "non
siamo barbari" rischia di scoraggiare proprio chi – come me – vorrebbe i
barbari: per abbattere un impero marcio fino al midollo.
E questo pesa anche sui calcoli di chi – con un
ragionamento, limitato ma concreto e prudente – vorrebbe votare non pensando ai
massimi sistemi, ma più modestamente agli equilibri del prossimo Parlamento.
Chi vuole in ogni modo scongiurare un governo Renzusconi non può votare LeU
(come sta diventando chiaro in queste ore); non può votare con tranquillità
Potere al Popolo (perché non è detto che entri in Parlamento: anche se io lo
spero); e oggi si chiede pure se può o no votare Cinque Stelle (perché non è
chiaro fino a che punto arriverà questa perniciosa integrazione nel sistema).
Un dilemma reso più complesso dalle posizioni del
Movimento in tema di riforma costituzionale: la sbandierata determinazione a
modificare l'articolo 67 introducendo il vincolo di mandato per i parlamentari
rischia di essere un vero pericolo per la democrazia.
Perché vietando il dissenso per legge, e dando tutto
il potere ai capi dei partiti non usciamo dalla palude: entriamo all'inferno.
(Ed è, tra l'altro, per questo che ho declinato la gentile offerta di Luigi Di
Maio di essere incluso nella lista dei ministri che egli potrebbe trovarsi a
portare al Quirinale). Eppure, nonostante tutto questo, non c'è dubbio: quello per
i 5 Stelle è l'unico voto che Berlusconi e Renzi temano davvero. Ma basta?
E dunque, tirando le somme, che votare? Scheda bianca?
E dunque non lo so: so che è "tempo pessimo per votare". E so che ci
penserò ancora, e poi ancora, da qui a domenica. E so che sarà una scelta
silenziosa, privata: comunque vada non orgogliosa, non sicura, non da
propagandare.
Ma so anche un'altra cosa. E cioè che la politica
vera, la costruzione di una politica capace di invertire la rotta dell'Italia,
ricomincia il 5 marzo. Con persone, per strade, in modi che oggi non riusciamo
nemmeno a immaginare.
Tomaso Montanari (huffingtonpost.it – 2 marzo 2018)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.