Si parte di buon mattino per approntare l’ennesima
mostra autofinanziata da entusiasti fotoamatori che approfittano di ogni
opportunità per proporre i frutti della loro passione.
La destinazione questa volta è l’affascinante Palazzo
Trabia di Santo Stefano di Camastra (Messina), sede di un bellissimo museo
della ceramica che costituisce il fiore all’occhiello della comunità
locale. Le foto pannellate sono pronte per essere esposte e il folto
gruppo di autori si muove alacremente per l’allocazione delle immagini.
Fra i partecipanti all’evento spiccano le foto di Melo
Minnella e di Nino Giaramidaro. Noi altri siamo pronti in attesa che l’amico
Filippo ci renda accessibili i luoghi dell’esposizione.
Si procede velocemente e senza intoppi, seguendo logiche che non creiino differenze di visibilità a nessuno.
Si procede velocemente e senza intoppi, seguendo logiche che non creiino differenze di visibilità a nessuno.
Durante le operazioni si presenta però l’imprevisto:
uno di noi accusa l’infittirsi di dolori non meglio precisati all’addome, ma i
lavori devono procedere. La presenza casuale di un medico amico convince il
sofferente a recarsi precauzionalmente alla locale guardia medica per escludere
complicanze.
Gli accertamenti al malcapitato, che continua ad
accusare il malessere, avanzano però sospetti di vario genere che consigliano
il pronto soccorso più vicino: si va a Cefalù.
Una prima verifica classifica il problema in codice
verde. Il foglio con il numero 49 ci colloca al quinto posto (quattro codici
verdi prima di noi), ma si tratta di graduatorie fluttuanti che possono farci
scendere in ragione di nuovi arrivi.
Un TSO subentrato con il numero 51 viene infatti
codificato con il rosso; il che ci fa regredire al sesto posto. Ma si tratta di
un ricovero, quindi possiamo riguadagnare la posizione. Ecco però un codice
giallo e passano due ore prima di essere chiamati. Siamo seduti un po’
afflosciati su una panca di materiale plastico.
Dopo avere a lungo primeggiato in classifica, con il
timore di un improvviso codice rosso o giallo, l’accesso alla sala visite viene
concesso al solo paziente. Non mi rimane quindi che armarmi di santa pazienza
ed attendere fuori.
Intanto la dottoressa procede coscenziosamente ai vari
controlli che implicano però del tempo. Elettrocardiogramma, esami di sangue
vari, ecografia, radiografia.
Dalle 13,30 alle ore 19,15 passo da una panchina
all’altra e quando cominciano ad arrivare le visite dei familiari dei
pazienti dell’annesso ospedale gli spazi si popolano.
E’ un calvario di patologie e di ammalati con annesse
problematiche. Leggo dolore e preoccupazione, sui volti.
Mi sposto per questione di privacy su un’altra
panchina più appartata, dove mi raggiunge la voce di un barelliere d’ambulanza
“in standby” che al telefonino si intrattiene con un amico. Lo sento disquisire
di problemi di coppia, leggerezze sentimentali di amici comuni o dell’interlocutore
medesimo? Lui parla a voce alta nel giardinetto antistante l’ospedale e non
posso fare a meno di sentire: “cumpà, ti parru come un frati”. Capisco tutto.
Consigli d’amore di un barelliere in servizio. Un bel titolo per un libro di
quelli oggi di moda. Penso.
Provo a cambiare panchina rifugiandomi su quella che
fronteggia una statua di Padre Pio a grandezza naturale, ma anche qui non c’è
scampo, perchè ben presto arriva un devoto con la famiglia, figliole e generi
annessi. Foto di rito con telefonino ed invii incrociati in Whatsapp. Quindi
apposizione di corona di legno fatta benedire qualche giorno addietro, ma che
si è rotta. Espressioni di dispiacere, ma alla fine si stabilisce che può
essere donata lo stesso al Beato. Anzi è un oggetto simbolico, quasi ideale.
Una frattura da ricomporre, dice uno di loro.
Nugoli di zanzare al tramonto ci assalgono e spingono
tutti ad abbandonare il luogo: neanche il Santo può arrestarle.
Ritorno di nuovo ad aspettare nella sala d’attesa che
rimane il posto più protetto. In tutto questo faccio da collegamento per
rassicurare i tanti che telefonano per chiedere notizie.
Finalmente il paziente viene dimesso. Nulla di serio.
Anzi proprio nulla. Sospiri di sollievo.
Possiamo raggiungere gli altri che ci attendono per
l’inaugurazione della mostra.
“Pani cunzatu” e un buon vino aiutano ad allietare la giornata che alla fine si rivela positiva.
“Pani cunzatu” e un buon vino aiutano ad allietare la giornata che alla fine si rivela positiva.
Le foto sono state esposte con sapienza, i contenuti
ben rappresentano le peculiarità del luogo. I colori del tramonto e delle prime
luci della sera rafforzano il fascino della dimora che ci ospita.
Tutto è bene quel che finisce bene e non è neanche
piovuto! Ad un tratto mi accorgo che in tutto il giorno non ho fatto nemmeno
una foto. Eppure di immagini davanti a me ne ho avute, e tante, mi ritrovo a
pensare.
Buona luce a tutti!
© Essec
Parafrasando: "Cronaca di una mostra annunciata"!
RispondiEliminaHai ragione: pensare positivo è elisir indispensabile!