Una volta era tutto più facile: le leggi gliele scrivevano su misura Craxi & C., poi passavano alla cassa.
Dunque gli era davvero difficile violarle. Però ogni tanto capitava lo
stesso, allora lui mandava Previti dal giudice con una busta o un
bonifico estero su estero, e il processo finiva lì. Poi purtroppo Craxi
& C. si fecero beccare, i giudici corrotti finirono dentro e quelli
corruttibili iniziarono a scarseggiare. Non gli restava che scendere in
campo per farsi le leggi da solo. “Se non entro in politica finisco in
galera e fallisco per debiti”, confidò a Biagi e Montanelli. E fu di
parola. In galera non ci finì grazie a una raffica di leggi à la carte. E
per debiti fece fallire tutti gl’italiani tranne uno: lui.
Ora c’è un contrattempo: non ha più la maggioranza per nuove leggi ad Nanum. Potrebbe chiedere ai diversamente concordi del Pd, sempre così disponibili, ma anche quelli hanno un guaio: se ci riprovano, Grillo se li mangia. Però non c’è problema: le leggi, non potendole più fare, si possono sempre inventare. Basta andare in tv da mane a sera, ripetere cento volte che la tal norma esiste o non esiste, e quella compare o scompare a dispetto della Gazzetta ufficiale, del Codice penale, del Codice di procedura, della Costituzione.
Nella sua lettera alla giunta del Senato, B. annuncia il ricorso alla Corte di Strasburgo “ai sensi dell’art. 7 della legge 4/08/1955 N. 848”. Purtroppo la suddetta legge di articoli ne ha solo due, il che rende piuttosto improbabile l’esistenza di un “art. 7”. Ma tanto chi se ne accorge? L’anno scorso Scalfari estrasse dal cilindro “la sentenza n. 135 del 24/4/2002” della Consulta che, a suo dire, dava ragione a Napolitano nella diatriba coi giudici di Palermo per le telefonate con Mancino. Nessuno controllò, se no si sarebbe scoperto che la sentenza riguarda una discoteca di Alba (Cn) dove gl’inquirenti avevano nascosto microspie e telecamere per immortalare “i rapporti sessuali tra i clienti e le ballerine”. Dunque con Napolitano e Mancino c’entra come i cavoli a merenda. Poi la Consulta, pur di dare ragione al Presidente, s’inventò che i giudici dovevano distruggere le bobine senza farle ascoltare ai difensori del processo sulla trattativa Stato-mafia “in base all’art. 371 Cpp”: che non c’entra una mazza perché riguarda le intercettazioni che violino il segreto professionale fra medico e paziente, avvocato e cliente, confessore e penitente.
Da allora vale tutto. Si può persino sostenere che il Pdl votò la Severino, figlia di un decreto Alfano (che se ne vantò pure), sulla decadenza e l’incandidabilità dei parlamentari condannati, ma per applicarla solo ai parlamentari condannati per reati commessi dopo, cioè non ancora commessi, cioè per non applicarla a nessuno. Resta da capire perché fu varata in tutta fretta prima delle elezioni di febbraio, se non mirava a ripulire le liste dai condannati già condannati (ovviamente per reati precedenti), ma solo da quelli futuri, dunque inesistenti. Del resto, grazie al centrosinistra, abbiamo la legge penale tributaria più blanda dell’universo: se non evadi almeno 50 mila euro o non frodi il fisco per almeno 33 mila euro all’anno, non è reato. B. ha frodato per 300 milioni, quasi tutti prescritti, tant’è che l’hanno condannato per i 7,3 superstiti (su due anni), ma non va ancora bene: i suoi servi ripetono in tv che Mediaset ha pagato miliardi di tasse, dunque la frode da 7,3 milioni (che poi sarebbero 300) non è reato. A parte il fatto che non s’è mai visto un ladro d’auto che si difenda in tribunale argomentando che, con tutte le auto che circolano ogni giorno, lui s’è limitato a rubarne una, dunque è come se non l’avesse rubata; lunedì sera la Casellati diceva a Otto e mezzo che Mediaset ha pagato 6 miliardi di imposte, mentre la Santanchè diceva a Piazza Pulita che ne ha pagati 11, mentre Schifani diceva a Porta a Porta che ne ha pagati 9.
Ecco, non sta a noi dirlo, ma perché la gente si beva qualcosa bisognerebbe fare almeno come I soliti ignoti: sincronizzare le puttanate.
Ora c’è un contrattempo: non ha più la maggioranza per nuove leggi ad Nanum. Potrebbe chiedere ai diversamente concordi del Pd, sempre così disponibili, ma anche quelli hanno un guaio: se ci riprovano, Grillo se li mangia. Però non c’è problema: le leggi, non potendole più fare, si possono sempre inventare. Basta andare in tv da mane a sera, ripetere cento volte che la tal norma esiste o non esiste, e quella compare o scompare a dispetto della Gazzetta ufficiale, del Codice penale, del Codice di procedura, della Costituzione.
Nella sua lettera alla giunta del Senato, B. annuncia il ricorso alla Corte di Strasburgo “ai sensi dell’art. 7 della legge 4/08/1955 N. 848”. Purtroppo la suddetta legge di articoli ne ha solo due, il che rende piuttosto improbabile l’esistenza di un “art. 7”. Ma tanto chi se ne accorge? L’anno scorso Scalfari estrasse dal cilindro “la sentenza n. 135 del 24/4/2002” della Consulta che, a suo dire, dava ragione a Napolitano nella diatriba coi giudici di Palermo per le telefonate con Mancino. Nessuno controllò, se no si sarebbe scoperto che la sentenza riguarda una discoteca di Alba (Cn) dove gl’inquirenti avevano nascosto microspie e telecamere per immortalare “i rapporti sessuali tra i clienti e le ballerine”. Dunque con Napolitano e Mancino c’entra come i cavoli a merenda. Poi la Consulta, pur di dare ragione al Presidente, s’inventò che i giudici dovevano distruggere le bobine senza farle ascoltare ai difensori del processo sulla trattativa Stato-mafia “in base all’art. 371 Cpp”: che non c’entra una mazza perché riguarda le intercettazioni che violino il segreto professionale fra medico e paziente, avvocato e cliente, confessore e penitente.
Da allora vale tutto. Si può persino sostenere che il Pdl votò la Severino, figlia di un decreto Alfano (che se ne vantò pure), sulla decadenza e l’incandidabilità dei parlamentari condannati, ma per applicarla solo ai parlamentari condannati per reati commessi dopo, cioè non ancora commessi, cioè per non applicarla a nessuno. Resta da capire perché fu varata in tutta fretta prima delle elezioni di febbraio, se non mirava a ripulire le liste dai condannati già condannati (ovviamente per reati precedenti), ma solo da quelli futuri, dunque inesistenti. Del resto, grazie al centrosinistra, abbiamo la legge penale tributaria più blanda dell’universo: se non evadi almeno 50 mila euro o non frodi il fisco per almeno 33 mila euro all’anno, non è reato. B. ha frodato per 300 milioni, quasi tutti prescritti, tant’è che l’hanno condannato per i 7,3 superstiti (su due anni), ma non va ancora bene: i suoi servi ripetono in tv che Mediaset ha pagato miliardi di tasse, dunque la frode da 7,3 milioni (che poi sarebbero 300) non è reato. A parte il fatto che non s’è mai visto un ladro d’auto che si difenda in tribunale argomentando che, con tutte le auto che circolano ogni giorno, lui s’è limitato a rubarne una, dunque è come se non l’avesse rubata; lunedì sera la Casellati diceva a Otto e mezzo che Mediaset ha pagato 6 miliardi di imposte, mentre la Santanchè diceva a Piazza Pulita che ne ha pagati 11, mentre Schifani diceva a Porta a Porta che ne ha pagati 9.
Ecco, non sta a noi dirlo, ma perché la gente si beva qualcosa bisognerebbe fare almeno come I soliti ignoti: sincronizzare le puttanate.
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