C'era una volta un re che si chiamava Trentatrè.
Un giorno, pensando che un re deve essere giusto con tutti, chiamò Sberleffo, il buffone di corte: "Io voglio essere un re giusto, così sarò diverso dagli altri e sarò un bravo re".
"Ottima idea maestà" rispose Sberleffo.
Contento dell'approvazione il re lo congedò.
"Nel mio regno devono essere tutti uguali e trattati allo stesso modo" pensò.
In quel momento Trentatrè decise di cominciare a creare l'uguaglianza nel suo palazzo reale. Prese il canarino dalla gabbia d'argento e gli diede il volo fuori dalla finestra. Il canarino ringraziò e sparì felice nel cielo. Trentatrè prese allora il pesce rosso nella vasca di cristallo e fece altrettanto, ma il povero pesce cadde nel vuoto e morì.
Il re si meravigliò molto e pensò: "Peggio per lui, forse non amava la giustizia".
Chiamò il buffone per discutere il fatto. Sberleffo ascoltò con molto rispetto, poi consigliò il re di cambiare tattica.
Trentatrè, allora, prese le trote della fontana del suo giardino e le butto nel fiume: le trote guizzarono felici. Poi prese il merlo dalla gabbia d'oro e lo tuffò nel fiume, ma il merlo rimase stecchito. "Stupido merlo - pensò Trentatrè - non amava l'uguaglianza".
Chiamò nuovamente Sberleffo. "Ma insomma - gridò il re stizzito - come farò a trattare tutti allo stesso modo?".
"Maestà - disse Sberleffo - per trattare tutti allo stesso modo bisogna prima di tutto riconoscere che ciascuno è diverso dagli altri. La giustizia non è dare a tutti la stessa cosa, ma dare a ciascuno il suo".
C.Imprudente (da "Progetto Calamaio" - 1990)
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