Miliardi di qua, miliardi di là. Per un mese, da quando TurboRenzi
ha preso il posto di Letta Nipote, lui e i suoi ministri e i giornali al
seguito hanno fatto a gara a chi annunciava più miliardi e prometteva più
riforme (naturalmente “grandi”, anzi “choc”) e patti e assi e rivoluzioni e
accelerate e spinte e scosse e lanci e rilanci e sblocchi e soluzioni e
coperture e svolte e sprint e cunei in tutti i campi dello scibile umano: dalle
tasse alle scuole, dalla legge elettorale alle riforme costituzionali, della
casta alle auto blu, dalle regioni al Senato, dal lavoro (anzi job)
all’occupazione, dalla casa alla ricerca, dal Mezzogiorno al Nord, dalla
spending review alla giustizia, dal debito pubblico all’Europa. Così, quando è
arrivato il mercoledì decisivo (ovviamente “super”, anzi un “mercoledì da
leoni”), quello della conferenza stampa-televendita, un filo di delusione è
seguito alle Grande Illusione. E dire che l’annuncio di 80 euro al mese in
busta paga per i redditi più bassi è comunque un bel risultato, o meglio lo
sarebbe se esistesse anche uno straccio di legge che lo prevede, al di là delle
slide, degli effetti speciali e dei pesciolini rossi del premier imbonitore.
Checché se ne dica, forse non è stata una grande idea da “grande comunicatore”
quella di promettere tutto a tutti, creando aspettative talmente enormi da
sminuire anche le eventuali cose buone (inevitabilmente poche) che seguiranno.
17 FEBBRAIO. Renzi riceve l’incarico al Quirinale. “Faremo una riforma al mese.
Febbraio, riforme costituzionali ed elettorali: Italicum e abolizione del
Senato. Marzo, riforma del lavoro. Aprile, riforma della Pubblica
amministrazione. Maggio, riforma del fisco. Giugno, riforma della giustizia”.
Ora, febbraio è finito da un pezzo e le riforme sono in alto mare. Marzo è già
a metà e il Jobs Act è ancora un libro dei sogni: diventerà un disegno di legge
delega al governo, che coi tempi parlamentari non sarà in vigore prima di un
anno. E gli altri mesi sono già tutti impegnati da PA, fisco e giustizia. È
anche vero, però, che Renzi ha detto febbraio, marzo, aprile ecc., ma non ha
precisato di quale anno.
22 FEBBRAIO. Il governo è pronto e Renzi, sciogliendo la riserva, dà la linea:
“Tanti fatti e pochi annunci. Basta spot: concretezza da sindaci”. Poi, nel
primo Consiglio dei ministri, ordina ai medesimi: “Lavorare e tacere”. Ecco
dunque i primi annunci. “Prima scossa: subito giù Irpef e Irap. Taglio Irap del
10% e riduzione Irpef sotto i 15 mila euro” (La Stampa, 23-2). “Studierò come
una secchiona, pochi 53 miliardi per la scuola” (Stefania Giannini, ministro
dell’Istruzione, Repubblica, 23-2)
23 FEBBRAIO. È domenica, ma il sottosegretario Graziano Delrio annuncia lo
stesso: aumenteranno le tasse sui Bot. Palazzo Chigi rettifica: “Solo una
rimodulazione”. “Un miliardo di gettito in più dai titoli preferiti dalle
famiglie” (La Stampa, 24-2). Inizia il balletto sulla spending review del
povero Carlo Cottarelli. Quanti miliardi? “Vertice notturno Renzi-Padoan sulla
spending review. Tagli subito fino a 5 miliardi” (Messaggero , 24-2). “Subito 4
miliardi di tagli alla spesa” (Corriere della Sera, 24-2). “Pronto il piano
Cottarelli. Subito 6 miliardi di tagli. Nel mirino acquisti e sussidi. Già
quest’anno possibili risparmi da dirigenti, auto blu, formazione” (La Stampa,
24-2). E non basta: “3 miliardi sono attesi dal rientro dei capitali
all’estero, altri 3 dal taglio degli interessi sul debito” (Corriere , 24-2).
24 FEBBRAIO. Renzi ottiene la fiducia al Senato: “Voglio uscire dal Truman
Show, siamo qui per parlare il linguaggio della franchezza, al limite della
brutalità”. Francamente e brutalmente annuncia: “Subito riduzione a doppia
cifra del cuneo fiscale”. Si pensa alla doppia cifra in percentuale, ma lui
rettifica: “È riferita ai miliardi, almeno 10, non alle percentuali”.
E attenzione: “Sblocco to-ta-le e non parziale dei debiti delle Pubbliche amministrazioni per dare uno choc”: ma qui 22,5 miliardi il Tesoro li ha già pagati e altri 25 li ha già stanziati e coperti Letta. Gli altri 47 sono fuori bilancio, mai certificati: impossibile sapere quanto deve lo Stato e a chi. Infatti il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan risponde alle domande con un “no comment” e dice che il miracolo renziano sui debiti delle PA “è ancora da precisare”. Intanto Renzi mette la freccia e promette “l’aumento del Fondo di garanzia per le Pmi” (già aumentato da Letta a 95 miliardi) e il rilancio dell’edilizia scolastica (1,8 miliardi già stanziati da Letta). “Terapia shock: subito 60 miliardi” (l’Unità, 25-2).
E attenzione: “Sblocco to-ta-le e non parziale dei debiti delle Pubbliche amministrazioni per dare uno choc”: ma qui 22,5 miliardi il Tesoro li ha già pagati e altri 25 li ha già stanziati e coperti Letta. Gli altri 47 sono fuori bilancio, mai certificati: impossibile sapere quanto deve lo Stato e a chi. Infatti il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan risponde alle domande con un “no comment” e dice che il miracolo renziano sui debiti delle PA “è ancora da precisare”. Intanto Renzi mette la freccia e promette “l’aumento del Fondo di garanzia per le Pmi” (già aumentato da Letta a 95 miliardi) e il rilancio dell’edilizia scolastica (1,8 miliardi già stanziati da Letta). “Terapia shock: subito 60 miliardi” (l’Unità, 25-2).
25 FEBBRAIO. Renzi incassa la fiducia anche alla Camera, poi vola a Ballarò:
“Entro 15 giorni il decreto per sbloccare 60 miliardi alle imprese” (ieri s’è
saputo che non c’è nessun decreto, ma solo un ddl: campa cavallo). “Entro un
mese taglio il cuneo fiscale con le coperture” (ieri ha detto che le coperture
le annuncia fra dieci giorni e il taglio scatta dal 1° maggio). I giornali, non
bastando i suoi, si scatenano con altri annunci. “Scuola, 2 miliardi per
ristrutturare le aule” (Repubblica , 26-2). “Il calo delle tasse, si parte
dall’Irap. Subito una riduzione del 10%” (Corriere , 26-2). Dunque si punta
sull’Irap, non sull’Irpef: ma non era una doppia cifra in miliardi? “Patto con
le imprese: meno Irap, sconti più leggeri. Sgravi Irpef, 50 euro al mese.
Cuneo, detassati 10 miliardi: 8 alle famiglie sotto i 2.000 euro, 2 alle
aziende” (Repubblica , 26-2). Dunque siamo intesi: tagli misti, un po’
all’Irpef e un po’ all’Irap.
26 FEBBRAIO. Renzi incontenibile: “Entro il 10 marzo censimento per una
verifica puntuale sul patto di stabilità per capire quanto possono sforare i
Comuni” (oggi è il 14 marzo e non è successo niente). “Il 17 marzo,
all’incontro con la Merkel, avrò pronto il piano sul lavoro” (mancano tre
giorni e ieri s’è saputo che il Jobs Act sarà un ddl delega, se va bene in
vigore fra un anno, ma senza i decreti delegati: hai voglia). Frizioni fra
Palazzo Chigi, tutto renziano, e il Tesoro, tutto lettian-dalemiano.
“Renzi-Padoan, prima grana sui debiti. Il premier: subito 60 miliardi per
pagare le imprese. Ma il ministro non è convinto” (La Stampa, 27-2). “Ricetta
spagnola per sbloccare i debiti dello Stato. Così il governo restituirà grazie
a Cassa Depositi e Prestiti 60 miliardi alle aziende creditrici” (Repubblica ,
27-2). “Renzi: possibile tagliare l’Irap del 30%” (ibidem). “Renzi pronto a
soccorrere le imprese. Allo studio un taglio del 30% dell’Irap” (Corriere ,
27-2). Intanto il governo dà il via libera ai Comuni per aumentare la Tasi a
tutti. Fuorché alla Chiesa, ci mancherebbe.
28 FEBBRAIO. Arriva l’orda dei 45 viceministri e sottosegretari. Palazzo Chigi
annuncia un piano-turbo per il lavoro. La disoccupazione, dice Renzi, è
“allucinante”. “Ora un Jobs Act da 100 miliardi. Il piano Renzi per invertire
la rotta” (l’Unità, 1-3). “Renzi: ‘Uno choc all’economia. Rispondiamo a chi non
ha impiego’” (La Stampa, 1-3). “Ecco il Jobs Act targato Renzi: sussidio di
disoccupazione anche per i lavoratori precari. Con il Naspi circa 1.000 euro al
mese per chi perde il posto. Il piano costerà 8,8 miliardi in tutto”
(Repubblica, 1-3). Ma ‘sto Jobs Act è da 100 o da 8,8 miliardi? Mistero.
1° MARZO. Renzi, irrefrenabile, annuncia il Piano Casa. “Piano casa da 1
miliardo e mezzo. Arrivano i bonus per le ristrutturazioni, mutui agevolati e
taglio del 10% della cedolare secca sugli affitti” (La Stampa, 2-3).
4 MARZO. Renzi riannuncia il pagamento dei debiti della PA. “Renzi si
accorda con le banche per dare 60 miliardi alle imprese. Il piano è già pronto”
(Libero, 5-3).
5 MARZO. Renzi visita una scuola a Siracusa, accolto dal coretto dei
piccoli balilla. Intanto l’Europa denuncia che l’Italia ha i conti pubblici più
squilibrati dell’Unione, insieme a Slovenia e Croazia. Ma per il premier è
tutta colpa di Letta: “Sapevamo che i numeri non erano quelli che raccontava
Enrico”. Saccomanni s’incazza e lo costringe a rimangiarsi tutto. Intanto il
taglio del cuneo pare restringersi un pochino: “Nella cura Padoan tagli al
cuneo fiscale per 7,5 miliardi” (Corriere , 6-3). Doppia cifra, ma con la virgola
in mezzo. Eppure ci sarebbe di che scialare: “Dallo spread controcorrente 15
miliardi di ossigeno” (Corriere , 6-3).
6 MARZO. Il decreto sui capitali all’estero segna il passo in Parlamento:
il governo lo ritirerà presto per rifarlo ex novo. “Ora è a rischio il decreto
per il rientro dei capitali. Lo Stato avrebbe dovuto incassare 3 miliardi nel
2014” (Corriere , 7-3). Finalmente è deciso dove tagliare il cuneo fiscale. Lo
svela il viceministro dell’Economia, Enrico Morando: “Non disperdiamo le risorse.
Serve un taglio forte dell’Irap per rilanciare le imprese. In un secondo tempo
sgravi sull’Irpef” (La Stampa, 7-3). Dunque solo tagli all’Irap, per l’Irpef si
vedrà. La Camusso s’incazza.
7 MARZO. Il Tesoro conferma: tagli al cuneo solo sull’Irap, cioè solo alle
imprese, e non sull’Irpef, cioè non ai lavoratori. La Cgil minaccia “lotta
dura”. “Matteo cerca 20 miliardi per rilanciare la crescita: 10 dovrebbero
arrivare dall’eliminazione delle detrazioni fiscali alle imprese, 5 dalla
spending review di Cottarelli, 5 dalla tassazione sul rientro dei capitali
all’estero” (il Giornale, 8-3). E la scuola? “No a grandi riforme. Interventi
per la sicurezza da un miliardo di euro” (Stefania Giannini, ministro
Istruzione, Corriere , 8-3). Ma non erano 2? “Assunzioni mirate con 2,5
miliardi. Incentivi europei ai giovani e lavori hi-tech: le ipotesi per
l’occupazione. Il possibile uso delle risorse comunitarie” (Corriere , 8-3).
Poi arriva la gelata dell’Europa: impossibile usare i fondi strutturali per
ridurre le tasse sul lavoro. “Renzi taglia 10 miliardi di Irpef: quasi 80 euro
in più in busta paga per chi guadagna fino a 25 mila” (Repubblica , 8-3).
Quindi il taglio è sull’Irpef. Ma non era solo all’Irap?
8 MARZO. Casino totale. Taglio misto, un po’ Irpef e un po’ Irap. “Irpef
o Irap, il governo si spacca. Il premier: ‘No a uno sterile derby, in ballo c’è
il rilancio del Paese. I numeri: 10 miliardi di taglio Irpef, 2,6 miliardi di
sconti fiscali alle imprese” (Repubblica , 9-3). “Taglio dell’Irpef e dell’Irap
Il governo cerca 10 miliardi” (Corriere , 9-3). “Irpef e Irap, tagli a metà.
Padoan vorrebbe agevolare le imprese, ma Renzi cerca il compromesso. Spunta
l’ipotesi dell’intervento bilanciato” (La Stampa, 9-3). “Riduzione contestuale
del 10% dell’Irap e di 5,5 miliardi di Irpef” (Filippo Taddei, guru economico
di Renzi, 9-3). “Padoan: ‘Concentrare l’intervento in una sola direzione, o
tutto sulle imprese, quindi Irap e oneri sociali, o tutti sui lavoratori,
attraverso l’Irpef” (Sole 24 Ore, 9-3). “Serve un’azione duplice, riduzione
Irap per le imprese e Irpef per i lavoratori” (Angelino Alfano, Ncd, ministro
Interno, 9-3).
9 MARZO. Renzi da Fabio Fazio non svela chi vince il derby Irpef-Irap, ma
smentisce il fifty fifty: “Mercoledì tagliamo le tasse di 10 miliardi pensando
alle famiglie, ma nessuno mi crede”. Corrado Guzzanti su Facebook: “Mercoledì
Renzi abbasserà le tasse. Il fenomeno sarà visibile per alcuni minuti anche in
Italia, verso mezzanotte”.
10 MARZO. Il taglio del cuneo sarà tutto sull’Irpef. “Dieci miliardi per le
famiglie. Renzi: il tesoretto andrà tutto nelle buste paga. Accantonata l’idea
di tagliare anche l’Irap. Difficile trovare i soldi per ridurre il cuneo dopo
il no dell’Europa sull’uso dei fondi comunitari. E il risparmio sugli interessi
del debito è solo sulla carta perché non è sicuro che lo spread continui a
scendere” (La Stampa, 11-3). “Irap e Irpef, l’ipotesi di un taglio a rate.
Taglio bilanciato a tappe. Spunta la stretta sulle pensioni di reversibilità.
Per la coperture possibili risparmi sulle commesse per i caccia F-35” (Corriere
, 11-3). “Il governo scopre che non ha i soldi per tagliare le tasse: sia i
miliardi della spending review sia quelli per le imprese non ci sono” (Libero,
11-3). In compenso però “Trovati 2,5 miliardi per gli interventi sull’edilizia
scolastica fino al 2016” (La Stampa, 11-3).
11 MARZO. Contrordine, ragazzi: “Renzi: meno tasse da aprile. ‘Le coperture
ci sono, indiscutibili e oggettive’” (La Stampa, 12-3). E pure troppe.
“Copertura doppia: il bacino a cui attingere sarebbe addirittura di 20
miliardi” (Corriere , 12-3). “Ci sono fino a 20 miliardi, il doppio del
necessario. La grossa parte, circa 7 miliardi, verrebbe dalla spending review,
con altri interventi selettivi e stabili. Altri 6,4 miliardi arriverebbero dall’ampliamento
del deficit dall’attuale 2,6% fino ad arrivare a ridosso del 3%. Il rientro dei
capitali dalla Svizzera fornirà circa 2 miliardi. Circa 1,6 miliardi verrebbero
dall’Iva incassata dallo Stato in occasione dei nuovi pagamenti dei debiti della
PA. Il risparmio per i tassi d’interesse più bassi sarebbe di 3 miliardi sul
debito” (Repubblica , 12-3). Insomma, di miliardi ce n’è pure per dare le
mance. Ma allora perché, invece di fare una conferenza stampa con l’ennesimo
annuncio del taglio delle tasse da 10 miliardi, non ha presentato un decreto o
un disegno di legge? Per svariati miliardi di motivi.
Marco Travaglio (Jacks Blog - Il Fatto Quotidiano 14 marzo 2014)
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