"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."

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martedì 30 agosto 2011

Passaparola: "Il Re sola"

Testo:

Buongiorno a tutti. Oggi le parole chiave del Passaparola sono: Vice Re e Ricatti.
I Vice Re chi sono? Sono i personaggi più vicini ai padroni della politica italiana, che sono tutti sotto indagine o sotto processo, alcuni sono già passati per le patrie galere e altri ci stanno, in questo momento, nelle patrie galere e altri, magari, ci finiranno e che se parlassero sarebbero in grado di radere al suolo l’intera classe politica almeno ai massimi vertici.

Tutti i ricatti del Presidente - Ricatto. È la conseguenza di questa situazione, e cioè il fatto che c’è una situazione oggettivamente ricattatoria da parte dei vice re nei confronti dei re.
Perché se, appunto, i vice re si lasciassero scappare qualche ricordo o qualche parola compromettente, i re sarebbero politicamente morti.
Ancora una volta, quindi, si vede come le indagini giudiziarie abbiano una ripercussione politica soprattutto a proposito della ricattabilità dei nostri politici, che invece dovrebbero avere le mani libere per decidere per il bene comune anziché per il bene proprio, o per gli interessi propri.
La ricattabilità. In questi giorni, per parlare del re numero 1, ‘il re sola’ come l’ha chiamato il vignettista Giannelli in un suo libro, Berlusconi, si è scoperto che appunto Berlusconi è molto munifico, è una sorta di buon samaritano nei confronti di personaggi ben poco raccomandabili: li paga stabilmente. C’è una lunga lista di persone che vengono o sono state pagate da Berlusconi, l’ultima di questa lista, di queste persone è Giampi Tarantini.
Giampi Tarantini è un signore che fu arrestato l’anno scorso per favoreggiamento della prostituzione, traffico di cocaina e corruzione nella malasanità pugliese, ed è anche colui che portava le prostitute a Palazzo Grazioli e in altre ville del Cavaliere; anzi, era entrato in contatto con il Cavaliere proprio affittando una villa in Sardegna, vicina a Villa Certosa, riempiendola di giovani fanciulle e immediatamente fu contattato da un intermediario, anzi da un’intermediaria di Berlusconi che glielo presentò e di lì iniziò questo rapporto da cui Tarantini sperava di ricavare dei vantaggi.
Tarantini che vendeva protesi sanitarie alle Asl della Puglia, voleva mettersi in grande, voleva ingrandirsi, voleva arrivare a Roma e voleva mettere un piede almeno nel grande business della protezione Civile, c’era ancora Bertolaso. Il suo scopo era quello di diventare indispensabile per Berlusconi affinché Berlusconi si sdebitasse con lui raccomandandolo presso Bertolaso e facendolo entrare in quella ristretta cerchia di fortunati imprenditori che, nel segreto totale degli appalti della Protezione Civile, lucravano sulle disgrazie, sulle catastrofi naturali e sui grandi eventi.
Gli andò male, perché finì per pagare soltanto lui quel progetto che aveva messo in piedi di intesa con Berlusconi, in quanto Berlusconi appunto ne svicolò in quanto utilizzatore finale delle prostitute che gli portava Tarantini, il quale poi pare le pagasse lui di tasca propria, proprio per evitare che Berlusconi capisse che non le aveva conquistate con il suo fantastico charme, ma le aveva semplicemente utilizzate – per usare un orribile verbo dell’Avvocato Ghedini – con Tarantini che dietro la porta poi le remunerava per i loro servigi sessuali al Presidente del Consiglio.
La stessa cosa faceva Tarantini con il vice Presidente della giunta Vendola, Nicola Frisullo, uomo di D’Alema, uomo forte di D’Alema nella giunta Vendola, che fu per questo arrestato, perché? Perché pare favorisse gli affari di Tarantini in cambio, appunto, di tangenti sessuali, ragazze che nei giorni pari venivano portate a Palazzo Grazioli e nei giorni dispari venivano portate a Frisullo.
Bene. Si è scoperto in un’indagine di Napoli, dove Berlusconi figura come vittima di un ricatto, cioè di un’estorsione, che Tarantini prendeva, riceveva soldi dal Cavaliere: 500 mila euro in un’unica soluzione e poi dei versamenti periodici, pare addirittura mensili, che arrivavano fino a 20 mila euro al mese.
Berlusconi non ha negato questa circostanza, l’ha seraficamente ammessa, ormai non si nega più nulla, si ammette tutto come se fossero cose normali, e ha detto – cito testualmente – “ho aiutato una persona e una famiglia con bambini che si trova in gravissime difficoltà economiche, nulla di illecito, mi sono limitato ad assistere un uomo disperato non chiedendo nulla in cambio, sono fatto così”. Ecco, quest’uomo disperato in gravissime difficoltà economiche coi bambini a carico, poveretto, dipinto come un piccolo fiammiferaio, è in realtà questo Giampi Tarantini che a Roma vive in un appartamento nella zona di via Veneto, una delle zone più care di Roma, più lussuose di Roma e che questa estate era segnalato a Cortina, altro covo di piccoli fiammiferai!
Naturalmente non c’è nulla di illecito a dare dei soldi a Tarantini se è tutto avvenuto alla luce del sole. Il problema è che il Presidente del Consiglio se dà soldi a qualcuno dovrebbe spiegare il perché. E dato che di persone in gravissima difficoltà con figli a carico ce ne sono diversi milioni in Italia, e ce ne saranno molti di più quando sarà passata la manovra finanziaria che farà pagare sempre ai soliti noti il prezzo dei furti dei soliti ignoti, non si capisce per quale ragione lui debba aiutare proprio quel signore lì, ammesso e non concesso che fosse in miseria e non sapesse come sfamare i suoi figli.
Nell’indagine e dalle intercettazioni risulta, una cosa che intanto tutti sanno, e cioè che Tarantini sta per essere processato per avere portato le prostitute a casa di Berlusconi, perché organizzare la prostituzione, sfruttarla e favoreggiarla è reato; non è reato esercitarla da parte della prostituta e non è reato utilizzarla – sempre per usare l’orribile termine di Ghedini – da parte del cliente, detto anche utilizzatore finale.
Ma naturalmente il racconto di Tarantini non farebbe, nel processo di Bari, che riportare all’attenzione uno scandalo incredibile, e cioè quello di queste prostitute che entravano e uscivano dalla residenza, mezzo privata e mezzo pubblica di Palazzo Grazioli, del Presidente del Consiglio, munite di fotografie e filmati, conversazioni registrate di nascosto, che avrebbero potuto costituire ovviamente materiale ricattatorio o da parte loro o da parte di altre persone alle quali eventualmente queste ragazze avessero venduto questo materiale. Potrebbero essere interessati i servizi segreti, potrebbero essere interessati uomini della criminalità a ricattare il Presidente del Consiglio italiano con quel materiale compromettente. E quindi si capisce per quale motivo è bene tenersi buono Tarantini.
Ma c’è un fatto in più: quell’indagine, quel processo si fonda in gran parte, oltre che sulle rivelazioni della D’Addario e di altre ragazze, su intercettazioni telefoniche sui telefoni di Tarantini e di quelle ragazze, telefoni ai quali spesso chiamava o dai quali veniva chiamato Berlusconi, che non era intercettato, ma che era dunque ascoltato, perché parlava su telefoni di prostitute e di un pappone, quelli sì intercettati.
Naturalmente se si fa il processo in un pubblico dibattimento tutto questo materiale, che finora è rimasto segreto, diventerebbe pubblico e quindi noi avremmo questo bel quadretto edificante che riguarda il Presidente del Consiglio, le prostitute, il pappone. Ecco perché è assolutamente necessario, visto che il processo non si può non fare, che Tarantini patteggi la pena prima che inizi il processo, così il processo non si celebrerebbe nella forma del dibattimento, ma resterebbe tutto chiuso nell’accordo tra le parti, cioè l’Imputato che patteggia una pena davanti al Pubblico Ministero con il consenso del Gip.
E pare che proprio questo sia lo scopo al quale tende Berlusconi: far patteggiare Tarantini affinché si prenda ovviamente tutte le colpe e non vengano fuori quelle intercettazioni che potrebbero ulteriormente danneggiare, se possibile ovviamente, un’immagine già sputtanata come quella del nostro Presidente del Consiglio.
Vice e re e ricatti.
In questo affare pare che fosse entrato, prendendosi una percentuale, secondo l’Accusa, di quei soldi dati da Berlusconi a Tarantini, il famoso o famigerato Lavitola. Chi è Lavitola? Lavitola è quello strano giovanotto direttore del Nuovo Avanti, l’organo di quello che resta del partito socialista, pensate com’è ridotto, partito socialista che l’anno scorso diventò famoso perché, con i suoi rapporti di diplomatico informale nel Centro America, si era dato molto da fare per cercare di far risultare che l’alloggio di Fini a Montecarlo era in realtà di proprietà del cognato e che quindi Fini aveva di fatto venduto un bene del partito a suo cognato sotto costo. Questa cosa non fu mai dimostrata naturalmente, ma Lavitola si diede molto da fare. Bene. Lavitola non si sa a che titolo è entrato in questa vicenda Tarantini e pare che abbia trattenuto, secondo l’Accusa, una parte di quei soldi.
Un po’ quello che è accusato di avere fatto Emilio Fede con i soldi che Berlusconi ha generosamente elargito a un altro dei suoi vice re, attualmente in carcere, Lele Mora, che era subentrato a Tarantini nel procacciargli le prostitute, secondo l’Accusa della Procura di Milano. Lele Mora è in galera per il suo fallimento e per i suoi maneggi, ed è un altro che se parla... beh, insomma, potrebbe raccontare molte cose. È sotto processo anche lui per queste vicende di prostituzione a Milano insieme a Emilio Fede e, guarda un po’, risulta avere ricevuto da Berlusconi 2 milioni di euro, 2 milioni di euro mentre aveva una bancarotta in corso delle sue società. Su questi 2 milioni di euro, secondo l’Accusa, Emilio Fede avrebbe fatto una cresta: si sarebbe preso una percentuale perché si era dato molto da fare presso Berlusconi perché Berlusconi aiutasse anche questo altro povero piccolo fiammiferaio di Lele Mora che le portava le ragazze, le olgettine.
Decine e decine, centinaia e centinaia di migliaia di euro a Giampi Tarantini, 2 milioni e passa di euro a Lele Mora, entrambi imputati per prostituzione; soldi alla famiglia di Noemi Letizia, la ragazza che quando compì 18 anni Berlusconi si precipitò a partecipare alla sua festa in uno strano posto a Casoria; soldi a profusione alle ragazze dell’Olgettina, le buste del ragionier Spinelli, prima evidentemente per i servigi che rendevano ad Arcore e poi evidentemente per il timore che dichiarassero cose ai magistrati; tenete presente che in autunno entrerà nel vivo il processo sul caso Ruby, e quindi ci sarà questa sfilata di queste ragazze che andranno a raccontare che cosa facevano ad Arcore, e perché ricevevano tutti quei soldi, e perché avevano la casa gratis nel quartierino dell’Olgettina, e perché venivano loro regalati pacchi di danaro, gioielli, favori, scritture nelle televisioni, particine in film. Ruby ha lasciato nel suo diario la scritta relativa ad una promessa di 5 milioni di euro da parte di Berlusconi che le avrebbe detto “ti coprirò d’oro se tu farai la matta quando verrai interrogata, cioè dirai cose contraddittorie in modo da screditare completamente la tua parola e quindi renderti un testimone inutile in quel processo”, da cui Berlusconi evidentemente ha molto da temere.
I famosi 600 mila euro... scusate, 600 mila dollari all’Avvocato Mills, il quale ha messo anche lui nero su bianco al suo commercialista che ‘Mister B’ si era salvato nei processi Guardia di Finanza All Iberian grazie alla sua testimonianza reticente e subito dopo era stato ringraziato con 600 mila euro.

Da Tremonti a Penati - Poi c’è Dell’Utri che sulle indagini della P3 si è scoperto avere ricevuto quasi 10 milioni di euro sotto forma di prestito infruttifero da parte di Berlusconi, che lui naturalmente ha detto che restituirà, ma intanto è un modo come un altro per far avere dei soldi a un altro povero amico in difficoltà, un altro piccolo fiammiferaio, che oltre a prendere i soldi da noi come parlamentare, prende privatamente i soldi da Berlusconi. E beh, insomma, per quale motivo sia opportuno pagare Dell’Utri è inutile che ve lo racconti, ve lo immaginate ben da soli, è dagli anni 60 che Dell’Utri custodisce i segreti delle origini delle fortune di Silvio Berlusconi e certi strani rapporti siciliani.
A Napoli c’è un’altra indagine, sempre con Berlusconi vittima di ricatto ed estorsione, in cui il ricattatore indagato sarebbe Ernesto Sica.
Ernesto Sica era sindaco a Ponte Cagnano, si era messo in testa di fare il governatore della Campania, laddove poi invece fu candidato Caldoro e con l’aiuto, sempre secondo l’Accusa, di Cosentino e di altri, si diede da fare per eliminare Caldoro e fare posto a se stesso. Eliminare Caldoro come? Con un dossier in cui si insinuava che Caldoro fosse un frequentatore di transessuali, come Marrazzo. Dopodiché non ottenne la candidatura a governatore, ma ottenne che Berlusconi e il suo entourage intervenissero su Caldoro per nominarlo assessore nella nuova giunta regionale e fu nominato assessore. E quale arma di ricatto utilizzò per diventare assessore? Secondo l’Accusa ricattò Berlusconi, andandone a parlare con il coordinatore del partito Denis Verdini, a proposito di quello che lui, Sica, sapeva della compravendita dei senatori del centro sinistra, che tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 dovevano passare, e poi in effetti passarono, al centro destra facendo mancare la maggioranza al centro sinistra al Senato. E infatti il Governo Prodi cadde nel febbraio del 2008 a causa del ritirarsi di alcuni parlamentari proprio al Senato.
E Sica minacciava di rivelare quello che sapeva sulla compravendita dei senatori, nella quale evidentemente aveva avuto un ruolo di primo piano.
Si potrebbe andare avanti all’infinito a parlare di tutti quelli che hanno ricevuto e ricevono soldi dal Presidente del Consiglio. Sempre soldi perché stiano zitti, Sempre soldi perché c’è la paura che ricordino e parlino. Abbiamo il Presidente del Consiglio più ricattabile e più ricattato della storia dell’umanità. E questo spiega per quale motivo non ha tempo di occuparsi dei nostri problemi, ne ha troppi di suo di problemi per pensare anche ai nostri.
Ma non è l’unico: se lui è il più ricattato di tutti quanti ci sono purtroppo altri casi, che noi scopriamo sempre grazie a indagini giudiziarie che vanno a vedere là dove noi non possiamo mettere il naso, perché possono per fortuna ancora usare le intercettazioni telefoniche e ambientali, altri personaggi che appaiono, non si sa se ricattati, sicuramente ricattabili.
Un altro personaggio è Giulio Tremonti. Giulio Tremonti ha il suo ex braccio destro, Marco Milanese, che rischia di finire in galera entro i prossimi due mesi: alla ripresa dell’attività parlamentare il Parlamento e la Camera sarà chiamata a votare pro o contro la richiesta del Gip di Napoli, che ha già disposto la cattura di Milanese, per gravi casi di corruzione, compravendita di nomine, di posti, di favori all’ombra di Tremonti, era Milanese a fare le nomine nelle società controllate o partecipate dal Ministero del Tesoro e, secondo l’Accusa, se le faceva remunerare con soldi, tangenti, regali, gioielli. E sosteneva spesso di dover girare questi regali al Ministro Tremonti, ecco perché nel dicembre dell’anno scorso Tremonti fu interrogato come testimone e i magistrati gli dissero che cosa avevano scoperto che faceva Milanese e che spendeva il suo nome, addirittura a proposito di un preziosissimo orologio d’oro che sarebbe stato destinato a lui. Quindi Tremonti dal dicembre dell’anno scorso sapeva cosa faceva il suo braccio destro. Eppure, dopo averlo saputo, non fece nulla, non mosse un dito: continuò a tenersi Milanese come suo consigliere privilegiato al Ministero del Tesoro, dopo averlo fatto eleggere in Parlamento, e soprattutto continuò ad abitare in un appartamento il cui affitto lo pagava Milanese, ed erano 8 mila e 500 euro al mese. Dove prendesse i soldi per pagare l’affitto a Tremonti, oltre ovviamente alle spese che doveva sostenere per sé, Milanese, non si è mai capito o forse lo sta rivelando l’indagine. Abbiamo scoperto che Tremonti viveva a casa sua girandogli poi informalmente brevi mano, si direbbe in nero, 4000/4500 euro al mese.
In un paese serio non si può fare un così largo uso di contanti senza venire segnalati immediatamente all’antiriciclaggio, ma da noi sotto i 5 mila euro si possono fare movimenti di contanti, perché questo Governo infame ha cancellato una delle poche norme giuste fatte dal centro sinistra, in particolare da Padoa Schioppa e da Visco che avevano reso tracciabile i pagamenti in contanti per somme anche di molto inferiori.
Bene. Tremonti ha mollato la casa di Milanese e ha accettato le dimissioni di Milanese da suo consigliere soltanto a luglio, giugno/luglio, quando è partita la richiesta di autorizzazione all’arresto di Milanese da parte del Gip di Napoli. Perché ha aspettato così tanto visto che sapeva tutto da quando l’avevano interrogato nel dicembre scorso? Lui ha detto “beh, in passato vivevo in una caserma della Guardia di Finanza, ma poi ho deciso di lasciarla perché mi sentivo pedinato e spiato da finanzieri facenti capo alla corrente della Guardia di Finanza fedele a Berlusconi”. Solo che invece di denunciare loro e cacciarli dalla Guardia di Finanza, visto che Tremonti è il superiore diretto della Guardia di Finanza e di lasciare il governo Berlusconi, avendo anche soltanto il sospetto che ci fosse Berlusconi dietro quel caso di spionaggio, Tremonti si è tenuto tutto per sé e lo ha rivelato salvo poi mezzo smentirlo in una intervista a Repubblica.
Ora Milanese rischia di fare la fine di Alfonso Papa, primo e unico caso finora di parlamentare arrestato con l’autorizzazione del Parlamento per reati non di sangue; finora soltanto quattro parlamentari nella storia repubblicana erano stati arrestati ed erano tutti accusati di reati di armi oppure di sangue, come Moranino, come Toni Negri, come Abbatangelo e come Saccucci. Basta, da allora tutte le richieste di arresto per parlamentari erano state respinte, mai nessuno era stato autorizzato all’arresto per reati di soldi contro la pubblica amministrazione. Il primo è stato Alfonso Papa. Il secondo rischia di essere Milanese.
Forte è la tentazione di tutti i nemici che ha Tremonti nella maggioranza di votare per l’arresto del braccio destro di Tremonti, nella segreta speranza che Milanese in carcere dica qualcosa contro Tremonti. E quindi voi immaginate in questo momento che razza di clima ricattatorio c’è intorno all’uomo che deve firmare, che ha già firmato le due manovre finanziarie dell’estate, e che adesso deve trattare con i partiti della sua maggioranza sulle modifiche al decreto di ferragosto. Sarà libero di pensare a quello che succede, oppure in questa vicenda entreranno anche i destini del suo braccio destro che se andasse in carcere ovviamente rischierebbe di fargli del male? E che cos’è succederà alla fine? Il centro destra resterà compatto a difesa del suo parlamentare, come ha fatto per le richieste d’arresto per esempio nei confronti di Cosentino, che fu respinta? Oppure scaricherà Milanese per scaricare Tremonti?
Voi vedete come i nostri soldi e i destini dell’economia sono collegati a questo clima di ricattabilità che collega i vice re ai re.
E arriviamo al caso Penati. Perché Penati sta a Bersani come Milanese sta a Tremonti.
Bersani quando divenne segretario del partito democratico due anni fa dopo il breve interregno di Franceschini e la prima segreteria Veltroni, nominò come suo fedelissimo braccio destro, il capo della sua segreteria politica, cioè il suo principale collaboratore, Filippo Penati. Era stato Presidente della Provincia di Milano, era stato sindaco di Sesto San Giovanni in precedenza e che era favoritissimo nel diventare il candidato del centro sinistra alla Regione Lombardia, cosa che poi fu e fu sconfitto da Formigoni e allora entrò in consiglio regionale e diventò il vice Presidente del consiglio regionale della Lombardia.
Penati sarebbe già in carcere se l’altro giorno il Gip di Monza non avesse derubricato le accuse che gli muove la Procura di Monza da concussione a corruzione.
Qual è la differenza? La concussione è un reato più grave della corruzione, perché è un’estorsione commessa dal pubblico ufficiale “o mi dai i soldi oppure io non ti do gli appalti”, la corruzione invece è: “ci mettiamo d’accordo, io ti do gli appalti e tu mi dai i soldi”. Nel primo caso c’è una violenza del pubblico ufficiale sul privato che paga e quindi concussione, reato commesso soltanto dal pubblico ufficiale, mentre il privato che paga è vittima di quella concussione, è come il commerciante che è costretto a pagare il pizzo alla mafia perché la mafia è più forte e lo mette in soggezione. La corruzione invece si commette insieme, di comune accordo, senza che uno faccia violenza all’altro, perché è più comodo così: io mi becco i soldi della tangente, tu ti becchi l’appalto, e tanti saluti al libero mercato e alla trasparenza.
Secondo la Procura Penati in alcuni casi era colpevole di concussione, e questo cosa cambia? Beh, cambia per quanto riguarda il massimo della pena in base al quale si calcola il termine di prescrizione: per la concussione la pena è più alta e quindi la prescrizione è più lunga, per la corruzione la pena è più bassa e la prescrizione è più corta. Grazie al fatto che il Gip ha stabilito che Penati e gli imprenditori erano parte dello stesso sistema criminoso di compravendita delle pubbliche funzioni, c’era corruzione da parte sia di Penati sia degli imprenditori che gli pagavano le tangenti o che dicono di avergli pagato le tangenti e che adesso stanno collaborando con la giustizia e quindi devono essere processati tutti. Il reato è punito con una pena fino a cinque anni e la prescrizione scatta dopo sette anni e mezzo dal momento in cui è stata data e presa la tangente. Sette anni e mezzo purtroppo non bastano, perché i fatti, secondo il magistrato, già accertati finora, vanno fino al 2004. Voi fate 2004 più sette e mezzo vedete che il reato è attualmente, proprio in questo periodo, prescritto, quindi non c’è modo di fare un processo, a meno che naturalmente l’Imputato non rinunci alla prescrizione, cosa che un politico accusato di reati infamanti, mica reati di opinione o reati bagatellari, dovrebbe sempre fare in un paese serio; fermo restando che non esistono paese nei quali al momento del rinvio a giudizio la prescrizione continui a decorrere, quindi in un altro paese basterebbe rinviare subito a giudizio Penati e la prescrizione non ci sarebbe più, da noi invece c’è questa follia che è costruita per far scattare sempre la prescrizione, soprattutto per certi tipi di reato.

Penati corrotto e contento - Quindi soltanto perché le tangenti, pur ritenute vere, sono state chiamate corruzione anziché concussione Penati non è stato arrestato perché è scattata prima la prescrizione. Non è sempre stato così. Fino a sei anni fa la prescrizione per i reati di corruzione scattava dopo quindici anni dal momento in cui erano stati commessi i reati medesimi. Da quando è stata approvata la legge Ex Cirielli dal centro destra nel 2005 la prescrizione è stata dimezzata: prima scattava dopo quindici anni, dal 2005 scatta dopo sette anni e mezzo, dal momento in cui sono stati commessi i reati, che di solito vengono scoperti molto dopo rispetto a quando sono stati commessi, per cui c’è la garanzia praticamente assoluta che in sette anni e mezzo, dal momento in cui è stata pagata una tangente, è impossibile riuscire a fare le indagini, l’udienza preliminare, il processo di primo, secondo e terzo grado. In questo caso, visto che le cose sono saltate fuori così tardi, non ci sarebbe il tempo neppure per concludere le indagini.
Per Penati comunque la responsabilità non cambia minimamente perché, perché sia che sia corruzione sia che sia concussione il Giudice terzo, il Gip di Monza, ha stabilito che lui è un corrotto, le tangenti le ha prese.
Cambia semmai la posizione degli imprenditori, che nel caso della concussione sono vittime di una estorsione commessa in ipotesi da Penati, mentre invece nel caso della corruzione sono complici suoi e quindi invece di essere vittime e Parti Civili nel processo diventano complici, coimputati e quindi vengono processati anche loro, ma per Penati le cose non cambiano: tangente era con la concussione, tangente è la corruzione.
Quindi non si capisce come abbia potuto, con quale faccia di bronzo abbia potuto l’altro giorno dire “sono felice perché si sgretolano le accuse nei miei confronti e cadono in pezzi”. Si sgretola che? Cade in pezzi che? Il Giudice ha stabilito che sei un corrotto anziché un concussore, sai che gioia! Sai che differenza, c’è proprio da esultare! Abbi il coraggio di dire: sono felice perché l’ho fatta franca perché è scattata la prescrizione.
E qui usciamo dal campo Penati ed entriamo nel campo PD, perché Penati non è mica un passante o un dirigentunquolo locale. Penati era, fino a qualche mese fa, il braccio destro di Bersani e quindi Bersani dovrebbe spiegare intanto perché l’ha scelto, se davvero un sistema così ramificato e antico che risale a quindici/vent’anni fa e che coinvolge enormi aree industriali dismesse che andavano assegnate a questa o a quella ditta, con sempre le cooperative rosse dietro, beh se questo enorme sistema così ramificato e antico poteva sfuggire al controllo del partito. È possibile che a Milano nessuno avesse avvertito Bersani di quello che si diceva che stesse facendo Penati da anni, anni e anni? Da quando era sindaco di Sesto San Giovanni per poi diventare Presidente della Provincia e poi diventare candidato a Presidente della Regione? Come funzionano i controlli interni ai partiti? È possibile che questa cosa l’abbiano scoperta adesso che i magistrati - che sono un po’ come i cornuti, sono sempre gli ultimi a sapere - l’hanno finalmente accertata? È possibile che non fossero giunte voci al partito di Milano e al partito di Roma? O non sarà invece che Penati avesse fatto carriera fino a diventare il braccio destro di Bersani proprio perché nel partito di solito fanno carriera quelli che portano molti soldi?
Perché Penati probabilmente non si è arricchito personalmente, il sospetto anzi, è che in parte gli imprenditori locali si sdebitassero con lui per finanziare il partito a Milano e in parte - parlo delle cooperative rosse nazionali che sempre erano comprese nel prezzo - si sdebitassero poi con il partito a livello nazionale, il che renderebbe assolutamente impossibile che a livello nazionale non si sapesse quale ruolo giocava Penati nel far lavorare coloro che poi pagavano lui e il partito.
Bersani finora ha balbettato, all’inizio ha detto “ho fiducia nella magistratura, ma anche in Penati”, che è la formula paracula di dire ‘ho fiducia negli accusatori ma anche nell’accusato’, adesso però non ci sono più degli accusatori, cioè dei PM o dei testimoni o degli imprenditori: c’è un Giudice, c’è un Gip, un Giudice terzo e forse le cose cambiano. Infatti dopo le paraculate delle autosospensioni dagli incarichi, ma non dallo stipendio di consigliere regionale, adesso Bersani ha deciso di mandare Penati davanti a una commissione di garanzia del partito, che dovrebbero essere i probiviri.
Il Corriere della Sera racconta che finora i probiviri del PD, con tutto quello che è successo nel PD in questi mesi, si sono occupati di un unico caso e cioè di quattro parlamentari Lumia, Della Seta, Ferrante e Realacci che avevano osato criticare Crisafulli, quello che era stato intercettato e filmato mentre chiacchierava amabilmente di appalti e assunzioni con un boss mafioso a Enna, e che naturalmente fu promosso da Veltroni parlamentare del partito democratico. Bene, la Commissione di Garanzia non si è occupata di Crisafulli, uno scandalo a cielo aperto, che attualmente è pure indagato, ma si è occupata di quelli che avevano osato criticarlo e gli aveva fatto un culo così! A questi quattro reprobi che avevano osato criticare quel bel giglio di Crisafulli. Adesso Penati andrà finalmente davanti a questa Commissione di Garanzia che è rimasta disoccupata evidentemente in tutti questi anni, e vedremo cosa decideranno. Purtroppo pare un sistema un po’ tardivo di risolvere il problema, perché in un partito serio quando un Giudice, un Gip si pronuncia nei termini in cui si è pronunciato il Gip di Monza, parlando di gravissimi casi di corruzione, un partito serio caccia questo signore e gli dice ‘tu adesso se vuoi avere una speranza di rientrare in politica ti fai processare, perché stiamo parlando di reati di corruzione, non di reati lievi o di opinione, ti vai a far processare rinunciando alla prescrizione, se non rinunci alla prescrizione ti cacciamo’, questo dovrebbe essere una regola. Di fronte a certi tipi di reati se non si rinuncia alla prescrizione si è fuori. Perché se si prende la prescrizione e si va a casa si è esattamente come Berlusconi, e chiunque osi criticare Berlusconi perché ha preso sei prescrizioni, spacciandole per assoluzioni, dovrebbe essere coerente, e invece questi signori coerenti non lo sono. Infatti balbettano sulla rinuncia alla prescrizione, perché? E perché creerebbe un pericoloso precedente.
Anche D’Alema dovrebbe spiegarci per quale motivo prese e portò a casa la prescrizione di un vecchio finanziamento illecito che gli veniva contestato e che fu accertato dai magistrati per 20 milioni di lire negli anni 80 dal re delle cliniche private pugliesi, tale Cavallari.
Ecco, adesso il prossimo passo dell’indagine della Procura di Monza è capire dove andasse questa montagna di soldi che gli imprenditori dicono di aver dato a Penati. Andavano a Penati? Andavano a Penati e ai suoi uomini? Andavano in parte a Penati e ai suoi uomini e in parte al partito di Milano? O c’era anche un’altra deviazione dell’oleodotto che portava a Roma? Sto parlando fino ad una certa fase, fino al 2008 dei DS, e dopo quella fase naturalmente se i finanziamenti sono proseguiti sto parlando del partito democratico. Vedremo cosa riservano le indagini. Intanto noi siamo di fronte ad una classe politica che ha i suoi tre uomini più importanti: il Presidente del Consiglio, il Ministro dell’Economia e il leader del maggiore partito di – facciamo finta che sia vero - opposizione, in condizioni di ricattabilità assoluta. Perché è evidente che una sola parola di Penati sui suoi rapporti con Bersani sarebbe in grado di stendere definitivamente quello che resta dell’opposizione proprio nel momento in cui il Governo è in estrema difficoltà.
Io credo che per lavorare ad avere una nuova classe dirigente, non ricattabile possibilmente, sia necessario togliere ai tappi, che impediscono il cambiamento, il ricambio interno dei partiti e il ricambio anche tra forze politiche e impediscono l’ascesa mediatica e quindi anche elettorale di nuove forze e di nuovi movimenti politici, ci siano da un lato il sistema di finanziamento dei partiti, chi tiene la borsa del finanziamento dei partiti, cioè la segreteria e la segreteria amministrativa tiene in pugno i partiti, e impedisce a quelli che potrebbero venire dal basso di insidiarli e di cacciarli fuori. Dall’altro dato la legge elettorale, che consegna ai segretari dei partiti l’altro rubinetto: da un lato tengono in mano il rubinetto dei soldi e dall’altro lato tengono in mano il rubinetto delle nomine al Parlamento, perché se uno vuole andare in Parlamento oggi deve essere nominato dal suo segretario di partito con questa legge elettorale. Ecco perché tornano buoni, i V-Day, tornano buoni i referendum, tornano buone le leggi di iniziativa popolare, una per abrogare - questo sarà più difficile - il finanziamento pubblico ai partiti, così come oggi camuffato da rimborsi elettorali, a prescindere dalle spese elettorali tra l’altro; e dall’altro, cosa più fattibile, staccare l’altro rubinetto che hanno in mano questi signori, eterni e ricattabili, e cioè il potere di nominare i parlamentari. C’è un referendum - Arturo Parisi, Antonio Di Pietro, Prodi ha aderito e altri, io spero che lo facciano in tanti - referendum che si propone di abrogare il ‘porcellum’, cioè la legge elettorale Calderoli, la porcata, quella che fa nominare i parlamentari dai partiti anziché farli scegliere dai cittadini. Il referendum se raccogliesse le firme entro la fine di settembre le 500 mila firme fatidiche e si ottenesse poi l’avallo della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, avrebbe come conseguenza il ritorno al ‘mattarellum’. Io non sono un tifoso della legge elettorale ‘mattarellum’ sulla quale abbiamo votato dal ‘94 al 2001, ma almeno ci consentiva di scegliere nei collegi elettorali il nostro candidato preferito tra quelli dei due schieramenti. Non è una legge perfetta, anzi io preferirei il sistema francese a doppio turno che ha dunque le primarie incorporate nel primo turno, il primo turno voti il candidato a te più vicino e nel secondo scegli fra i due più votati quello a te meno lontano. Ma questa non è all’ordine del giorno, piuttosto che andare a votare un’altra volta con il ‘porcellum’ di Calderoli meglio tornare a una legge che almeno ci consentiva di scrivere tra due o più candidati nel collegio quali erano i nostri preferiti, per il 75% della quota maggioritaria del Parlamento italiano. Meglio che niente rispetto alla porcheria che abbiamo.

Ecco, sappiate che se firmate per quel referendum, oltre naturalmente ad agevolare il fatto che alle prossime elezioni si possa tornare a scegliere i nostri rappresentanti, seppure con quel meccanismo del ‘mattarellum’ che non era proprio l’ideale, si toglie in mano ai segretari dei partiti, che non si muovono di lì, il rubinetto della nomina dei parlamentari, che è la vera ragione insieme al finanziamento pubblico, per la quale siamo sempre ogni giorno, da venti, trent’anni nelle mani delle stesse facce. Passate parola e possibilmente firmate.

Marco Travaglio (Passaparola del 29 agosto 2011)

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