Vi sarete spesso chiesti come mai
dei peones improponibili continuino
a rappresentare partici politici in dibattiti e talk televisivi. Eppure
basterebbe che le segreterie leggessero le reazioni che questi suscitano nei
social per registrare il livello di insofferenza. Spesso l’indignazione nasce
alla loro vista, prima ancora che pronuncino una sola parola.
Personaggi apparentemente ottusi,
che in qualche caso forse lo sono veramente, sono inviati dai rispettivi leader
ad incontri, comizi e quant’altro.
Come quando si imparavano le
filastrocche da bambini, li senti ripetere - con le stesse cadenze - cantilene
recitate con ritmi assillanti, assecondando la teoria che con il ripetere
sempre le stesse cose si riesce ad indurre la gente ad assorbire infine le loro
tesi. In effetti, la realtà ci dimostra che in molti casi funziona. In questo i
sistemi formativi del berlusconismo hanno fatto scuola.
Seguendo metodi scientificamente
collaudati, basati su efficaci tecniche persuasive che hanno profuso massima
cura anche sull’estetica dei proponenti, ricordiamo ancora le frasi fatte,
tutte uguali, recitate elegantemente da clonati “propagandieri” periodicamente alternati.
“Verità precostruite a tavolino”
venivano reiterate metodicamente da bambine/i fenomeno con una tale bravura da
farle apparire reali.
Con tali specialisti indottrinati
della propaganda 2.0 il partito-azienda riuscì ad infoltire enormemente la
fronda di sostenitori. Le vittime dei loro martellanti messaggi erano spesso anche
vecchiette/i in buona fede, poiché vogliosi e speranzosi di reali cambiamenti.
Le tecniche di sovrastare la voce
degli avversari, specie se questi ultimi cercavano di avventurarsi in tesi più articolate
che meritavano, quindi, di un minimo di attenzione, riuscivano ad annullare efficacemente
ogni messaggio contrario e ad indisporre a tal punto il teleutente da indurlo a
cambiare canale. Spegnere era come precludere ogni possibilità all’avversario: era l’estremo rimedio per impedire
riflessioni alle masse più attente.
Fin qui abbiamo parlato di
“propaganda” attuata con metodi aziendali. Ovvero del marketing politico di nuova generazione.
Esaurito il filone e registrato
il minimo storico nella attendibilità dei politici da parte dei cittadini, un nuovo metodo che avanza è quello di
indurre l’elettore a disertare le urne.
Oggi, infatti, anche per i più
bravi operatori del “marketing politico” appare sempre più difficile cercare di
convincere la gente a votare per il proprio partito, quindi, confidando nello
zoccolo duro costituito da tifoserie e supporters di parte, affollato da
“professionisti che campano con/di politica” o interessati al sostegno per
indubbi vantaggi derivanti dall’indotto amministrato, torna più utile non far votare la gente più che vederla sostenitrice di
chi vuole scoperchiare i loro “vasi di Pandora”.
E’ una semplice questione
matematica, se si indirizzano gli indignati e i delusi verso il non voto si
abbassa la percentuale di votanti ma, paradossalmente, risulterà più probabile
(per ciascun partito e a secondo dello spessore del proprio “zoccolo duro”)
poter mantenere e forse anche incrementare la percentuale di voti in sede
elettorale (magari nonostante debacle in termini di voti assoluti).
Al riguardo eclatante esempio è
stato recentemente rappresentato dalla “rossa” Emilia Romagna, dove nonostante l’elevato
astensionismo fatto registrare nelle ultime regionali si è vista una riconferma
di un partito che ha avuto un vero e proprio crollo numerico di consenso elettorale.
Come già accennato, perseguendo
tale ultima ratio, per un verso si disinnesca
la possibilità d’incremento alle realtà politiche di opposizione, dall’altro aumentano
crescite percentuali di realtà partitiche apparentemente contrapposte ma più simili alla loro specie, quindi
possibilmente disponibili ad una comune gestione, rendendo fin anche possibili
alleanze strategiche estreme, spacciandole magari pubblicamente per necessità
indispensabili per la “governabilità” del paese.
Machiavelli sosteneva che in
politica il fine giustifica i mezzi e, quindi, è valida qualunque strategia che
funzioni. Fondamentale resta per il “Principe” evitare che qualcuno possa
disturbare il manovratore.
Così, seguendo apparenti
alternanze saranno sempre gli stessi a ricoprire gli incarichi pubblici, ad
occupare i vertici e governare le strutture di sottogoverno, secondo diffuse e collaudate
logiche collusive e spartitorie che hanno sempre più visto crescere e consolidare
molteplici caste.
Al cittadino deluso ed indignato
resterà l’illusione di non aver voluto partecipare allo scempio: Assoluta
menzogna, poiché il non voto rafforzerà
come sempre le minoranze, evidenti e occulte; lasciando libere le mani dei
manovratori che da troppo tempo gestiscono indisturbati il vero potere.
Allora, immergiamoci nella mischia in ogni modo, secondo ogni credo e come
propagandava il mitico Totò: “VotAntonio, VotAntonio, VotAntonio …….”
Buon voto a tutti!!!
© Essec
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