Luigi cercava sempre di scansare viaggi in aeroplano. In volo, stava molto a disagio e non poteva manco attenuare il nirbùso col fumo perché sulle rotte nazionali la sigaretta era proibita. Per tornare da Torino a Roma, quel giorno, dovette assoggettarsi alla situazione: i ferrovieri avevano proclamato uno sciopero. Luigi si riempì le sacchette di caramelle, s’accattò un romanzo giallo e acchianò a bordo. L’aereo partì preciso, la giornata era chiara, atterrò con cinque minuti d’anticipo. Luigi non aveva bagagli, solo un borsone a mano. S’avviò speditamente all’uscita addrumandosi una sigaretta, trovò subito un tassì, ezz’ora dopo era a casa. Sua mogliere gli fece trovare il mangiare già pronto. Prima di andarsi a corcàre, telefonò ai nipotini, disse che li aspettava nel dopopranzo, aveva dei regali per loro. Sua mogliere gli spiò a che ora voleva essere arrisbigliato col caffè. Luigi le rispose che aveva intenzione di riposare per un’oretta. Si spogliò, si curcò, s’addormentò di colpo. Sognò di trovarsi nuovamente sull’aereo, ma stava capitando qualcosa di spaventoso, i passeggeri facevano voci, pregavano, piangevano. Una hostess, giarna come una morte, tenendosi aggrappata allo schienale d’una poltrona, supplicava alla calma. Dall’altoparlante non arrivavano voci, solo una murmuriata lacerante come di sega elettrica. Capì, con orrore, s’esserci addrumisciùto in volo. Il suo ritorno a casa non era stato che un sogno. Tentò di slacciare la cintura di sicurezza che lo teneva attaccato alla poltrona, ma lo scanto gli faceva le dita di ricotta. A un tratto le grida e il rumore scomparsero di colpo, subentrò un silenzio assoluto. “Luigi, svegliati, ti ho portato il caffè”. Era la voce della mogliere. Dio, che brutto incubo! Ora si sarebbe svegliato. Provò a raprìre gli occhi, ma non ci arriniscì. In quell’attimo si ritrovò a bordo, il rumore della sega elettrica s’era fatto assordante, copriva le voci, le preghiere, le bestemmie. “Luigi! Svegliati!” La voce della mogliere si era fatta preoccupata. Un peso immenso però gli gravava sulle palpebre. Doveva tirarsi fora dall’incubo, assolutamente. Sudando, si sforzò alla disperata. E finalmente ci arriniscì, appena in tempo per vedere l’orrenda fiammata dalla quale l’aereo, lui, i passeggeri, l’equipaggio, sarebbero stati arsi.
Andrea Camilleri (Favole del tramonto - 2000 - Edizioni dell’Altana)
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