L’intervento telefonico a Ballarò dell'onnipresente Silvio Berlusconi (nel pomeriggio aveva partecipato al ricevimento del Quirinale per la Festa della Repubblica democratica con quell'"allegra spensieratezza" – così riferiscono le cronache – che certamente si conviene a un presidente del Consiglio di un Paese in crisi), il quale dopo aver dichiarato che “non è accettabile sentire in una Tv di Stato certe menzogne!”, ha buttato giù la cornetta, con la signorilità che sempre lo contraddistingue, ha suscitato il solito canaio. Floris si è preso la parte dell'eroe perché ha replicato che “è inaccettabile in una tv che si inizi un dialogo, ma poi si insulti e si butti giù il telefono” e ha avuto l'approvazione del presidente della Rai Paolo Garimberti. In risposta Paolo Romani, viceministro Pdl con delega alle Comunicazioni, ha stilato una sorta di "lista di proscrizione" in cui ha infilato una serie di conduttori e di trasmissioni di sinistra. Sono insorti i consiglieri di Amministrazione di centrosinistra Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten mentre Garimberti difendeva "l'autonomia della Rai".
Sono tutte questioni di lana caprina: non esiste alcuna "autonomia della Rai". Da sempre la Rai, Ente di Stato, e quindi di tutti i cittadini, è occupata arbitrariamente e illegittimamente dai partiti, cioè da delle associazioni private cui la Costituzione dedica un solo articolo, il 49, che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere... a determinare la politica nazionale”. Una funzione, come si vede, che non c'entra niente con la Rai-Tv, né in alcuna legge ordinaria sta scritto che i partiti abbiano diritto di impossessarsene. Invece così è, come tutti sanno. Antonio Marano, il direttore di RaiDue, è un leghista, Minzolini un berlusconiano doc, Vespa da quindici anni è sdraiato come una sogliola ai piedi del presidente del Consiglio, Santoro appartiene a una delle cricche del Pd, RaiTre è appaltata alla sinistra, il Consiglio di amministrazione, Garimberti compreso, è diviso fra esponenti del centrodestra e del centrosinistra.
Inoltre, come mi ha spiegato Daniele Luttazzi (l'unica, vera vittima dell'"Editto bulgaro", escluso "in saeculam saeculorum" dalla Tv pubblica nonostante a teatro faccia 6000 spettatori a sera) in Rai esistono delle subcricche che fanno comunque capo a qualche padrino politico. La Rai è spartita secondo il più rigoroso manuale Cencelli che cambia le sue geometrie a seconda di chi è al governo in quel momento, ma non la sostanza delle cose. Come se ne esce? Finché l'Italia resta questa non se ne esce. Dovrebbero essere i partiti a spazzar via dalla Rai i partiti.
È come chiedere a un vampiro di succhiare il proprio sangue. I partiti, che hanno trasformato la democrazia italiana in un sistema di oligarchie e di aristocrazie mascherate, diciamo pure: di mafie, sono i padroni del Paese. Oltre e al di là della Rai hanno occupato tutte le Istituzioni dello Stato, presidenza della Repubblica, presidenza del Consiglio, governo, le amministrazioni regionali, provinciali, comunali, parte del Csm, le aziende parastatali, le Spa comunali, gli ospedali, le Asl, le banche, gli ex Iacp, gli enti culturali, le aziende di soggiorno, le terme, i porti, gli acquedotti, i teatri, i conservatori, le mostre e anche vaste fette delle professioni. Il "sistema Mastella" e i recenti scandali ci dicono che in Italia non si può fare nemmeno il chirurgo o l'architetto senza baciare la babuccia del boss di turno o di zona. Siamo tornati alla vergogna della "tessera del pane" di fascista memoria. Solo un evento traumatico, come fu allora la guerra e oggi un'acutissima crisi economica, potrebbe spingere gli imbelli italiani, pecore da tosare, asini al basto, a ribellarsi e a buttare all'aria l'indegno baraccone paludato da democrazia e mandare i responsabili a zappare la terra. Possibilmente per seppellirvicisi.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano - 5 giugno 2010)
Sono tutte questioni di lana caprina: non esiste alcuna "autonomia della Rai". Da sempre la Rai, Ente di Stato, e quindi di tutti i cittadini, è occupata arbitrariamente e illegittimamente dai partiti, cioè da delle associazioni private cui la Costituzione dedica un solo articolo, il 49, che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere... a determinare la politica nazionale”. Una funzione, come si vede, che non c'entra niente con la Rai-Tv, né in alcuna legge ordinaria sta scritto che i partiti abbiano diritto di impossessarsene. Invece così è, come tutti sanno. Antonio Marano, il direttore di RaiDue, è un leghista, Minzolini un berlusconiano doc, Vespa da quindici anni è sdraiato come una sogliola ai piedi del presidente del Consiglio, Santoro appartiene a una delle cricche del Pd, RaiTre è appaltata alla sinistra, il Consiglio di amministrazione, Garimberti compreso, è diviso fra esponenti del centrodestra e del centrosinistra.
Inoltre, come mi ha spiegato Daniele Luttazzi (l'unica, vera vittima dell'"Editto bulgaro", escluso "in saeculam saeculorum" dalla Tv pubblica nonostante a teatro faccia 6000 spettatori a sera) in Rai esistono delle subcricche che fanno comunque capo a qualche padrino politico. La Rai è spartita secondo il più rigoroso manuale Cencelli che cambia le sue geometrie a seconda di chi è al governo in quel momento, ma non la sostanza delle cose. Come se ne esce? Finché l'Italia resta questa non se ne esce. Dovrebbero essere i partiti a spazzar via dalla Rai i partiti.
È come chiedere a un vampiro di succhiare il proprio sangue. I partiti, che hanno trasformato la democrazia italiana in un sistema di oligarchie e di aristocrazie mascherate, diciamo pure: di mafie, sono i padroni del Paese. Oltre e al di là della Rai hanno occupato tutte le Istituzioni dello Stato, presidenza della Repubblica, presidenza del Consiglio, governo, le amministrazioni regionali, provinciali, comunali, parte del Csm, le aziende parastatali, le Spa comunali, gli ospedali, le Asl, le banche, gli ex Iacp, gli enti culturali, le aziende di soggiorno, le terme, i porti, gli acquedotti, i teatri, i conservatori, le mostre e anche vaste fette delle professioni. Il "sistema Mastella" e i recenti scandali ci dicono che in Italia non si può fare nemmeno il chirurgo o l'architetto senza baciare la babuccia del boss di turno o di zona. Siamo tornati alla vergogna della "tessera del pane" di fascista memoria. Solo un evento traumatico, come fu allora la guerra e oggi un'acutissima crisi economica, potrebbe spingere gli imbelli italiani, pecore da tosare, asini al basto, a ribellarsi e a buttare all'aria l'indegno baraccone paludato da democrazia e mandare i responsabili a zappare la terra. Possibilmente per seppellirvicisi.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano - 5 giugno 2010)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.