La
vicenda che più si avvicina a quanto sta accadendo in Crimea è quella
del Kosovo, come qualcuno ha notato finalmente anche in Italia (Riccardo
Pelliccetti, Il Giornale, 12/3). In Kosovo gli albanesi,
divenuti maggioranza negli ultimi decenni, reclamavano la secessione
dalla Serbia. Gli indipendentisti, foraggiati e armati dagli americani,
facevano guerriglia e anche uso di terrorismo, l'esercito serbo e le
milizie paramilitari ('le tigri di Arkan') rispondevano con durezza.
C'erano due ragioni a confronto: quella degli indipendentisti albanesi e
quella della Serbia a conservare l'integrità dei propri confini. Gli
americani decisero che le ragioni stavano solo dalla parte degli
indipendentisti e per 72 giorni bombardarono una grande città europea,
Belgrado, capitale di un Paese, la Serbia, che, fra le altre cose, aveva
il grave torto di essere rimasto l'unico paracomunista in Europa. I
morti sono stati 13 mila, 5500 sotto le bombe il resto negli scontri che
ci furono in Kosovo fra albanesi e serbi.
Nel
2008 gli albanesi proclamarono unilateralmente l'indipendenza che non è
da tutti riconosciuta giuridicamente ma lo è di fatto. Nel frattempo in
Kosovo si è realizzata la più grande 'pulizia etnica' dei Balcani, dei
360 mila serbi che ci vivevano ne sono rimasti 60 mila.
Fra
la vicenda della Crimea e quella kosovara ci sono però alcune
differenze. Il Kosovo, considerato 'la culla della patria serba',
appartiene da secoli, storicamente e giuridicamente, alla Serbia, la
Crimea fa parte dell'Ucraina solo da qualche decennio, gentile regalo di
Kruscev all'interno della Federazione sovietica. La Crimea, abitata in
maggioranza da russi o da russofoni, confina con la Russia. L'America,
con tutta evidenza, non confina col Kosovo, sta a diecimila chilometri
di distanza. Il democratico Bill Clinton per spiegare ai suoi
connazionali le ragioni dell'intervento dovette prendere una carta
geografica e indicare dove mai fosse questo Kosovo di cui gli americani
ignoravano l'esistenza. L'aggressione americana alla Serbia non aveva
alcuna giustificazione, nè materiale nè, tantomeno, giuridica e infatti
l'Onu non l'avallò.
Insomma
pare difficile sostenere che la violazione della sovranità dell'Ucraina
è «illegittima», mentre quella della Serbia, che aveva molte meno
giustificazioni, anzi nessuna, invece non lo è.
Gli
americani hanno anche sostenuto che il referendum sull'indipendenza
della Crimea «viola la Costituzione dell'Ucraina». Ma spetterà o no agli
ucraini decidere se un referendum all'interno del proprio Paese viola o
no la loro Costituzione? O spetta agli americani?
Intanto mentre gli F-35 e gli Awacs della Nato volano minacciosi per i cieli dell'Europa dell'Est, il Corriere
si chiede, comicamente, se per caso «non sia cambiata la sua natura».
Il Patto Atlantico nasce come mutuo soccorso ogni volta che sia
«minacciata l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la
sicurezza» di uno dei Paesi membri. Era quindi un Patto difensivo, ma è
da quel dì che, violando il suo stesso statuto, si è trasformato in
offensivo. Minacciava forse qualche Paese della Nato la Serbia di
Milosevic? O l'Iraq di Saddam? O la Libia di Gheddafi? La Nato è
diventata semplicemente «il poliziotto del mondo». Chi gliene abbia dato
la patente non si sa.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2014)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.