L’immagine proposta, realizzata durante la visita della mostra
“Resignifications”, curata da Awam Amkpa, mi porta alla rilettura di una
vecchia riflessione.
“Quante vite in noi, con noi, quante storie vissute nel
tempo. Chiudere gli occhi e solo immaginare i tanti esseri che ci hanno
preceduto, che ci accompagnano verso un eterno orizzonte che
comunque permane lontano. E vedi una folla che non ha confini e tanti
anelli di catene umane che continuano a rendere immortali fugaci
tracce.”
Se ci riflettiamo un attimo, un mare fatto di bottiglie vuote su cui
poggia una barca può ben costituire una metafora dell’esistenza
dell’Uomo. Quanti romanzi narrano di naufraghi in un’isola deserta che
consegnano il loro messaggio all’oceano in una bottiglia, confidando in
un futuro lettore.
Immaginando l’uomo come un essere che spesso naviga in solitario, le
tante bottiglie su cui galleggia la sua barca (il suo modo di essere, il
suo pensiero) sono la visualizzazione della sua avventura.
Le tante bottiglie vuote che sorreggono ogni barca testimoniano,
fortunatamente, come tanti messaggi abbiano trovato approdo e siano
stati letti.
La base di vetro però è anche la fragile consistenza delle culture su
cui centriamo la nostra navigazione, che, se anche crediamo sedimentate
e solide, rimangono permeabili e frangibili davanti a impreviste
intemperie.
Buona luce a tutti!
© Essec
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