Se
gli aruspici romani, dopo aver esaminato le interiora di un qualche
animale, davano un responso che, a conti fatti, si sarebbe rivelato
sbagliato, venivano immolati e squartati come gli animali da cui avevano
preteso di trarre le loro divinazioni. Una giusta punizione per la loro
presunzione. La sentenza con cui il Tribunale dell’Aquila ha condannato
a sei anni di reclusione i sette esperti della Commissione Grandi
Rischi è ineccepibile. I sette non sono stati condannati per aver
sbagliato le previsioni, ma per averle fatte. Se, come afferma il
sismologo Enzo Boschi (fra i condannati) "un terremoto non si può
prevedere ma nemmeno escludere", allora non si fa previsione alcuna.
Invece gli "esperti" l’hanno azzardata rassicurando la popolazione
sperando nella loro buona stella. Una tremenda lezione per la
presunzione degli scienziati, ma ancor più tremenda, perché pagata con
309 morti, per gli aquilani che han dato loro retta invece di seguire
l’istinto che diceva di lasciare la città in tempo (pochissimi lo hanno
fatto). La tragedia dell’Aquila si inserisce nel quadro più generale del
rapporto moderno fra Scienza, Tecnologia e uomo. Ci siamo troppo
abituati, in tutti i campi e non solo in quello delle emergenze naturali
(si pensi solo alla medicina) ad affidarci alla Scienza e alla
Tecnologia e troppo poco ai nostri istinti. Tanto che questa abitudine
ha finito per ottunderli.
Invece
l’istinto è la prima difesa naturale dell’uomo. Chiunque abbia avuto un
grave incidente di macchina da cui sia uscito illeso sa che si è
salvato non grazie a una manovra alla Alonso, di cui non sarebbe capace,
ma perché l’adrenalina, annullando l’intelletto razionale a favore
dell’istinto, gli ha dettato ciò
che era meglio fare. L’11 settembre nelle Twin Towers si salvò un cieco.
Per quelli che stavano nei piani sopra l’impatto degli aerei non c’era
nulla da fare, salvo quell’atroce sventolare di fazzoletti bianchi. A
quelli che stavano sotto, gli altoparlanti ripetevano ossessivamente:
"State calmi, state fermi, non muovetevi dai vostri posti adesso
arrivano i pompieri a salvarvi". Il cieco aveva un cane che, non sapendo
nè leggere nè scrivere, nè avendo orecchi per ascoltare simili
sciocchezze, fece la cosa più naturale e istintiva: si precipitò giù
dalle scale, salvando se stesso e il padrone. Tutti gli altri furono
seppelliti dal crollo. Tsunami 2004. Le isole Andamane erano, dopo
Sumatra, le terre più vicine all’epicentro del maremoto. Le Andamane
sono divise in due parti, la maggioranza è "civilizzata", turistica, ma
ci sono alcune isole dove gli indigeni non hanno mai voluto saperne
della civiltà. Nelle prime i morti furono migliaia, nelle seconde non ci
fu nè un morto nè un ferito. Gli indigeni avevano "sentito" che c’era
qualcosa di strano molte ore prima che il mare si ritirasse e si erano
messi al sicuro. Del resto sarebbe bastato osservare il comportamento
degli animali. Ha raccontato il guardiano di un faro in Sri Lanka: "Di
colpo si fece un improvviso, impressionante silenzio. Gli uccelli
smisero di cinguettare, le antilopi rizzarono le orecchie e dopo un
attimo tutti gli animali correvano all’impazzata verso le colline.
Guardavo il mare e non capivo: era tranquillissimo". Invece di usare gli
animali per esperimenti più inutili di quelli degli aruspici, dovremmo
osservarli meglio. Non perché siano "più buoni" di noi, come vuole la
retorica animalista, ma perché hanno conservato quegli istinti che noi
abbiamo perduto.
Massimo Fini (Il Gazzettino, 26 ottobre 2012)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.