All’ultimo minuto dei tempi supplementari la lista degli impresentabili è arrivata e il
nemico nella casa “democratica” renziana è diventata la presidente
della Commissione antimafia Rosy Bindi, accusata senza mezze parole di
“tradimento” e di aver usato strumentalmente la Commissione per un regolamento di conti interno.
Le reazioni di Renzi e del suo stato maggiore con le dichiarazioni fuori dalla realtà di “personalità” come Davide Faraone e Pina Picierno confermano come le Regionali più imbarazzanti di sempre
abbiano prodotto un cortocircuito tra i fatti e la propaganda renziana
che nonostante la compiacenza mediatica non è più gestibile.
All’uscita, finalmente, dei 17 nomi degli
impresentabili individuati, notoriamente, secondo i principi del codice
di autoregolamentazione che si sono dati non più di 5 mesi fa i partiti,
il presidente-segretario del maggiore partito di governo ha detto di “non aver mai visto un dibattito così autoreferenziale e lontano dalla realtà”. Ma non solo, perché ha subito aggiunto che “nessuno degli impresentabili sarà eletto” e che comunque si tratta di rappresentanti di liste minori “senza importanza”.
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Sono parole che non solo confermano come le guerra totale dichiarata
all’illegalità e alla corruzione che sta asfissiando il paese “delle
meraviglie” è un paravento per lasciare immutato il sistema ma che
l’uomo in perfetta sintonia con il paese si è blindato nel suo fortino
di potere in preda a un delirio di onnipotenza.
Se nessuno degli impresentabili sarà eletto sarà una vittoria della
trasparenza e dell’etica pubblica, ripristinate in extremis anche grazie
al lavoro della Commissione presieduta da Rosy Bindi, che avrebbe
dovuto intervenire ben prima, perché a differenza di quanto sostiene la
presidente non penso che aver reso noto l’elenco almeno una settimana fa
sarebbe stato intervenire “a gamba tesa” in campagna elettorale.
E ancora, se nessuno dei 17, di cui ben 13 in Campania equamente suddivisi tra destra e “sinistra” verrà eletto buona parte del merito va a quelli che Renzi addita come i fomentatori “di rabbia”, l’innominabile M5S,
a cui il suo Pd si vanta di “non andare dietro”: eletti che facendo
semplicemente quello che dicono hanno dato un esempio concreto di
coerenza e trasparenza.
Ma soprattutto, se gli impresentabili non saranno presi in
considerazione dagli elettori come ha cinguettato il premier, lui deve
spiegarci con quale faccia è andato a sostenere il più rappresentativo e
arrogante della categoria, il sindaco-sceriffo De Luca che non è “solo” condannato in primo grado per abuso di ufficio come viene strombazzato dai media che lo accomunano, del tutto impropriamente al “caso De Magistris”.
Come ha specificato in modo assolutamente inequivocabile Rosy Bindi,
che tra l’altro ha ribadito i limiti della commissione e ha riconosciuto
che se fosse stato incluso il peculato l’elenco sarebbe stato molto più
corposo, nel Pd alla voce impresentabile c’è Vincenzo De Luca in quanto rinviato a giudizio per concussione continuata, ritenuta “un reato spia”.
Se Berlusconi ha commentato in modo laconico che la
Commissione è andata oltre i poteri che le sono stati conferiti, le
reazioni nel Pd di ora in ora diventano più veementi e l’accusa di violazione della Costituzione da parte dei vertici del partito si intrecciano alla denuncia annunciata dal candidato impresentabile nei confronti della presidente Bindi.
A questo punto gli elettori, campani e non, hanno sufficienti
elementi, anche se solo alla vigilia del voto, per valutare se andare al
voto e anche per decidere da quale parte stare.
Daniela Gaudenzi (Il Fatto Quotidiano - 30 maggio 2015)
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