Pare che circolino dei moduli prestampati per consentire ai
parlamentari del Pdl di presentare le loro dimissioni senza star lì a
perder tempo. Ma poiché la Costituzione dice che il parlamentare è senza
vincolo di mandato, e questa assomiglia molto a una servitù di mandato,
si precisa che chi vuole può anche scriversela di suo pugno la lettera,
con le motivazioni che preferisce, purché la firmi. A questo il
Porcellum ha ridotto il Parlamento, e non solo a destra per la verità: a
un bivacco di subordinati.
Ma del resto quasi tutto è senza precedenti in questa storia
delle dimissioni di massa postdatate. Al punto che il presidente della
Repubblica ha sentito il dovere di alzare la voce come non aveva mai
fatto prima, condannandola con parole durissime, segnalandone la
«gravità e assurdità». Napolitano l'ha interpretato come un atto che
porta il gioco politico già estremo di queste settimane oltre il segno,
oltre un punto di non ritorno. Le dimissioni dei ministri del Pdl
avrebbero sì aperto una crisi di governo; ma le dimissioni dei
parlamentari aprirebbero una crisi costituzionale, mettendo in conflitto
tra di loro i poteri dello Stato. Esse minacciano, cioè, un atto al
limite dell'eversione (la serrata del Parlamento) per protestare contro
ciò che si definisce un «atto eversivo» (un voto del Parlamento sulla
decadenza).
Berlusconi sembra dunque sperare che la decadenza dell'intero
Parlamento possa rendere meno amara la inevitabile fine della sua vita
parlamentare. Coinvolgendo le istituzioni nel proprio destino
giudiziario, accetta però il teorema dei suoi nemici, che vorrebbero
ridurre la sua storia politica ventennale a una vicenda di processi e di
condanne. E toglie le castagne dal fuoco a chi nel Pd alimenta da mesi
il falò dell'intransigenza, diventando lui il sicario di un governo in
realtà mai digerito a sinistra.
Ma tant'è: da oggi si può davvero dire che l'esecutivo Letta è al
capolinea. Non avrebbe senso assumere altri impegni di bilancio, per
evitare l'aumento dell'Iva o il ritorno dell'Imu, quando non si sa chi
potrà rispettarli. Il presidente del Consiglio deve dunque fare la cosa
giusta e istituzionalmente corretta: andare alle Camere per verificare
se ne ha ancora la fiducia. In questi mesi, anche per gli errori di un
governo che ha sommato invece di selezionare le pretese dei partiti,
Letta non è riuscito a domare il fronte di chi voleva le elezioni a
febbraio e che ha sfruttato la vicenda giudiziaria di Berlusconi per
averle. Ora non gli resta che l'ultima carta: rimettere al centro la
ragione per cui è nato.
Il 15 di ottobre, infatti, non è solo la data in cui Berlusconi
andrà agli arresti domiciliari o ai servizi sociali. È anche il termine
per presentare la legge di Stabilità, e cioè il principale strumento di
politica finanziaria dello Stato. Senza di quello, l'Italia può tornare
nel gorgo dove stava affogando nel novembre del 2011. Due anni di
lacrime e sangue vanificati in un istante. Vediamo chi vota per la
rovina nazionale.
Antonio Polito (Corriere della Sera - 27 settembre 2013)
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